L’interversione del possesso non può desumersi dalla rivendicazione della proprietà, se non accompagnata da atti di disposizione dei beni o dalla manifestazione di rifiuto di restituirli.
Integra il delitto di appropriazione indebita articolo 646 c.p. l’omessa restituzione della cosa da parte del detentore al legittimo proprietario, «solo se dal comportamento tenuto dal detentore si rilevi, per le modalità del rapporto con la cosa, un’oggettiva interversione del possesso». A ribadirlo è stata la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 13797, depositata il 25 marzo 2013. Manca la manifestazione di rifiuto di restituire la cosa. Nel caso affrontato dalla Cassazione, i giudici di appello hanno rilevato che la mera sostituzione della serratura non implica l’interversione del possesso dei beni. Anche perché – si legge in sentenza – l’interversione del possesso non può desumersi dalla rivendicazione della proprietà, se non accompagnata da atti di disposizione dei beni o dalla manifestazione di rifiuto di restituirli. Reato consumato alla data di accesso dell’ufficiale giudiziario. Secondo gli Ermellini, quindi, nella fattispecie, la Corte di appello ha correttamente collocato la consumazione del reato alla data di accesso dell’ufficiale giudiziario. Il ricorso della donna - che si era vista dichiarare i reati estinti per prescrizione, ma che era stata comunque condannata al risarcimento danni ed alla rifusione delle spese di giudizio a favore della parte civile - viene dunque dichiarato inammissibile.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 21 – 25 marzo 2013, numero 13797 Presidente Cosentino – Relatore Davigo Ritenuto in fatto Con sentenza del 27.5.2012, il Tribunale di Catania dichiarò G.A. responsabile dei reati di cui agli articolo 646 e 388 cod. penumero unificati sotto il vincolo della continuazione e - concesse le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti - la condannò alla pena di mesi 2 di reclusione ed Euro 300,00 di multa. L'imputata fu altresì condannata al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese di giudizio a favore della parte civile S.G. . Avverso tale pronunzia l'imputata propose gravame e la Corte d'appello di Catania, con sentenza del 14.2.2012, in riforma della decisione di primo grado, dichiarò non doversi procedere per essere i reati estinti per prescrizione. Confermò le statuizioni civili e condannò l'imputata alla rifusione delle ulteriori spese a favore della parte civile. Ricorre per cassazione il difensore dell'imputata deducendo 1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla dedotta tardività della querela la querela sporta il 3.10.2003 è stata ritenuta tempestiva in quanto la certezza dell'interversione del possesso si sarebbe avuta il 17.7.2003 peraltro l'ipotesi delittuosa si sarebbe consumata in data anteriore all'accesso dell'ufficiale giudiziario, fin dal novembre 2002, quando l'imputata, dopo la separazione dal marito S. , sostituì le chiavi dell'appartamento di via impedendo a S. l'accesso inoltre fin dal 3.2.2003 l'imputata aveva rivendicato quantomeno la comproprietà di alcuni beni 2. vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento oggettivo del reato, desumendolo dall'inventario che si afferma redatto dalla G. mentre fu redatto dallo S. . Considerato in diritto Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha rilevato che la mera sostituzione della serratura non implica l'interversione del possesso dei beni. Integra il delitto di appropriazione indebita l'omessa restituzione della cosa da parte del detentore al legittimo proprietario, solo se dal comportamento tenuto dal detentore si rilevi, per le modalità del rapporto con la cosa, un'oggettiva interversione del possesso. Cass. Sez. 2, Sentenza numero 4440 del 02/12/2008 dep. 02/02/2009 Rv. 243275 . A maggior ragione non può desumersi l'interversione del possesso solo dalla rivendicazione della proprietà, se non accompagnata da atti di disposizione dei beni o dalla manifestazione di rifiuto di restituirli. Correttamente perciò la Corte d'appello ha collocato la consumazione del reato alla data di accesso dell'ufficiale giudiziario. Il secondo motivo di ricorso è generico. è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicità della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione e non ne illustri adeguatamente il contenuto, cosi da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze. Cass. Sez. 5, Sentenza numero 11910 del 22.1.2010 dep. 26.3.2010 rv 246552 . Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'imputata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, cosi equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.