Manifesto del Partito Socialista Nazionale, niente apologia del fascismo. E il singolo cittadino non può considerarsi persona offesa...

Archiviato il procedimento penale, nato a seguito di un esposto in Procura. Inutile la contestazione dell’autore dell’esposto – segretario locale dell’Udc –, il quale aveva chiesto di poter seguire gli sviluppi del procedimento in qualità formale di persona offesa.

Manifesto shock, quello affisso sui muri di un paese della provincia di Padova «Con noi, ordine e disciplina. Senza di noi, mafia e immigrazione clandestina». Firmato Movimento Fascismo e Libertà - Partito Socialista Nazionale. Per alcuni cittadini, e in particolare per il segretario della sezione locale dell’Unione di centro, vi sono tutti i presupposti per contestare il «reato di apologia del fascismo». Ma il conseguente esposto presentato in Procura si rivela inutile il Giudice per le indagini preliminari dispone «l’archiviazione del procedimento penale». E a completare il quadro viene anche sancito che il singolo cittadino – anche se in qualità di esponente politico – non può considerarsi formalmente come «persona offesa». Ciò perché i ‘paletti’ normativi fissati – ossia Legge Scelba e Dodicesima disposizione transitoria della Costituzione – comportano una tutela indiretta della persona come «membro di una comunità che si riconosce nei valori fondanti della Costituzione repubblicana» Cassazione, sentenza numero 40629, sez. I Penale, depositata oggi . Tutela collettiva. Casus belli è la «archiviazione» decisa dal Gip in merito alla ipotesi di «apologia del fascismo» fondata sul «manifesto diffuso dal Movimento Fascismo e Libertà - Partito Socialista Nazionale». Piccata la reazione dell’autore dell’esposto presentato in Procura, ossia il «segretario della sezione locale del partito Unione di Centro», che contesta, soprattutto, la «violazione del contraddittorio, non avendo ricevuto comunicazione della richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero», pur essendo egli «persona offesa». Ma è proprio la «qualità formale di persona offesa» a mancare in questa vicenda, ribattono i giudici della Cassazione. Per «persona offesa», viene ricordato, si intende «il soggetto titolare del bene giuridico immediatamente leso dal reato». In questo caso, però, alla luce della norma che prevede «il divieto di ricostituzione del disciolto Partito Fascista», «il bene giuridico oggetto di tutela è la stessa integrità dell’ordinamento democratico e costituzionale con le sue ricadute in tema di divieto del ricorso alla violenza come metodo di lotta politica e rifiuto di atteggiamenti discriminatori » e ciò «esclude il rilievo individuale della posizione giuridica tutelata». Più in particolare, «il singolo cittadino», spiegano i giudici, «è tutelato dalle disposizioni incriminatrici in modo indiretto ed in quanto membro di una comunità che si riconosce nei valori fondanti della Costituzione repubblicana». Viene meno, quindi, la «qualità formale della persona offesa». E tale valutazione, concludono i giudici, non varia neanche di fronte alla posizione, come in questo caso, di un esponente politico, poiché comunque la ipotetica «lesione» è «riconducibile ad interessi generali dell’intera collettività e non di singole formazioni politiche di ispirazione democratica».

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 1° aprile – 1° ottobre 2014, numero 40629 Presidente Cortese – Relatore Magi In fatto e in diritto 1. In data 4 agosto 2012 il GIP dei Tribunale di Padova disponeva l'archiviazione del procedimento penale iscritto a carico di A.M. e F.T. per l'ipotesi di reato di cui all'articolo 4 legge numero 645 del 1952. Ad avviso del giudice di merito le indagini svolte non avevano evidenziato l'esistenza di concreti elementi dei reato di apologia dei fascismo - idonei a sostenere l'accusa in giudizio - in rapporto ai contenuti di un manifesto diffuso dal Movimento Fascismo e Libertà - Partito Socialista Nazionale, oggetto di attenzione investigativa sulla base di un esposto inoltrato da B.E. 2. Avverso detto decreto ha proposto ricorso per cassazione B.E., lamentando l'intervenuta violazione del contraddittorio, non avendo ricevuto comunicazione della richiesta di archiviazione del pubblico ministero ai sensi dell'articolo 408 co. 2 cod.proc.penumero Il ricorrente, al di là di censure di merito e in diritto relative al contenuto del decreto, rappresenta la sua qualità di persona offesa. Le indagini sono derivate da un esposto a sua firma, in cui si chiedeva espressamente di ricevere avviso, redatto anche nella qualità di segretario della sezione locale del partito Unione di Centro. 3. Il ricorso va dichiarato inammissibile, pur dando per scontato l'omesso avviso, per manifesta infondatezza dei motivi addotti. L'avviso di cui all'articolo 408 cod.proc.penumero va ritenuto atto 'necessario' Il dove il soggetto che ha chiesto di poter interloquire sugli sviluppi del procedimento rivesta la qualità formale di persona offesa. Per tale si intende - come da ormai costante orientamento giurisprudenziale - il soggetto titolare del bene giuridico immediatamente leso dal reato tra le molte, Sez. III numero 62229 del 14/01/2009 Rv. 242532 e ciò pone la necessità di una stretta correlazione tra la posizione soggettiva individuale e il contenuto rectius la direzione di tutela della disciplina incriminatrice. Nel caso in esame la legge Scelba - numero 645 dei 1952 - mira a rendere effettiva la XII Disp. Trans. della Costituzione, che prevede - quale corollario dell'approdo al sistema democratico di rappresentanza politica - il divieto di ricostituzione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista. Al di là dell'analisi del contenuto precettivo delle singole norme - che esula dall'ambito della presente decisione - è evidente che il bene giuridico oggetto di tutela è la stessa integrità dell'ordinamento democratico e costituzionale con le sue ricadute in tema di divieto del ricorso alla violenza come metodo di lotta politica e rifiuto di atteggiamenti discriminatori basati su condizioni o qualità personali il che esclude il rilievo `individuale' della posizione giuridica tutelata. Il singolo cittadino, interessato al mantenimento delle garanzie e degli equilibri costituzionali, è tutelato dalle disposizioni incriminatrici in questione che non concernono il compimento di specifici atti lesivi della integrità fisica o morale di individui determinati in modo indiretto ed in quanto membro di una comunità che si riconosce nei valori fondanti della costituzione repubblicana. Non può dirsi pertanto portatore - in tale veste - della qualità di persona offesa nel senso prima descritto. Né può dirsi diversa la condizione del ricorrente in rapporto all'impegno politico svolto in una articolazione locale di un partito politico, posto che ciò non influisce sul dato prima illustrato, restando la ipotetica lesione riconducibile ad interessi generali dell'intera collettività e non di singole formazioni politiche di ispirazione democratica. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende che stimasi equo determinare in euro 1,000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.