Falsifica quasi 500 milioni delle vecchie lire quando ancora si potevano cambiare in euro: è reato

Il d.l. numero 201/2011 prevede che a partire dal 6 dicembre 2011 le monete e le banconote in lire non possono più essere cambiate in euro con la conseguenza che, da quel momento, uno degli elementi di cui alla fattispecie penale del falso nummario, ovvero l’utilizzabilità del denaro come mezzo di pagamento, non è più riscontrabile nel fatto di chi acquisti o detenga monete o banconote contraffatte in lire, mentre la detenzione e la messa in circolazione di monete e banconote false in lire, per il periodo compreso tra quel momento e l’entrata dell’euro nel nostro sistema monetario, potendo essere convertite nella nuova moneta, rientra indirettamente nella nozione di mezzi di pagamento rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 453 c.p

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 20192/15 depositata il 15 maggio. Il fatto. Il pm presso il Tribunale di Napoli disponeva il sequestro probatorio di una serie di banconote false per un valore complessivo di 476.500.000 £, in riferimento al reato di falsificazione di moneta e riciclaggio. Il Tribunale di Napoli in sede di riesame confermava la misura e avverso tale provvedimento l’imputato ricorre in Cassazione. Il ricorso si fonda su un unico motivo con il quale il ricorrente lamenta la violazione degli articolo 321 e 354 c.p.p. nonché l’erronea qualificazione giuridica del fatto di reato contestato, posto che l’eventuale falsificazione di moneta non avente più corso legale nel territorio dello Stato non potrebbe integrare la fattispecie penale di falso nummario, stante inoltre l’impossibilità di cambiare le lire in euro a partire del 6 dicembre 2011. La retroattività di norme extrapenali sopravvenute. L’ipotesi difensiva non può trovare condivisione da parte della Corte di legittimità che si è già più volte occupata del tema dell’applicabilità dell’articolo 2, comma 2, c.p. alla successione nel tempo di norme extrapenali aventi rilevanza ai fini di una disposizione incriminatrice, qualora da tale successione derivi la non punibilità di un certo fatto precedentemente sanzionato. Sul punto le Sezioni Unite hanno chiarito che la modifica di una norma extrapenale esclude retroattivamente l’illiceità penale di un fatto di reato soltanto laddove la previsione normativa fosse integrativa della norma incriminatrice, concorrendo alla definizione astratta della fattispecie. Ove invece la norma extrapenale sopravvenuta si limiti a mutare la qualificazione giuridica di un certo fatto, presupposto ai fini della concreta applicabilità della norma incriminatrice, essa non potrà operare retroattivamente ma produrrà i suoi effetti dal giorno della sua entrata in vigore. Si ha dunque un’autentica abolitio criminis solo nel primo caso, dal momento che la modifica extrapenale va ad incidere sugli elementi costitutivi del reato. Nel secondo caso invece, la modifica normativa determina la sola impossibilità di riscontrare gli elementi costitutivi del reato in un fatto che precedentemente doveva invece ritenersi integrativo della fattispecie penale. Il caso di specie rientra in questa seconda ipotesi. La rilevanza penale di banconote in lire false. L’articolo 26, d.l. numero 201/2011 prevede che a partire dal 6 dicembre 2011 le monete e le banconote in lire non possono più essere cambiate in euro, comportando che uno degli elementi di cui alla fattispecie penale del falso nummario, ovvero l’utilizzabilità del denaro come mezzo di pagamento, non è più riscontrabile nel fatto di chi acquisti o detenga monete o banconote contraffatte in lire. La soluzione trova conferma anche in un ragionamento in termini di offensività della condotta, laddove la pericolosità della detenzione e messa in circolazione di monete e banconote falsificate in lire è stata rimossa solo a far data del 6 dicembre 2011. Nel periodo compreso tra quel momento e l’entrata dell’euro nel nostro sistema monetario, la detenzione di banconote false in lire, potendo essere convertite nella nuova moneta, rientra indirettamente nella nozione di mezzi di pagamento rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 453 c.p Essendosi i fatti per cui si procede nel giudizio a quo realizzati in un momento antecedente alla «”prescrizione” delle banconote relative alla vecchia valuta nazionale», l’apprezzamento dei giudici di merito si sottrae ad ogni censura. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 4 febbraio – 15 maggio 2015, numero 20192 Presidente Fiandanese – Relatore Diotallevi Ritenuto in fatto 1. A.F. e P.M. propongono un unico ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale di Napoli - Riesame Sez. VIII, numero 1284-1285/2014, pronunciata in data 22 settembre 2014 e depositata il 10 ottobre 2014. Il provvedimento impugnato ha confermato il sequestro probatorio, disposto con il precedente decreto del 30 luglio 2014 del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Napoli, di numero 3038 banconote da Lire 50.000 e di numero 3246 banconote da Lire 100.000, per un valore complessivo di Lire 476.500.000. 2. Il ricorso presenta un solo motivo. Con esso, si contesta, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. b , c.p.p., la violazione degli articolo 321 e 354 del codice di rito penale, nonché l'erronea qualificazione giuridica del fatto di reato contestato. In particolare, il giudice del riesame avrebbe errato nel ritenere configurabile il delitto di cui all'articolo 455 c.p., dal momento che l'eventuale falsificazione di moneta non avente più corso legale non potrebbe comunque integrare la fattispecie del c.d. falso nummario , stante anche la sopravvenuta impossibilità di cambiare le Lire in Euro, a partire dal 6 dicembre 2011. Inoltre, quale che sia la tipologia di reato ipotizzata, l'ordinanza impugnata non sarebbe fondata su di un autentico fumus , ma unicamente sulla congettura secondo cui la mancata conversione in Euro di una cifra tanto elevata sarebbe stata determinata dalla impossibilità di giustificarne la provenienza in maniera lecita. Motivi della decisione 1. Il ricorso deve essere rigettato, stante l'infondatezza dell'unico motivo ivi formulato. 1.1. Prima di entrare nel merito delle censure svolte dai ricorrenti, occorre precisare che il sequestro probatorio della cui legittimità si discute rinviene il proprio titolo in una duplice contestazione, avente ad oggetto tanto il delitto di riciclaggio, ex articolo 648-bis c.p., quanto il diverso reato di spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate, di cui all'articolo 455 c.p., come precisato dall'ordinanza impugnata. 1.2. Riguardo a questo secondo capo della contestazione, va disattesa la prospettazione delle parti ricorrenti in base alla quale la sopravvenuta prescrizione , in favore dell'Erario, dei biglietti e delle monete in Lire, ai sensi dell'articolo 26 del D.L. numero 201 del 2011, conv. in L. numero 214 del 2011, impedirebbe di ritenere tuttora configurabile l'illecito de quo, anche laddove il fatto tipico sia stato commesso anteriormente all'entrata in vigore del suddetto decreto v. Cass. penumero , Sez. V, 22 aprile 2014, dep. 25 settembre 2014, Ferrucci, numero 39813, rv. 260418 . La tesi difensiva qui rigettata ripropone un tema già più volte affrontato, in passato, da questa Suprema Corte, vale a dire l'applicabilità della regula iuris enunciata dall'articolo 2, comma 2, c.p. alla successione nel tempo di norme extrapenali aventi una qualche rilevanza ai fini dell'applicazione di una data norma incriminatrice, qualora da siffatta successione discenda la non punibilità di un certo fatto precedentemente sanzionato. La questione ora tratteggiata è stata risolta dalle Sezioni unite nel senso che la modifica di una norma extrapenale esclude, con efficacia retroattiva, l'illiceità penale di un dato fatto di reato soltanto laddove la previsione normativa modificata fosse integrativa della norma incriminatrice, concorrendo con essa a definire la fattispecie astratta di reato qualora invece la norma extrapenale sopravvenuta si limiti a mutare la qualificazione giuridica di una certa situazione di fatto, presupposta dalla norma incriminatrice ai fini della sua applicazione in concreto, essa non potrà operare retroattivamente, ma produrrà i suoi effetti, anche per quanto concerne specificamente il diritto penale, dal giorno della sua entrata in vigore, salvo che essa sia, per sua stessa natura o per il suo particolare contenuto precettivo, da considerarsi retroattiva v., soprattutto, Cass. penumero , Sez. unumero , 27 settembre 2007, dep. 16 gennaio 2008, Magera, numero 2451, rv. 238197 . Soltanto nella prima delle situazioni pocanzi tratteggiate può parlarsi di abolitio criminis in senso proprio, dal momento che la modifica della norma extrapenale va ad incidere sugli elementi costitutivi della tipologia di reato interessata nella seconda situazione, invece, la sopravvenienza normativa determina unicamente l'impossibilità di riscontrare gli anzidetti elementi costitutivi in un fatto avente determinate caratteristiche, precedentemente assimilate ai predetti elementi costitutivi, senza tuttavia mutare in alcun modo la descrizione normativa degli elementi stessi. Il caso sottoposto all'attenzione di questo Collegio è riconducibile, senza dubbio alcuno, alla seconda ipotesi. Il succitato articolo 26 del D.L. numero 201 del 2011, nel prevedere che, a far data dal 6 dicembre 2011, le monete e le banconote in Lire non possano più essere cambiate con l'equivalente in Euro, ha comportato che, a partire dalla data in parola, uno degli elementi costitutivi del delitto di cui all'articolo 455 c.p., ossia l'utilizzabilità come mezzo di pagamento, quantomeno in via indiretta, della moneta, non sia più riscontrabile nel fatto di chi acquisti o detenga monete e banconote contraffatte in Lire. L'elemento costitutivo in discorso, viceversa, è rimasto immutato la novella legislativa non ha introdotto una definizione di moneta o di corso legale diverse da quelle già presupposte dall'articolo 455 c.p., così come integrato dall'articolo 453, numero 1 , c.p Ad identiche conclusioni si addiviene anche ragionando in termini di offensività del reato in questione. La pericolosità associata alla detenzione e alla messa in circolazione di monete e banconote in Lire falsificate non è stata rimossa dal prefato decreto-legge, se non a decorrere dal 6 dicembre 2011 pertanto, gli effetti dello stesso decreto, anche sul piano penalistico, non potrebbero farsi retroagire ad un momento cronologicamente anteriore. Per completezza espositiva, va poi precisato che non può negarsi che nel periodo compreso tra il limite temporale anzidetto ed il 1 marzo 2002, data a partire dalla quale l'Euro è stato definitivamente introdotto nel nostro sistema monetario, la detenzione di banconote in Lire contraffatte integrasse il reato di cui all'articolo 455 c.p., in quanto le stesse, potendo essere convertite nella nuova valuta, rientravano, indirettamente, nella nozione di mezzi di pagamento con efficacia liberatoria, di cui all'articolo 453, numero 1 , c.p. si veda Cass. penumero , Sez. I, 6 giugno 2003, dep. 22 agosto 2003, Seferi, numero 34695, rv. 225991 . Alla luce di quanto sin qui argomentato, appare perciò indiscutibile la correttezza del provvedimento impugnato, nella parte in cui ha ritenuto tuttora configurabile il reato in discorso, a fronte dell'accertamento della commissione di uno dei fatti tipizzati dall'articolo 455 c.p. in un momento anteriore alla prescrizione delle banconote relative alla vecchia valuta nazionale. 1.3. La sussistenza di un simile titolo vale di per sé a giustificare il sequestro probatorio delle banconote presumibilmente contraffatte, avendo esso ad oggetto il corpo del predetto reato, la cui finalizzazione probatoria risulta, nel caso di specie, immanente alla sua stessa natura infatti, procedendosi per il delitto di falso nummario ed essendo il suddetto corpo del reato costituito dalle banconote sospettate di falsità, quest'ultimo non può che rappresentare un elemento di prova all'interno del processo cfr., sul punto, Cass. penumero , Sez. II, 20 gennaio 2015, dep. 28 gennaio 2015, Cheick, numero 4155, rv. 262379 . Risulta perciò del tutto irrilevante l'ulteriore profilo di doglianza con cui i ricorrenti lamentano l'incongruenza della motivazione addotta dal Tribunale del riesame, laddove questa ha legato la presenza del fumus boni iuris all'idea secondo cui l'omessa conversione di una somma così ingente ne denoterebbe la provenienza illecita. Tale contestazione si riferisce, infatti, a quella parte dell'ordinanza censurata nella quale il sequestro probatorio è stato fondato sul presunto delitto di riciclaggio, ex articolo 648-bis c.p. v. pag. 3 dell'ordinanza di conseguenza, anche laddove la doglianza della difesa dovesse ritenersi fondata, il provvedimento di sequestro non potrebbe comunque venire caducato, dal momento che lo stesso continuerebbe a trovare il proprio fondamento nella contestazione del delitto di cui al summenzionato articolo 455 c.p 2. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.