L’ente gestore ha segnalato le cattive condizioni della carreggiata e imposto un limite di velocità ridotto e non può quindi essere considerato responsabile dell’incidente causato dall’imprudenza dell’uomo.
Il caso. Un uomo è alla guida del suo ciclomotore. Ad un certo punto, a causa di una buca presente sulla strada, perde il controllo del veicolo e cade a terra. Il motociclista agisce quindi in giudizio contro il gestore della rete stradale, colpevole della mancata manutenzione e dunque, a detta dell’uomo, responsabile dell’incidente. La richiesta di risarcimento danni però, non viene accolta dal giudice di pace ed è respinta anche dal Tribunale. L’uomo insiste e si rivolge alla Cassazione. La Suprema Corte, con la sentenza numero 6065/12 depositata il 18 aprile scorso, rigetta il ricorso. La condotta dell’utente può escludere la responsabilità del gestore. I giudici di legittimità ricordano come «con specifico riferimento al danno da cattiva manutenzione del manto stradale si è affermato che ove si verifichi un sinistro a seguito di non corretta manutenzione della strada da parte dell’ente preposto alla tutela, la responsabilità gravante sulla P.A., ai sensi dell’articolo 2051 c.c., per l’obbligo di custodia delle strade demaniali, è esclusa ove l’utente danneggiato abbia tenuto un comportamento colposo tale da interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso, dovendosi altrimenti ritenere, ai sensi dell’articolo 1227, primo comma, c.c., che tale comportamento integri soltanto un concorso di colpa idoneo a diminuire, in proporzione dell’incidenza causale, la responsabilità della P.A.». Inoltre «le misure di precauzione e salvaguardia imposte al custode del bene devono ritenersi correlate alla ordinaria avvedutezza di una persona e perciò non si estendono alla considerazione di condotte irrazionali». La responsabilità dell’incidente è del motociclista. Nel caso specifico, le buche presenti sul manto stradale erano state segnalate dal gestore che aveva inoltre imposto su quel tratto un limite di velocità ridotto. Se il motociclista avesse adottato la normale diligenza avrebbe potuto tranquillamente evitare l’incidente. Il suo comportamento colposo, invece, è stato idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 5 marzo – 18 aprile 2012, numero 6065 Presidente Petta – Relatore D’Amico Svolgimento del processo C.A. convenne in giudizio l'Anas dinanzi al Giudice di Pace di Teramo chiedendo il risarcimento dei danni che asseriva di aver subito allorché, alla guida del proprio ciclomotore, era caduto a terra a causa di una buca presente sulla strada che stava percorrendo. Con sentenza numero 28/2007 il suddetto giudice rigettò la domanda attrice. C.A. propose quindi appello chiedendo che, in riforma della sentenza impugnata, il Tribunale accogliesse la domanda da lui proposta in primo grado. Il Tribunale rigettava l'appello. Propone ricorso per cassazione C.A. con un unico motivo. Parte intimata non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo del ricorso C.A. denuncia “Insufficienza e carente motivazione in ordine al fatto controverso - Omessa valutazione di un punto controverso - Violazione ex articolo 360, comma 5, c.p.c.”. Secondo parte ricorrente entrambi i giudici, pur avendo riconosciuto l'inadeguatezza della strada e la sua pericolosità, hanno ritenuto di attribuire al caso fortuito l'incidente sulla scorta dell'obbligo del conducente di dover evitare gli ostacoli presenti sulla strada e non alla carenza di interventi di manutenzione da parte dell'Anas. Il dovere del custode, prosegue C.A. , non può cessare per la vastità e le dimensioni del bene e, seppure si può ritenere che possa sussistere una difficoltà oggettiva nel controllo e nella manutenzione che deve essere garantita, non può accogliersi l'idea che per quella difficoltà si possa sacrificare il diritto dell'utente alla sicurezza e qualificare come caso fortuito l'incidente. Il caso fortuito potrebbe sussistere solo se fra il momento in cui si determina il danno e quello in cui si verifica l'evento lesivo, nonostante la diligente segnalazione del pericolo, intercorra un breve lasso di tempo, mentre l'inerzia prolungata nell'eliminazione del pericolo non può giustificare l'A.numero a.s Si ritiene quindi che la sentenza impugnata evidenzi la chiara violazione di legge per carenza di adeguata motivazione sui punti essenziali della controversia. Il motivo è infondato. Con specifico riferimento al danno da cattiva manutenzione del manto stradale si è affermato che ove si verifichi un sinistro a seguito di non corretta manutenzione della strada da parte dell'ente preposto alla tutela, la responsabilità gravante sulla P.A., ai sensi dell'articolo 2051 c.c., per l'obbligo di custodia delle strade demaniali, è esclusa ove l'utente danneggiato abbia tenuto un comportamento colposo tale da interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso, dovendosi altrimenti ritenere, ai sensi dell'articolo 1227, primo comma, c.c., che tale comportamento integri soltanto un concorso di colpa idoneo a diminuire, in proporzione dell'incidenza causale, la responsabilità della P.A. Cass., 22.4.2010, numero 9546 . Le misure di precauzione e salvaguardia imposte al custode del bene devono ritenersi correlate alla ordinaria avvedutezza di una persona e perciò non si estendono alla considerazione di condotte irrazionali, o comunque al di fuori di ogni logica osservanza del primario dovere di diligenza, con la conseguenza che non possono ritenersi prevedibili ed evitabili tutte le condotte dell'utente del bene in altrui custodia, ancorché colpose Cass., 27.9.1999, numero 10703 . La possibilità per il danneggiato di percepire agevolmente l'esistenza della situazione di pericolo incide sulla concreta configurabilità di un nesso eziologio tra la cosa e il danno, ponendo correlativamente in risalto il rilievo causale attribuibile al comportamento colposo del danneggiato che avrebbe verosimilmente dovuto prestare maggiore attenzione alle condizioni della strada che stava percorrendo. Dalla fattispecie in esame non emerge alcun elemento dal quale si possa evincere che C.H. non fosse in grado di percepire l'esistenza della buca, qualora avesse mantenuto un'andatura coerente con le caratteristiche del veicolo da lui steso condotto ed avesse prestato una adeguata attenzione alle condizioni del terreno. Si ha quindi ragione di ritenere che l'evento de quo non si sarebbe verificato se, in ottemperanza della apposita segnaletica e nel rispetto del limite di velocità, C.A. non fosse transitato nella fascia della strada ove era presente la buca. Nel caso in esame la Corte di merito, con ragionamento immune da vizi logici o giuridici e con adeguata motivazione ha escluso un comportamento colposo dell'ente A.numero a.s., pur in presenza delle buche, in quanto lo stesso ente si era attivato nel segnalarle con apposito cartellone, oltre ad imporre il limite di velocità di km 30/h. Colposo invece è stato il comportamento del motociclista che non si è attenuto alle comuni regole di prudenza, alle segnalazioni stradali, certamente visibili in pieno giorno, e non ha tenuto una velocità adeguata alla condizione dei luoghi. Per le ragioni che precedono il ricorso deve in conclusione essere rigettato mentre in assenza di attività difensiva di parte intimata non v'è luogo a disporre sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e non dispone per le spese del giudizio di cassazione.