Auto in sosta vietata, ma il vigile passa oltre: nessuna omissione. Perché la multa non è ‘prioritaria’

Ribaltata completamente la prospettiva tracciata in primo e in secondo grado, e che aveva portato l’agente a una condanna. Difatti, la contravvenzione, per divieto di sosta, non è un atto dovuto e da compiere senza ritardo. Possibile, anzi, che essa sia da considerare come dilazionabile. Ritenuto quindi assolutamente non contestabile il comportamento tenuto in strada dal vigile urbano.

«Andate e multate!». Meglio che il comandante della Polizia municipale sia esplicito. Perché, altrimenti, la disattenzione, in strada, del vigile urbano non è sanzionabile. Il compito di comminare contravvenzioni, difatti, non è un atto d’ufficio ‘prioritario’ Cassazione, sentenza numero 42501, sezione sesta penale depositata oggi . A occhi socchiusi A finire sotto accusa è un vigile urbano – una donna, per la precisione – che, durante il proprio turno di lavoro, ‘dimentica’ di sanzionare gli irregolari comportamenti tenuti dagli automobilisti. Più precisamente, viene contestato il fatto di non avere rilevato «numerose infrazioni ai divieti di sosta», facilmente visibili. La ‘scarsa attenzione’ dell’agente di polizia municipale – accusata di lavorare con gli occhi ‘socchiusi’ – viene sanzionata in maniera dura, sia in primo che in secondo grado. Anche se i giudici di Appello ‘modificano’ la contestazione non più abuso d’ufficio ma rifiuto di atti d’ufficio. Azione secondaria. Secondo la donna, però, la decisione adottata dai giudici è eccessiva. Per una ragione, innanzitutto, centrale nel ricorso proposto in Cassazione «l’elevazione di una contravvenzione al Codice della strada» non rappresenta un atto di ufficio ‘prioritario’ da compiere, cioè, «senza ritardo». Eppoi, viene aggiunto, non vi è stato alcun rifiuto, perché era mancata «una richiesta volta a sollecitare il compimento dell’atto», e quindi non era acclarata neanche la sussistenza del dolo rispetto alla non azione compiuta. Ebbene, per i giudici, la catalogazione compiuta dall’agente di polizia municipale è fondata l’elevazione di contravvenzioni al Codice della strada per divieto di sosta non è ricompreso negli atti d’ufficio da compiere «senza ritardo», cioè «dovuti a ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o di ordine pubblico». Essi, anzi, sono evidentemente dilazionabili. Per questo motivo, ogni accusa nei confronti della donna, concludono i giudici chiudendo la questione, deve essere completamente azzerata.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 settembre – 31 ottobre 2012, numero 42501 Presidente Agrò – Relatore Rotundo Fatto e diritto l. Con sentenza in data 21.6.10 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha riqualificato ai sensi dell’articolo 328 c.p. il fatto originariamente contestato a R.L. come violazione dell’articolo 323 c.p., confermandone la condanna. In particolare, la Corte di Appello ha ritenuto che il fatto ascritto all’imputata avere, in qualità di agente della polizia municipale di Terrasini, omesso di rilevare numerose infrazioni ai divieti di sosta , anche per la mancanza del dolo intenzionale richiesto dalle previsioni di cui all’articolo 323 c.p., dovesse essere inquadrato come emissione o rifiuto o indebito ritardo di atti di ufficio, concretantisi nelle violazioni di specifici doveri di svolgere attività amministrative tipiche dell’Ufficio svolto dall’imputata. 2. Avverso la suindicata sentenza del 21.6.10 ha proposto ricorso per cassazione R.L., tramite il suo difensore, chiedendone l’annullamento. In primo luogo deduce la violazione dell’articolo 325 c.p. ed il vizio di motivazione sul punto, in quanto non risulterebbe in alcun ambito che l’atto di cui si lamenta il presunto rifiuto l’elevazione di una contravvenzione al codice della strada appartenga ad una delle categorie di atti qua qualificati indicati nel primo comma dell’articolo 328 c.p. atti che devono essere compiuti senza ritardo per ragioni di giustizia e di sicurezza pubblica o di ordine pubblico o di igiene e sanità . In secondo luogo denuncia che la condotta posta in essere non integrerebbe il rifiuto di compiere un atto di ufficio, essendo mancata una richiesta volta a sollecitare ad essa imputata il compimento dell’alto dovuto. Infine non sarebbe stata dimostrata in alcun modo la sussistenza del dolo in capo ad essa ricorrente. 3. Il ricorso è fondato. L’articolo 328, comma primo, c.p. nelle cui previsioni i Giudici di merito hanno inquadrato la fattispecie in esame prevede la reclusione da sei mesi a due anni per il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo. Nel caso di specie gli atti rifiutati l’elevazione di contravvenzioni al codice della strada per divieto di sosta non rientrano nelle suddette categorie atti di ufficio dovuti a ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità e non risultano in concreto indilazionabili. Né d’altra parte i Giudici di merito hanno motivato in alcun modo su tali punti essenziali per la configurabilità del reato ritenuto in sentenza. 4 . Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste