La domanda sta attraversando tutti i forum su Facebook che si occupano dell’argomento! Partiamo dai numeri al 31.12.2013 Cassa Forense erogava 26.632 trattamenti pensionistici dei quali 12.535 a pensionati attivi cioè a coloro che sono andati in pensione ma continuano a svolgere l’attività forense. Le 22 Casse di previdenza privatizzate dei liberi professionisti contano complessivamente 1.548.328 iscritti, comprensivi anche dei c.d. pensionati attivi, a fronte di 339.449 pensionati.
Com’è noto i pensionati di vecchiaia, che rimangono iscritti alla Cassa, sono esonerati dal pagamento dei contributi minimi soggettivo e integrativo dall’anno solare successivo a quello di maturazione del diritto a pensione. È comunque dovuto il contributo di maternità. I pensionati di vecchiaia sono tenuti - Alla trasmissione del modello 5 entro il 30 settembre di ciascun anno - Al pagamento dei contributi soggettivo ed integrativo dovuti in autoliquidazione, in un’unica soluzione, entro il 31 luglio ovvero in due rate, di pari importo, di cui la prima, entro il 31 luglio, e la seconda, entro il 31 dicembre di ogni anno di dichiarazione. Il contributo soggettivo deve essere corrisposto fino all’anno precedente la decorrenza dell’ultimo supplemento nella misura del 13% sul reddito professionale IRPEF netto, dichiarato con modello unico, e del 3% sulla parte di reddito eccedente il tetto. Tale misura percentuale in vigore fino al 2012, è stata elevata al 14% a decorrere dall’anno 2013 modello 5/2014 . I pensionati di vecchiaia, a decorrere dal 2012, che rimangono iscritti alla Cassa sono tenuti, dall’anno successivo alla maturazione dell’ultimo supplemento della pensione, a corrispondere sul reddito netto professionale, dichiarato ai fini dell’IRPEF, il contributo soggettivo nella misura del 7% sino al tetto pensionabile e in quella del 3% sulla parte di reddito eccedente il medesimo. La percentuale del 7% a decorrere dal 2017 passerà al 7,25% e dal 2021 al 7,50%. Com’è noto, con la mia riforma del 2008, l’età pensionabile è stata progressivamente aumentata da 65 a 70 anni con l’entrata in vigore ordinaria nel 2021. È fatto salvo il diritto al pensionamento di vecchiaia, al compimento del 65esimo anno di età, per l’avvocato che abbia maturato 40 anni di contribuzione e ciò senza la penalizzazione del 5% in ragione di ogni anno di anticipazione. Nella situazione contingente di crisi economica le giovani generazioni chiedono a gran voce che al pensionato di vecchiaia sia inibito l’esercizio della professione forense. Proseguendo l’analisi sulla distribuzione del reddito degli avvocati, condotta dall’ottima attuaria interna di Cassa Forense dott. Giovanna Biancofiore, è sembrato interessante sintetizzare il reddito e il volume d’affari prodotto nel 2012 dagli iscritti alla Cassa, distinti con riferimento all’età e al genere del dichiarante. Come si evince dalla tabella 6, pubblicata nell’ultimo numero della rivista La previdenza forense, e dove si riporta la distribuzione per età del reddito ai fini IRPEF e del volume d’affari ai fini IVA, esiste una considerevole differenza tra redditi dichiarati nelle fasce di età più basse e redditi dichiarati da professionisti appartenenti a fasce di età più elevate. Difatti, risulta che, se il fatturato in media dichiarato da un giovane agli inizi della professione risulta essere pari ad € 13.166,00, l’avvocato con maggiore anzianità o vicino al pensionamento, per esempio nella classe di età 60 – 64 anni, dichiara un reddito in media pari a circa € 84.877,00. Le fasce di età successive al pensionamento risultano produttrici di un reddito e di un conseguente volume di affari che mediamente si colloca al terzo posto tra le fasce di età più redditizie. È vero che il diritto al lavoro è costituzionalmente garantito a prescindere dall’età, ma è altrettanto vero che, in un’ottica di riequilibrio del patto intergenerazionale, qualche correzione di rotta dovrebbe essere apportata e ciò allo scopo di finanziare il debito previdenziale maturato dal più vantaggioso sistema di calcolo retributivo e al fine di ridistribuire PIL in favore delle generazioni più giovani. Nord e sud Italia, situazioni differenti. L’ultimo bollettino rilasciato dall’ISTAT attesta l’esistenza di un baratro tra nord e sud dato che il PIL pro capite del sud è del 45,8% inferiore rispetto al settentrione. In testa Milano e Bolzano, in coda Calabria, Puglia, Campania, Basilicata e Sicilia. Com’è noto al sud vi è la maggiore concentrazione di avvocati e sempre al sud la cifra più alta dei non iscritti a Cassa Forense. La proposta che avanzo io è molto semplice e dovrebbe evitare la guerra intergenerazionale in atto. Il pensionato di vecchiaia nel momento in cui matura il diritto per la liquidazione della pensione ha davanti a se 2 strade - chiedere e vedersi liquidare la pensione di vecchiaia con contestuale cancellazione dagli Albi così come avviene per il pensionamento di anzianità oppure - chiedere e ottenere la liquidazione della pensione di vecchiaia, restare iscritto agli Albi per continuare a svolgere l’attività professionale ma con versamento, a puro titolo di solidarietà, della contribuzione ordinaria oggi pari al 14% sul reddito professionale IRPEF netto oltre al 3% sulla parte di reddito eccedente il tetto. Tale contribuzione, al fine di superare la giurisprudenza di legittimità e di merito esistente, dovrebbe essere finalizzata sia a garantire la solidarietà del sistema previdenziale forense che a finanziare il debito previdenziale maturato, conseguenza immediata del calcolo retributivo della pensione.