Scioperi inclusi nella categoria ‘assenteismo’, ridotto il premio ai dipendenti: vittoria dell’azienda

A vuoto le contestazioni mosse dal sindacato. Decisiva l’analisi del contratto aziendale, in cui le giornate di sciopero non sono assolutamente citate sul fronte delle deroghe previste in materia di assenze e di decurtazione del premio di risultato. Non regge l’ipotesi della condotta antisindacale.

Giornate di sciopero ricomprese nella categoria ‘assenteismo’. Ciò comporta per i dipendenti, accordo aziendale alla mano, una riduzione del cosiddetto premio di risultato. Scelta illegittima, quella adottata dalla società? Assolutamente no. E, checché ne dicano i sindacati, nessuna contestazione è possibile nei confronti dell’impresa Cassazione, sentenza numero 5435, sez. Lavoro, depositata oggi . Sciopero. Casus belli, come detto, è la «decisione» del datore di lavoro di «considerare le giornate di sciopero come comprese nell’ambito della previsione di assenteismo» – come da «accordo aziendale» del giugno 2002 – «sui criteri di decurtazione del premio di risultato». L’applicazione di tale visione, difatti, ha comportato una «riduzione dell’ammontare dei premi erogati» ai dipendenti, in accordo, ovviamente, con «le decurtazioni percentuali» previste nell’accordo. Pronta la replica delle organizzazioni sindacali, che contestano duramente la condotta dell’azienda, poggiata, in sostanza, su una lettura – illegittima, secondo i sindacati – della «dizione di assenteismo usata dall’accordo aziendale» finalizzata ad «includere le giornate di sciopero nelle assenze idonee a ridurre l’ammontare del premio di risultato». A sorpresa, però, i giudici di merito ritengono corretta la scelta operata dall’impresa. Elemento decisivo, per negare la «antisindacalità» della condotta aziendale, è l’analisi, accordo alla mano, della «lettera» e della «ratio» del premio di produzione in sostanza, sostengono i giudici, alla luce delle «sole deroghe previste per la esclusione per assenteismo specifiche e nominate assenze per gravi malattie, per maternità, per servizio militare, et cetera», è evidente che «lo sciopero non era stato affatto inserito tra le deroghe al meccanismo riduttivo del premio di risultato». Assenteismo. Nuova levata di proteste, ovviamente, da parte del sindacato. Ecco spiegata la decisione di proporre ricorso in Cassazione, ribadendo la tesi della «antisindacalità» della condotta aziendale, che, a dire dei sindacati, ha portato avanti una «interpretazione dell’accordo malevola», finalizzata, cioè, a «punire matrimonialmente chi avesse esercitato il suo diritto di sciopero». Tale obiezione – peraltro lacunosa, vista la mancata «produzione dell’accordo del 2002» – viene però respinta dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali ritengono inattaccabili le valutazioni compiute in secondo grado ciò sancisce la vittoria definitiva dell’azienda, con buona pace dei sindacati. Per i giudici, in sostanza, paletti fondamentali sono primo, le caratteristiche «dell’istituto del premio di risultato, ritenuto remunerativo della presenza» secondo, le tipologie «delle espresse esclusioni contrattuali dell’abbattimento per assenze» terzo, il «silenzio contrattuale sull’impatto delle assenze per sciopero» quarto, la «forte indicazione per la inclusione delle ore di sciopero nel meccanismo decurtativo del premio di risultato», alla luce del «fisiologico incidere dello sciopero sul sinallagma prestazione-retribuzione». Di fronte a questo quadro, non si può, concludono i giudici, non concordare con le valutazioni, favorevoli all’azienda, tracciate in Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 gennaio – 18 marzo 2015, numero 5435 Presidente/Relatore Macioce Svolgimento del processo A seguito della decisione da parte del datore di lavoro Sea s.p.a. di considerare le giornate di sciopero come comprese nell'ambito della previsione di assenteismo di cui all'accordo aziendale 21.06.2002, sui criteri di decurtazione del premio di risultato, con conseguente riduzione dell'ammontare dei premi erogati in accordo con le previste decurtazioni percentuali, si sviluppò una contestazione da parte del sindacato della iniziativa stessa, sull'assunto che essa fosse stata intrapresa in violazione della parte normativa del CCNL e pertanto dettata da ragioni antisindacali. Sea s.p.a., in particolare, interpretando la dizione di assenteismo usata dall'accordo aziendale per includere le assenze idonee a ridurre l'ammontare del premio di risultato, ha ritenuto che le giornate di sciopero fossero comprese in tal dizione. Le oo.ss. e segnatamente la FILLEA CGIL di Firenze, ritenendo che tale interpretazione fosse né autorizzata né corretta, promosse procedura di repressione ex articolo 28 S.L. innanzi al Tribunale fiorentino L'adito Giudice respinse tanto il ricorso d'urgenza quanto l'opposizione al diniego. La Corte di Appello di Firenze con sentenza 22.10.2008 ha quindi rigettato l'appello proposto dalla predetta o.s. affermando che la antisindacabilità sarebbe stata predicabile ove il comportamento unilaterale fosse stato assunto in violazione di norme contrattuali escludenti dal novero delle assenze, rilevanti alla decurtazione, proprio quelle determinate da sciopero. Di contro, ad avviso della Corte di merito, esaminando lettera e ratio del premio di produzione vero e proprio premio di presenza , considerando le sole deroghe previste per la esclusione per assenteismo specifiche e nominate assenze per gravi malattie, per maternità, per servizio militare etc. , emergeva che lo sciopero non era stato affatto inserito tra le deroghe al meccanismo riduttivo del P.d.R. Per la cassazione di tale sentenza la predetta o.s. ha proposto ricorso il 6.11.2008 con due motivi, resistiti da controricorso di SEA. Motivi della decisione Il Collegio ha autorizzato la redazione di motivazione in forma semplificata. Ad avviso dei Collegio il ricorso esprime censure che non hanno ingresso in questa sede e che neanche meritano di essere condivise. Il 1° motivo rubricato a vizio di motivazione, esso contesta la stessa plausibilità della riconduzione ad assenteismo dello sciopero a criterio di parte sindacale ricorrente, la nozione di assenteismo adottata dall'accordo ha un oggettivo e soggettivo disvalore che non si sarebbe potuto ignorare nell'attività interpretativa sì da necessariamente escludere le assenze frutto di esercizio di un diritto di rango costituzionale. Illogico pertanto sarebbe stato ricavare dalle esclusioni espresse quel che, di contro, era escluso dalla stessa nozione adottata. Ad avviso del Collegio si tratta di una censura inammissibile, perché, giusta quanto appresso osservato, non è mai riducibile a vizio di motivazione l'errore di interpretazione della previsione del CCNL, posto che, anche nella pregressa e non più consentita lettura dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., non di vizio di motivazione si sarebbe potuto parlare ma di errata o falsa applicazione delle disposizioni di cui agli articolo 1362 e segg. c.c., le quali avrebbero dovuto, semmai, esporsi con specifica indicazione delle violazioni e con la loro riproduzione in quesito. II 2° motivo eleva le contestate interpretazioni a violazione degli articolo 1362-1363-1364-1366 c.c. e 28 S.L. L'apparato argomentativo è esposto da pag. 7 in poi ed a pagg. 15-16 si espongono i quesiti, che denunziano come le contestate interpretazioni siano in conflitto con i parametri di ricostruzione della volontà sostanziale, di adeguamento alla portata complessiva dell'atto, di perseguimento del canone della buona fede. L'ultimo punto parrebbe ricollegare la denunziata antisindacalità ad una interpretazione imprenditoriale non solo non consentita ma soggettivamente malevola l'intento di punire patrimonialmente chi avesse esercitato il suo diritto di sciopero . Osserva il Collegio, venendo dunque alla disamina di tale secondo motivo pertinente alla questione, a differenza del primo, inammissibile, motivo , che, pur nella indefettibile ottica dei controllo diretto da parte di questa Corte della interpretazione data alla previsione contrattuale - controllo la cui cogenza è consolidata nella attuale giurisprudenza di questa Corte Cass. 6335, 7385 e 21436 del 2014 - e quindi escluso che l'intero impianto del ricorso, genericamente evocante il malgoverno delle norme sulla interpretazione, possa precludere alla Corte il detto controllo diretto, va però registrata la ostativa assenza di alcuna attività informativa-specificati va ad iniziativa della o.s. ricorrente. Certamente tutta la costruzione avrebbe presupposto, per apprezzarne la decisività, la produzione dell'Accordo del 2002 cfr. SU 20075 del 2010 infatti la denunzia del preteso travisamento è affidata alle mere affermazioni della diversa ed opposta previsione della seconda pagina dell'Accordo che questa Corte, non vertendosi in tema di CCNL dei pubblico impiego privatizzato, non può verificare senza indicazione e trascrizione dei profili e senza allegazioni tempestiva ex articolo 366 numero 4 c.p.c. Cass. 15437 del 2014 e S.U. 22726 del 2011 . Ed altrettanto certamente detta costruzione neanche si può affidare alla pretesa eloquenza della pretesa forzatura ermeneutica compiuta dalla Corte di merito, posto che la sentenza in disamina articola i suoi passaggi attraverso la rigorosa analisi A dell'istituto del premio de quo, ritenuto remunerativo della presenza, B delle tipologie delle espresse esclusioni contrattuali dell'abbattimento per assenze, C del significato dei silenzio contrattuale sull'impatto delle assenze per sciopero nel meccanismo convenzionale della esclusione-inclusione, D della forte indicazione per la inclusione delle ore di sciopero nel meccanismo decurtativo dei risultato, data dallo stesso fisiologico incidere dello sciopero sul sinallagma della prestazione-retribuzione. Ebbene, pur ignorando il dato radicalmente ostativo della assenza di alcuna iniziativa di produzione e specifica indicazione da parte del sindacato ricorrente, non ci si sottrae dalla evidente constatazione della forte ed argomentata tenuta ermeneutica della motivazione della sentenza e della speculare contestazione valoriale , ma non interpretativa, della censura appena disaminata. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna FILLEA CGIL alla refusione delle spese che determina in favore di s.p.a. SEA in € 5.100 di cui € 5.000 per compensi oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.