Nel caso di collaboratore di giustizia, destinatario di provvedimento di esecuzione di pene concorrenti ai sensi dell’articolo 633 c.p.p., comprendente pene inflitte per reati compresi dall’articolo 51, comma 3-bis, c.p.p. e pene inflitte per reati non contemplati da detta norma, l’unitarietà dell’esecuzione, discendente dall’articolo 76, comma 1, c.p., comporta che le pene concorrenti siano considerate come pena unica.
Nel caso di collaboratore di giustizia, destinatario di provvedimento di esecuzione di pene concorrenti ai sensi dell’articolo 633 c.p.p., comprendente pene inflitte per reati compresi dall’articolo 51, comma 3 bis , c.p.p. e pene inflitte per reati non contemplati da detta norma, l’unitarietà dell’esecuzione, discendente dall’articolo 76, comma 1, c.p., comporta che le pene concorrenti siano considerate come pena unica, con la conseguenza che l’avvenuta espiazione delle pene riferibili ai delitti di cui all’articolo 51, comma 3 bis , c.p.p., legittimanti il trattamento penitenziario speciale, non comporta l’inammissibilità del beneficio penitenziario della detenzione domiciliare in deroga alle vigenti disposizioni, previsto per l’esecuzione delle medesime pene dall’articolo 16 nonies, d.l. numero 8/1991, convertito dalla legge numero 82/1991, inserito dall’articolo 14, legge numero 45/2001. Il caso. La sentenza in commento analizza la questione relativa alla concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare nei confronti del collaboratore di giustizia cui sia pervenuto un provvedimento di cumulo per pene relative a reati di cui all’articolo 51, comma 3 bis , c.p.p. e reati non compresi in detta norma. Inapplicabilità della disciplina ordinaria. Il giudice di merito aveva rigettato l’istanza, affermando che, in effetti, il condannato aveva definitivamente scontato la pena per i delitti di mafia, ma che è solo per tali delitti che è prevista l’ammissione ai benefici penitenziari in deroga alle disposizioni ordinarie, con la conseguenza che, nel caso di specie, essendo peraltro la pena residua superiore a due anni di reclusione, non poteva essere consentita nemmeno l’ammissione alla detenzione domiciliare sulla base della disciplina ordinaria di cui all’articolo 47, comma 1 bis , O.P Benefici anche per i reati non compresi nel novero dell’articolo 51, comma 3 bis, c.p.p Il condannato, in esito al rigetto della propria istanza, proponeva ricorso per cassazione, deducendo che il reato per cui stava espiando la propria pena, non era ricompreso tra quelli di cui all’articolo 51 comma 3 bis c.p.p., per i quali, peraltro, aveva già scontato tutta la pena, ma un delitto commesso prima sia della collaborazione che dei reati di mafia un omicidio e che, pertanto, avrebbe dovuto godere del beneficio di legge. Richiamava, altresì, alcuna giurisprudenza di legittimità che prevedeva l’ammissione ai benefici penitenziari dei collaboratori di giustizia, anche in deroga alle disposizioni ordinarie, ai sensi dell’articolo 16 nonies, l. numero 82/1991, come novellata dalla legge numero 45/2001, che dispone che «nei confronti delle persone condannateper uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3 bis , del codice di procedura penale, che abbiano prestato, anche dopo la condanna, taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali, la liberazione condizionale, la concessione dei permessi premio e l'ammissione alla misura della detenzione domiciliare prevista dall'articolo 47 ter, legge numero 354/1975, e successive modificazioni, sono disposte su proposta ovvero sentiti i procuratori generali presso le corti di appello interessati a norma dell'articolo 11 del presente decreto o il procuratore nazionale antimafia». Unitarietà dell’esecuzione di pene concorrenti. La Corte, accogliendo il ricorso ha affermato come l’esecuzione della pena, laddove vi sia un cumulo di pene per reati previsti dall’articolo 51, comma 3 bis , c.p.p. e altri reati, è unitaria e che ove si sia già esaurita l’esecuzione di pene pertinenti ai reati di cui all’articolo 51, la concessione di benefici resta ammissibile anche con riguardo all’esecuzione di pene non comprese nel suddetto elenco, ma comprese nel provvedimento di esecuzione. Ciò, proprio in forza del principio di unitarietà dell’esecuzione, cui si deve aggiungere quello per il quale i benefici di cui all’articolo 16 nonies citato, compresa la detenzione domiciliare, possono essere concessi al condannato ammesso a misure di protezione, ai sensi del d.l. numero 8/1991, anche se i reati, la cui pena è in espiazione non siano compresi nel novero di quelli indicati dall’articolo 51, comma 3 bis , c.p.p
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 30 novembre 2015 – 8 gennaio 2016, numero 526 Presidente Cavallo – Relatore Mazzei Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con ordinanza del 27 gennaio 2015, ha dichiarato inammissibile l'istanza di detenzione domiciliare presentata da L.P.S.A. , in espiazione di provvedimento di unificazione di pene concorrenti della Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Messina, per associazione di tipo mafioso, violazione della legge sugli stupefacenti e sulle armi, rapina aggravata ed omicidio, con fine pena previsto al 9 aprile 2020. A ragione della decisione il Tribunale ha addotto che L.P. collaboratore di giustizia attualmente sottoposto a misure ordinarie di protezione, con disposta capitalizzazione delle misure di assistenza economica, domiciliato per due anni presso la Commissione centrale per la definizione e applicazione di speciali misure di protezione, giusta delibera del 23 gennaio 2013 non poteva essere ammesso alla detenzione domiciliare in deroga alle disposizioni ordinarie, a norma dell'articolo 16-nonies d.l. 15 gennaio 1991, numero 8, convertito dalla legge 15 marzo 1991, numero 82, integrata dalla legge 13 febbraio 2001, numero 45, perché aveva terminato di espiare le pene comprese nel provvedimento di cumulo in esecuzione attinenti ai delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero , per i quali soltanto è prevista l'ammissione ai benefici penitenziari in deroga alle disposizioni ordinarie, e la pena residua per reati non rientranti nel detto catalogo, essendo superiore a due anni, non consentiva neppure l'ammissione alla detenzione domiciliare sulla base della disciplina ordinaria di cui all'articolo 47-ter, comma I-bis, Ord. Penumero . 2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione L.P. tramite il difensore, il quale ha premesso che il condannato ha prestato la sua leale collaborazione con la giustizia a far tempo dal lontano 1993 e che la condanna in attuale espiazione per un omicidio risalente al 1990, ritenuto dal Tribunale delitto comune perché avulso dal contesto mafioso di riconosciuta appartenenza, era frutto delle dichiarazioni dello stesso L.P. che avevano consentito la riapertura delle indagini per tale reato, già archiviate per due volte. Il difensore ha, quindi, denunciato i vizi di violazione di legge e difetto di motivazione del provvedimento di inammissibilità della domanda di detenzione domiciliare. Ha osservato che il delitto ritenuto estraneo al contesto mafioso, la cui pena sarebbe attualmente in esecuzione per avere L.P. terminato di espiare le pene per delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero , era stato commesso prima della collaborazione e ancor prima dei reati di mafia e, per esso, L.P. era stato condannato sulla base delle sue stesse dichiarazioni che, nel corso dell'esecuzione esterna delle pene irrogate per delitti compresi nel novero di quelli elencati nell'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero , L.P. , per circa dieci anni, aveva mantenuto un comportamento irreprensibile, dimostrando di essersi pienamente reinserito nella società anche con uno stabile lavoro e di poter contare su solidi legami familiari che la giurisprudenza di legittimità aveva già affermato che l'ammissione ai benefici penitenziari dei collaboratori di giustizia in deroga alle disposizioni ordinarie, a norma dell'articolo 16-nonies della legge numero 82 del 1991, cit., come novellata dalla legge numero 45 del 2001, cit., opera anche in caso di espiazione di reati diversi da quelli previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero , sempre che la collaborazione riguardi quest'ultima categoria di reati e sia stata riconosciuta rispondente ai requisiti di intrinseca attendibilità, novità o completezza, ovvero di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o per il giudizio sulle organizzazioni criminali di tipo mafioso o terroristico eversivo, condizioni -le predette tutte ricorrenti nel caso in esame. 2. Il Procuratore generale, nella requisitoria depositata il 7 maggio 2015, ha ritenuto ineccepibile il provvedimento del Tribunale e ha chiesto, pertanto, il rigetto del ricorso, non ricorrendo, con riguardo alla pena in attuale espiazione, né le condizioni di ammissione al beneficio della detenzione domiciliare in deroga alle disposizioni ordinarie, né le condizioni per poter fruire del medesimo beneficio secondo la disciplina comune. 3. Con memoria pervenuta il 16 novembre 2015 il difensore del ricorrente ha replicato alla requisitoria del Procuratore generale, sottolineando che L.P. sta espiando un unico provvedimento di cumulo di pene, comprendente anche quelle irrogate per delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero , e risulta già ammesso al beneficio del permesso premio ai sensi del combinato disposto degli articolo 30-ter Ord. Penumero e 16-nonies legge numero 82 del 1991, giusta provvedimento del 22 gennaio 2014, donde l'illogicità della negata applicazione della disciplina premiale prevista per i collaboratori di giustizia con riguardo alla misura della detenzione domiciliare. Ha aggiunto che la giurisprudenza della Corte di cassazione conforta la tesi in diritto del ricorrente circa l'ammissibilità del beneficio con riguardo a delitto, pur comune, commesso prima dell'inizio della collaborazione e, nel caso in esame, accertato solo in ragione delle dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese dallo stesso ricorrente che, in base al testo previgente dell'articolo 13-ter legge numero 82 del 1991, da ritenersi applicabile nella fattispecie, essendo L.P. collaboratore di giustizia ammesso a programma di protezione nel 1994, la fruizione dei benefici penitenziari in deroga alle disposizioni ordinarie non era limitata all'espiazione di reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero . Ha insistito pertanto nella richiesta di accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono. Assorbente è la considerazione che L.P. sta espiando le pene confluite in un unico provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, ex articolo 663 cod. proc. penumero , sia per reati inclusi nel catalogo di cui all'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero , sia per reati non compresi nel medesimo catalogo. Tale esecuzione deve ritenersi unitaria come espressamente previsto dall'articolo 76, primo comma, cod. penumero , con la conseguenza che i benefici ammissibili, ai sensi dell'articolo 16-nonies d.l. 15 gennaio 1991, numero 8, convertito dalla legge 15 marzo 1991, numero 82, integrata dalla legge 13 febbraio 2001, numero 45, con riguardo all'esecuzione, che si assume già esaurita, di pene pertinenti ai delitti ricompresi nell'elenco di cui all'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero , restano ammissibili anche con riguardo all'esecuzione di pene relative a reati non inclusi nel suddetto elenco, ma comprese, con le prime, nel medesimo provvedimento di esecuzione di pene concorrenti. E ciò proprio in forza del principio di unitarietà dell'esecuzione, cui va aggiunto quello secondo il quale i benefici penitenziari previsti dall'articolo 16-nonies, comma primo, legge 15 marzo 1991, numero 82, ivi compresa la detenzione domiciliare, possono essere concessi al condannato ammesso a misure di protezione, ex d.l. numero 8 del 1991, con succ. mod., cit., anche se i reati, la cui pena è in espiazione, non siano compresi nel novero di quelli indicati dall'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero Sez. 1, numero 43207 del 16/10/2012, Russo, Rv. 253833 Sez. 1, numero 12296 del 20/01/2014, Schiavone, Rv. 259546 . Si richiamano, in proposito, le disposizioni normative in tema di concorso di pene e la pertinente elaborazione giurisprudenziale, a termini delle quali le pene della stessa specie, che concorrono a norma dell'articolo 73 cod. penumero , si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico, come da testuale enunciazione di cui all'articolo 76, comma primo, cod. penumero esse sono, pertanto, integralmente cumulabili tra loro se si riferiscono a reati commessi anteriormente all'inizio della esecuzione di una delle pene inflitte e, concorrendo tale presupposto, vanno fatte valere in un rapporto esecutivo unitario, previa effettuazione del cumulo con la conseguenza che, all'interno di tale rapporto, eventuali periodi di detenzione sofferti con anticipo per l'uno o l'altro titolo, restano non più riferibili all'una piuttosto che all'altra pena, ma vanno riferiti alla pena unica nel suo complessivo ammontare da cui vanno indistintamente detratti Sez. 1, numero 32896 del 30/06/2014, Facella, Rv. 261197 Sez. 1, numero 1107 del 01/06/1976, Del Sole, Rv. 134403 e, con riguardo al caso speculare di applicazione del trattamento differenziato di cui all'articolo 41-bis Ord. Penumero , non revocabile in caso di cessata esecuzione della pena pertinente al delitto o ai delitti che lo legittimano Sez. 1, numero 25832 del 05/02/2015, Scotto, Rv. 264091 Sez. 1, numero 41567 del 18/09/2009, Gionta, Rv. 245047 . Il caso in esame va, dunque, risolto sulla base dell'affermazione del seguente principio di diritto nel caso di collaboratore di giustizia, destinatario di provvedimento di esecuzione di pene concorrenti ex articolo 663 cod. proc. penumero , comprendente pene inflitte per delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero e pene inflitte per delitti non contemplati dalla detta norma e neppure commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale, l'unitarietà dell'esecuzione discendente dall'articolo 76, comma primo, cod. penumero comporta che le pene concorrenti siano considerate come pena unica, con la conseguenza che l'avvenuta espiazione delle pene riferibili al delitti di cui all'articolo 51, comma 3 bis, cod. proc. penumero , legittimanti il trattamento penitenziario speciale, non comporta l'inammissibilità del beneficio penitenziario della detenzione domiciliare in deroga alle vigenti disposizioni, previsto per l'esecuzione delle medesime pene dall'articolo 16-nonies d.l. 15 gennaio 1991, numero 8, convertito dalla legge 15 marzo 1991, numero 82, inserito dall'articolo 14 della legge 13 febbraio 2001, numero 45. Illegittimamente, quindi, nel caso di specie è stata dichiarata l'inammissibilità dell'istanza di detenzione domiciliare formulata dal collaboratore di giustizia, L.P.S.A. , destinatario di provvedimento di cumulo di pene sia per reati previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, cod. proc. penumero , sia per reati diversi. 2. Segue l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio degli atti per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma, che provvederà uniformandosi al principio di diritto enunciato nella presente sentenza. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.