Responsabilità aggravata: colpa grave nella promozione di una lite temeraria per motivi pretestuosi

La condanna al pagamento della somma equitativamente determinata, ai sensi dell’articolo 96, comma 3, c.p.c., necessita dell’accertamento della mala fede o della colpa grave della parte soccombente.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 27534, depositata il 30 dicembre 2014. Il fatto. il Tribunale di Novara rigettava l’opposizione agli atti esecutivi proposta contro l’atto di precetto notificato ad istanza del geometra. Il Tribunale riteneva infondato il motivo di opposizione col quale si lamentava l’omessa notificazione del titolo esecutivo costituito dal decreto di liquidazione delle competenze in favore del geometra, quale consulente tecnico d’ufficio. Avverso tale sentenza gli opponenti hanno proposto ricorso per cassazione. I primi due motivi del ricorso sono stati ritenuti inammissibili dal Collegio, in quanto i ricorrenti non hanno adempiuto all’onere di riportare in ricorso il contenuto essenziale dei documenti sui quali il ricorso stesso è fondato, né l’indicazione della sede processuale di reperimento, violando in questo modo il disposto dell’articolo 366 numero 6 c.p.c Responsabilità aggravata. Con gli altri due motivi di ricorso, i ricorrenti sostengono che, dovendosi supporre la condanna pronunciata ai sensi dell’articolo 96, comma 3, c.p.c., il giudice, che l’ha disposta d’ufficio, avrebbe dovuto verificare la sussistenza del dolo o della colpa grave nell’azione degli opponenti. Invece, non avrebbe considerato che, tale elemento soggettivo non è sussistente nel caso concreto. Si lamentano, quindi, che il giudice non ha fornito alcuna motivazione in merito alla sussistenza di presupposti per la condanna ai sensi dell’articolo 96, comma 3, c.p.c Accertamento mala fede o colpa grave. Il Collegio ritiene tali motivi infondati, rilevando, in proposito che, «la condanna al pagamento della somma equitativamente determinata, ai sensi dell’articolo 96, comma 3, c.p.c., necessita dell’accertamento della mala fede o della colpa grave della parte soccombente, non solo perché la relativa previsione è inserita nella disciplina della responsabilità aggravata, ma anche perché agire in giudizio per far valere una pretesa che si rivela infondata non è condotta di per sé rimproverabile.» Pertanto, il Collegio riporta la giurisprudenza di legittimità in tema di sussistenza ed apprezzamento della colpa grave della parte soccombente per la configurabilità della lite temeraria. In particolare, ribadisce che «la temerarietà della lite può essere in concrete circostanze ravvisata nella coscienza dell’infondatezza della domanda mala fede o nella carenza della ordinaria diligenza volta all’acquisizione di detta coscienza colpa grave e che il relativo accertamento è riservato al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se immune da vizi logici o giuridici.» Il Tribunale non ha, dunque, violato la norma, prescindendo dall’accertamento dell’elemento soggettivo. Infatti, ha affermato l’infondatezza dei motivi di opposizione e, anche se non ha espressamente menzionato l’elemento soggettivo della «colpa grave», il riferimento fatto alla promozione di una «lite temeraria» per «motivi pretestuosi» è coerente con la previsione normativa della colpa grave dell’articolo 96 c.p.c Colpa grave. La colpa grave consiste nella «colpevole insistenza in ragioni di censura dell’azione esecutiva del creditore, la cui inconsistenza giuridica ben avrebbe potuto essere apprezzata da parte degli opponenti con l’uso dell’ordinaria diligenza, in modo da evitare un’opposizione a precetto del tutto pretestuosa.» Pertanto, conclude la S.C., la motivazione sull’accertamento della colpa grave, seppur sintetica, è più che sufficiente e giuridicamente corretta. Per tali ragioni rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 30 ottobre – 30 dicembre 2014, numero 27534 Presidente Salmè – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 12 gennaio 2011, il Tribunale di Novara ha rigettato l'opposizione agli atti esecutivi proposta da R.B. e M.T.M. avverso l'atto di precetto loro notificato ad istanza del geometra Emanuele C Il Tribunale ha reputato infondato il motivo di opposizione col quale si lamentava l'omessa notificazione del titolo esecutivo costituito dal decreto di liquidazione delle competenze in favore del geom. C., quale consulente tecnico d'ufficio. Ha perciò condannato gli opponenti al pagamento delle spese di lite, nonché al pagamento della somma di € 1.000,00, ai sensi dell'articolo 96 cod. proc. civ. 2.- Avverso la sentenza B. e M.propongono ricorso straordinario affidato a quattro motivi. L'intimato C. resiste con controricorso. I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell'articolo 378 cod. proc. civ. Motivi della decisione 1.- Col primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 479 cod. proc. civ. in relazione all'articolo 168 del d.p.r. 115/2002, ai sensi dell'articolo 360, 1° comma, numero 3 cod. proc. civ. I ricorrenti deducono che i requisiti fondamentali del decreto di liquidazione dei compensi al consulente tecnico d'ufficio, ai sensi dell'articolo 168 del d.P.R. numero 115 del 2002, dovrebbero essere l'indicazione del procedimento nel quale è stato pronunciato, nonché l'indicazione delle parti e del consulente tecnico d'ufficio, e sostengono che questi elementi non risulterebbero nel documento notificato come titolo esecutivo. Aggiungono che il Tribunale, affermando che questi dati erano contenuti nell'istanza di liquidazione unita al decreto, non avrebbe considerato che, nella copia notificata ai ricorrenti, i fogli sarebbero stati «diversi e separati, non uniti in modo corretto dal timbro di congiunzione» e che, comunque, la controparte non avrebbe prodotto in giudizio l'originale del titolo esecutivo, che pertanto non sarebbe stato visionato dal giudice. Concludono ribadendo che il creditore avrebbe omesso di provvedere alla notifica del titolo esecutivo completo di tutti i suoi requisiti e che il Tribunale, ritenendo sufficiente il documento notificato, avrebbe violato l'articolo 479 cod. proc. civ 1.1.- Col secondo motivo si lamenta omessa, carente e contraddittoria motivazione della sentenza su un punto domandato e decisivo per il giudizio, in relazione all'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ. «con riferimento alla motivazione nella parte in cui viene trattata la sussistenza o meno di un valido decreto di liquidazione». I ricorrenti ripropongono le censure di cui sopra sotto il profilo del vizio di motivazione, che, a loro dire, sarebbe insufficiente e contraddittoria in merito all'individuazione del titolo esecutivo notificato unitamente al precetto. 2.- I motivi, in quanto riferiti entrambi al contenuto del decreto di liquidazione costituente il titolo esecutivo, vanno esaminati congiuntamente. Essi sono inammissibili. Si legge nella sentenza impugnata che il decreto di liquidazione costituente titolo esecutivo è preceduto dall'istanza di liquidazione del compenso, nella quale sono precisati i dati relativi alla causa civile in cui il consulente tecnico d'ufficio ha prestato la propria attività che i due documenti risultano entrambi muniti del timbro del Tribunale di Novara che il decreto di liquidazione è sottoscritto dal giudice istruttore della causa anzidetta ed è stato comunicato dal cancelliere che entrambi i documenti sono stati notificati con l'atto di precetto. 2.1.- Date tali risultanze, sarebbe stato onere dei ricorrenti riportare in ricorso il contenuto dei due documenti, sui quali il ricorso è fondato, quanto meno nelle parti necessarie a comprendere la portata delle censure. Invece, il ricorso manca di siffatte indicazioni, così come manca di qualsivoglia indicazione circa il luogo di reperimento dell'uno e dell'altro. Risulta perciò violato il disposto dell'articolo 366 numero 6 cod. proc. civ., così come peraltro eccepito dalla parte resistente. L'onere imposto dalla norma di indicare specificamente gli atti sui quali il ricorso si fonda comporta la duplice necessità che il ricorrente indichi esattamente nel ricorso, non solo in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte sì trovi l'atto o il documento in questione, ma anche che ne indichi il contenuto essenziale, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso cfr. Cass. 22303/08 ord. numero 20535/10 numero 2966/11, tra le altre, tutte successive alla modifica apportata all'articolo 366 cod. proc. civ. dall'articolo 5 della legge numero 40 del 2006 , con la conseguenza dell'inammissibilità, in caso di mancata indicazione in ricorso del contenuto o di mancata indicazione della sede processuale di reperimento cfr. anche Cass. S.U. numero 23019/07 ord. numero 15628/09 numero 24178/09 . I primi due motivi sono perciò inammissibili. 3.- Col terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 96 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 360, 1° comma, numero 3 cod. proc. civ., al fine di contestare la condanna degli opponenti al pagamento della somma di € 1.000,00, che il Tribunale ha inflitto «trattandosi di lite temeraria». I ricorrenti sostengono che, dovendosi supporre la condanna pronunciata ai sensi del terzo comma dell'articolo 96 cod. proc. civ., il giudice, che l'ha disposta d'ufficio, avrebbe dovuto verificare la sussistenza del dolo o della colpa grave nell'azione degli opponenti. Invece, non avrebbe considerato che, nel caso di specie, tale elemento soggettivo non sarebbe sussistente, poiché i ricorrenti avrebbero soltanto «richiesto all'organo giudicante una verifica della regolarità di un atto esecutivo che appariva non perfetto formalmente». 3.1.- Col quarto motivo si lamenta il vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ., perché il giudice non avrebbe fornito alcuna motivazione in merito alla sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo comma dell'articolo 96 cod. proc. civ., non avendo peraltro nemmeno precisato che intendeva applicare tale comma. 4.- I motivi sono infondati. Quanto a quest'ultima censura, si rileva che la mancanza di ogni riferimento, nella sentenza, all'istanza di parte ed alla sussistenza di danni da risarcire, rende palese che il Tribunale abbia inteso fare applicazione del terzo comma dell'articolo 96 cod. proc. civ., aggiunto dall'articolo 45, comma 12, della legge numero 69 del 2009. In proposito, va rilevato che, come affermano i ricorrenti, la condanna al pagamento della somma equitativamente determinata, ai sensi del terzo comma dell'articolo 96 cod. proc. civ., aggiunto dalla legge 18 giugno 2009, numero 69, necessita dell'accertamento della mala fede o della colpa grave della parte soccombente, non solo perché la relativa previsione è inserita nella disciplina della responsabilità aggravata, ma anche perché agire in giudizio per far valere una pretesa che si rivela infondata non è condotta di per sé rimproverabile Cass. ord. numero 21570/12 . Pertanto, va richiamata, anche quanto ai presupposti dell fattispecie di nuova introduzione, la giurisprudenza di questa Corte in tema di sussistenza ed apprezzamento della colpa grave della parte soccombente per la configurabilità della lite temeraria. Al riguardo, in particolare, va ribadito che la temerarietà della lite può essere in concrete circostanze ravvisata nella coscienza dell'infondatezza della domanda mala fede o nella carenza della ordinaria diligenza volta all'acquisizione di detta coscienza colpa grave e che il relativo accertamento è riservato al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità se immune da vizi logici o giuridici cfr., tra le altre, Cass. numero 13071/03 e Cass. numero 327/10 . 4.1.- Contrariamente a quanto dedotto in ricorso, il Tribunale non ha affatto violato la norma, prescindendo dall'accertamento dell'elemento soggettivo. Ed invero ha ritenuto ed affermato la manifesta infondatezza dei motivi di opposizione, così come enucleati nella parte iniziale della motivazione, ed, anche se non ha espressamente menzionato l'elemento soggettivo della «colpa grave», il riferimento fatto alla promozione di una «lite temeraria» per «motivi pretestuosi» è del tutto coerente con la previsione normativa della colpa grave dell'articolo 96 cod. proc. civ. Quest'ultima, infatti, si distingue dal dolo, che presuppone la coscienza dell'infondatezza della domanda, perché consiste nella colpevole ignoranza in ordine a detta infondatezza, vale a dire, per quanto riguarda il giudizio di opposizione agli atti esecutivi, nella colpevole insistenza in ragioni di censura dell'azione esecutiva del creditore, la cui inconsistenza giuridica ben avrebbe potuto essere apprezzata da parte degli opponenti con l'uso dell'ordinaria diligenza, in modo da evitare un'opposizione a precetto del tutto pretestuosa alla stregua di quanto ritenuto dal Tribunale . Il vizio di violazione di legge è insussistente la motivazione sull'accertamento della colpa grave, pur se sintetica, è più che sufficiente e giuridicamente corretta. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Per questi motivi La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida, in favore del resistente, nell'importo complessivo di € 2.100,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.