La fattispecie prevista dall’articolo 216 della l. fall., ha natura duplice, in relazione all’elemento soggettivo esso è, infatti, specifico per quanto riguarda le condotte di sottrazione delle scritture contabili, mentre è generico, con riferimento alla tenuta irregolare delle medesime.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 3558/16, depositata il 27 gennaio scorso. Il caso. La Corte d’Appello di Catanzaro confermava la penale responsabilità di un imputato per il reato di bancarotta fraudolenta documentale articolo 216 l. fall. . Al condannato, in qualità di amministratore unico di una s.r.l., dichiarata fallita, erano rimproverate condotte di sottrazione delle scritture contabili della società, poste in essere al fine di arrecare un pregiudizio ai creditori e procurarsi un ingiusto profitto. Il condannato ricorreva per cassazione, lamentando vizio di motivazione in relazione all’elemento psicologico dell’illecito. Fattispecie duplice dolo specifico o dolo generico? La Suprema Corte ha rilevato l’infondatezza del ricorso. In particolare, gli Ermellini hanno sottolineato come il giudice di merito abbia correttamente valutato le condotte poste in essere, con riferimento all’elemento soggettivo del reato. Il Collegio ha, seguendo le argomentazioni della Corte territoriale, sottolineato il carattere duplice della fattispecie prevista dall’articolo 216 della l. fall., rilevando come l’elemento soggettivo dell’ipotesi contemplata dal comma 1, numero 2, debba identificarsi nel dolo specifico, ovvero nella volontà di procurarsi un ingiusto profitto o recare pregiudizio ai creditori. Diversamente, la tenuta irregolare delle scritture contabili, finalizzata a rendere difficoltosa la ricostruzione del patrimonio, è connotata da dolo generico, consistente nella consapevolezza e volontà che l’irregolare stato delle scritture può creare una situazione di pericolo. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 ottobre 2015 – 27 gennaio 2016, numero 3558 Presidente Marasca – Relatore Vessichelli Fatto e diritto Propone ricorso per cassazione M.P. , avverso la sentenza della corte d'appello di Catanzaro in data 17 aprile 2014 con la quale - a parte la modifica del trattamento sanzionatorio - è stato confermato il giudizio di responsabilità espresso dal giudice di primo grado in relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale. All'imputato è stato addebitato di avere, quale amministratore unico della Mercurio Trasporti S.r.l., dichiarata fallita con sentenza del 21 ottobre 2005, sottratto le scritture contabili della società al fine di recare pregiudizio ai creditori e di procurare a sé un ingiusto profitto, tenendole comunque in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio. Nei confronti dello stesso imputato è stata contestata e ritenuta la recidiva specifica reiterata e infra-quinquennale, peraltro bilanciata, ai fini della pena, con attenuanti generiche equivalenti. Deduce il vizio della motivazione con riferimento all'elemento psicologico del reato. Cita la giurisprudenza della corte di cassazione e segnatamente la sentenza numero 40015 del 2014 dalla quale si evince che, per la condanna in ordine al reato di bancarotta fraudolenta documentale anziché in ordine al reato di bancarotta semplice, occorre la dimostrazione di un dolo qualificato dalla volontà di recare pregiudizio ai creditori, non essendo sufficiente la semplice e provata volontà di non tenere le scritture. Nel caso di specie, anche gli indici individuati dalla giurisprudenza per ritenere provato tale dolo mancano del tutto ed infatti l'imputato è stato assolto dall'imputazione di bancarotta fraudolenta per distrazione ed è stato anche accertato che una parte delle scritture era stata, dal medesimo, regolarmente tenuta. Invoca in conclusione l'affermazione della necessità del dolo specifico ossia della specifica finalizzazione della condotta dell'agente, come del resto riconosciuto anche dalla sentenza della cassazione numero 20999 del 2013. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. La sentenza impugnata muove correttamente dal rilievo che all'imputato è stata contestata bancarotta fraudolenta documentale con un addebito della pubblica accusa che ha tenuto conto della duplice fattispecie descritta dall'articolo 216 comma uno, numero due e cioè quella della sottrazione delle scritture contabili, connotata dal dolo specifico allo scopo di procurare a sé un ingiusto profitto o recare pregiudizio ai creditori, e altresì quella della tenuta irregolare in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari connotata, quest'ultima, da dolo generico rappresentato dalla consapevolezza e volontà che lo stato delle scritture è tale da creare una situazione di pericolo per la possibilità di ricostruzione di cui si è detto. La corte d'appello ha anche chiaramente evidenziato che quest'ultima fattispecie è quella essenzialmente riscontrata nei confronti dell'imputato il quale, se da un lato, non ha tenuto il libro giornale e quello dei beni ammortizzabili, dall'altro ha anche tenuto in maniera irregolare il libro mastro fornitori e clienti e i partitari clienti fornitori in quanto privi della documentazione di supporto necessaria per la ricostruzione delle singole movimentazioni economiche e operazioni commerciali. Ha poi completato il proprio pensierosa corte, condividendo il ragionamento del primo giudice secondo cui alcune delle condotte descritte vanno ritenute illuminate dal dolo specifico comunque presente nella contestazione, considerato che la condotta tenuta dell'imputato, rapportata alla natura dei beni prodotti della società servizi di trasporto terrestre rendeva evidente la propria intrinseca funzionalità rispetto allo scopo di celare l'effettiva situazione patrimoniale ed economica della società ed a frustrare di fatto la possibilità di esercitare azioni revocatorie a tutela della massa dei creditori. Il risultato della lettura di tali scritture, ossia la impossibilità di rilevare le somme date o ricevute in contanti e i flussi finanziari è stata, in conclusione, ritenuta coperta da un atteggiamento psicologico del prevenuto comunque assolutamente impossibile da inquadrare in quello della mera superficialità dell'agente e cioè in termini tali da fare ritenere qualificabile la condotta come bancarotta semplice. Non hanno pertanto pregio i rilievi difensivi i quali, pur appuntandosi sulla corretta distinzione del dolo che deve assistere la bancarotta fraudolenta documentale quando questa consista nella sottrazione dei libri ovvero nella tenuta irregolare delle scritture, finiscono poi per perdere di vista la irrilevanza di tale distinzione rispetto al caso concreto nel quale lo stato e la qualità delle scritture comunque acquisite è risultato tale da evidenziare una complessiva condizione di irregolarità e di parzialità dei dati documentati, sorretta dalla precisa volontà e consapevolezza che queste avrebbe reso impossibile ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.