Giovedì 30 aprile 2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma che aveva disposto il blocco della rivalutazione monetaria, per il 2012 ed il 2013, dei trattamenti pensionistici superiori al triplo del trattamento minimo INPS. Questa pronuncia ha scatenato un dibattito sulle conseguenze economiche e sugli interventi che saranno necessari per adeguarsi a quanto deciso dalla Consulta.
Nel mio ultimo intervento ho commentato la sentenza numero 70/2015 della Corte Costituzionale dando atto che stava infuriando il dibattito, le polemiche anche politiche e i conteggi del buco finanziario così determinatosi. Applicabilità della sentenza. Il Governo sta ricercando una soluzione ma il monito della Corte Costituzionale è molto chiaro nel senso che la sentenza deve essere immediatamente applicata a tutti. Così è, o meglio dovrebbe essere, in uno Stato di diritto. Vero è, per altro verso, che il sistema pensionistico italiano, ivi compreso quello delle Casse di previdenza dei professionisti, è fondato sul privilegio che è costituito dalla parte di pensione retributiva non finanziata dal montante contributivo versato. È evidente che il privilegio si giustifica finché ci sono le risorse finanziarie per sostenerlo con la conseguenza che, quando le risorse finanziarie vengono meno, il privilegio va eliminato perché ciò che è privilegio non potrà mai costituire un diritto acquisito. La stragrande maggioranza dei pensionati italiani continua a ricevere l’assegno mensile calcolato non in base ai contributi versati, come sarebbe stato equo, ma ad un conteggio, quello retributivo, che ha tenuto conto dell’ultimo stipendio percepito o degli ultimi redditi dichiarati. Il plus dell’assegno pensionistico non finanziato dalla contribuzione versata costituisce quindi un privilegio cosicché, in uno Stato civile di diritto, quando vengono meno le risorse economiche per sostenerlo dovrebbe essere cancellato ignorando il richiamo di chi parla di diritti acquisiti. Ribadisco quindi un concetto che a me sembra elementare e cioè che un privilegio non può mai ritenersi acquisito al punto da non poter essere modificato. Fissazione di un tetto pensionistico? Il Governo Renzi dovrebbe quindi dare immediata esecuzione alla sentenza numero 70/2015 della Corte Costituzionale nei confronti di tutti gli aventi diritto. Fissare poi un tetto pensionistico non modificabile io posso pensare ad € 2.000,00 netti al mese ma lascio volentieri alla politica il compito di individualo per procedere poi alla riliquidazione di tutti i trattamenti pensionistici di importo superiore con il criterio di calcolo contributivo così da rapportare, sinallagmaticamente, la pensione al montante contributivo versato realizzando quella equità intra e intergenerazionale alla quale spesso nei dibattiti televisivi si fa riferimento senza cognizione di causa. Difficile? Certamente sì perché si tratta di incidere sui privilegi pensionistici che nascono da una molteplicità variopinta di privilegi lavorativi. Impossibile? Certamente no, basta la volontà politica di realizzarlo con un articolato, anche molto semplice, da realizzare.