“Italiano di m…a”, sfogo dell’albanese per i compensi ancora non percepiti: condannato

Nessun dubbio sul ‘peso’ delle parole utilizzate. Evidente, di conseguenza, la colpevolezza dello straniero per il reato di ingiuria. Non regge la tesi della provocazione, rappresentata, secondo l’uomo sotto accusa, dal fatto che il cittadino italiano non gli abbia ancora versato i compensi spettanti in base a un contratto di subappalto.

A parti invertite, per una volta è lo straniero – un albanese –, difatti, a prendere a male parole il cittadino italiano, apostrofandolo come “figlio di p ”, “bastardo” e “italiano di merda”. Nessun dubbio sul ‘peso’ della condotta tenuta dallo straniero consequenziale la condanna per il reato di ingiuria. Irrilevante il fatto che il cittadino italiano ancora non abbia provveduto a versare i compensi – per un contratto di subappalto – legittimamente spettanti allo straniero Cassazione, sentenza numero 47065, sez. V Penale, depositata oggi . Nodo economico. Di facile lettura le parole – non proprio oxfordiane – utilizzate dal cittadino albanese difficile equivocare il significato di “figlio di p ”, “bastardo” e “italiano di merda” Difatti, i giudici di merito sanciscono la condanna dello straniero, infliggendogli la «pena di 200 euro» di ammenda, oltre al «risarcimento dei danni» in favore del cittadino italiano preso a male parole. Secondo il legale dello straniero, però, non si è tenuto conto dei rapporti precari col cittadino italiano. In sostanza, viene evidenziato nella tesi difensiva, «la condotta ingiuriosa era stata posta in essere nello stato d’ira determinato dall’inadempimento della persona offesa, che non aveva corrisposto i compensi spettanti» al cittadino albanese in base ad un regolare «contratto di subappalto». Tale obiezione, però, viene ritenuta inutile dai giudici della Cassazione, i quali respingono l’idea del «riconoscimento della provocazione». Decisiva la considerazione che il «contenzioso» relativo alla «pretesa creditoria» non può rappresentare «fatto ingiusto tale da scriminare una condotta ingiuriosa». Confermata, quindi, in via definitiva, la condanna, per il «reato di ingiuria», a carico del cittadino albanese.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 giugno – 13 novembre 2014, numero 47065 Presidente Oldi – Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. Con sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Rovereto confermava la sentenza del 24 settembre 2012 con la quale il Giudice di pace di Riva del Garda aveva dichiarato S.D. colpevole del reato all'articolo 594 cod. penumero perché offendeva l'onore ed il decoro Píva Luigi pronunciando le seguenti espressioni figlio di puttana'. bastardo italiano di merda e, per l'effetto, l'aveva condannato alla pena di € 200,00 nonché al risarcimento dei danni in favore della persona offesa, costituitasi parte civile. Avverso l'anzidetta pronuncia il difensore dell'imputato, avv. Mauro Vecchietti, ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura seguito indicate. Con il primo motivo si denuncia mancanza e, comunque, manifesta illogicità della sentenza in ordine alla valutazione delle risultanze processuali, segnatamente delle raccolte testimonianze violazione dei criteri normativi di valutazione della prova, con particolare riguardo all'immotivato credito concesso alle parole di accusa della persona offesa. Con il secondo motivo si denuncia illogicità e carenza di motivazione riguardo all'esclusione dell'esimente della provocazione, anche in forma putativa, posto che la condotta ingiuriosa era stata posta in essere nello stato d'ira determinato dall'inadempimento della persona offesa, che non aveva corrisposto i compensi spettanti all'imputato in base al contratto di subappalto intercorso tra le parti. Considerato in diritto 1. Le censure del ricorrente si collocano in area assai prossima all'inammissibilità, involgendo in gran parte profili prettamente di merito. Le censure sono, ad ogni modo, prive di fondamento, posto che la motivazione del provvedimento in esame appare idonea e sufficiente a giustificare il ribadito giudizio di colpevolezza, spiegando, in particolare, le ragioni della ritenuta attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, pure riscontrate dalle acquisite testimonianze e della ritenuta insussistenza dei presupposti necessari per il riconoscimento della reclamata provocazione, sul condivisibile rilievo che l'esistenza di un contenzioso civile tra le parti, sulla fondatezza della pretesa creditoria avanzata da una di esse e dell'effettiva inadempienza dell'altra, integrasse fatto ingiusto tale da scriminare una condotta ingiuriosa. 2. Per quanto precede, il ricorso - globalmente considerato - deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.