Vecchie canne fumarie sostituite con nuovo impianto, innovazione migliorativa consentita

Per innovazione in senso tecnico giuridico, vietata dall’articolo 1120, comma 2, c.c., deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma, solamente, quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria. Le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 4736, depositata il 10 marzo 2015. Il fatto. Un condomino conveniva davanti al Tribunale di Trento la proprietaria di un appartamento sito al piano rialzato della palazzina, chiedendo la remissione delle canne fumarie, eliminate dal precedente proprietario e dante causa della convenuta, con ogni opera necessaria ed opportuna per garantire l’uso all’attore ed, in via subordinata, che venisse accertato il proprio diritto ex articolo 1120 c.c. ad installare una canna fumaria in aderenza al muro pertinenziale. Il Tribunale adito con sentenza rigettava le domande. Decisione che veniva confermata dalla Corte d’appello di Trento. L’attore propone, quindi, ricorso per cassazione. Innovazione consentita. Il Collegio osserva che le vecchie canne fumarie, come emerge dalla sentenza impugnata, sono state sostituite da altre. In particolare, esse sono state sostituite con un nuovo impianto maggiormente idoneo all’uso, con possibilità di godimento estesa a tutti i condomini. Le predette canne fumarie interne costituivano un bene al servizio del condominio e non solo del ricorrente attuale, è quindi evidente che la loro sostituzione con altre non poteva essere ritenuta alla stregua di una innovazione vietata né di violazione dell’articolo 1122 c.c Per il Collegio, dunque, non c’è dubbio che tale innovazione integra gli estremi di innovazione disciplinata dall’articolo 1120, comma 1, c.c Innovazione in senso tecnico-giuridico vietata. Il Collegio sul punto richiama quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, ritenendo che «per innovazione in senso tecnico giuridico, vietata dall’articolo 1120, comma 2, c.c., deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma, solamente, quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto». Il consenso dei condomini non vuole la forma scritta. Pertanto, essendo l’innovazione di cui si tratta nel caso di specie, un’innovazione consentita dall’articolo 1120 c.c. il consenso dei singoli condomini alla modificazione delle canne fumarie interne non necessitava, come vorrebbe il ricorrente, della forma scritta, ma solo che la decisione fosse presa dalla maggioranza dei condomini prescritta dallo stesso articolo con il rinvio all’articolo 1136 c.c Nessun danno. La Corte territoriale, prosegue il Collegio, ha correttamente interpretato la normativa richiamata, laddove afferma che l’articolo 1122 c.c. non attiene al caso in esame, non solo perché la sostituzione delle canne fumarie non poteva essere ritenuta alla stregua di una innovazione vietata, ma anche perché ammesso che l’innovazione non fosse legittima, comunque non sarebbe applicabile l’articolo 1122 c.c., perché il danno relativo all’innovazione ricadrebbe sull’intero edificio e non solo sulle parti comuni cui fa riferimento l’articolo 1122 c.c Nel caso di specie, osserva il Collegio, ciò che rileva è che non è stato arrecato alcun danno né all’edificio nel suo complesso né ad una delle sue parti comuni, posto che con i lavori di ristrutturazione si è proceduto allo soppressione del vecchio impianto ed il concorde rifacimento ed attivazione di altro. Per tali ragioni, la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 16 dicembre 2014 – 10 marzo 2015, numero 4736 Presidente Mazzacane – Relatore Scalisi Svolgimento del processo B.G. , con atto di citazione del 25 maggio 2001, conveniva davanti al Tribunale di Trento Be.Pa. e premettendo di essere proprietaria di un appartamento sito al piano rialzato di una palazzina sita in omissis che a seguito di alcuni lavori di ristrutturazione intrapresi nell'appartamento della Be. , sito all'ultimo piano dello stesso stabile si era provveduto ad opera del precedente proprietario e dante causa della Be. all'eliminazione di un muro contenente due canne fumarie, impedendo, così, lo sbocco sul tetto e, quindi l'utilizzo delle canne fumarie, che aveva avuto la necessità di dare sbocco alla propria caldaia nonché ad una propria stufa economica e che il progetto di realizzare nuove canne fumarie aveva trovato opposizione da parte degli altri condomini, chiedeva la condanna della Be. alla remissione della canne fumarie con ogni opera necessaria ed opportuna per garantire l'uso all'attore ed, in via subordinata, che venisse accertato il proprio diritto ex articolo 1120 cc, ad installare una canna fumaria in aderenza al muro perimetrale. Si costituiva Be.Pa. deducendo che tra maggio e dicembre 1995 alcuni condomini rispettivamente proprietari delle unità abitative poste al primo, secondo e terzo piano avevano convenuto di intraprendere lavori di ristrutturazione e di sopralzo della p.m. 3 della medesima palazzina 2195, ottenendo a tal fine la relativa concessione edilizia che nel rifacimento del tetto era stato abbattuto per necessità strutturali un muro all'interno del quale si trovavano le due canne fumarie ormai in disuso da svariati anni e prive della normale attitudine funzionale, che contestualmente le parti avevano convenuto di rendere idonee all'uso le tre canne fumarie poste sulla facciata esterna dello stabile inserendo in esse un'intercapedine con un tubo in alluminio, che a distanza di cinque anni il B. determinato a trasferire la propria caldaia sulla facciata retrostante dell'edificio non avvalendosi dei camini ristrutturati e dinanzi al diniego della odierna convenuta all'installazione di due tubi esterni si era improvvisamente lamentato dell'abbattimento delle due canne fumarie interne seppure consapevole della loro eliminazione. Pertanto, la Be. insisteva per il rigetto delle domande dell'attore e per la chiamata in causa del suo dante causa sig.ra C.A. , per essere manlevata nel caso in cui la domanda dell'attore fosse accolta anche parzialmente. Spiegava, altresì, domanda riconvenzionale di condanna del B. al ripristino degli interventi modificativi della struttura portante dallo stesso operati. - Costituitosi il contraddittorio, autorizzata la chiamata in causa della sig.ra C. rimasta, per altro, contumace , espletata istruzione, anche mediante CTU, il Tribunale di Trento con sentenza numero 979 del 2005 accertava che le canne fumarie interne della p. c.d. 2195 erano state effettivamente interrotte all'altezza dell'ultimo piano dei lavori di ristrutturazione eseguiti nell'appartamento della Be. , tuttavia, rigettava la domanda di rimessa in pristino di esse e anche quella subordinata proposta dall'attore, compensava tra le parti le spese di lite. Secondo il Tribunale di Trento pur essendo vero che la eliminazione delle canne fumarie era avvenuta in violazione del principio di cui all'articolo 1122 cc, e nonostante la eliminazione avesse integrato fa la violazione di cui all'articolo 1102 cc, essendo stato impedito il loro uso da parte dell'attore indipendentemente dal loro mancato precedente utilizzo, tuttavia non poteva essere ordinata la rimessa in pristino in quanto dopo i lavori di ristrutturazione era divenuta oltremodo onerosa e tale da comportare anche un sensibile deprezzamento dell'appartamento della convenuta che neppure era possibile accogliere la domanda subordinata dell'attore in quanto l'installazione esterna di una nuova canna fumaria sulla facciata ovest dell'edificio avrebbe pregiudicato la proprietà esclusiva della convenuta nonché il decoro architettonico dell'immobile. Avverso tale sentenza proponeva appello B.G. chiedendo l'accoglimento delle domande rigettate dal Tribunale di Trento. Resisteva all'impugnazione la Be. , dispiegando appello incidentale al fine di ottenere la rifusione delle spese di giudizio compensate dal giudice di primo grado. Disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti della C. , la Corte di appello di Trento con sentenza numero 132 del 2008 accoglieva l'appello incidentale proposto da Be. e condannava l'attore alla rifusione delle spese di lite del primo grado e confermava per il resto la sentenza impugnata. Secondo al Corte di Trento, l’eliminazione delle canne fumarie, di cui si dice, erano state eliminate per una scelta consensuale dei condomini e, anche, con il consenso dello stesso B. , così, come risulterebbe per tabulas dalla lettera del 31 luglio 1995 dello stesso B. con al quale comunicava alla C. le modalità di sostituzione delle preesistente canne fumarie interne con quelle nuove. Sicché, la sostituzione delle canne fumarie con il consenso di tutti i condomini non può essere ritenuta alla stregua di una innovazione vietata dall'articolo 1122 cc, anche perché l'eliminazione delle canne fumarie interne con la sostituzione con altre canne fumarie esterne avvenne senza danno per il condominio. A sua volta, non poteva essere accolta la domanda del B. di installare nuove canne fumarie sul muro perimetrale orientato ad ovest perché avrebbero alterato il decoro architettonico dell'immobile. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da B.G. con ricorso affidato a tre motivi. Be.Pa. ha resistito con controricorso. In prossimità dell'udienza pubblica le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'articolo 378 cpc. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo B.G. lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ovvero circa il preteso, ma in realtà inesistente, consenso del sig. B.G. all'eliminazione, interruzione all'altezza dell'ultimo piano delle canne fumarie interne alla p. c.d. 2195 in occasione dei lavori di ristrutturazione eseguiti sull'unità abitativa della convenuta sig.ra B.P. articolo 360 numero 5 cpc . Secondo il ricorrente la Corte distrettuale avrebbe fondato la decisione impugnata su un preteso consenso del B. all’eliminazione, interruzione all'altezza dell'ultimo piano delle canne fumarie interne alla p. ed 2195 in occasione di lavori di ristrutturazione eseguiti sull'unità abitativa della convenuta sig.ra Be. , epperò, quel consenso sarebbe inesistente. In particolare, secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe interpretato erroneamente la lettera del 31 luglio 1995 del B. inviata alla sig.ra C. , la quale, contrariamente a quanto ritenuto, non conteneva alcun riferimento in merito alle pretese sostituzioni, eliminazioni, dismissioni delle preesistenti ed originarie canne fumarie. A sua volta la Corte distrettuale avrebbe dato credito all'interpello della sig.ra C. non tenendo conto che la stessa aveva uno specifico interesse al rigetto delle domande del B. . L'interpretazione offerta dalla Corte di appello della lettera del 31 luglio 199è apparirebbe, sempre secondo il ricorrente, assolutamente contraddittoria e incongrua sia rispetto al dato letterale in esso contenuto che alla documentazione in atti e alle conclusioni del CTU che confermano il fatto che il muro di spina ospite della canne fumarie di cui si dice non dovesse essere abbattuto. Sarebbe ovvio che il B. non conoscesse della volontà della C. di compiere un abuso edilizio di cui si è venuto a conoscenza solo in momento successivo rispetto alla sua realizzazione. Anche l'interpretazione offerta dalla Corte di appello circa il comportamento processuale pre-processuale del B. sarebbe assolutamente pretestuoso e volto a confermare forzatamente l'interpretazione errata ed illegittima che la stessa Corte offriva in merito alla lettera del 31 luglio 1995. Insomma, ritiene il ricorrente, la Corte di Appello di Trento fonderebbe la propria decisione su una circostanza che non risulta provata nel corso di causa il preteso ma insussistente consenso del B. all'eliminazione/interruzione delle originarie canne fumarie. 1.1.- Il motivo è infondato e non può essere accolto, non solo perché si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali, non proponibile nel giudizio di legittimità, se, come nel caso, in esame, la valutazione effettuata dalla Corte distrettuale non presenta vizi logici o giuridici, ma, anche, perché non contiene una censura dell'effettiva ratio della decisione posto che essa non si fonda, semplicemente, sull'esistenza del consenso del B. , all'eliminazione delle canne fumarie, ma, sul consenso di tutti i condomini, tra cui lo stesso B. . La Corte di merito ha avuto modo di chiarire che non sussisteva alcun dubbio circa la denunziata eliminazione delle canne fumarie che, però fu frutto di una scelta consensuale dei condomini, tra cui lo stesso B. La circostanza oltre che essere stata riferita in sede di interpello da parte della C. risultava per tabulas dalla lettera del 31 luglio 1995 dello stesso B. , nonché dal suo stesso comportamento successivo. La sostituzione delle canne fumarie esistente con altre, specifica, ancora, la sentenza impugnata, è avvenuta con il consenso di tutti i condomini e non poteva essere ritenuta alla stregua di un'innovazione vietata né di una violazione dell'articolo 1122 cc. Tuttavia e, comunque, a parte questa considerazione, va qui evidenziato che il significato attribuito dalla Corte distrettuale, all'interpello della C. , alla lettera del 31 luglio 1995, trascritta dal ricorrente nello stesso ricorso, al comportamento successivo processuale e pre-processuale del B. , puntualmente identificato dalla stessa Corte distrettuale singolarmente e complessivamente considerati, così come emerge dalla sentenza impugnata, non solo non è illogico ma è possibile e ragionevole sia sotto il profilo della correttezza giuridica e sia anche sotto il profilo della coerenza logico-formale. E, giova ricordare che per sottrarsi al sindacato di legittimità, l'interpretazione data dal giudice di merito dei dati processuali non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni. 2.- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa interpretazione dell'articolo 1350 cc che prevede la forma scritta ab substantiam per gli attori modificativi ed estintivi di un diritto reale su di un bene immobile quale il preteso consenso all'eliminazione dei beni condominiali e a parti comuni dell'edificio. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale non avrebbe considerato che il preteso consenso dei condomini compreso quello del B. all'eliminazione delle canne fumarie di cui si dice non osservava, comunque, la forma scritta così come richiesta dall'articolo 1350 cc, per gli atti dispositivi di un diritto reale su di un bene immobile. Piuttosto, l'eventuale manifestazione di consenso relativa all'alterazione/eliminazione della cosa comune muro di spina e canne fumarie ivi contenute doveva necessariamente essere espressa, da tutti i condomini e, comunque, dal sig. B.G. in forma scritta ex articolo 1350 cc. a pena di nullità. Pertanto, conclude il ricorrente, dica la Corte di cassazione se ai sensi dell'articolo 1350 cc, che impone la forma scritta ab substantiam degli atti dispositivi di diritti reali su beni immobili la manifestazione di consenso affinché la cosa comune sia alterata o addirittura sottratta definitivamente alla possibilità di godimento collettivo debba o meno essere unanime di tutti i partecipanti alla comunione nonché trattandosi di beni immobili debba essere espressa in forma scritta a pena di nullità e, in particolare, se debba essere manifestato in forma scritta il consenso circa l'eliminazione delle canne fumarie condominiali. 2.1.- Il motivo è infondato. Va anzitutto osservato che nel caso in esame, come emerge dalla sentenza impugnata, le vecchie canne fumarie, di cui si dice, sono state sostituite da altre. In particolare, la cosa comune, cioè, le vecchie canne fumarie interne, sono state sostituite con un nuovo impianto maggiormente idoneo all'uso, con possibilità di godimento estesa a tutti i condomini. Pertanto, l'intervento di eliminazione e di sostituzione della canna fumaria integrava gli estremi di una nnovazione intesa quale mutamento diretto al miglioramento o all'uso più comodo della cosa comune rispetto a quella precedente all'esecuzione delle opere di che trattasi. Come afferma la sentenza impugnata le predette canne fumarie interne costituivano un bene al servizio del condomini e non solo del B. , sicché era evidente che la loro sostituzione con altre non poteva essere ritenuta alla stregua di una innovazione vietata né di una violazione dell'articolo 1122 cc. Non vi è dubbio, dunque, che tale innovazione integrava gli estremi di innovazione disciplinata dall'articolo 1120, primo comma cod. civ Come afferma la giurisprudenza di questa Corte, per innovazione in senso tecnico-giuridico, vietata dall'articolo 1120, secondo comma, cc, deve intendersi, non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma, solamente, quella modificazione materiale che ne alteri l'entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto v. fra le tante Cass. numero 15460 del 2002 . Ora, essendo, l'innovazione di che trattasi, un'innovazione consentita dall'articolo 1120 cc. il consenso dei singoli condomini alla modificazione delle canne fumarie interne non necessitava della forma scritta, ma, semplicemente, che fosse decisa dalla maggioranza dei condomini prescritta dallo steso articolo con il rinvio all'articolo 1136 cc, non solo perché la stessa norma non prescrive esplicitamente la forma scritta del consenso, ma anche perché l'atto modificativo di un bene condominiale o di una parte comune di un edificio, non rientra tra le ipotesi per le quali l'articolo 1350 cc richiede la forma scritta dell'atto. 3.- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa interpretazione ed applicazione dell'articolo 1122 cc, che prevede il divieto di eseguire opere che rechino danno alle parti comune dell'edificio. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale ha, erroneamente, ritenuto inapplicabile la norma di cui all'articolo 1122 cc. sulla scorta della ritenuta assenza di danno per il condominio, dato che la norma appena richiamata vieta l'esecuzione di opere che recano danno alle parti comuni dell'edificio e non come erroneamente riportata dalla Corte di appello all'edificio nel suo complesso. È evidente, che le opere di ristrutturazione poste in essere dalla dante causa della convenuta Be. , sebbene non abbiano eliminato integralmente ogni canna fumaria al servizio del condominio abbiano ciò nondimeno recato danni a parti comuni dell'edificio individualmente intese ovvero alle originarie canne fumarie di cui si è chiesto il ripristino che sono state eliminate all'altezza dell'ultimo piano sottotetto. Pertanto, conclude il ricorrente, dica la Corte di cassazione se le opere vietate ai sensi dell'articolo 1122 cc. siano o meno tutte quelle che arrechino danno alle parti comuni dell'edificio individualmente intese nel caso di specie le originarie canne fumarie di cui si chiede il ripristino ovvero solo quelle che arrechino danno al condominio complessivamente inteso come ritiene la Corte di Appello di Trento che ha escluso l'applicabilità dell'articolo 1122 cc. al caso di specie a fronte della contestuale realizzazione di altre canne fumarie . 3.1.- Anche questo motivo è infondato. Va confermata la decisione della Corte di Trento, perché interpreta correttamente la normativa richiamata, laddove afferma che l'articolo 1122 cod. civ. non è attinente al caso in esame, non solo perché la sostituzione delle canne fumarie, avvenuta con il consenso di tutti i condomini, non poteva essere ritenuta alla stregua di una innovazione vietata, ma anche perché, comunque, ammesso pure che l'innovazione di che trattasi non fosse legittima ai sensi dell'articolo 1120 tuttavia l'articolo 1122 cc. non sarebbe, in ogni caso, applicabile perché il danno relativo all'innovazione ricadrebbe sull'intero edificio e non solo sulle parti comuni cui fa riferimento l'articolo 1122 cc Piuttosto, pur confermando che la norma dell'articolo 1122 cod. civ. vieta che siano compiute opere, sia pure a carico delle proprietà individuali, che possano danneggiare le parti comuni dell'edificio o che rechino altrimenti pregiudizio alla proprietà comune, va, osservato che nel caso in esame, manca il presupposto essenziale per l'applicabilità di quella norma dato che, comunque, non è stato arrecato alcun danno, né all'edificio nel suo complesso né ad una delle sue parti comuni, posto che con i lavori di ristrutturazione si è contestualmente proceduto alla soppressione del vecchio impianto ed al concorde rifacimento ed attivazione di altro sulla via . In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio della soccombenza ex articolo 91 cpc. condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre spese generali ed accessori come per legge, per ciascun controricorrente.