Il difficile equilibrio tra ragioni organizzative e principi di correttezza e buona fede nel trasferimento del lavoratore

Ferma restando l’insindacabilità dell’opportunità del trasferimento, salvo che risulti diversamente disposto dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro, in applicazione dei principi generali di correttezza e buona fede, qualora possa far fronte a dette ragioni avvalendosi di differenti soluzioni organizzative, per lui paritarie, è tenuto a preferire quella meno gravosa per il dipendente, soprattutto nel caso in cui questi deduca e dimostri la sussistenza di serie ragioni familiari ostative al trasferimento. Da ciò discende che l’accertamento del giudice non può essere limitato alla situazione esistente nella sede di provenienza, ma deve estendersi anche alla sede di destinazione del lavoratore, restando a carico del datore di lavoro l’onere di provare la sussistenza di dette ragioni.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza numero 1608/2016, depositata il 28 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Napoli ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto la domanda di un lavoratore volta alla declaratoria di illegittimità del trasferimento presso una sede distante 600 km da quella di assegnazione e del successivo licenziamento, intimatogli dal datore di lavoro, per non aver egli ottemperato al trasferimento. La Corte territoriale ha ritenuto legittimo il trasferimento, essendo sorretto da ragioni tecniche, organizzative e produttive, e non avendo la società violato i criteri di correttezza e buona fede. La Corte d’Appello ha, inoltre, ritenuto che in caso di trasferimento la società è tenuta a considerare, ove possibile, le richieste del lavoratore, in relazione alle condizioni di vita ed alle esigenze familiari, se e in quanto compatibili con le ragioni tecniche ed organizzative, non essendo obbligato a doverle soddisfare. Con il ricorso in cassazione, il lavoratore ha dedotto che all’epoca del trasferimento vi erano molte sedi più vicine dove poter essere impiegato e ha lamentato il fatto che la Corte territoriale non abbia tenuto in considerazione le sue condizioni familiari unico percettore di reddito con moglie e quattro figli minori a carico ed economiche estremamente disagiate, determinate anche dall’inadempienza della società ad una precedente sentenza di condanna al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate e dal mancato pagamento dell’indennità di trasferta. I principi di correttezza e buon fede nel trasferimento. Nella sentenza in commento, la Suprema Corte ha ribadito che il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell’impresa, ma non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall’imprenditore. Tale scelta, peraltro, non deve presentare i caratteri dell’inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro può adottare. Ciò posto, alla luce dei criteri di correttezza e buona fede, se il datore di lavoro può far fronte alle esigenze di carattere tecnico, organizzativo o produttivo, avvalendosi di differenti soluzioni organizzative, per lui paritarie, è tenuto a preferire quella meno gravosa per il lavoratore. La Corte di Cassazione ha, inoltre, precisato che tale accertamento deve essere esteso anche alla sede di destinazione del lavoratore e il datore di lavoro è tenuto a provare la sussistenza di tali ragioni. L’indennità di trasferta. Nel ricorso per cassazione, il lavoratore ha dedotto che le condizioni economiche disagiate che non rendevano possibile il suo trasferimento ad una sede distante 600 km dal proprio domicilio erano aggravate anche dalla mancata corresponsione da parte dell’azienda dell’indennità di trasferta. Tale argomentazione è stata accolta dalla Corte di Cassazione, che ha ritenuto che in base alla clausola contrattuale collettiva l’indennità in questione avrebbe dovuto essere corrisposta all’atto del trasferimento, di tal ché il rifiuto alla prestazione lavorativa era legittimo.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 25 novembre 2015 – 28 gennaio 2016, numero 1608 Presidente/Relatore Venuti Svolgimento del processo La Corte d'appello di Napoli, con sentenza depositata il 18 gennaio 2012, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva respinto la domanda proposta da G.M., inquadrato quale operaio specializzato, nei confronti di ENI s.p.a. - Divisione Refining & amp Marketing, volta alla declaratoria di illegittimità del trasferimento disposto dalla predetta società nei suoi confronti e del successivo licenziamento intimatogli dalla società, per non avere egli ottemperato al trasferimento, omettendo di presentarsi presso la nuova sede di lavoro. Il G., a seguito di sentenza con la quale era stata accertata una illecita interposizione di manodopera ed era stata disposta la sua reintegrazione nel posto di lavoro, era stato invitato dalla società datrice a prendere servizio presso lo stabilimento di Livorno - Collesalvetti, sede questa presso la quale il lavoratore, contestando il provvedimento di trasferimento, non si era presentato. La Corte di merito ha respinto l'eccezione di inadempimento ex articolo 1460 c.c. proposta dal dipendente, rilevando che il trasferimento era legittimo, essendo sorretto da ragioni tecniche, organizzative e produttive e non avendo la società datrice violato i criteri di buona fede e correttezza ha altresì escluso che il trasferimento del G. fosse persecutorio o ritorsivo ed avesse quale unica finalità quella di indurre il lavoratore a non prendere servizio in una località lontana dal suo luogo di residenza provincia di Napoli ha ritenuto che in caso di trasferimento la società è tenuta a considerare, ove possibile, le richieste del lavoratore in relazione alle condizioni di vita e alle esigenze familiari, se ed in quanto compatibili con le ragioni tecniche ed organizzative, non essendo obbligato il datore di lavoro a doverle soddisfare ha precisato che il controllo giurisdizionale non può estendersi al merito della scelta operata dall'imprenditore e che quest'ultima non deve necessariamente presentare il carattere della inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo infine ha ritenuto che il termine di 18 giorni concesso al dipendente per recarsi in Toscana fosse congruo, non avendo il medesimo prospettato alcuna esigenza familiare, e che la mancata corresponsione dell'indennità di trasferimento, prevista dal contratto collettivo, non poteva considerarsi un inadempimento tale da giustificare il rifiuto del dipendente di prendere servizio presso la nuova sede. Contro questa sentenza ricorre per cassazione il G. sulla base di dieci motivi. L'Eni resiste con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli arm 2103, 1175 e 1375 cod. civ. Si deduce che la Corte di merito, nel confermare la decisione di primo grado, non ha considerato che la nuova sede di destinazione del lavoratore avrebbe dovuto essere individuata tenendo anche conto delle esigenze familiari del ricorrente e che la sussistenza delle ragioni tecniche, organizzative e produttive doveva essere valutata non solo con riferimento alla sede di provenienza ma anche a quella di destinazione, nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza. All'epoca del trasferimento, vi erano moltissime sedi più vicine dove potere impiegare il ricorrente, in modo altrettanto proficuo il trasferimento è stato invece disposto in una sede sita ad oltre 600 chilometri di distanza dal luogo di residenza del lavoratore, non tenendo conto delle condizioni economiche estremamente disagiate in cui il medesimo versava, determinate anche dalla inadempienza della società datrice, la quale, dopo oltre un anno dalla sentenza che gli aveva riconosciuto, oltre alla reintegrazione nel posto di lavoro, il diritto alle retribuzioni medio tempore maturate, non aveva ancora ottemperato alla sentenza la società non aveva altresì provveduto a versargli l'indennità di trasferimento prevista dall'articolo 42 del contratto collettivo di settore. 2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 115 cod. proc. civ. nonché omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il decisivo. Si sostiene che la società datrice non solo non ha fornito alcuna prova in ordine alla sussistenza delle ragioni tecniche, organizzative e produttive che hanno giustificato il trasferimento presso la sede di Livorno-Collesalvetti, ma nemmeno ha dedotto e rappresentato quali fossero tali ragioni. La Corte di merito, nel ritenere che esse fossero state provate, si è limitata a questa sola apodittica affermazione senza spiegare in base a quali elementi era pervenuta a tale convincimento. 3. Con il terzo motivo si sostiene che la Corte di merito, in violazione dell'articolo 2909 cod. civ., non ha considerato che una volta ricostituito tra le parti, per via giudiziale, il rapporto di lavoro senza che fosse stata indicata la sede in cui questo avrebbe dovuto trovare attuazione, non poteva la sede di destinazione del lavoratore essere ricercata tra le sole unità produttive rientranti nella Divisione Refining & amp Marketing, posto che tale divisione costituiva una mera articolazione della struttura organizzativa di ENI s.p.a. 4. Con il quarto motivo si deduce che la Corte di merito ha violato gli articolo 2702 e 2707 cod. civ., utilizzando, quale prova della incollocabilità dei ricorrente presso l'unità lavorativa di Napoli Fiumicello, una nota informativa redatta da un funzionario della società datrice, che viceversa non poteva essere considerata quale prova, posto che le scritture private, in base alle disposizioni anzidette, hanno efficacia probatoria contro chi le ha redatte e non a suo favore. 5. Con il quinto motivo si ripropongono le medesime censure con riguardo all'unità di Via Ferrante Imparato - Napoli, in ordine alla quale la Corte di merito, secondo il ricorrente, ha utilizzato, per dimostrare la sua incollocabilità in tale sede, un documento proveniente da un funzionario della società. 6. Con il sesto motivo è censurata la sentenza impugnata per avere ritenuto che il ricorrente non potesse essere destinato ad alcuna sede sita in Campania o comunque a questa vicina, sul presupposto che le unità ivi operanti fossero state vendute, date in comodato o in affitto. Tali cessioni non risultavano iscritte presso il Registro delle Imprese e quindi erano inopponibili ai terzi. Inoltre non risultavano autenticate le sottoscrizioni apposte negli atti di cessione. 7. Con il settimo motivo il ricorrente ripropone le medesime censure già formulate con il quarto e il quinto motivo, questa volta con riferimento all'unità di Via Nuova Brecce di Napoli, rilevando che anche qui non potevano essere utilizzati dalla Corte di merito documenti redatti da un funzionario della società datrice. 8. Con l'ottavo motivo, denunciando plurime violazioni di disposizioni di legge, il ricorrente evidenzia che, essendo illegittimo il trasferimento per i motivi sopra dedotti, il medesimo non era tenuto ad ottemperarvi. Richiama il ricorrente l'articolo 1460 cod. civ. Eccezione d'inadempimento , secondo cui nei contratti a prestazioni corrispettive ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione se l'altro non adempie o non offre di adempiere spontaneamente la propria. 9. Con il nono motivo si deduce che la Corte di merito nulla ha detto circa la congruità del termine di 18 giorni concesso al ricorrente per il trasferimento né ha tenuto conto che la società convenuta all'epoca del trasferimento era ben consapevole del suo nucleo familiare moglie casalinga e quattro figli minori frequentanti la scuola dell'obbligo per essere stata rappresentata tale circostanza nel corso del procedimento cautelare di impugnativa del trasferimento. Inoltre la società era altresì a conoscenza delle precarie condizioni economiche in cui versava il ricorrente in ragione della mancata corresponsione delle retribuzioni a seguito della sentenza a lui favorevole, retribuzioni che solo nel 2010 gli erano state erogate. 10. Con il decimo motivo si afferma che la Corte di merito ha errato nel ritenere, violando l'articolo 42 del contratto collettivo di categoria, che l'indennità di trasferimento potesse essere corrisposta anche dopo l'avvenuto trasferimento e che comunque la sua mancata erogazione non poteva giustificare il rifiuto di espletare la prestazione lavorativa presso la nuova sede di destinazione. Tale indennità, in base alla predetta disposizione contrattuale, avrebbe dovuto infatti essere corrisposta all'arto del trasferimento , a differenza delle spese di viaggio e di trasporto e di quelle dipendenti dall'anticipata risoluzione del contratto di locazione, che erano rimborsabili solo dopo l'avvenuto trasferimento. 11. II primo, il secondo, il nono e il decimo motivo sono fondati. Questa Corte ha più volte affermato che il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell'impresa, e, trovando un preciso limite nel principio di libertà dell'iniziativa economica privata, garantita dall'articolo 41 Cost., non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall'imprenditore quest'ultima, inoltre, non deve presentare necessariamente i caratteri dell'inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo Cass. 2 gennaio 2001 numero 27 Cass. 2 agosto 2002 numero 11624 Cass. 29 luglio 2003 numero 11660 Cass. 18 aprile 2005 numero 7930 Cass. 28 aprile 2009 numero 9921 Cass. 2 marzo 2011 numero 5099 . E' stato altresì affermato che ferma restando l'insindacabilità dell'opportunità del trasferimento, salvo che risulti diversamente disposto dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro, in applicazione dei principi generali di correttezza e buona fede articolo 1375 cod. civ. , qualora possa far fronte a dette ragioni avvalendosi di differenti soluzioni organizzative, per lui paritarie, á tenuto a preferire quella meno gravosa per il dipendente, soprattutto nel caso in cui questi deduca e dimostri la sussistenza di serie ragioni familiari ostative al trasferimento Cass. 28 luglio 2003 numero 11597 . Dal principio, poi, secondo cui il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le fmalità tipiche dell'impresa, discende che tale accertamento non può essere limitato alla situazione esistente nella sede di provenienza, ma deve estendersi anche alla sede di destinazione del lavoratore, restando a carico dei datore di lavoro l'onere di provare la sussistenza di dette ragioni cfr., sull'onere della prova, Cass. 17 maggio 2010 numero 11984 Cass. 11 novembre 1998 numero 11400 . Nella specie la Corte di merito, dopo avere richiamato i principi - sopra indicati - elaborati in materia da questa Corte, ha effettuato detto accertamento con riguardo alle unità produttive site a Napoli e nella Regione Campania, esponendo, con motivazione adeguata, coerente e priva di vizi, le ragioni che impedivano alla società datrice di potere impiegare il ricorrente in dette sedi. Non altrettanto la Corte territoriale ha fatto con riguardo alla sede di destinazione del ricorrente Livorno-Collesalvetti in ordine alla quale si è limitata ad affermare che l'ENI aveva provalo che la destinazione dell'appellante alla sede di Livorno concretava una scelta ragionevole dal punto di vista organizzativo produttivo e% di organizzazione , senza dare assolutamente conto delle ragioni di una siffatta affermazione e senza accertare se vi fosse corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell'impresa, tenuto conto delle mansioni di operaio specializzato svolte dal G Non ha altresì la Corte di merito, in relazione al nono motivo del ricorso, adeguatamente motivato in ordine alla congruità del termine di 18 giorni concessi al ricorrente per trasferirsi nella nuova sede di lavoro Livorno , ritenendo che tale termine fosse congruo sull'esclusivo rilievo che il dipendente non aveva prospettato - né prima né dopo la comunicazione del trasferimento - alcuna particolare esigenza familiare , senza considerare la consistenza del nucleo familiare dei ricorrente moglie e quattro figli in età scolastica ed altresì che all'epoca del trasferimento non gli erano state ancora corrisposte le retribuzioni conseguenti all'esito favorevole del giudizio instaurato nei confronti di ENI s.p.a. Ancora, con riguardo al decimo motivo, la sentenza impugnata presenta lacune motivazionali, laddove ritiene che la mancata corresponsione dell'indennità di trasferimento, prevista dall'articolo 42 dei contratto collettivo, non avrebbe potuto giustificare il totale muto di prestare attività lavorativa non integrando un inadempimento tale da legittimare una eccezione di inadempimento di sfatto contenuto , non avendo anche qui la Corte di merito considerato che in base alla clausola contrattuale anzidetta, l'indennità in questione avrebbe dovuto essere corrisposta all'atto del trasferimento . Si impone pertanto in relazione alle censure accolte la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo per un nuovo esame. 12. Resta assorbito l'ottavo motivo, relativo alla eccezione d'inadempimento, il cui esame è demandato al giudice di rinvio, presupponendo l'avvenuta decisione delle questioni poste con i motivi accolti. 13. Sono inammissibili c/o comunque infondate le censure formulate con il quarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo, in quanto concernono, in parte, questioni che la Corte di merito non affronta e che il ricorrente non deduce di avere proposto in sede di gravame e comunque non esplicita in quali termini tutto ciò è avvenuto in parte censure che si risolvono sostanzialmente in una richiesta di riesaminare e valutare il merito della causa, e cioè in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura e alla finalità dei giudizio di cassazione. 14. Inammissibile, infine, è il terzo motivo oltre che per la novità della censura, anche per la sua genericità, atteso che il ricorrente non fornisce alcun elemento circa le unità produttive, diverse dalla Divisione Refining & amp Marketing, in cui il medesimo avrebbe dovuto essere impiegato. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione.