Le presunzioni super-semplici bastano a fondare l'accertamento

Il Fisco può servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fini dell'accertamento del reddito, tanto da determinarlo anche attraverso l'utilizzazione, in deroga alla regola generale, di presunzioni super-semplici.

Il Fisco può servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fini dell'accertamento del reddito e può determinarlo anche attraverso l'utilizzazione, in deroga alla regola generale, di presunzioni super-semplici. Ad affermarlo è la Corte di cassazione che - con la sentenza numero 26424 depositata il 30 dicembre 2010 - ha rigettato il ricorso presentato da un'associazione, cui veniva, appunto, notificato accertamento induttivo basato su presunzioni super-semplici.La fattispecie. L'associazione accertata adiva la Commissione Tributaria provinciale, lamentando che l'Ufficio finanziario non aveva tenuto conto della presentazione della dichiarazione in sanatoria ex articolo 32, l. numero 413/1991, poiché l'A.f. non avrebbe preso in considerazione le diverse componenti negative di reddito. Pertanto, ne eccepiva l'invalidità per aver l'ufficio posto a fondamento esclusivo della motivazione del pvc delle mere presunzioni semplici, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Sia la CTP sia, successivamente, la CTR respingevano il ricorso. La sentenza d'appello trovava conferma anche in Cassazione.Sulle presunzioni super-semplici. La S.C. ha affermato che il riferimento negli accertamenti a presunzioni prive dei caratteri di gravità, precisione e concordanza è giustificato, nonostante l'omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi, da una complessiva inattendibilità delle scritture contabili.Infatti, secondo il consolidato orientamento della Cassazione, qualora vi sia stata una mancata dichiarazione da parte del contribuente l'ufficio può servirsi di qualsiasi elemento probatorio ai fini dell'accertamento del reddito e, quindi, determinarlo anche con metodo induttivo, attraverso l'uso, in deroga alla regola generale, di presunzioni semplici prive dei requisiti previsti dall'articolo 38, comma 3, del D.P.R. numero 600/1973, sul presupposto dell'inferenza probabilistica dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti.Pertanto - conclude la S.C. - il giudice tributario può legittimamente ritenere dimostrati i fatti amministrativi sulla base di presunzioni super-semplici, restando a carico del contribuente l'onere di dedurre e provare i fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa impositiva.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 30 dicembre 2010, numero 26424Presidente Pivetti - Relatore BernardiSvolgimento del processoSulla scorta di un processo verbale di constatazione stilato dalla Guardia di Finanza, l'Ufficio delle Imposte di Roma notificò alla associazione Cidamec due avvisi di accertamento concernenti le imposte Irpeg ed Ilor dovute per gli anni 1988 e 1990. La contribuente impugnò gli avvisi lamentando che l'Ufficio non aveva tenuto conto della dichiarazione integrativa da essa presentata ai sensi della L. numero 413 del 1991, articolo 32. La commissione tributaria di primo grado riunì i ricorsi e li respinse. In appello, la CTR ha confermato la decisione dei primi giudici. La Cidamec ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza di secondo grado. L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.Motivi della decisionePremesso che, nel giugno del 1992, avvalendosi del disposto della L. numero 413 del 1991, articolo 32 aveva presentato la dichiarazione - precedentemente omessa - dei redditi conseguiti dalla sua costituzione 1985 fino al 1990, la contribuente ha lamentato che l'Ufficio non aveva tenuto conto della dichiarazione integrativa, ed aveva fondato gli accertamenti impugnati sui dati risultanti dal processo verbale di constatazione tralasciando di dedurre i costi, evidenziati dagli stessi verbalizzanti, inerenti le retribuzioni del personale, le utenze ed i canoni di locazione dell'immobile nel quale era esercitata l'attività di impresa. Aveva cioè applicato presunzioni semplici, prive dei caratteri di gravità precisione e concordanza, assimilandone la posizione a quella di chi non avesse mai presentato la dichiarazione dei redditi, mentre avrebbe dovuto tener conto dei dati di bilancio e delle scritture contabili risultanti dal p.v.c Col primo motivo di ricorso si censura la sentenza della CTR di violazione di legge della L. numero 413 del 1992, articolo 32, 33 con riferimento al D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 38 e articolo 39, comma 2 per aver ritenuto legittima, nella fattispecie, l'applicazione di presunzioni supersemplici facendo carico al contribuente dell'onere di offrire concreti elementi di valutazione atti a contrastare quelli sui quali l'Amministrazione ha fondato il suo convincimento e con riferimento alla L. numero 413 del 1992, articolo 37 per aver considerato legittimo l'accertamento ancorchè il reddito sia stato determinato dall'Ufficio in un importo che non supera il 50% di quello dichiarato.Quest'ultimo rilievo è inammissibile perchè si fonda su una circostanza di fatto che non risulta mai dedotta nei giudizi di merito.Il primo rilievo è infondato perchè dalla sentenza della CTR risulta che gli accertamenti impugnati facevano riferimento al D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 39, comma 2. L'applicazione di presunzioni prive dei caratteri di gravità, precisione e concordanza era dunque giustificata non dalla mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi supplita dalle dichiarazioni integrative ma per la complessiva inattendibilità delle scritture di impresa per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica articolo 39, comma 2, lett. d . La CTR ha del resto rilevato che le presunzioni poste dall'Ufficio a base dell'accertamento rispondevano pienamente alla regola della inferenza probabilistica dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti da quelli noti, mentre a fronte delle indicazioni emergenti dal processo verbale di constatazione della Guardia di finanza l'appellante si era limitato a generiche censure senza chiarire per quali specifici aspetti e con quali concreti effetti sul piano contabile la ricostruzione dell'Ufficio sarebbe incongrua o inattendibile . Osservazione ben riferibile anche al motivo di ricorso in esame, che - in violazione del principio di autosufficienza - non precisa il contenuto delle poste contabili che lamenta non considerate, e non riporta il passo del processo verbale di constatazione dal quale esse risulterebbero.Il secondo motivo censura la CTR per non aver fatto uso della facoltà di chiedere agli uffici tributari informazioni e chiarimenti indispensabili ad acquisire elementi necessari ai fini del decidere . La decisione avrebbe pertanto violato il D.Lgs. numero 546 del 1992, articolo 7, comma 3. Ma è costante nella giurisprudenza di questa corte l'affermazione che la disposizione invocata attribuisce al giudice tributario un potere discrezionale che non sopperisce al mancato assolvimento dell'onere probatorio delle parti, le quali non possono dolersi dell'uso che il giudice ne abbia fatto Cass. 8439/2004, 7129/2003 .Il terzo motivo deduce vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex articolo 36 c.p.c., numero 5.Lamenta che il giudice d'appello non abbia dato conto dei motivi che l'hanno indotto a ritenere leciti gli avvisi di accertamento . fondati sui rilievi acquisiti dal Nucleo di Polizia Tributaria senza prendere in considerazione le acquisizioni relative ai costi che, in quanto emergenti dal verbale di constatazione redatto da detto Nucleo, costituivano, fino a prova contraria, elementi di prova certa .La doglianza è inammissibile perchè non consente a questa corte di verificarne il fondamento, in quanto non riporta il tenore del verbale di constatazione che avrebbe costituito prova certa degli elementi di costo non considerati non ne precisa il contenuto nè indica il modo in cui quei dati sarebbero stati dedotti e provati nel giudizio di merito come rilevato dalla stessa CTR .Va dunque respinto il ricorso, e condannata la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio.P.Q.M.Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio, liquidate in Euro 1.600,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.