La sentenza di non luogo a procedere non è una sentenza di assoluzione

La sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l’insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. Viene, quindi, ribadita la sostanziale differenza tra la pronuncia del Gup all’esito dell’udienza preliminare e la decisione assolutoria propria del giudizio di merito.

Il caso. L’enunciazione dei principi concernenti la natura della sentenza di non luogo a procedere e la loro applicazione al caso di specie meritano particolare attenzione. Su ricorso del Pubblico Ministero la Corte di cassazione ha annullato con rinvio la sentenza del Gup di Cosenza con la quale si era dichiarato di non doversi procedere nei confronti degli imputati accusati della commissione del reato di omissione di atti d’ufficio articolo 328 comma 2 c.p. e di falsità materiale ed ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici articolo 476 e 479 c.p. a per non aver fornito risposte a più richieste inviate da un dipendente della ASL di Cosenza relative all’accesso agli atti di una procedura concorsuale interna, a cui lo stesso aveva partecipato, e nonostante una richiesta di chiarimenti dell’Ispettorato del Dipartimento della funzione pubblica e b per aver falsamente attestato in una nota rivolta al predetto Dipartimento della funzione pubblica di aver preso visione di detta richiesta di chiarimenti in una data non corrispondente al vero. La decisione del Gup si era fondata sulla circostanza che non erano stati acquisiti gli originali delle missive e delle relative date di ricezione delle lettere inviate dal dipendente della ASL e sul fatto che mancasse un’indagine rivolta a verificare se e quando fosse effettivamente pervenuta la nota dell’Ispettorato sopra menzionato, nell’ulteriore presupposto del tutto errato che il funzionario, nelle attestazioni rivolte al Dipartimento della Funzione pubblica nell’ambito di una verifica ispettiva, non riveste la qualifica di pubblico ufficiale. Cassati gli argomenti del Gup non sono stati rispettati i criteri di giudizio che si devono seguire nell’udienza preliminare per la pronuncia di non doversi procedere. Il Gup, infatti, ha deciso sviluppando le proprie argomentazioni in punto di fatto secondo puri canoni d’innocenza, «trascurando di delibare se risultasse o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento». La Corte di cassazione, infatti, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte costituzionale sentenze nnumero 82/1993, 71/1996, numero 51/1997 ed ord. numero 185/2001 e delle Sezioni unite sentenza numero 39915/2002 ha ribadito che l’apprezzamento del Gup non si deve sviluppare seguendo canoni di tipo prognostico di colpevolezza o di innocenza, dovendosi incentrare sulla necessità della fase del giudizio, posto che nonostante i poteri di integrazione probatoria articolo 421- bis e 422- bis c.p.p. «la valutazione critica di sufficienza, non contraddittorietà e comunque di idoneità degli elementi probatori è sempre e comunque diretta a determinare, all’esito di una delibazione di tipo prognostico, divenuta più stabile per la tendenziale completezza delle indagini, la sostenibilità dell’accusa in giudizio e, con essa, l’effettiva, potenziale, utilità del dibattimento». Ciò che rileva, insomma, a detta dell’Alta corte ai fini di una corretta pronuncia ex articolo 425 c.p.p., è la valutazione che la situazione di innocenza non è ritenuta superabile in dibattimento dall’acquisizione di nuove prove o da una diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova già acquisiti. Solo se il giudice ritiene che il quadro probatorio e dallo stesso valutato sia immutabile, questi ha il potere di pronunciare la sentenza di non luogo a procedere. Se ciò non è e se dunque l’insufficienza e contraddittorietà degli elementi possono essere in qualche modo ritenuti superabili in dibattimento, tale potere viene meno e con esso la legittimità della sentenza ex articolo 425 c.p.p Da qui la decisione di censura della Corte di legittimità, per la quale gli ‘ostacoli’ paventati dal Gup e sopra richiamati erano, in verità, assolutamente non preclusivi al dibattimento. In ogni caso, non risultava che gli stessi fossero stati vagliati con la possibilità del giudizio e, quindi, con la possibilità di essere suberati attraverso l’istruzione dibattimentale, non potendo il giudice limitarsi ad una valutazione di puro merito rebus sic stantibus . In conclusione. La sentenza in oggetto merita di essere attentamente considerata, poiché con essa si è fatta una ferrea ma lucida applicazione dei principi sottostanti alla natura della sentenza ex articolo 425 c.p.p Questa tipologia di decisione, specie a seguito dei ripetuti interventi normativi sull’udienza preliminare, ha subito notevoli mutamenti, tanto che da taluni è stata paragonata seppur in modo informale ad una vera e propria sentenza assolutoria. Ciò non può essere, non solo per la diversa configurazione degli istituti e degli effetti relativi al giudicato, ma per i diversi criteri di guida, che il giudice deve seguire per poter correttamente decidere. Il potere del Gup di dichiarare di non dover procedere al giudizio di merito implica certamente un apprezzamento sull’innocenza o, se si preferisce, sulla non meritevolezza della pena. Tuttavia, tale potere, diversamente da quello proprio del giudice del merito, non è connaturale alla funzione dell’udienza preliminare, in quanto per poter essere ammesso necessita di un vaglio preliminare ineludibile e cioè se sia o meno possibile che il quadro probatorio possa modificarsi in sede dibattimentale. Tale apprezzamento prognostico ha evidentemente dei margini di opinabilità e di discrezionalità insopprimibili e che saranno sostanzialmente incensurabili ove adeguatamente motivati. Ma se tale questione non viene affrontata e risolta, quale che sia la conclusione del Gup ex articolo 425 c.p.p., la sua decisione non sarà mai correttamente formata e potrà, come nel caso di specie, essere validamente cassata. E’ evidente che nel dubbio sulla necessità od utilità del giudizio, il Gup dovrà emettere il decreto ex articolo 429 c.p.p Rimane così anche nell’attuale sistema un favor per il decreto di rinvio a giudizio, ma tale ultimo atto, proprio per il contesto sistematico in cui si inserisce e per la configurazione della sentenza ex articolo 425 c.p.p., non assume e non può assumere una valenza di una condanna in fieri . Il decreto, che dispone il giudizio, è e rimane un atto processuale di passaggio, da emettersi non potendosi di per sé escludere che il dibattimento sia inutile, sicché in esso non sono e non possono essere presenti valutazioni di merito di per sé negativi per l’accusato. Una tale conclusione può oggi ancora sostenersi con vigore non solo dottrinale proprio perché la sentenza di non luogo a provvedere non è una sentenza di assoluzione. Ecco che allora proprio la natura ibrida o, se si preferisce, controversa di tale decisione giudiziale fa sì che la stessa abbia ancora un senso e meriti la massima attenzione, benché da più parti si continui a lamentare l’inefficienza dell’udienza preliminare.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 gennaio – 20 marzo 2012, numero 10849 Presidente Agrò – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Cosenza dichiarava non luogo a procedere nei confronti di F.L.N P. e B.V., per i reati loro rispettivamente ascritti, perché il fatto non sussiste. Ad entrambi gli imputati era stato contestato il reato di cui agli articolo 81 cpv. e 328, comma secondo, cod. penumero , per aver, il primo nella qualità di Direttore generale pro tempore ed il secondo quale responsabile dell'Ufficio delibere dell'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, omesso di fornire risposta alle richieste del gennaio e del luglio 2009 e alla diffida dell'agosto 2009 inoltrate da S E. , dipendente della stessa azienda, con le quali chiedeva di accedere agli atti di una procedura concorsuale interna, alla quale aveva partecipato, e ciò nonostante l'esplicito invito rivolto, con nota del 3 settembre 2009, dal dirigente dell'Ufficio privacy della azienda, M.F L., e la richiesta di chiarimenti del 5 maggio 2009 dell'Ispettorato del Dipartimento della Funzione pubblica. Al P. era stato contestato altresì il reato di cui agli articolo 476 e 479 cod. penumero , per aver, nella stessa qualità, falsamente attestato in una nota del primo aprile 2010 diretta al Dipartimento della Funzione pubblica di aver preso visione della sopra citata richiesta di chiarimenti solo in data 22 marzo 2010. Evidenziava il Giudice a quo che, con esposto del 14 febbraio 2009, S E. si era lamentato di aver partecipato ad un concorso interno dell'Azienda sanitaria provinciale di XXXXXXX, bandito con delibera numero 2325 del 19 giugno 2008, all'esito del quale erano risultati vincitori tutti i rappresentanti sindacali, senza che fossero resi noti i parametri valutativi e ignorando i titoli degli altri concorrenti. Sempre in relazione a tale vicenda, l'E. aveva inoltrato in data 7 e 8 gennaio 2009 sei fax al Direttore generale, P. , e al Direttore dell'ufficio risorse umane, B. , al fine di ottenere le copie delle delibere numero 5701, 5396 e 5594 del 2008 che avevano definito il suddetto concorso. Le richieste dell'E. erano state rigettate in data 20 gennaio 2009 dal P. e dalla responsabile dell'Ufficio Privacy-Accesso agli atti , Dott.ssa L. , perché prive di motivazione, con l'invito al richiedente ad avanzare le future istanze tramite il protocollo generale. In data 5 maggio 2009, la Dirigente dell'Ispettorato del Dipartimento della Funzione pubblica, Dott.ssa Pi. , aveva indirizzato una missiva al P. e, per conoscenza, all'E. , che aveva ad oggetto la regolarità della procedura concorsuale e solo marginalmente quello di far notiziare delle iniziative adottate l'esponente. Il Giudice rilevava che non emergeva dagli atti “né se né quando” tale missiva fosse stata ricevuta dal P. . Il 30 giugno 2009, l'E. aveva inviato con lettera raccomandata al Direttore generale P. e alla Dirigente L. una nuova e motivata missiva in cui, sulla base della legge 241/1990, chiedeva copie delle delibere 5701 e 5396 del 2008 e di tutti gli atti propedeutici ad esse. Il Giudice evidenziava che agli atti vi era copia della spedizione con A.R., ma non della cartolina di ritorno. Successivamente, con lettera raccomandata datata 5 agosto 2009, l'E. diffidava formalmente i predetti a rilasciargli la documentazione richiesta o ad indicare le ragioni del rifiuto. Il Giudice rilevava che era stata allegata la cartolina di ritorno, datata “1.7.09”. In data 1 settembre 2009 la L. aveva comunicato all'esponente - e per conoscenza al P. ed a B. - di aver dato il 9 luglio 2009 parere positivo alle richieste di accesso, invitandolo a prendere contatto con l'Ufficio delibere, allegando copia della missiva del 30 giugno 2009 e della diffida dell'E. a lei indirizzate, protocollate rispettivamente il primo luglio e il 10 agosto 2009. Con un'altra nota, recante la data del “9.7.09” ancorché il Giudice rilevava che il 7 correggeva a penna altro numero non identificabile “forse un 1” , la L. aveva segnalato al B. , e per conoscenza al Direttore generale, che l'E. aveva sufficientemente motivato la sua richiesta di accesso del primo luglio 2009. Anche per tale missiva il Giudice evidenziava la assenza del timbro di protocollo e della data di ricezione da parte del P. e del B. . In data 1 aprile 2010, il P. aveva fornito risposta sulla procedura concorsuale all'Ispettorato del Dipartimento della Funzione pubblica, diretta per conoscenza anche all'E. , rilevando di aver preso visione della nota della Dott.ssa Pi. solo in data 22 marzo 2010. 3. Sulla base delle suddette evidenze, il Giudice a quo riteneva che non emergesse la prova del reato omissivo contestato sub a , poiché, come risultava dalla nota difensiva degli imputati, questi ultimi avevano appreso della diffida dell'E. solo il 4 settembre 2009, allorquando ricevettero il parere positivo all'accesso agli atti espresso dall'Ufficio Privacy. Né era emersa prova contraria, non essendo stato acquisito l'originale - e le relative date di ricezione - delle lettere dell'E. ricevute dagli imputati. In ogni caso, secondo il Giudice, era risultato che agli inizi di settembre 2009 l'E. si era incontrato con il B. che aveva dato la sua disponibilità a fornire le delibere richieste, ma non gli atti propedeutici, in quanto detenuti da altro ufficio, e che l'E. non aveva poi ritirato tali atti. Pertanto, una volta ricevute la diffida ad adempiere ed il parere positivo dell'Ufficio delibere, nessuna condotta omissiva era riscontrabile nella condotta degli imputati. Quanto alla restante imputazione, il Giudice rilevava che in ordine alla falsa attestazione relativa alla ricezione della nota del Dipartimento della Funzione pubblica del 5 maggio 2009 nessuna indagine era stata espletata per accertare se e quando la stessa fosse pervenuta all'attenzione del Direttore generale P. che la lettera della L. , datata 1 settembre 2009, non aveva fatto cenno a detta nota e non era stato accertato se e quando tale nota fosse stata ricevuta dal P. e che l'imputato non aveva funzioni fidefacenti. Pertanto, secondo il Giudice, il transito alla fase dibattimentale appariva del tutto superflua. 4. Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza, deducendo - il vizio di motivazione, avendo il Giudice dimostrato di aver travalicato i confini assegnati al proprio giudizio, dispiegandosi fino alla vantazione piena della prova, e di aver acriticamente aderito alla tesi difensiva, non valutando invece i dati obiettivi di segno contrario, pervenendo a conclusioni prive di logicità. Quanto al capo B , l'Ufficio ricorrente denuncia una valutazione delle dichiarazioni rese dal P. ad intermittenza, attribuendo alle stesse attendibilità quanto al momento in cui costui avrebbe preso conoscenza della diffida dell'E. - ovvero al momento in cui era stato reso il parere dell'Ufficio privacy, che a sua volta menzionava la nota del Dipartimento della funzione pubblica - e poi affermando che non era certo il momento di ricezione della missiva da parte del P. . Il B. , per il tramite del suo difensore, avv. G. Barba, ha fatto pervenire una memoria difensiva, con cui resiste al ricorso, chiedendone la declaratoria di inammissibilità o comunque il rigetto. Il ricorso risulterebbe, a suo avviso, aspecifico con riferimento alla posizione del B. e generico, perché privo della necessaria autosufficienza, e comunque limitato a censure in fatto, improponibili in sede di legittimità. Nel merito, il B. ha rilevato l'infondatezza dell'ipotesi accusatoria, posto che l'imputato non era il responsabile del procedimento e che sia la richiesta del 30 giugno che la diffida del 5 agosto 2009 risulterebbero ricevute dal B. solo in data 4 settembre 2009, allorquando furono allegate entrambe alla nota a firma della Dott.ssa L. . Anche E.S. , parte civile, per il tramite del difensore avv. G. Patta, ha fatto pervenire una memoria difensiva, con la quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso, del quale ha dichiarato di condividere le argomentazioni. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto con effetto assorbente rispetto alle ulteriori doglianze sollevate dalle parti in questa sede. La Corte costituzionale ha più volte affermato che le modifiche apportate alla disciplina della udienza preliminare non ne hanno modificato la funzione assegnata ad essa, nel disegno del codice, nella quale “l'apprezzamento del giudice non si sviluppa . secondo un canone, sia pur prognostico, di colpevolezza o innocenza, ma si incentra sulla ben diversa prospettiva di delibare . se risulti o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento” sent. numero 82 del 1993 sent. numero 71 del 1996 sent. numero 51 del 1997 ord. numero 185 del 2001 la funzione dell'udienza preliminare resta quindi pur sempre quella di verificare l'esistenza dei presupposti per l'accoglimento della domanda di giudizio formulata dal P.M Come hanno sottolineato le Sezioni unite di questa Corte Sez. U, Sentenza numero 39915 del 30/10/2002, Vottari, in motivazione , anche l'obiettivo arricchimento, qualitativo e quantitativo, dell'orizzonte prospettico del giudice, rispetto all'epilogo decisionale, attraverso gli strumenti di integrazione probatoria previsti dagli articolo 421-bis e 422-bis cod. proc. penumero , non attribuisce infatti allo stesso il potere di giudicare in termini di anticipata verifica della innocenza-colpevolezza dell'imputato, poiché la valutazione critica di sufficienza, non contraddittorietà e comunque di idoneità degli elementi probatori, secondo il dato letterale del novellato terzo comma dell'articolo 425, “è sempre e comunque diretta a determinare, all'esito di una delibazione di tipo prognostico, divenuta più stabile per la tendenziale completezza delle indagini, la sostenibilità dell'accusa in giudizio e, con essa, l'effettiva, potenziale, utilità del dibattimento”. Non è ovviamente irrilevante se, all'udienza preliminare, emergono prove che, in dibattimento, potrebbero ragionevolmente condurre all'assoluzione dell'imputato, ma il proscioglimento deve essere, dal giudice dell'udienza preliminare, pronunziato solo se ed in quanto questa situazione di innocenza sia ritenuta non superabile in dibattimento dall'acquisizione di nuove prove o da una diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova già acquisiti Sez. 4, numero 43483 del 06/10/2009, Pontessilli, Rv. 245464 . Quindi, il quadro probatorio e valutativo delineatosi all'udienza preliminare deve essere ragionevolmente ritenuto immutabile. Il giudice dell'udienza preliminare, dunque, ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione. Pertanto, l'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi, che legittimano la pronunzia della sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell'articolo 425, comma 3, cod. proc. penumero , devono avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio. In definitiva, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l'accusa in giudizio per l'esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l'insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. 2. L'esame della sentenza impugnata dimostra che nel caso in esame il G.u.p. non si è attenuto ai principi giuridici indicati, in quanto l'apprezzamento del merito da parte del giudicante si è sviluppato secondo un canone di innocenza, trascurando la prospettiva di delibare se risultasse o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento. Nel percorso argomentativo non vi è, infatti, alcun riferimento alla impossibilità di acquisizione nel dibattimento di quegli elementi ritenuti allo stato mancanti od insufficienti. Al contrario, è lo stesso Giudice a sottolineare in più passaggi della motivazione - in premessa riportati - che il compendio probatorio non era da considerarsi irrimediabilmente statico ed insuscettibile di evoluzione. In tal modo, il Giudice ha finito per aderire, quanto al capo a , alla tesi difensiva degli imputati ovvero della effettiva conoscenza delle missive dell'E. solo in data 4 settembre 2009 sol perché non era stato acquisito l'originate e le relative date di ricezione delle lettere da loro ricevute. Parimenti, con riferimento al capo b , il Giudice ha ritenuto dirimente la mancanza di un'indagine per verificare se e quando fosse pervenuta al P. la nota del 5 maggio 2009 dell'Ispettorato. Né relativamente a tale ultima imputazione appaiono fondate le argomentazioni del Giudicante sulla esclusione della configurabilità del reato contestato, stante la qualifica di pubblico ufficiale rivestita dal P. e la circostanza che questi aveva attestato il falso nell'ambito di una verifica ispettiva svolta dalla Funzione pubblica l'articolo 60 del decreto legislativo numero 165 del 2001 prevede infatti che l'Ispettorato della Funzione pubblica, al fine di corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte irregolarità, ritardi o inadempienze delle amministrazioni, può richiedere chiarimenti e riscontri in relazione ai quali l'amministrazione interessata ha l'obbligo di rispondere entro quindici giorni . 3. Ne consegue l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Cosenza per una nuova deliberazione che si attenga ai principi sopra enunciati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Cosenza.