L’articolo 4 l. numero 628/1961 sanziona coloro che, avendo ricevuto richiesta dall’ispettorato del lavoro di fornire delle informazioni, non lo facciano oppure le diano scientemente errate ed incomplete.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 47241, depositata il 17 novembre 2014. Il caso. Il tribunale di Teramo condannava un imputato, ai sensi dell’articolo 4 l. numero 628/1961 compiti dell’ispettorato del lavoro , per non aver consegnato ai funzionari dell’ispettorato del lavoro le copie richieste della busta paga di un lavoratore. L’uomo ricorreva in Cassazione, deducendo che la sua condotta non era consistita in un vero impedimento delle attività di vigilanza, bensì in un mero intralcio, che viene punito con una sanzione amministrativa, non penale. Risposte chiare. La Cassazione ricorda che l’articolo 4 l. numero 628/1961 sanziona coloro che, avendo ricevuto richiesta dall’ispettorato di fornire delle informazioni, non lo facciano oppure le diano scientemente errate ed incomplete. Si tratta di richieste di notizie riguardanti violazioni delle leggi sui rapporti di lavoro, sulle assicurazioni sociali, sulla prevenzione e l’igiene di lavoro, «che assumono valore strumentale rispetto alla funzione istituzionale di controllo esercitata dall’ispettorato del lavoro». Tale reato si configura non soltanto in caso di richiesta di semplici notizie, ma anche nell’ipotesi di omessa esibizione della documentazione che permetta all’ispettorato una vigilanza sull’osservanza delle disposizioni in materia di lavoro, previdenza sociale, contratti collettivi di categoria, nonché quella riguardante il quantum della retribuzione per verificare poi l’adempimento degli obblighi contributivi . Solo dire la verità salva dalla pena. La fattispecie di tale reato formale può essere integrata sia in forma omissiva non rispondendo alla richiesta , sia in forma commissiva dando informazioni false o incomplete , per cui non si deve distinguere tra mero intralcio ed impedimento. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 maggio – 17 novembre 2014, numero 47241 Presidente Teresi – Relatore Gentili Ritenuto in fatto S.S. ha impugnato la sentenza col la quale il Tribunale di Teramo lo ha condannato alla pena di euro 300,00 di ammenda avendolo ritenuto responsabile del reato di cui all'articolo 4 della legge numero 628 del 1961, per avere omesso di consegnare ai funzionari dell'Ispettorato del lavoro che le avevano richieste, le copie delle buste paga relative al lavoratore D.B Il S. ha fondato la propria impugnazione sulla considerazione che la sua condotta non si era concretizzata in un vero e proprio impedimento alla attività di vigilanza svolta dall'Ispettorato, ma solo in un intralcio di questa, punito non con la sanzione penale ma con quella amministrativa Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile, perché basato su un motivo manifestamente infondato. La legge numero 628 del 1961 all'ultimo comma del suo articolo 4, punisce coloro che, legalmente richiesti dall'Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate od incomplete . Si tratta - secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte - delle richieste di notizie concernenti violazioni delle leggi sui rapporti di lavoro, sulle assicurazioni sociali, sulla prevenzione e l'igiene del lavoro, che assumono valore strumentale rispetto alla funzione istituzionale di controllo esercitata dall'Ispettorato del lavoro ex multis Corte di cassazione, Sezione III penale, 7 febbraio 1994, numero 1365 idem Sezione III penale, 4 luglio 2001, numero 26974 . Si è più volte specificato, inoltre, che il reato in questione si configura, non soltanto nel caso di richiesta di semplici notizie, ma anche nell'ipotesi di omessa esibizione della documentazione che consenta all'Ispettorato del lavoro la vigilanza sull'osservanza delle disposizioni in materia di lavoro, previdenza sociale e contratti collettivi di categoria, ivi compresa quella afferente al quantum della retribuzione corrisposta ad ai criteri applicati per il suo al calcolo, in quanto necessaria per verificare l'adempimento dei conseguenti obblighi contributivi Corte di cassazione, Sezione III penale, 15 ottobre 2013, numero 42334 idem 20 febbraio 2012, numero 6644 . Trattandosi di reato formale, che si può realizzare sia in forma omissiva attraverso la sola mancata risposta alla richiesta dell'ispettorato del lavoro di fornire le informazioni in questione, sia in forma commissiva fornendole in maniera consapevole false o incomplete, non può trovare alcun sostegno la tesi affermata dal ricorrente secondo la quale dovrebbe distinguersi fra mero intralcio all'operato dell'Ispettorato, sanzionato solo amministrativamente ed impedimento di tale operato, solo a seguito del quale scatterebbe la rilevanza penale della condotta. Si ribadisce nella forma puramente omissiva la rilevanza penale della condotta dell'agente è conseguente alla semplice omissione del comportamento normativamente imposto, senza che sia necessaria, ai fini della integrazione del reato, la sussistenza di altri elementi fenomenici esterni, quali, appunto, il derivante impedimento dello svolgimento da parte dell'Ispettorato del lavoro della sua funzione istituzionale. Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, numero 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'articolo 616 cod. proc. penumero , l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.