Disavventura per un atleta ucraino, che, peraltro, successivamente al brutto incidente, ha abbandonato definitivamente la carriera agonistica. Notevoli le ripercussioni fisiche riportate, e concretizzatesi in un lungo stop forzato della preparazione per la nuova stagione. Ciò, però, non è sufficiente per ritenere il mancato ingaggio, da parte di un nuovo team, collegabile alla caduta provocata da un’automobile.
Messo a terra, fisicamente, da un’automobile. Lesioni serie per il ciclista professionista, che è costretto a uno stop di 40 giorni e deve dire addio alla possibilità del contratto con un team italiano. Ciò nonostante, il risarcimento è minimal appena 6mila e 600 euro. In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 22997/2015, depositata oggi. Lesioni. Bruttissima avventura per Vladimir Pulnikov, ciclista di origini ucraine ma ormai radicatosi in Italia. Tutto comincia in una fredda giornata di febbraio del 1999, quando l’atleta viene centrato da un’automobile. A causa delle ripercussioni fisiche egli è costretto a una «sosta forzata degli allenamenti» di preparazione per la nuova stagione agonistica. E, a suo dire, tale stop gli preclude anche la possibilità dell’«ingaggio da parte della squadra ‘Mercatone Uno’», all’epoca punto di riferimento nel panorama ciclistico nazionale. Consequenziale è la corposa richiesta di risarcimento da parte dell’atleta, che proprio in quell’anno – per lui maledetto – abbandona definitivamente la ‘due ruote’ e chiude coll’agonismo si parla di oltre 2miliardi di vecchie lire. Cifra motivata, secondo Pulnikov, dal fatto che «le lesioni riportate gli avevano precluso la prosecuzione dell’attività di ciclista professionista di levatura internazionale» – capace anche di tre vittorie al ‘Giro d’Italia’ – e avevano provocato «la perdita dell’ingaggio da parte della ‘Mercatone Uno’». Per i giudici di merito è legittima la pretesa di un «risarcimento», ma la cifra è molto più contenuta appena 6mila e 600 euro. Tale somma si spiega con la semplice considerazione, secondo i magistrati, che «le lesioni riportate» dall’atleta non erano state la «causa» principale della «mancata prosecuzione della sua carriera professionale». Risarcimento. E ora, nonostante le obiezioni mosse dal legale di Pulnikov, il risarcimento deciso in Appello viene riconfermato anche in Cassazione. Nessun dubbio, quindi, sul fatto che 6mila e 600 euro siano più che sufficienti come ristoro per l’ex ciclista. Per i giudici del ‘Palazzaccio’ sono corrette le valutazioni compiute dal consulente tecnico d’ufficio esclusa, quindi, l’ipotesi che l’atleta abbia abbandonato l’«attività ciclistica» a causa dell’incidente stradale subito. Allo stesso tempo, manca la ‘prova provata’ che proprio lo «stop forzato di 40 giorni» nella preparazione in vista della stagione 1999 abbia impedito «l’ingaggio da parte della squadra sportiva ‘Mercatone Uno’». Per i giudici non vi sono elementi utili a ritenere che, laddove «non vi fosse stata l’interruzione degli allenamenti», il ciclista «avrebbe potuto trovarsi, nel periodo marzo-aprile, nelle condizioni richieste per potere essere ingaggiato dalla ‘Mercatone Uno’».
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 ottobre – 11 novembre 2015, numero 22997 Presidente Petti – Relatore Sestini Svolgimento del processo Wladimir P.agì per il risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro stradale avvenuto in data 25.2.1999, convenendo in giudizio A.Z. e la sua assicuratrice Fondiaria SAI s.p.a. quantificò il danno in oltre due miliardi di lire e sostenne, fra l'altro, che le lesioni riportate gli avevano precluso la prosecuzione dell'attività di ciclista professionista di levatura internazionale e che nell'immediato la sosta forzata degli allenamenti gli aveva comportato la perdita dell'ingaggio da parte della squadra sportiva Mercatone Uno. I convenuti contestarono la domanda evidenziando l'esorbitanza della pretesa economica a fronte delle minime conseguenze del sinistro. Il Tribunale di Brescia accertò l'esclusiva responsabilità dello Z., ma accolse la domanda per il solo importo di poco più di 6.600,00 euro, escludendo che le lesioni riportate dall'attore fossero state la causa della mancata prosecuzione della sua carriera professionale. Avverso la sentenza della Corte di Appello, che ha confermato quella del primo giudice, ricorre per cassazione il P., affidandosi a due motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva, ma la Fondiaria SAI ha depositato procura per la partecipazione all'udienza di discussione. Motivi della decisione 1. La Corte di Appello ha rilevato che non vi era stata alcuna seria critica in ordine alla quantificazione dei postumi permanenti e temporanei effettuata dal ctu e ha ritenuto che, in relazione al profilo della cessazione della carriera, vi fosse assoluta assenza di prova del nesso di causalità tra il sinistro e lo stop imposto dal provvedimento della Federazione Ucraina di Ciclismo , giacché le conclusioni dell'esperita CTU escludono che al P., a seguito del sinistro, possano essere insorti problemi di natura cardiaca tali da determinare quel provvedimento della Federazione né -ha aggiunto risultava in alcun modo provato che la ragione dell'abbandono dell'attività ciclistica potesse essere individuata in una sindrome post traumatica da stress, il cui fattore scatenante non poteva essere rinvenuto in un sinistro di così lieve entità come quello occorso al P In merito al mancato ingaggio, la Corte ha ritenuto di dover convenire con l'appellante che uno stop di 40 giorni, come quello subito dal P.e accertato, non può che avere senz'altro determinato una definitiva interruzione della preparazione dell'atleta in vista degli impegni agonistici programmati a termine breve ha tuttavia rilevato che, per poter riconoscere un risarcimento, occorreva la prova che ci fosse una apprezzabile probabilità che lo stesso, senza il sinistro, avrebbe partecipato a quelle gare preparatorie da lui indicate e che sarebbe stato del tutto verosimile il suo ingaggio da parte della squadra sportiva Mercatone più specificamente, ha evidenziato che, per quanto la deposizione del teste M. lasciasse intendere che vi sarebbe stata una concreta possibilità in tal senso, occorreva tuttavia considerare che tale possibilità o eventualità dal M. era stata condizionata allo stato di forma dell'atleta e che se pure il teste aveva parlato del fatto che `nel mese di gennaio l'attore era in forma e rispondeva al requisito da noi richiesto' nulla poteva evincersi da quella deposizione in ordine alla circostanza determinante se lo stesso sarebbe stato altrettanto in forma nel marzo-aprile '99 e soprattutto se e come avrebbe fatto a partecipare a quelle importanti gare internazionali organizzate proprio in quel periodo immediatamente successivo all'incidente, in ordine alle quali non risultava, allo stato, alcuna condizione che lo facesse ritenere verosimile . 2. Col primo motivo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia , il ricorrente si duole che la Corte non abbia motivato il rigetto delle richieste di rinnovo della C.T.U. medico-legale e di ammissione di C.T.U. psicologica o psichiatrica, formulate a fronte di una consulenza svolta in primo grado che risultava assolutamente lacunosa e generica . 2.1. Il motivo è inammissibile. Premesso che la sentenza impugnata non motiva in ordine al rigetto di istanze volte al rinnovo o all'ammissione di una nuova consulenza, mentre argomenta ampiamente circa l'infondatezza della domanda risarcitoria alla luce delle risultanze della C.T.U. espletata in primo grado, il ricorso risulta privo di autosufficienza poiché deduce genericamente in merito alla lacunosità della relazione di C.T.U. senza però trascriverla neppure in minima parte e non indica specificamente quando e in quali termini siano state formulate le richieste istruttorie rispetto alle quali si lamenta la mancata motivazione della decisione di rigetto. A prescindere da tale assorbente rilievo, il motivo è comunque infondato alla luce dell'orientamento prevalente di legittimità condiviso dal Collegio secondo cui il giudice non è tenuto a motivare espressamente il diniego di rinnovazione o di ammissione di nuova C.T.U. cfr. Cass. numero 5339/2015 e Cass. numero 20227/2010 , senza che il provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità quando risulti che gli elementi di convincimento per disattendere la richiesta della parte siano stati tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e ritenute esaurienti dal giudice, con motivazione immune da vizi logici e giuridici Cass. numero 10849/2007 cfr. anche Cass. numero 17906/2003 . 3. Il secondo motivo proposto anch'esso sotto ogni possibile profilo del vizio motivazionale censura la sentenza per non avere riconosciuto al P. la perdita di chance dovute all'interruzione del programma di allenamento che aveva iniziato in vista della stagione ciclistica 1999 causata dal periodo di invalidità che ha dovuto subire a seguito del sinistro assume, in particolare, il ricorrente che priva di pregio è la motivazione della Corte che, dopo aver convenuto che lo stop forzato di 40 giorni comporta la perdita di forma di un atleta della levatura di P., ritiene di non dare ingresso ad una pronuncia risarcitoria in quanto non è stato dimostrato se e come avrebbe potuto, il P.stesso, essere in forma nel mese di aprile 1999 evidenzia, al riguardo, che la conclusione è viziata da contraddittorietà e che, senza il fermo subito a-causa del sinistro, con un giudizio prognostico, l'attore sarebbe stato, nel mese di marzo, sicuramente in una situazione fisico atletica che gli avrebbe permesso di essere ingaggiato dal prestigioso team della Mercatone Uno, così come confermato dal teste M. . 3.1. Il motivo è infondato. Con motivazione adeguata e tutt'altro che contraddittoria, la Corte ha evidenziato che difettavano -in concreto elementi per ritenere che, ove non vi fosse stata la forzata interruzione degli allenamenti, il P.avrebbe potuto trovarsi, nel periodo marzo/aprile, nelle condizioni richieste per poter essere ingaggiato dalla Mercatone Uno ha dichiarato, infatti, di non credere in mancanza di ingaggio attuale da parte di una casa sportiva e in difetto della prova di iscrizione alle manifestazioni che il P.avrebbe potuto partecipare di lì a poco alle importanti competizioni internazionali che costituivano parte integrante della propria preparazione atletica, cosicché venivano a mancare i presupposti per compiere una prognosi anticipata circa la concretizzazione del ventilato ingaggio. 4. Le spese di lite liquidate per la fase di studio della controversia e per quella di discussione seguono la soccombenza. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla Fondiaria SAI s.p.a. le spese di lite, liquidate in euro 6.900,00 di cui euro 200,00 per esborsi , oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge.