La giusta causa di licenziamento configura una norma “elastica”, la cui violazione, in caso di mal governo della norma da parte del giudice di merito, è censurabile in Cassazione, ma
Il caso. Un dipendente di un istituto di credito, adibito alla mansione di terminalista-cassiere, veniva prima demansionato e spostato al “retrosportello”, poi, dopo la contestazione disciplinare con cui gli veniva comunicata l’accertata discordanza tra saldo contabile del conto cassa e quanto giacente presso le filiali, veniva licenziato. Il lavoratore, dunque, contestava la legittimità del licenziamento sia perché discriminatorio, sia per l’insussistenza dei fatti contestati. Non vi è prova della commissione dei fatti oggetto di contestazione. A dargli ragione sono stati i giudici di merito, in entrambi i gradi del giudizio, ritenendo non raggiunta la prova della commissione, da parte del lavoratore, dei fatti oggetto di contestazione. Alcune operazioni contestate, infatti, si erano verificate in giorni in cui il lavoratore era addirittura assente. Le norme “elastiche” sono suscettibili di verifica di legittimità. È la banca a presentare ricorso per cassazione sentenza numero 4654, depositata il 25 febbraio 2013 , affidato a 6 motivi, tutti ritenuti non meritevoli di accoglimento. Nello specifico, per quanto riguarda il quinto motivo, la ricorrente lamenta che in Cassazione può essere denunciata la violazione di norme cd. elastiche. E, a tal proposito, gli Ermellini osservano che la giusta causa di licenziamento, intesa a livello generale ed astratto, è suscettibile di verifica di legittimità, in quanto si colloca, sul piano normativo, «quale fatto che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto», configurando così una norma elastica. Ma l’applicazione in concreto Tuttavia, chiarisce la S.C., non è così per quanto riguarda «l’applicazione in concreto del più specifico canone integrativo» che, così ricostruito, «rientra nella valutazione di fatto devoluta al giudice di merito, e non è censurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione insufficiente e contraddittoria» Cass., numero 18247/2009 . La banca, visto il rigetto del ricorso, dovrà pagare le spese del giudizio di legittimità.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 dicembre 2012 – 25 febbraio 2013, numero 4654 Presidente Stile – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo G S. esponeva al Tribunale di Enna di aver lavorato per la Banca di Credito Cooperativo S.Michele quale terminalista-cassiere dal 1990 di essere stato in seguito demansionato con adibizione a mansioni di retrosportello di aver ricevuto, in data 11 luglio 2000, contestazione disciplinare con cui gli veniva comunicato che presso le filiali ove era stato da ultimo adibito omissis e omissis era stata accertata resistenza di una discordanza tra saldo contabile del conto cassa e quanto giacente presso le filiali, pari ad un ammanco per L. 56.001,104, riferibili tutte ad operazioni effettuate col numero di matricola dello S. . Si doleva che pur a seguito delle giustificazioni fornite, la Banca lo aveva comunque licenziato il 14 novembre 2000. Contestava la legittimità del licenziamento sia perché discriminatorio, sia per l'insussistenza dei fatti contestati. Radicatosi il contraddittorio, il Tribunale riteneva non raggiunta la prova della commissione, da parte dello S. , dei fatti oggetto di contestazione, evidenziando che presso la filiale di omissis egli non era più addetto alla cassa, ma al retrosptortello , svolgendo solo saltuariamente attività di cassiere, non disponendo né delle chiavi della cassaforte, né della relativa combinazione. Evidenziava inoltre che alcune operazioni irregolari contestate, si erano verificate in giorni in cui il lavoratore risultava assente dal lavoro. Dichiarava pertanto rillegittimità del licenziamento, con le conseguenze di cui all'articolo 18 L. numero 300 del 1970. La Banca di Credito Cooperativo S.Michele proponeva appello. Resisteva lo S. . Con sentenza del 15 aprile 2009, la Corte d'appello di Caltanissetta rigettava il gravame, evidenziando che dalla risultanze istruttorie era emerso che le irregolarità contabili ricollegabili alla matricola del ricorrente erano più numerose di quelle contestate e diverse di esse si erano verificate in momenti in cui lo stesso era assente per ferie o malattia evidenziava che risultava provato che anche altri dipendenti della Banca conoscevano la password dello S. e la utilizzavano per compiere operazioni di cassa che talvolta lo S. veniva chiamato informalmente dal preposto o dal cassiere, senza alcun ordine di servizio, a svolgere talune operazioni di cassa e maneggio denaro da riporre in cassaforte, di cui non aveva le chiavi, dovendole solo inserire in una busta che talune operazioni contabili irregolari e contestate erano risultate poi svolte da altro personale che lo S. era stato adibito, dal 1998, ad attività di retrosprtello che precedentemente la sua cassa era gestita con un nuovo sistema informatizzato a lui sconosciuto che la Banca non aveva neppure provato adeguatamente l'ammanco, essendo stata ammessa la regolarità dei bilanci relativi agli anni in questione. Riteneva pertanto, al pari del primo giudice, che non era emersa alcuna adeguata prova circa l'attribuibilità dei fatti contestati allo S. . Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Banca, affidato a sei motivi. Resiste lo S. con controricorso, poi illustrato con memoria. Motivi della decisione 1. Con il primo ed il secondo motivo la ricorrente denuncia una illogicità manifesta della motivazione sulla prova , in presenza delle irregolarità e degli ammanchi di cassa accertati in sede ispettiva, ed inoltre un vizio di motivazione sulla prova dell'addebitabilità, allo S. , degli ammanchi legati alle irregolarità contestate . A tal fine ripropone alla Corte tutte le complesse circostanze di fatto esaminate dal giudice di merito, evidenziandone l'erronea valutazione e proponendone una diversa lettura ed interpretazione. Le censure sono inammissibili, oltre che per non contenere entrambe il quesito c.d. di fatto prescritto dall'articolo 366 bis c.p.c., anche per richiedere a questa Corte una diversa valutazione delle circostanze di causa, adeguatamente valutate dal giudice di appello, come riportate nella parte espositiva. Occorre al riguardo evidenziare che il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall'articolo 360, comma primo, numero 5 cod. proc. civ., non equivale alla revisione del ragionamento decisorio , ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità ne consegue che risulta del tutto estranea all'ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l'autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa Cass. 6 marzo 2006 numero 4766 Cass. 25 maggio 2006 numero 12445 Cass. 8 settembre 2006 numero 19274 Cass. 19 dicembre 2006 numero 27168 Cass. 27 febbraio 2007 numero 4500 Cass. 26 marzo 2010 numero 7394 . 3. Con la terza censura la Banca denuncia un vizio di motivazione nella interpretazione dei contenuti dell'atto con il quale gli addebiti erano stati contestati allo S. . Evidenzia a tal fine che a quest'ultimo non poteva non addebitarsi quanto meno l'aver sottaciuto, alla direzione o al superiore gerarchico, i fatti che ripetutamente si verificavano nei suoi conti. Lamenta che la Corte di merito ritenne nuova tale circostanza, che invece poteva evincersi dalla lettera di contestazione, che riproduceva integralmente, deducendo che essa aveva sostanzialmente ad oggetto le irregolarità in sé e per sé e non solo l'appropriazione delle relative somme pag. 22 ricorso , e dunque anche l'assenza di iniziativa del lavoratore a fronte di riscontrate irregolarità. Anche tale censura risulta inammissibile, difettando del c.d. quesito di fatto, e cioè delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, ed il momento di sintesi che consenta alla Corte di valutare immediatamente l'ammissibilità del ricorso, senza necessità di un'attività interpretativa dell'intero motivo da parte della Corte Cass. 30 dicembre 2009 numero 27680, Cass. 7 aprile 2008 numero 8897, Cass. 18 luglio 2007 numero 16002, Cass. sez. unumero 1 ottobre 2007 numero 20603 . La censura riguarda poi l'interpretazione della lettera di contestazione, che è compito del giudice di merito e implica valutazioni di fatto che la Corte di Cassazione - così come avviene per ogni operazione ermeneutica - ha il potere di controllare soltanto sotto il profilo della giuridica correttezza del relativo procedimento e della logicità del suo esito Cass. 9 settembre 2008 numero 22893 Cass. 1 febbraio 2007 numero 2217 Cass. 22 febbraio 2005 numero 3538 . A tal riguardo occorre evidenziare che la stessa Banca di tal guisa ammette che anche ed essenzialmente l'appropriazione delle relative somme era contenuta nella lettera di contestazione, sicché risulta priva di adeguata censura la considerazione, contenuta nella sentenza del Tribunale e condivisa dalla Corte di merito, che solo tale e più grave fatto risultava in realtà contestato, tanto che su di esso si concentrò il contraddittorio tra le parti in primo grado, risultando quindi l'allegazione di mancata denuncia delle irregolarità commesse da terzi nuova ed inammissibile in sede di gravame, ma, e soprattutto, che tale fatto non poteva ritenersi idoneo a giustificare, quand'anche dimostrato, l'adozione della massima sanzione del licenziamento in tronco. 4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione degli articolo 1362 e 1363 c.c Lamenta che la Corte di merito non considerò che la contestazione disciplinare in esame dovesse essere valutata, secondo l'accertamento dell'intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio , consistente essenzialmente nel contestare le irregolarità obiettivamente menzionate e dunque anche l'obbligo di denuncia o segnalazione delle stesse, su cui la sentenza impugnata non aveva adeguatamente indagato, pur riscontrando che non si erano verificati scostamenti di valori sfavorevoli all'Istituto di credito. Il motivo è infondato per le medesime ragioni esposte sub 3 . La Corte di merito ha adeguatamente accertato che la contestazione di non aver segnalato le irregolarità era nuova ed estranea all'originario thema decidendi che in ogni caso diversi ammanchi si erano verificati durante sue legittime assenze, e che lo stesso ricorrente dichiarò in sede di libero interrogatorio in primo grado, senza che la circostanza sia stata contestata dalla Banca, di aver personalmente sollecitato all'ispettorato ed alla direzione l'ispezione poi utilizzata per la contestazione in esame. La società non contesta tali accertamenti. Propone peraltro un quesito di diritto se nell'interpretazione degli atti unilaterali il giudice deve indagare quale sia stata l'intenzione del datore di lavoro dal quale la contestazione proviene ed assegnare a quest'ultima un significato conforme all'intenzione predetta, nei limiti in cui sia percepibile anche dal lavoratore destinatario se per gli atti unilaterali del datore di lavoro di contestazione degli addebiti, le clausole negoziali si debbano interpretare le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto , inammissibilmente circolare, considerato che, per costante giurisprudenza di questa Corte, è inammissibile per violazione dell'articolo 366 bis c.p.c., il ricorso per cassazione nel quale l'illustrazione dei singoli motivi sia accompagnata dalla formulazione di un quesito di diritto che si risolve in un interrogativo circolare, che già presuppone la risposta ovvero la cui risposta non consenta di risolvere il caso sub iudice , Cass. sez.unumero 2 dicembre 2008 numero 28536. 5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione degli articolo 2119 c.c. e 3 L. numero 604/66, circa i presupposti del licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo. La ricorrente lamenta che ben può essere denunciata in Cassazione la violazione di norme c.d. elastiche, censurandone il mal governo da parte del giudice di merito, senza per questo sottoporre alla Corte un diverso accertamento dei fatti. Il motivo è infondato. Deve infatti osservarsi che la giusta causa di licenziamento, quale fatto che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto , configura una norma elastica, in quanto costituisce una disposizione di contenuto precettivo ampio e polivalente destinato ad essere progressivamente precisato, nell'estrinsecarsi della funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, fino alla formazione del diritto vivente mediante puntualizzazioni, di carattere generale ed astratto. A tale processo non partecipa invece, la soluzione del caso singolo, se non nella misura in cui da essa sia possibile estrarre una puntualizzazione della norma mediante una massima di giurisprudenza. Ne consegue che, mentre l'integrazione giurisprudenziale della nozione di giusta causa a livello generale ed astratto si colloca sul piano normativo, e consente, pertanto, una verifica di legittimità sotto il profilo della violazione di legge, l'applicazione in concreto del più specifico canone integrativo, così ricostruito, rientra nella valutazione di fatto devoluta al giudice di merito, e non è censurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione insufficiente o contraddittoria Cass. 12 agosto 2009 numero 18247 . Nella specie la Corte territoriale ha adeguatamente e congruamente motivato circa la mancanza di prova dei fatti contestati. La Banca denuncia inoltre una violazione di legge, risolventesi in realtà in un non denunciato vizio di motivazione. Deve infatti rimarcarsi che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l'una e l'altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio a causa dell'erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta - è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione, come nella specie, delle risultanze di causa Cass. 16 luglio 2010 numero 16698 Cass. 26 marzo 2010 numero 7394 . 6. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nella valutazione della gravità dei fatti addebitati, in relazione alla verifica dei presupposti della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo. Lamenta che la sentenza impugnata, oltre ad avere erroneamente negato la prova degli ammanchi, aveva anche escluso la possibilità di addebitare allo S. l'omessa segnalazione alla direzione di tali ammanchi e di riconoscere nel silenzio del lavoratore gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo di licenziamento. Si duole che la Corte di merito non valutò adeguatamente la procedura di gestione delle casse, che consentiva il controllo, anche informatico, delle operazioni. Lamenta ancora che la sentenza impugnata ritenne che l'omessa segnalazione degli ammanchi non realizzava un inadempimento di sufficiente gravità ai fini dell'accertamento della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo di licenziamento. Il motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato. Inammissibile laddove sottopone, nuovamente, alla Corte una diversa ricostruzione dei fatti. Infondato poiché basato sulla rilevanza della mancata segnalazione delle irregolarità, ampiamente e motivatamente esaminata e respinta dalla Corte di merito, la quale ha anche accertato pag. 13 sentenza impugnata che il nuovo sistema informatizzato di controllo era sconosciuto allo S. , senza che tale accertamento abbia formato oggetto di specifica censura. Deve infine considerarsi che il giudice di merito ha correttamente valutato anche la non ottemperanza all'ordine di esibizione relativa ai tabulati dei cassieri per gli anni in contestazione, la quadratura generale della situazione di cassa per gli stessi periodi, che avrebbero in tesi consentito di valutare la conoscibilità delle irregolarità o ammanchi in questione. 7. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro.50,00 per esborsi, Euro.3.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.