La condizione di procedibilità riguarda anche le controversie instaurate davanti al Giudice di Pace

Non è sostenibile la tesi della inapplicabilità dell’articolo 5, comma 1, d.lgs. numero 28/2010, all’Ufficio del Giudice di Pace, in virtù degli articolo 311 e 322 c.p.c

Il giudice di Pace di Napoli, con ordinanza del 23 marzo 2012, in tempi recenti, ha ritenuto che l’articolo 5 del decreto legislativo 28/2010 non possa trovare applicazione dinanzi alla Giustizia di Pace. Si tratta di una pronuncia che non può trovare consenso, sotto alcuno dei punti posti a sostegno della decisione. Eterointegrazione delle norme processuali. In primo luogo, secondo il giudice di Pace, le norme del rito disegnato negli articolo 311 e ss. c.p.c. non sarebbero suscettibili di integrazione alcuna, ab externo, se con mediante intervento espresso del Legislatore. Il giudicante cita l’ordinanza della Suprema Corte numero 21416/08. Va, in primo luogo, evidenziato, che il riferimento alla pronuncia numero 21416 del 2008 non è corretto. La sentenza 7 agosto 2008 numero 21416, infatti, riguarda una ipotesi di regolamento di competenza contro una ordinanza di sospensione del tribunale di Firenze e nulla ha a che fare con il rito del giudice di Pace. Il giudice di Pace, di fatto, voleva riferirsi alla decisione 7 agosto 2008 numero 21418 che, a suo tempo, risolvendo la questione dell’applicabilità dell’articolo 3, l. 102/2006, offrì soluzione negativa. Vi è, però, che quel precedente non è confacente al caso di specie. La mediazione regolata dal d.lgs. 28/2010, infatti, introduce un istituto pre-trial con possibili effetti ‘nel processo’ successivamente eventualmente instaurato ma non riguarda le ‘norme sul processo’, in quanto non modifica, né abroga le o deroga alle norme procedimentali del giudice di pace semplicemente, introduce una condiziona di procedibilità, per talune controversie, che condizione la giurisdizione, anche del giudice di Pace. Da qui la incongruenza del richiamo al principio di specialità in quanto il d.lgs. 28/2010 e gli articolo 311 e ss c.p.c. regolano materie diverse l’una ciò che accade prima del processo l’altra ciò che accade durante il processo . La debolezza della tesi napoletano emerge con chiarezza con un argomento apagogico dando per corretta la lettura ermeneutica del giudice di Pace allora tutte le ipotesi di condizioni di procedibilità o proponibilità, previste da Leggi speciali, non sarebbero applicabili infrangendosi contro l’articolo 311 c.p.c. Ma, come è noto, così non è. Mediazione giudiziale e mediazione stragiudiziale. Altro argomento introdotto dal giudice di pace fa leva sull’articolo 322 c.p.c. Orbene, il Nostro ordinamento conosce diverse ipotesi di cd. mediazione giudiziale v. ad es., l’articolo 145 c.c. , ma trattasi di istituti ontologicamente e morfologicamente differenti dalla mediazione stragiudiziale affidata a soggetti diversi dal giudice. La conciliazione in sede non contenziosa regolata dall’articolo 322 c.p.c., in altri termini, non esclude affatto l’applicabilità della mediazione obbligatoria di cui all’articolo 5 comma I d.lgs. 28/2010 anche perché la norma richiamata 322 c.p.c. semmai riconosce un diritto in più ma di certo non comporta un onere in meno quello oggi introdotto dall’articolo 5 dlgs. cit. . Di fatto, l’interpretazione offerta dal giudice napoletano ha effetto abrogativo del d.lgs. 28/2010 con riguardo alle controversie di competenza del giudice di Pace, con un approdo ermeneutico che fa chiaramente iato con la ratio legis istitutiva della mediazione delle controversie civili. Una pronuncia che non convince. La tesi abrogativa della mediazione obbligatoria dinanzi al giudice di Pace, pur motivata con argomenti giuridicamente di spessore, è destinata a non avere seguito e si presenta debole. In un certo senso, ricorda il mito di Orfeo che, recuperata la sua Euridice negli inferi, è destinato a perderla nella riemersione verso la vita, non appena si giri a guardarla ebbene, la tesi sostenuta nell’ordinanza napoletana, riesce a sottrarre il rito giudiziale alla mediazione proprio volgendo lo sguardo interpretativo verso una unica e orientata direzione ma volendo osservare il fenomeno in modo completo ed esaustivo, le sorti mutano.

Giudice di Pace di Napoli, sez. II, sentenza 12 – 23 marzo 2012 Avv. Felice Alberto D'Onofrio Svolgimento del processo Con atto di citazione, ritualmente notificato, l'istante, il quale aveva stipulato con la convenuta polizza numero relativa alla copertura rea del veicolo tg. * . lamentava l'ingiustificato passaggio dalla 3° alla 4° classe disposto dalla convenuta in virtù di un sinistro che sarebbe avvenuto nel 2010. Tanto essenzialmente premesso chiedeva la condanna della XXXX al ripristino della classe di merito ed alla ripetizione delle somme ingiustificatamente versate nonché al risarcimento danni. Radicatosi il contraddittorio, costituiva la convenuta che impugnava la domanda chiedendone il rigetto preliminarmente eccependo improcedibilità della domanda per mancato esperimento della media-conciliazione nonché incompetenza per valore, indi disposto decidersi le eccezioni preliminari unitamente al merito della controversia ex articolo 187 c.p.c. - 321 c.p.c., precisate le conclusioni di cui in epigrafe, all'udienza del 12/03/12, la causa veniva riservata a sentenza. Motivi della decisione Va preliminarmente esaminata la questione della applicabilità al presene giudizio della media-conciliazione. Invero, non vi è dubbio che la materia trattata rientri in quelle previste dall'art 5 comma 1 del d.lgs. 28/10 tuttavia, va osservato che una nuova norma non può essere considerata avulsa dal contesto preesistente ma va applicata ed interpretata all'interno dell'ordinamento giuridico nel quale si inserisce. Nel caso specifico va affrontato il rapporto tra il predetto d.lgs. il giudizio dinanzi al giudice di pace e l'articolo 322 c.p.c Ebbene per risolvere eventuali antinomie l'ordinamento giuridico deve avere una propria coerenza sistemica con la conseguenza che il giudice secondo criteri logici o positivamente presenti, deve stabilire quale sia la nonna da eliminare o da applicare al caso concreto. Come è noto i criteri di risoluzione delle antinomie, sono quattro quello cronologico lex posterior derogat priori , quello della specialità lex specialis derogat generali , quello gerarchico lex superior derogat inferiori , ed, infine, quello della competenza. In particolare secondo il criterio di specialità va considerato il brocardo lex posterior generalis non derogat priori speciali . Detto criterio, anche questo avente natura logico teoretica, limita l'applicazione di quello cronologico, poiché nel caso della norma speciale il rapporto contenutistico prevale sulla dimensione temporale. In questo quadro va contestualizzato l'articolo 311 c.p.c. il quale prevede espressamente che il procedimento dinanzi al giudice di pace per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica in quanto applicabili . Ebbene, la predetta disposizione, dome già puntualmente evidenziato dalla Suprema Corte con ord. numero 21416/08, non soltanto si pone in rapporto di specialità rispetto al procedimento dinanzi al Tribunale, ma si configura. come metanorma in quanto indica il modo di legiferare in ordine al rito processuale applicabile dinanzi al giudice cui si riferisce. In particolare, la norma dispone in via diretta che il procedimento dinanzi al giudice di pace è regolato dalle norme del titolo secondo del libro secondo e, per ciò che esse non regolano, da quelle sul procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica di cui al capo terzo del titolo primo di detto libro , ed esige che un diverso regolamento risulti da altre espresse disposizioni. Ne discende che una nonna sul rito può essere applicata al Giudice di Pace solo se essa lo disponga espressamente, altrimenti continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al predetto titolo II. Va, altresì, osservato che il procedimento dinanzi al Giudice di Pace già prevede sia la conciliazione in sede contenziosa in virtù dell'articolo 320 comma 1 che e in sede non contenziosa non prevista invece dinanzi al Tribunale ai sensi dell'articolo 322 c.p.c. e tale istituto preesiste al d.lgs. 28/2010, de quo vertitur, essendo stato introdotto sin dall'istituzione del giudice di Pace L. 374/91 . Il predetto articolo 322 c.p.c. detta al primo comma le modalità di presentazione della istanza, la quale può essere proposta anche verbalmente al giudice di Pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, libro I mentre al comma 2 precisa che il processo verbale di conciliazione non contenziosa costituisce titolo esecutivo, a norma dell'articolo 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di Pace. Dunque il d.lgs. 28/10 non contiene alcun richiamo al giudice di Pace né dispone espressamente l'abrogazione degli articolo 320 e articolo 322 c.p.c. ne deriva che in conformità a quanto affermato dalla Suprema Corte, nel procedimento dinanzi al giudice di Pace vanno applicate le disposizioni di cui al libro II, titolo II, dall'articolo 311 al 322 c.p.c. Una diversa interpretazione non solo sarebbe in contrasto con il delineato quadro sistemico ma si rivelerebbe manifestamente illogica. Ed invero l'intento deflattivo che si è proposto il legislatore è stato assecondato proprio dall'istituto del giudice di pace, che è nato nomen omen con lo scopo di favorire la conciliazione delle controversie che può avvenire nella fase giudiziale ex articolo 320 c.p.c. ovvero in quella stragiudiziale azionabile ex articolo 322 c.p.c. e pertanto sarebbe paradossale escludere dal processo conciliativo un istituto che e nato precipuamente per lo svolgimento di tale finalità. Sotto altro profilo va, in ogni caso, rilevato che il mancato esperimento o conclusione della mediazione, laddove applicabile, non comporta l'improcedibilità della domanda ma ai sensi dell'articolo 5 d.lgs. 28/10 l'assegnazione da parte del Giudice di 15 giorni per la proposizione della istanza con la fissazione di una successiva udienza dopo la scadenza del termine e previsto dall'articolo 6 del citato d.lgs. Va, altresì, rigettata l'eccezione di incompetenza per valore tenuto conto che, anche senza la formulazione della clausola di contenimento, il cumulo delle domande non supera la somma prevista dall'articolo 7 comma 1 c.p.c. La legittimazione delle parti, intesa come titolarità del rapporto controverso, a differenza della legitimatio ad causam, si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata ex multis Cass. numero 21192/06, Cass. numero 4796/06, trib. Napoli XI del 28/02/06 . Nel caso di specie, non solo non è stata contestata e quindi non può essere rilevata di ufficio, ma è, stata documentata dall'attestato di rischio versato in atti. Nel merito la domanda è fondala e va accolta. Invero l'art 5 comma 2 D.L. numero 7 del 31/01/01 cd. decreto Bersani Bis convertito in legge numero 40 del 02/04/07, aggiungendo all'articolo 134 i commi 4 ter e quater ha espressamente previsto al predetto comma 4 ter Conseguentemente al verificarsi di un sinistro, le imprese di assicurazione non possono applicare alcuna variazione di classe di merito prima di aver accertato l'effettiva responsabilità del contraente, che è individuata nel responsabile principale del sinistro, secondo la liquidazione effettuata in relazione al danno e fatto salvo un diverso accertamento in sede giudiziale. Ove non sia possibile accertare la responsabilità principale, ovvero, in via provvisoria, salvo conguaglio, in caso di liquidazione parziale, la responsabilità si computa prò quota in relazione al numero dei conducenti coinvolti, ai fini della eventuale variazione di classe a seguito di più sinistri ed al successivo comma 4 - quater E' fatto comunque obbligo alle imprese di assicurazione di comunicare tempestivamente al contraente le variazioni peggiorative apportate alla classe di merito.”. Nel caso di specie a fronte di quanto lamentato dall'attore il quale ha documentato il declassamento versando in atti l'attestato di rischio, l'onere della prova incombeva sulla impresa assicurativa. Di contro l'assicuratore non ha documentato di aver interpellato l'istante, posto che per esplicita statuizione normativa sull'assicuratore ricade l'onere, prima di liquidare il danno, di accertare la responsabilità dell'incidente ne di avergli comunicato, in violazione dell'articolo 1917 c.c., la volontà di voler pagare al danneggiato l'indennità dovuta infine, in violazione a quanto previsto dal citato articolo 4 ter non ha dato prova di aver tempestivamente avvisato l'assicurato della variazione della classe di merito. Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità del declassamento con la condanna della impresa assicurativa ad assegnare all'attrice la 2° classe. Per quanto concerne la ripetizione delle somme indebitamente percepite va osservato che l'istante non ha versato in atti le relative polizze e quindi non e possibile quantificare l'importo indebitamente pagato. In ogni caso, ritenuta l'esistenza ontologica del danno, stante la difficoltà di provarlo nel suo preciso ammontare, si procede alla liquidazione in via equitativa ai sensi degli articolo 1226 e 2056 cod. civ., espressione del più generale potere di cui all'articolo 115 cod. proc. civ Ed invero è pacifico in giurisprudenza che l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli articolo 1226 e 2056 cod. civ., presuppone che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare ex plurimis Cass. 22447/11, 10607/10 e pertanto la convenuta va condannata al pagamento di curo 300,00 oltre interessi dalla domanda. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidale come da dispositivo. P.Q.M. pronunciando definitivamente sulla causa promossa come in narrativa, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, cosi provvede - accoglie la domanda principale e condanna l'impresa assicurativa convenuta ad assegnare alla società istante la 2° classe di merito nonché la condanna al pagamento in favore della predetta attrice della somma di euro 300,00, oltre interessi - condanna, infine, la convenuta al pagamento in favore dell'avv. Ax Bxx. distrattario, delle spese di lite che liquida, di ufficio in assenza di nota spese, in euro 40,00 per spese, euro 300,00 per diritti ed euro 190,00 per onorario di avvocato, oltre rimborso spese forfettarie, cpa, iva.