La polizza assicurativa stipulata da un magistrato per la responsabilità civile derivante dallo svolgimento delle sue funzioni, copre anche le spese legali sostenute per procedimenti penali conclusi con l’archiviazione, posta l’assurdità dell’esclusione dell’ipotesi di mancato esercizio dell’azione penale dalla copertura assicurativa.
Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza numero 12875 depositata il 22 giugno 2015. Il caso. Un magistrato aveva stipulato una polizza assicurativa, ai sensi della l. numero 117/88, per la responsabilità civile derivante dallo svolgimento delle sue funzioni. Successivamente chiedeva alla compagnia assicuratrice il rimborso alle spese di assistenza legale sostenute in relazione ad alcuni procedimenti penali avviati nei suoi confronti e conclusi con l’archiviazione del gip. Il Tribunale di Milano rigettava la domanda escludendo l’operatività della polizza con riferimento a quel tipo di spese legali. La pronuncia veniva però ribaltata dalla Corte d’appello milanese che accoglieva la domanda del magistrato e condannava la compagnia assicuratrice al pagamento dell’indennizzo. L’assicuratore ricorre per la cassazione della sentenza di seconde cure lamentando la diversità dell’esito della controversia, in primo ed in secondo grado, dovuta alla diversa interpretazione della polizza assicurativa. L’interpretazione della polizza. Il ricorrente censura in primo luogo l’argomentazione con cui la Corte territoriale interpretava la clausola assicurativa che prevedeva il rimborso delle spese legali sostenute dall’assicurato in un procedimento penale concluso con «dichiarazione di proscioglimento» non limitando la copertura assicurativa ai procedimenti conclusi con sentenza di non luogo a procedere ex art 425 c.p.p., come aveva fatto il giudice di primo grado, ma estendendo l’espressione contrattuale ad ogni altro provvedimento, sentenza o decreto, favorevole all’assicurato, facendo leva sul canone ermeneutico di cui all’articolo 1370 c.c Riprendendo le argomentazioni della sentenza di primo grado, il ricorrente afferma l’arbitrarietà dell’interpretazione riportata nel provvedimento impugnato, che si porrebbe inoltre in contrasto con il sistema penale e con il carattere non definitivo del decreto di archiviazione, ben potendo le indagini essere riaperte ai sensi dell’articolo 414 c.p.c La comune intenzione delle parti. La doglianza così articolata non dimostra di essere meritevole di apprezzamento e viene dunque rigettata dalla S.C Gli Ermellini condividono infatti l’argomentazione della Corte d’appello che, nel ricercare l’intenzione comune delle parti e superando il dato letterale dando così applicazione al canone ermeneutico di cui all’articolo 1362 c.c. , ha ritenuto di dover prescindere dal carattere revocabile o meno del provvedimento che conclude il procedimento delle cui spese legali l’assicurato chiede il rimborso, ritenendo per di più assurdo che la polizza escludesse l’ipotesi del mancato esercizio dell’azione penale. L’estensione della copertura assicurativa. A conferma della ragionevolezza di tale interpretazione, i Supremi Giudici chiariscono come la dichiarazione di proscioglimento «che evoca la sentenza di proscioglimento del giudice istruttore di cui all’articolo 378 c.p.p. previgente, ma vigente all’epoca di stipulazione della polizza, e tradotto nel nuovo codice come sentenza di non luogo a procedere di cui all’articolo 425 c.p.p.» è certamente revocabile e non assume dunque valenza di giudicato. Il ricorrente censura invece il dato della revocabilità o meno del provvedimento conclusivo del procedimento e della conseguente incidenza sul rischio assicurativo coperto, ma ciò non si traduce nella concreta individuazione del canone ermeneutico violato e dunque la sentenza impugnata non è censurabile laddove sostiene, a prescindere dalla revocabilità, l’assurdità dell’esclusione dalla copertura assicurativa dell’ipotesi di archiviazione per mancato esercizio dell’azione penale «quando la lettera della clausola riconosce [espressamente] la copertura in caso di esercizio dell’azione penale». Per questi motivi la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 23 aprile – 22 giugno 2015, numero 12875 Presidente Russo – Relatore Carluccio Svolgimento del processo 1. Ca.Fa. - quale magistrato che aveva stipulato nel 1988, con le Assicurazioni generali, una polizza assicurativa per la responsabilità civile derivante dallo svolgimento delle funzioni di magistrato, ai sensi della legge numero 117 del 1988 - chiese la condanna dell'assicurazione al rimborso delle spese di assistenza legale, che aveva sostenuto in relazione a procedimenti penali promossi nei suoi confronti e che si erano conclusi con decreto di archiviazione del Gip di Roma del 5 gennaio 2001. Espose che i procedimenti penali erano stati promossi in seguito a denuncia presentata da V.C. , in riferimento a assunti comportamenti illeciti tenuti dall'attore nello svolgimento delle funzioni di sostituto procuratore generale nell'ambito del procedimento penale relativo all'omicidio del giornalista P.M. , dove il V. era uno degli imputati, e che le spese di assistenza legale rientravano nella copertura assicurativa. Il Tribunale di Milano rigettò la domanda ritenendo esclusa l'operatività della polizza. La Corte di appello di Milano, accogliendo l'impugnazione del Ca. , condannò l'Assicurazione al pagamento di Euro 76.074,00 a titolo di indennizzo, riconoscendo l'esistenza della copertura assicurativa sentenza del 6 dicembre 2011 . 2. Avverso la suddetta sentenza l'Assicurazione propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Ca. resiste con controricorso, esplicato da memoria. Motivi della decisione 1. Il diverso esito della controversia, in primo e secondo grado, si fonda sulla diversa interpretazione di due articoli della polizza assicurativa. L'articolo 1, dell'appendice numero 1 prevede che “La Società assume a proprio carico l'onere relativo ad ogni spesa per assistenza giudiziaria in ogni stato e grado sia civile che penale - nonché extragiudiziale e peritale - per la tutela degli interessi dell'Assicurato, in conseguenza di un fatto dal quale tragga origine una sua responsabilità civile ai sensi della legge numero 117 del 1988”. L'articolo 2, dell'appendice numero 2, prevede che “Fermo restando che la garanzia non opera per fatti dolosi, l'assicurazione vale, comunque, per addebiti anche di natura dolosa per i quali, tuttavia, la Società è tenuta al rimborso delle spese sostenute, relativamente ad ogni grado del giudizio, qualora il giudizio stesso si concluda con sentenza di assoluzione, dichiarazione di proscioglimento o derubricazione del reato”. 1.1. La Corte di merito ha ritenuto che la clausola, nel prevedere il rimborso delle spese legali sostenute dall'assicurato nell'ambito di un giudizio penale concluso con sentenza di assoluzione o con dichiarazione di proscioglimento intenda riferirsi alle spese sostenute nell'ambito di un procedimento penale definito con un provvedimento, sentenza o decreto, favorevole all'assicurato e non solo alla “sentenza di non luogo a procedere” ex articolo 425 c.p.p., che il giudice emette all'esito dell'udienza preliminare qualora non intenda pronunciare decreto di rinvio a giudizio, come ritenuto dal primo giudice in riferimento all'espressione “dichiarazione di proscioglimento”, collegata all'esistenza di una imputazione per l'avvenuto esercizio dell'azione penale. Secondo la suddetta Corte, l'espressione letterale della previsione, con il riferimento al “grado”, al “giudizio” e alla conclusione dello stesso, menziona i provvedimenti conclusivi della fase dibattimentale, da intendersi quali quelli previsti dagli articolo 529, 530 e 531 c.p.c., facendo emergere l'intenzione della operatività della garanzia in tutti i casi in cui il procedimento penale non si è concluso con una affermazione di responsabilità dell'assicurato e, quindi, si è concluso favorevolmente all'imputato. Se, sostiene la Corte, la ratio emergente dalla lettera è la copertura assicurativa tutte le volte che il procedimento si definisce senza una condanna per l'assicurato, sarebbe assurdo - in mancanza di una espressa limitazione - escludere dalla garanzia le ipotesi nelle quali l'infondatezza dell'accusa, come nel caso di decreto di archiviazione, risulti nella fase precedente al giudizio. In questo contesto di argomentazioni, la Corte di merito ha aggiunto, prescindendone ai fini della argomentazione centrale surriferita “a prescindere dal fatto che anche”, che, se è vero che le indagini possono essere riaperte dopo il decreto di archiviazione articolo 414 c.p.c. , anche la sentenza di non luogo a procedere ex articolo 425 c.p.c., ritenuta dal primo giudice rientrante nella copertura assicurativa, non ha carattere definitivo, potendo essere revocata per il sopravvenire di nuove fonti di prova articolo 434 c.p.p. . Ha rilevato, ancora, che nel caso di specie la difesa si era resa necessaria proprio per l'opposizione al decreto di archiviazione fatta dal denunciante ex articolo 410 e.p.p. Nel concludere sul profilo esaminato, la Corte milanese ha aggiunto di aver avuto, altresì, riguardo al canone ermeneutico di cui all'articolo 1370 cod. civ 1.1.1. Sul diverso profilo concernente la ritenuta necessità, da parte del primo giudice, di una richiesta di risarcimento del danneggiato ai fini della copertura assicurativa, il giudice di merito ha richiamato l'articolo 1 del contratto, laddove prevede il rimborso delle spese legali sostenute dall'assicurato “in conseguenza di un fatto dal quale tragga origine una sua responsabilità civile”. Ha messo in rilievo che tale previsione, in ragione della causa del contratto, comprende, oltre che alle ipotesi in cui la richiesta di risarcimento vi è stata quando le accuse di comportamenti dolosi nello svolgimento dell'attività professionale sono pervenute nella fase del giudizio , anche quelle ipotesi in cui la denuncia di comportamenti penalmente rilevanti nello svolgimento dell'attività di magistrato, che potrebbero fondare la responsabilità civile del magistrato, costituisce la fase prodromica alla richiesta risarcitoria, alla quale non si giunge nel caso della infondatezza dell'accusa, per difendersi dalla quale è prevista la copertura assicurativa delle spese. In definitiva, la Corte milanese, sulla premessa che le spese legali assicurate devono trovare causa in un fatto idoneo a fondare una responsabilità civile del magistrato, ha aggiunto che le condotte dolose ascritte integrano fatti che, qualora fossero stati accertati avrebbero legittimato una pretesa risarcitoria della parte offesa e che quindi la denuncia penale costituiva una fase prodromica alla richiesta di risarcimento. 2. Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c Riprendendo le argomentazioni della sentenza di primo grado, si censura la sentenza di appello per essere pervenuta, superando il dato testuale dei riferimenti al giudizio e quindi al proscioglimento in esito all'esercizio dell'azione penale, ad una interpretazione estensiva della clausola “arbitraria e comunque contraria alle norme del codice di procedura”. Dapprima sembra fondare l'arbitrarietà e la contrarietà al sistema penale sul carattere non definitivo del decreto di archiviazione, potendo essere le indagini riaperte ex articolo 414 c.p.c. poi, abbandonando la prospettiva della sentenza di primo grado quanto alla differenza tra decreto di archiviazione e sentenza di non luogo a procedere, nel richiamare la giurisprudenza penale e civile, accomuna anche le due ipotesi del decreto di archiviazione e di sentenza ex articolo 425 quali provvedimenti non definitivi non equiparabili alla sentenza irrevocabile. In particolare, in riferimento alla esclusione della revisione ex articolo 630 c.p.p., in riferimento alla mancata acquisizione dell'autorità di cosa giudicata nel giudizio civile promosso per le restituzioni e il risarcimento del danno in mancanza di dibattimento, mancando il carattere di stabilità e definitività, in riferimento all'operatività del divieto del ne bis in idem Europeo solo in casi di sentenza o decreto penale di condanna stranieri irrevocabili, non risultando preclusivo il solo decreto di archiviazione straniero. Aggiunge, che tale mancanza di definitività e stabilità del decreto di archiviazione influenza in maniera decisiva anche il rischio assicurato atteso che il pagamento dell'indennizzo presuppone la stabilizzazione della situazione che ha dato luogo a sinistro, mentre l'incertezza aggraverebbe il rischio assicurato. Anche se non richiamandolo espressamente, invoca la violazione dell'articolo 1362 c.c., per aver ricavato l'intenzione delle parti a prescindere dal criterio letterale e in contrasto con le diversità tra fase preliminare e fase successiva al dibattimento, esistenti nel sistema penale e aventi incidenza nel processo civile per le richieste di risarcimento riferimento al giudicato . In definitiva, quella esclusione della fase preliminare al dibattimento non ricompresa nella lettera della clausola e ritenuta assurda dalla Corte di merito in mancanza di espressa esclusione, e per questo ritenuta compresa nella copertura assicurativa, troverebbe giustificazione secondo la ricorrente nel sistema penale e nel sistema dell'impatto di questo su quello civile. Inoltre, appare invocare, visto che non lo richiama espressamente, e seppure a contrario anche la violazione dell'articolo 1365 c.c. “non si presumono esclusi i casi non espressi cui secondo ragione può estendersi il contratto” per aver ritenuto inclusi casi non espressi cui non può estendersi secondo ragione date le diversità dal punto di vista della revocabilità e della mancanza di giudicato, anche considerando l'incidenza sul rischio assicurativo. Invoca, invece, espressamente la violazione dell'articolo 1370 c.c. per aver la Corte fondato l'interpretazione estensiva a favore dell'assicurato anche su questa disposizione senza alcuna motivazione e senza considerare che la clausola oggetto di interpretazione non era inserita tra le condizioni generali predisposte dall'assicuratore, ma in un'appendice dattiloscritta, della quale l'assicurato ha ragionevolmente preso visione con le sue particolari conoscenze tecniche, svolgendo di professione quella di procuratore della repubblica. 2.1. Il motivo non ha pregio e va rigettato. La corte di appello, nel ricercare l'intenzione delle parti superando il dato letterale - e, quindi in conformità con il canone ermeneutico di cui all'articolo 1362 c.c. - del riferimento all'avvenuto esercizio dell'azione penale che, come noto esiste nel caso dell'articolo 425 c.p.p. ed esisteva nel previgente articolo 378 c.p.p. , preso come base di distinzione dalla sentenza di primo grado e censurato in appello, ha ritenuto di dover prescindere del tutto dal carattere revocabile o meno del provvedimento ed ha ritenuto assurda l'esclusione dell'ipotesi di mancato esercizio dell'azione penale. D'altra parte, a conferma della ragionevolezza della interpretazione, la dichiarazione di proscioglimento, che evoca la sentenza di proscioglimento del giudice istruttore di cui all'articolo 378 c.p.p. previgente, ma vigente all'epoca della stipulazione della polizza, e tradotto nel nuovo codice come sentenza di non luogo a procedere di cui all'articolo 425 c.p.p., è sicuramente revocabile e non ha valenza di giudicato, eppure è presente nella lettera della clausola contrattuale. Invece, la censura mossa in ricorso non si sofferma su questa argomentazione centrale per la decisione assunta dal giudice di appello, ma riprende, anche rispetto all'incidenza sul rischio assicurativo coperto, il dato della revocabilità contrapposta alla irrevocabilità e alla valenza di giudicato solo in quest'ultimo caso. In definitiva, la sostanziale invocazione della violazione degli articolo 1362 e 1365 c.c. nel ricorso, non si traduce nella precisa individuazione del canone ermeneutico violato atteso che la censura ruota attorno alla revocabilità dell'archiviazione contrapposta alla stabilità della sentenza dibattimentale, mentre la sentenza prescinde dalla revocabilità e sostiene la assurdità della esclusione della assicurazione in caso di archiviazione per mancato esercizio dell'azione penale quando la lettera della clausola riconosce la copertura in caso di esercizio dell'azione penale. Inoltre, non assume autonomo rilievo la censura prospettata in riferimento all'articolo 1370 c.c. infatti, se è vero che la Corte di merito lo richiama, è pur vero che nel contesto delle argomentazioni spese non gli attribuisce alcun peso centrale idoneo a supportarne la decisione. Come si è detto, la riforma della sentenza di primo grado è fondata su altra argomentazione e solo nelle conclusioni si aggiunge di aver avuto riguardo, altresì, al canone ermeneutico di cui all'articolo 1370 cod. civ Non ha neanche aggiunto che detto canone poteva servire a superare i residui dubbi. 3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c. e omessa motivazione. Il ricorso critica la sentenza della Corte di merito, sostanzialmente sul piano motivazionale, deducendo l'esistenza di una motivazione generica e sbrigativa per aver ritenuto l'assicurazione obbligata al rimborso delle spese sostenute nel procedimento penale dall'assicurato con esito favorevole, anche in mancanza di richiesta di risarcimento, essendo la difesa collegata a fatti dai quali sarebbe potuta derivare una responsabilità. 3.1. Il motivo è inammissibile. Alla generica censura, peraltro attinente a profili non fattuali ma ad argomentazioni giuridiche, si contrappone la decisione impugnata sintetizzata nel p.1 che, invece, si svolge secondo un percorso logico coerente fondato sull'interpretazione del contratto. 4. In conclusione, il ricorso va rigettato le spese processuali seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.