In caso di decesso dell’originario assegnatario dell’immobile, il subentro e la voltura del contratto a favore di altro soggetto, presuppongono – in aggiunta ad ulteriori condizioni oggetto anch’esse di verifica – che questi fosse stato già incluso nel nucleo familiare di appartenenza del defunto, sia pure per il relativo ampliamento, tramite provvedimento di ricognizione positiva da parte dell’ente gestore.
Subentro nell’assegnazione e ampliamento del nucleo familiare. Con la pronuncia numero 9783/15, depositata il 13 maggio, la Corte di Cassazione interviene in tema di subentro nell’assegnazione di alloggi popolari affermando importanti principi sul punto. La fattispecie portata all’attenzione della Corte origina dall’opposizione contro l’intimazione di rilascio dell’immobile che l’ente gestore aveva intimato alla nipote dell’originaria assegnataria la quale in seguito al decesso aveva avviato domanda di subentro in luogo del proprio ascendente. All’esito del giudizio di merito, intervenuta pronuncia delle Sezioni unite della Corte di Cassazione in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario, il Tribunale respingeva la domanda affermando che a fronte del decesso dell’originario assegnatario, il nuovo componente del nucleo familiare assumeva il diritto al subentro, a condizione che l’ampliamento del nucleo familiare fosse preventivamente riconosciuto dall’ente gestore, con la conseguenza che pur mancando ragioni ostative al subentro, risultava necessario che, prima del decesso dell’assegnatario, l’ente avesse preso atto o potuto prendere atto dell’ampliamento stabile del nucleo familiare con l’individuazione del nuovo componente. Interposto gravame, la Corte di Appello confermava la pronuncia di primo grado rigettando le doglianze della ricorrente. Subentro e voltura del contratto. Avverso la decisione di merito veniva proposto ricorso per Cassazione, nel quale veniva censurata la decisione del giudice di secondo cure sotto molteplici profilo. La Corte, con la decisione in epigrafe rigetta il ricorso e confermando la decisione di merito afferma che l’ampliamento del nucleo familiare dell’originario assegnatario dell’alloggio – ai sensi della Legge Regione Lazio numero 33/1987 – deve avvenire necessariamente in base ad un preventivo riconoscimento amministrativo del relativo ampliamento. Ritiene la Corte che dall’esegesi della normativa in questione, effettuata in base ai criteri di cui all’articolo 12 delle preleggi, e valorizzando i profili letterale e sistematico nonché la ratio della normativa, emerge che per l’ampliamento dell’originario nucleo familiare, la situazione dell’aspirante, quand’anche parente, doveva essere connotata da una serie di specifiche caratteristiche e finalità non limitate alla sua duratura presenza nell’alloggio locato e d’indole pure assistenziale, per legge soggette a preventiva verifica e formale riconoscimento da parte dell’ente locatore, onde evidentemente anche assicurare gli scopi pubblicistici perseguiti dalla normativa di favore. Ne deriva che in caso di decesso dell’originario assegnatario dell’immobile, il subentro e la voltura del contratto a favore di altro soggetto, presuppone – in aggiunta ad ulteriori condizioni oggetto anch’esse di verifica – che questi fosse stato già incluso nel nucleo familiare di appartenenza del defunto, sia pure per il relativo ampliamento, tramite provvedimento di ricognizione positiva da parte dell’ente gestore, che nella specie è mancato. La procedimentalizzazione del subentro. A tal fine, aggiunge la Corte, che seppur è vero che la normativa di riferimento non indica termini specifici per la proposizione delle istanze di ampliamento e di subentro né per il compimento dal parte dell’ente concedente delle diverse verifiche e constatazioni a ciascuna di esse correlate in ragione anche dei relativi scopi, limitandosi a prescrivere l’anteriorità della prima rispetto all’altro e di entrambe rispetto al conseguimento dei benefici connessi alla secondo tuttavia relativamente alla prima, volta all’ampliamento del nucleo familiare, l’interpretazione del dettato normativo porta a concludere che in effetti, poiché l’istanza doveva coinvolgere l’originario assegnatario ed involgere il suo assenso e poiché la presenza del terzo nell’alloggio locato non poteva risolversi in situazioni passibili di provvedimenti di autotutela e sanzionatori, quale quella di stabile coabitazione con lui, non tempestivamente resa nota alla P.a. né autorizzata quanto meno a titolo precario, l’adozione dell’iniziativa in questione richiedesse tempi ragionevolmente brevi rispetto all’avveramento della situazione posta a suo fondamento e comunque passibili di consentire l’adozione del finale provvedimento amministrativo di ampliamento, all’esito del procedimento di constatazione dei presupposti previsti per il riscontro del perseguimento, anche prospettico, delle finalità pubblicistiche di costituzione di una stabile e duratura convivenza con i caratteri della mutua solidarietà ed assistenza economica ed affettiva, legittimanti anche ma non solo il successivo subentro nel rapporto in luogo dell’originario assegnatario dell’alloggio. Conclude quindi la Corte affermando che nel caso di specie correttamente i giudici di merito hanno respinto la domanda della ricorrente, stante la mancanza in suo favore di un provvedimento amministrativo di ampliamento del nucleo familiare della defunta assegnataria e la non più utile esperibilità dell’accertamento presupposto per la sua adozione, a fronte dell’unica comunicazione di ampliamento e di subentro nell’acquisto dell’alloggio ricevuta dall’ente gestore solo il giorno della morte dell’assegnataria.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 gennaio – 13 maggio 2015, numero 9783 Presidente Salvago – Relatore Giancola Svolgimento del processo Con ricorso del gennaio 1999 M.M.C. proponeva opposizione contro il decreto del 16.11.1998, col quale il Presidente dell'IACP - Istituto Autonomo per le case Popolari della Provincia di Roma - le aveva intimato, in base agli articolo 32 e 18 del D.P.R. numero 1035 del 1972, il rilascio, quale occupante senza titolo, dell'alloggio, che sin dal 1.03.1971, era stato assegnato in locazione a F.M. , nonna dell'opponente e deceduta il omissis . La M. deduceva che quale nipote dell'assegnataria F. e quindi sua discendente, avendo con quest'ultima stabilmente convissuto sin dal 1988, aveva diritto al subentro ex articolo 20 L. Reg. Lazio numero 33/87, non ostandovi l'assenza del preventivo riconoscimento del diritto da parte dell'ente, e che il riconoscimento doveva comunque considerarsi integrato dall'accettazione dei pagamenti da lei eseguiti dall'aprile 1997. L'IACP si costituiva eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore di quello amministrativo e sostenendo che comunque la permanenza della M. nell'immobile dell'opponente non era stata autorizzata e che il pagamento del canone non costituiva un implicito assenso al subentro. Il medesimo istituto proponeva successivamente regolamento preventivo di giurisdizione, definito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza numero 67 del 2001, dichiarativa della giurisdizione del giudice ordinario. Con sentenza numero 27055 del 2002 l'adito Tribunale respingeva la domanda della M. ritenendo che nel caso quale quello di specie di decesso dell'originario assegnatario, il nuovo componente del nucleo familiare assumeva il diritto al subentro, sempre che l'ampliamento del nucleo fosse stato previamente riconosciuto dall'ente gestore articolo 20 co. 6 l.Regione Lazio quindi, pur dovendosi solo riscontrare l'assenza di condizioni ostative, era necessario che, prima che insorgesse il diritto al subentro e cioè prima del decesso dell'assegnatario, l'ente locatore avesse preso atto o potuto prendere atto dell'ampliamento stabile del nucleo familiare, con l'individuazione del nuovo componente. Il fatto che il conduttore avesse omesso di comunicare l'inizio della convivenza con il nuovo soggetto, precludeva il riconoscimento da parte dell'ente del diritto al subentro del discendente. Nessuna comunicazione rivolta a rendere edotto l'istituto della situazione di stabile convivenza era stata mai operata negli otto anni in cui si sosteneva protratta la coabitazione tra la M. e la F. nell'unità immobiliare, né era a ciò idonea la corrispondenza ricevuta dall'ente il giorno stesso del decesso dell'assegnataria né valeva la riscossione del canone perché per gli enti pubblici non rilevava la volontà con facta concludentia . Quanto al difetto di potere del Presidente dell'istituto convenuto, tale profilo di illegittimità dell'atto impugnato andava dedotto in ricorso. La M. impugnava la sentenza di primo grado deducendo anche che il fatto che fosse entrata a far parte del nucleo familiare della F. , era stato da quest'ultima comunicato all'IACP con raccomma 28.3.1997, nella quale sì chiedeva che il contratto di vendita fosse stipulato con la nipote, che detta comunicazione era giunta allo IACP il 1.04.1997, giorno del decesso della F. , che successivamente lei stessa con raccomma 30.04.1997 aveva rinnovato la richiesta di subentrare nella locazione e nella vendita, che mai l'IACP aveva negato il riconoscimento di cui all'articolo 20 L. 33/87, mai aveva contestato l'esistenza dei requisiti necessari per l'assegnazione, e cioè vincolo di parentela, convivenza, durata, limiti di reddito e, in tal caso, spettava al Giudice ordinario supplire all'inerzia della P.A., accertando e dichiarando la sussistenza o meno di quei requisiti e il diritto al subentro, da lei fatto valere. Aggiungeva che anche il giudicato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione si era espresso nel senso che andava solo riscontrata la fondatezza nel merito, cioè i requisiti predeterminati dal legislatore, senza alcun rilievo per il mancato riconoscimento da parte dell'ente, che erroneamente il Tribunale aveva negato il diritto per la mancanza di idonea comunicazione, non prevista dalla legge, che erroneamente era stata ritenuta l'inidoneità della comunicazione fatta dalla F. , in quanto la raccomandata era stata spedita prima del decesso e non era vero che in essa vi fosse contenuto solo un fugace riferimento alla situazione di convivenza, mentre erano stati allegati tutti i documenti comprovanti il diritto. Illegittimo era il rigetto dell'eccezione di difetto di potere del Presidente IACP di emettere ordine di rilascio, spettando il potere al Sindaco l'eccezione era stata formulata nella memoria del 19.10.99 e mai abbandonata e, in ogni caso, poteva essere rilevata d'ufficio. Chiedeva la riforma della sentenza, con l'accoglimento delle domande di cui al ricorso introduttivo. Con sentenza del 12.10-4.11.2005 la Corte di appello di Roma respingeva il gravame proposto dalla M. nei confronti dell'ATER - Azienda Territoriale per l'edilizia residenziale pubblica del Comune di Roma, già IACP. La Corte territoriale osservava e riteneva che - il primo motivo di appello della M. era il seguente illegittimità del diniego del suo diritto soggettivo al subentro nell'assegnazione in locazione - la posizione della M. aveva consistenza di diritto soggettivo e il compito del giudice era quello di riscontrarne la fondatezza nel merito - nella sentenza impugnata il primo giudice aveva dato atto che, relativamente alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge per il subentro nell'assegnazione, trattavasi della verifica di situazioni di fatto per la quale non v'era alcun margine di discrezionalità amministrativa per l'ente proprietario e così per il giudice chiamato a pronunciarsi - la questione in esame non atteneva alla sussistenza in capo alla M. dei requisiti richiesti per il subentro, requisiti non posti in discussione né nella comparsa di risposta dello IACP in primo grado, né nella sentenza appellata e quindi del tutto inlnfluenti erano le reciproche contestazioni delle parti su tali aspetti della controversia . Né soccorreva la pronuncia della Suprema Corte, che atteneva alla giurisdizione e non al merito la M. vantava una posizione che era di diritto soggettivo al subentro, non di interesse legittimo, quindi la giurisdizione era quella dell'AGO, non del giudice amministrativo il merito, però, della controversia in esame non riguardava i requisiti, ma altro. Era vero che lo IACP non si era espresso, né nel senso del riconoscimento del diritto al subentro, né nel senso contrario e cioè con una comunicazione espressa di diniego , ma il decreto di rilascio per occupazione senza titolo era certamente un diniego di riconoscimento e il giudice avrebbe dovuto svolgere un'attività meramente ricognitiva, laddove la originaria assegnataria avesse adempiuto a quanto richiesto e previsto dalla L. Regione Lazio numero 33 del 1987, legge che attribuiva al nuovo componente del nucleo familiare il diritto al subentro, purché l'ampliamento fosse stato previamente riconosciuto dall'Ente gestore. Il previo riconoscimento significava che, come nel caso di specie, prima della morte della signora F. , la procedura amministrativa fosse stata completata, quanto meno con una presa d'atto da parte dell'ente della situazione familiare dell'assegnataria. L'appellante aveva, invece, insistito sul fatto che, trattandosi di diritto e non di mero interesse, sussistendo i requisiti di legge, il giudice avrebbe solo dovuto affermare il diritto al subentro della M. , a nulla rilevando il previo riconoscimento da parte dell'Ente, non essendovi discrezionalità in materia né nel proprietario, né nel Giudice. Ma, se così fosse stato, non si vedeva quale avrebbe dovuto essere il significato, l'incidenza, la portata giuridica di quell'inciso, che avrebbe potuto anche non apporsi, ove sì fosse seguita l'argomentazione della difesa appellante che riteneva la mancanza di discrezionalità anche nella fase anteriore dell'ampliamento. La tesi era del tutto infondata la legge in materia prevedeva una serie di regole disciplinanti detto ampliamento, consentito per determinati soggetti quanto meno, l'Ente proprietario doveva poter verificare, prima che qualsivoglia persona si fosse introdotta nell'immobile assegnato a persona in possesso dei requisiti di legge, e potesse rivendicare diritti di sorta, che il nuovo soggetto fosse rientrato fra quelli per i quali era previsto il diritto al subentro e l'originario assegnatario doveva consentire al proprietario l'effettiva verifica il fatto che non vi fosse nella norma un'esplicitazione di un obbligo di comunicazione e un termine come previsto invece nella legge regionale del 1999 non escludeva la necessità del preventivo riconoscimento. Ciò non era avvenuto in quanto l'Ente proprietario era stato posto a conoscenza dell'ampliamento alla M. della situazione familiare della F. solo il giorno della morte di costei, e, quindi, quando ormai era venuta meno la situazione legittimante l'assegnazione dell'alloggio. A dire dell'appellante ambedue le possibili verifiche, ingresso nel nucleo ed effettivo subentro, erano effettuabili anche contestualmente nel momento in cui la dedotta situazione legittimante si fosse tradotta nell'esercizio del diritto al subentro, essendo sopravvenuto il decesso dell'assegnatario quindi, secondo tale tesi, il Giudice non poteva introdurre quale altra condizione l'assolvimento di un mero onere di comunicazione per una verifica che poteva essere effettuata anche successivamente. Tale ultimo assunto introduceva il secondo motivo di appello, con cui si era dedotta l'illegittimità della statuizione circa la pretesa inidoneità della comunicazione inviata il 28.03.1997 a porre lo IACP in grado di compiere le proprie verifiche. Ebbene, come risultava dalla documentazione allegata al fascicolo di primo grado, la F. , tramite il suo procuratore speciale M.R. , aveva inviato il 28.03.1997 comunicazione all'IACP nella quale chiedeva che il contratto con patto di futura vendita venisse stipulato in favore della nipote convivente M.M.C. ed allegato la comunicazione di ampliamento del nude familiare resa in data 26.03.1997 dal suo procuratore. Non a caso il primo giudice aveva rilevato che in detta corrispondenza, ricevuta dall'ente il giorno della morte della F. , era contenuto solo un fugace riferimento alla situazione di convivenza infatti, nella specie, andava distinta la mera locazione dell'alloggio dalla possibilità riconosciuta all'assegnatario di acquistarlo con patto di futura vendita personalmente o per un componente del nucleo familiare e, in tal caso, era necessario l'assenso scritto dell'assegnatario con scrittura privata autenticata. In realtà, né nella comunicazione, né negli allegati v'era una dichiarazione di esplicito assenso, ma il tutto lo si poteva ricavare solo implicitamente dal complesso degli atti inviati all'IACP e, per tale ragione, né l'Ente proprietario né il primo giudice che non si era limitato nella sua sentenza all'onere di comunicazione si erano soffermati in modo rilevante su tale aspetto della questione, ma avevano dato rilievo alla situazione pregressa, e cioè al fatto che occorreva in tempi utili ottenere il riconoscimento dell'ente all'ampliamento e, solo dopo, la M. avrebbe potuto vedere riconosciuti i suoi diritti. La norma di cui all'articolo 20 L. Reg. 33/87 non richiedeva una previa comunicazione perché in tal caso si poteva anche disquisire se comunicazione c'era stata, se era intervenuta comunque prima della morte dell'assegnataria, ecc la norma richiedeva il previo riconoscimento e questo certamente non c'era stato, né poteva intervenire quando l’assegnataria era già defunta e aveva comunicato il tutto quattro giorni prima di morire, senza lasciare all'Ente alcuna materiale possibilità di verifica. E l'Ente aveva proceduto al decreto di rilascio per occupazione senza titolo, non potendosi far carico allo stesso di un comportamento omissivo, che era stato della F. e della M. , non dello IACP. A ciò conseguiva che rientrava nei poteri del Presidente il decreto di rilascio, non avendo alcun titolo la M. neanche per la mera locazione e comunque nel ricorso non era stato prospettato un difetto di potere del Presidente , e la completa infondatezza dei motivi di appello. Avverso questa sentenza la M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrato da memoria e notificato il 18.12.2008 all'ATER Azienda Territoriale per l'edilizia residenziale pubblica del Comune di Roma, che il 25-29.01.2009 ha resistito con controricorso. Motivi della decisione A sostegno del ricorso la M. denunzia 1. Violazione della legge regionale del Lazio numero 33 del 1987 - Violazione dell'articolo 112 c.p.c. Difetto di motivazione per contraddittorietà ed illogicità . 2. Violazione della legge regionale Lazio numero 33 del 1987 Violazione del giudicato delle SS.UU. formatosi tra le parti Difetto di motivazione per perplessità, contraddittorietà ed illogicità . 3. Violazione della legge regionale Lazio numero 33 del 1987 Violazione del giudicato delle SS.UU. formatosi tra le parti Violazione dei diritti derivanti dalla predetta legge regionale . 4. Violazione della legge regionale del Lazio numero 33 del 1987 Difetto di motivazione per contraddittorietà, illogicità, assenza di spiegazioni, omesso esame di circostanze decisive prospettate dalle parti e di documenti pure decisivi Violazione del giudicato costituito dalla sentenza delle SS.UU., resa tra le parti. Pur non essendovi ratione temporis tenuta in tema, cfr anche Cass. numero 26364 del 1999 numero 16122 del 2012 , formula il seguente quesito di diritto unico per i primi quattro motivi se sia o no esatto che - ai sensi della legge Regione Lazio numero 33 del 1987 ed in specie della previsione in essa dell'articolo 20 — il riconoscimento da parte dell’ente gestore della legittimità dell'ingresso di un nuovo membro del nucleo familiare del soggetto già assegnatario - non sia elemento costitutivo del diritto a subentro - comporti soltanto il riscontro positivo dei requisiti del nuovo membro, da compiere senza alcun potere discrezionale - tale verifica ed il riconoscimento possano intervenire sino al momento in cui venga esercitato in concreto il diritto al subentro connesso all'ampliamento del nucleo . 5. Violazione del DPR numero 1035 del 1972 Violazione del DPR numero 616 del 1977 Difetto di motivazione per omesso esame di circostanze decisive e prospettate dalle parti Violazione dell'articolo 447 bis c.p.comma e dell'articolo 212 c.p.c. , con riguardo alla incompetenza del Presidente dell'IACP ad emettere il decreto del 16.11.1998, col quale alla M. era stato intimato, in base all’articolo 18 del D.P.R. numero 1035 del 1972, il rilascio dell'alloggio, sul presupposto, in tesi erroneo, che ne fosse occupante senza titolo. Il ricorso non ha pregio. Le plurime censure dedotte nei primi quattro motivi, suscettibili di esame congiunto, si sostanziano nella parte soggetta ad esame in via logico-giuridica prioritario, in non condivisibile tesi sulla portata di giudicato interno della sentenza numero 67 del 2001, resa dalle Sezioni Unite di questa Corte ed affermativa della giurisdizione dell'AGO sulla presente controversia questa sentenza è stata doverosamente articolo 5 c.p.c. affidata soltanto alla valutazione della pretesa azionata dalla M. ritenuta non incidente sul procedimento pubblicistico di assegnazione dell'alloggio ed all'individuazione della situazione giuridica soggettiva da tale pretesa involta reputata non di interesse legittimo ma di diritto soggettivo , risultanti dalla mera prospettazione contenuta nella domanda introduttiva, ed ha lasciato perciò inpregiudicato, come pure chiarito nel testo della stessa pronuncia pag. 3 , il merito delle questioni oggetto della domanda stessa pertanto tale sentenza non avrebbe potuto anche implicare il riconoscimento, con valenza di giudicato sostanziale, del diritto soggettivo dell'istante al subentro nel nucleo familiare dell'originaria assegnataria, presupposto costitutivo della vantata successione della M. nel rapporto locativo di pertinenza, sin dal 1.03.1971, della defunta unica locataria, e, quindi, nella titolarità dei diritti oltre che degli obblighi connessi a tale subentro quale anche quello all'acquisto dell'alloggio già locato con patto di futura vendita . Vanno del pari disattese le ulteriori censure incentrate sui richiamati dati normativi di riferimento e sulla motivazione della sentenza impugnata in questa sede, premettendo che nella specie il nucleo familiare assegnatario dell'alloggio risulta essere stato inizialmente costituito dalla sola F. e non anche da altri suoi parenti, quali pure la nipote M.M.C. , che, quindi, avrebbe potuto esservi inclusa solo per successivo riconoscimento amministrativo di relativo ampliamento, secondo quanto previsto dagli articolo 3, 20 e 21 della Legge Regione Lazio numero 33 del 1987, applicabile ratione temporis In tema, cfr pure Cass. numero 6866 del 1995 . Dall'esegesi di tali disposizioni, condotta in base ai criteri contemplati dall'articolo 12 delle preleggi, ossia valorizzando sia i profili letterale e sistematico e sia la ratio che le ispira, emerge che per l'ampliamento dell'originario nucleo familiare, la situazione dell'aspirante, quand'anche parente, doveva essere connotata da una serie di specifiche caratteristiche e finalità, non limitate alla sua duratura presenza nell'alloggio locato e d'indole pure assistenziale, per legge soggette a preventiva verifica e formale riconoscimento da parte dell'ente locatore, onde evidentemente anche assicurare gli scopi pubblicistici perseguiti dalla normativa di favore. Emerge, altresì, che, in caso di decesso dell'originario assegnatario dell'immobile, il subentro e la voltura del contratto a favore di altro soggetto, presupponeva in aggiunta ad ulteriori condizioni oggetto anch'esse di verifica che questi fosse stato già incluso nel nucleo familiare di appartenenza del defunto, sia pure per relativo ampliamento, tramite provvedimento di ricognizione positiva da parte dell'ente concedente e gestore, nella specie invece mancato. Vero è che le norme non indicavano termini specifici per la proposizione delle istanze di ampliamento e di subentro né per il compimento da parte dell'ente concedente delle diverse verifiche e constatazioni a ciascuna di esse correlate in ragione anche dei relativi scopi, limitandosi a prescrivere l'anteriorità della prima rispetto all'altra e di entrambe rispetto al conseguimento dei benefici connessi alla seconda tuttavia relativamente alla prima, volta all'ampliamento del nucleo familiare, l'interpretazione del dettato normativo porta a concludere che in effetti, poiché l'istanza doveva coinvolgere l'originario assegnatario ed involgere il suo assenso e poiché la presenza del terzo nell'alloggio locato non poteva risolversi in situazioni passibili di provvedimenti di autotutela e sanzionatoli, quale quella di stabile coabitazione con lui, non tempestivamente resa nota alla PA né autorizzata quanto meno a titolo precario, l'adozione dell'iniziativa in questione richiedesse tempi ragionevolmente brevi rispetto all'avveramento della situazione posta a suo fondamento e comunque passibili di consentire l'adozione del finale provvedimento amministrativo di ampliamento, all'esito del procedimento di constatazione dei presupposti previsti per il riscontro del perseguimento, anche prospettico, delle finalità pubblicistiche di costituzione di una stabile e duratura convivenza con i caratteri della mutua solidarietà ed assistenza economica ed affettiva, legittimanti anche ma non solo il successivo subentro nel rapporto in luogo dell'originario assegnatario dell'alloggio. D'altra parte, il fatto che le posizioni giuridiche dell'aspirante all'ampliamento ed al subentro integrassero diritti soggettivi, dipendendo la relativa acquisizione da prefigurazione normativa, non rendeva il procedimento amministrativo dalla legge previsto per il riscontro delle condizioni di riconoscimento di tali diritti, superfluo ed evitabile dall'interessato, ma solo che esso costituiva espressione di attività vincolata e non discrezionale della P.A. e che doveva risolversi in provvedimento certativo e non costitutivo dei diritti in questione, impugnabile in sede giudiziaria se non aderente al dato normativo di riferimento. Nella specie, dunque, puntualmente ed irreprensibilmente i giudici di merito hanno respinto l'opposizione della M. , data la mancanza in suo favore del provvedimento amministrativo di ampliamento del nucleo familiare della defunta assegnataria e la non più utile esperibilità dell'accertamento presupposto per la sua adozione, a fronte dell'unica comunicazione di ampliamento e di subentro nell'acquisto dell'alloggio della M. , in tesi convivente sin dal 1988 con la F. , comunicazione che quest'ultima, tramite il figlio, suo procuratore speciale, aveva inviato solo il 28.03.1997 e che era stata ricevuta dall'ente il 1.04.1997, giorno della morte dell'assegnataria. Questa sfavorevole conclusione assorbe l'esame del quinto motivo del ricorso. Conclusivamente l'impugnata sentenza si rivela aderente alle regole normative applicabili alla fattispecie, oltre che puntualmente e logicamente argomentata, sicché il ricorso deve essere respinto, con condanna della soccombente M. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, in favore dell'ATER - Azienda Territoriale per l'edilizia residenziale pubblica del Comune di Roma - che ha resistito con ammissibile controricorso cfr anche, Cass. SU numero 1049 del 1997 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la M. al pagamento, in favore dell'ATER - Azienda Territoriale per l'edilizia residenziale pubblica del Comune di Roma, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 4.000,00 per compenso ed in Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli accessori come per legge.