Per il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purché la valutazione di tale rilevanza tenga obbligatoriamente conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall’interessato.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 41983, depositata l’8 ottobre 2014. Il caso. L’imputato proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che lo giudicava responsabile della morte di un pedone, che lo stesso imputato aveva investito alla guida di un autoveicolo. Con il ricorso l’uomo non contestava l’affermazione di responsabilità, bensì il giudizio di sub valenza delle attenuanti generiche, il quale sarebbe fondato su un giudizio di particolare elevatezza della colpa dell’imputato, derivante dalla pluralità delle violazioni a regole di prudenza. Il diniego della concessione delle attenuanti generiche. Per il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purché la valutazione di tale rilevanza tenga obbligatoriamente conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall’interessato Cass., Sez. III, numero 23055/13 . Anche per il giudizio di bilanciamento previsto dall’articolo 69 c.p. è sufficiente l’esplicitazione degli elementi ritenuti decisivi, ferma la necessità di replicare ai rilievi difensivi. Nel caso di specie, va rilevato come la Corte d’Appello abbia da un canto, evidenziato con motivazione non manifestamente illogica quali elementi a suo avviso rendono particolarmente grave la condotta e la colpa dell’imputato, tanto da rendere subvalenti le attenuanti generiche, fondate unicamente sulla circostanza che l’imputato aveva reso interrogatorio, così non sottraendosi al confronto nel corso di procedimento dall’altro, mostrato di essere pervenuta a tali conclusioni dopo l’approfondito esame dei rilievi dell’appellante. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 settembre – 8 ottobre 2014, numero 41983 Presidente Bianchi – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. C.A. propone ricorso per cassazione a mezzo del difensore avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di Appello di Milano ha confermato quella pronunciata dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Milano, che lo ha condannato alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche ma sub valenti rispetto alla aggravante contestata, e riduzione prevista per il rito abbreviato, siccome giudicato responsabile della morte del pedone D.N.A. , che il C. investiva alla guida di un autoveicolo. 2. Con il ricorso non si contesta l'affermazione di responsabilità bensì il giudizio di sub valenza delle attenuanti generiche, il quale sarebbe fondato su un giudizio di particolare elevatezza della colpa dell'imputato, derivante dalla pluralità delle violazioni a regole di prudenza. In particolare, il ricorrente censura, dopo che con un primo motivo ha dedotto la nullità della sentenza per essere stata pronunciata da un collegio diversamente composto rispetto a quello che aveva celebrato il dibattimento, l'assunto della Corte di Appello secondo il quale il C. aveva attraversato l'incrocio tra la via e la via di omissis mantenendo una velocità elevata aveva effettuato un sorpasso nell'approssimarsi all'incrocio che aveva avuto efficienza causale rispetto al verificarsi del sinistro aveva operato l'attraversamento in una fase non nota delle segnalazioni semaforiche date dall'impianto posto a presidio dell'incrocio. All'inverso, per l'esponente, la sola violazione attribuibile al C. era quella di non aver moderato la velocità in presenza dell'incrocio le ulteriori affermazioni del Collegio distrettuale sarebbero in aperta contraddizione con i dati processuali, che l'esponente analizza nel corpo del ricorso, giungendo alla conclusione che il C. aveva attraversato l'incrocio ad una velocità comunque moderata, che egli aveva sì eseguito un sorpasso prima di giungere all'incrocio, ma che tale manovra non aveva avuto alcuna incidenza causale nell'investimento che egli aveva attraversato l'incrocio con il semaforo che gli dava il segnale di movimento verde , sicché la condotta del pedone D.N. , che aveva attraversato la strada nonostante il segnale di arresto rosso , avrebbe dovuto essere valutata per una riduzione della pena e una valutazione di prevalenza delle circostanze attenuanti. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati. 4. In linea di principio va considerato che è nota la previsione dell'articolo 525 cod. proc. penumero , per la quale la regola dell'immutabilità del giudice trova applicazione anche nel giudizio di appello celebrato in camera di consiglio a seguito dell'impugnazione di una sentenza emessa all'esito di rito abbreviato Sez. 5, numero 48510 del 21/11/2013 - dep. 04/12/2013, Aiello e altri, Rv. 257717 . Tuttavia nella specie non sussiste alcuna violazione di tale regola. Invero, l'esame degli atti, ai quali questa Corte può accedere in ragione della natura della doglianza, lascia emergere che, su istanza del difensore dell'imputato depositata il 14.5.2013, il Presidente della Corte di Appello dispose la correzione del verbale di dibattimento dell'udienza del 13.3.2013 dando atto che questo recava una erronea indicazione del nominativo del terzo componente del collegio, che non era la dr.ssa Patrizia Re, come invece risultante dall'atto, ma la dr.ssa V.F. . Orbene, partendo da tale dato e considerato che il verbale menzionato non da conto di un mutamento della composizione del Collegio nel corso dell'udienza, ne deriva che la dr.ssa V. partecipò anche alla deliberazione della decisione. Quanto di diverso emerge dalla epigrafe della sentenza, che indica ancora nella dr.ssa Re il terzo componente del Collegio, trova spiegazione nel fatto che la sentenza venne depositata in data 12.4.2013 e quindi prima che, grazie all'istanza difensiva, risultasse l'erronea indicazione nel verbale dell'udienza. 5. In merito al secondo motivo va innanzitutto rilevato che, nonostante l'esponente menzioni in più occasioni una contraddittorietà della motivazione con le risultanze istruttorie, ciò che censura è non l'incompatibilità tra l'informazione posta alla base del provvedimento impugnato e l'informazione sul medesimo punto esistente negli atti processuali Sez. 3, numero 12110 del 21/11/2008 - dep. 19/03/2009, Campanella e altro, Rv. 243247 ma - in un caso contraddittoriamente - la valutazione che delle prove ha fatto il Collegio distrettuale. Ed infatti, il ricorso si dilunga sulla portata dimostrativa dei diversi elementi presi in esame, al fine di confutare la ricostruzione operata dai giudici di merito, per i quali la velocità mantenuta dal C. era elevata e comunque non adeguata alle a lui ben note condizioni di tempo e di luogo e che egli aveva eseguito un sorpasso prima dell'incrocio che aveva reso l'attraversamento di questo della massima pericolosità mentre non indica alcuna specifica dichiarazione o altro mezzo di prova come oggetto di una errata lettura da parte della Corte di Appello. D'altro canto, vertendosi in ipotesi di c.d. doppia conforme, risulterebbe preclusa la deduzione del vizio di travisamento della prova, non ricorrendo le ipotesi che valgono a superare quella preclusione Sez. 4, numero 19710 del 03/02/2009 - dep. 08/05/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv. 243636 Sez. 4, numero 4060 del 12/12/2013 - dep. 29/01/2014, Capuzzi e altro, Rv. 258438 . Si può quindi esaminare il ricorso come denunciante la manifesta illogicità della decisione impugnata. Ora, sotto tale profilo va rilevato che, a fronte delle doglianze dell'appellante, sostanzialmente coincidenti con quelle avanzate con il ricorso in esame, la Corte di Appello ha affermato che il C. aveva tenuto una velocità di circa 80-90 km/h per averlo ammesso l'imputato medesimo e perché egli fu visto procedere ad elevata velocità da alcuni testimoni che la velocità massima consentita sul luogo del sinistro era di 50 km/h, che era inverno, di sera, con scarsa illuminazione pubblica, il tratto stradale era presidiato da striscia bianca continua ed il C. l'aveva superata per compiere una manovra di sorpasso che aveva indotto, secondo le sue stesse ammissioni, il conducente del veicolo proveniente dall'opposta direzione a segnalargli con i fari l'imprudenza. A fronte di ciò l'esponente conviene che l'imputato aveva omesso di moderare la velocità in presenza dell'incrocio, rinvenendo in ciò la sola violazione certamente ascrivibile al C. ma poi sostiene che l'imputato aveva attraversato l'incrocio a velocità comunque moderata, ovvero non superiore la limite di velocità ivi vigente, fondando l'affermazione su una personale valutazione delle prove, la quale omette di tener conto che la Corte di Appello aveva fatto riferimento, al riguardo, in primo luogo alle ammissioni dell'imputato e alle dichiarazioni della teste B. e del teste D. in particolare di quest'ultimo . Sicché la censura appare contraddittoria e comunque non decisiva. È proprio sul dato - erroneo - della velocità moderata di attraversamento dell'incrocio che l'esponente fonda poi la mera asserzione della irrilevanza del sorpasso eseguito dal C. nella produzione di condizioni di maggiore pericolosità dell'attraversamento dell'incrocio, perché quello si sarebbe esaurito ben prima che il veicolo giungesse all'intersezione. Così non cogliendo il senso dell'affermazione della Corte di Appello, volta non già a determinare la causa del sinistro ma a delineare la complessiva condotta di guida del C. in funzione della commisurazione della pena. Infine, l'esponente assume che il C. attraversò certamente con il segnale di via libera, sicché il pedone attraversò con il rosso quindi il comportamento colposo di questi avrebbe dovuto importare un diverso trattamento sanzionatorio. Ma la Corte di Appello ha accertato, all'esito dell'esame delle risultanze istruttorie, l'impossibilità di pervenire a sicure conclusioni in merito alla segnalazione semaforica, concludendo correttamente che da ciò non poteva trarsi motivo per una riduzione della pena e per una valutazione di prevalenza delle attenuanti. Le diverse asserzioni della difesa pretendono che questa Corte operi una rivisitazione critica della valutazione della prova. In conclusione, rammentato che come per il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purché la valutazione di tale rilevanza tenga obbligatoriamente conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall'interessato Sez. 3, numero 23055 del 23/04/2013 - dep. 29/05/2013, Banic e altri, Rv. 256172 , anche per il giudizio di bilanciamento previsto dall'articolo 69 cod. penumero è sufficiente l'esplicitazione degli elementi ritenuti decisivi, ferma la necessità di replicare ai rilievi difensivi, nel caso di specie va rilevato come la Corte di Appello abbia da un canto evidenziato con motivazione non manifestamente illogica quali elementi a suo avviso rendono particolarmente grave la condotta e la colpa del C. , tanto da rendere subvalenti le attenuanti generiche, fondate unicamente sulla circostanza che l'imputato aveva reso interrogatorio, così non sottraendosi al confronto nel corso del procedimento cfr. sentenza di primo grado dall'altro mostrato di essere pervenuta a tali conclusioni dopo l'approfondito esame dei rilievi dell'appellante. 6. In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese in favore delle parti civili, che si liquidano in complessivi Euro 3.500,00, oltre accessori come per legge. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese in favore delle parti civili che liquida in complessivi Euro 3.500,00, oltre accessori come per legge.