Esposizione del cartello di cantiere: chi è responsabile dell’omissione?

Non necessariamente il proprietario dell’immobile è anche il titolare del permesso di costruire, potendo questo essere rilasciato anche ad altro soggetto avente comunque titolo per richiederlo, donde la sua responsabilità va verificata caso per caso e non può essere oggetto di mera presunzione.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 537/15, depositata lo scorso 9 gennaio. Il caso. Il Tribunale di Lucca affermava la penale responsabilità di T.A. per il reato di cui all’articolo 44 lett. a d.P.R. numero 380/2001 perché, quale amministratore della ditta T. S.r.l. proprietaria di un immobile, nell’eseguire opere edili, avrebbe omesso di esporre il prescritto cartello all’esterno del cantiere. In particolare, la prospettazione accusatoria – in toto accolta in sede di merito – risultava sostanzialmente caratterizzata dal sopralluogo effettuato dagli agenti della Polizia Municipale i quali, nel corso dello stesso, rilevavano come il cartello prescritto dal regolamento edilizio risultava bianco e completamente illeggibile. Il Tribunale, nel motivare la statuizione di colpevolezza a carico di essa imputata, richiamava la giurisprudenza di legittimità che individua i destinatari delle norma violata, alternativamente, nel titolare del permesso di costruire, nel committente, nel costruttore o nel direttore dei lavori donde, ha ritenuto che la T.A., quale amministratore della società proprietaria dell’immobile oggetto di intervento edilizio, era dunque contestualmente titolare del permesso di costruire e committente e, quindi, responsabile della omissione afferente l’esposizione del predetto cartello. La sentenza di condanna era oggetto di ricorso per Cassazione. Con il principale motivo di gravame si deduceva la violazione degli articolo 29 e 44 d.P.R. numero 380/2001 con riferimento alla ascrivibilità della condotta omissiva all’imputata, nonché il vizio di motivazione in particolare, la difesa lamentava come l’imputata non rivestisse nessuna della qualifiche destinatarie delle norma de qua, essendo solo amministratore della società proprietaria, nonché rilevava l’illogicità della motivazione laddove si affermava che il mero proprietario è, in quanto tale, titolare del permesso di costruire e committente, nonostante l’assenza di qualunque documentazione o accertamento al riguardo. Il proprietario non è necessariamente titolare del permesso di costruire e committente. La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, assegnataria del ricorso de quo, ha osservato come il Giudice di merito ha ancorato la penale responsabilità di essa ricorrente per la mancata esposizione del cartello di cantiere sulla scorta dell’unico rilievo secondo cui, essendo essa amministratore della società proprietaria dell’immobile, è dunque titolare del permesso di costruire e committente dei lavori. Orbene, secondo il Supremo Consesso, un simile percorso argomentativo è errato in diritto perché da per scontato che il proprietario debba essere necessariamente anche il titolare del permesso di costruire mentre invece tali figure, se normalmente sono coincidenti, possono non esserlo necessariamente. In effetti la norma di cui all’articolo 11 d.P.R. numero 380/2001 chiarisce come «il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo» dalla disposizione si evince, ictu oculi, come il rilascio sia previsto anche in favore di un soggetto diverso dal proprietario dell’immobile avente comunque titolo per richiederlo. Un ulteriore errore di diritto viene rilevato laddove il Giudice di merito ritiene che anche il committente debba necessariamente identificarsi con il proprietario dell’immobile, mentre invece ciò non sempre accade il committente, infatti, è solo la parte che concede in appalto i lavori e può anche essere diverso dal proprietario. In altri termini, nessuna norma prevede che il committente debba necessariamente essere il proprietario dell’immobile, ben potendo assumere la suddetta veste anche il titolare di un altro diritto reale, come l’usufruttuario o il titolare del diritto di abitazione. La mancanza di riscontri ed il consequenziale vizio motivazionale. La sentenza di condanna è, inoltre, viziata sotto l’aspetto motivazionale in quanto il Giudice di merito, nell’affermare la penale responsabilità di essa imputata, avrebbe dovuto quantomeno indicare gli elementi da cui ha tratto il convincimento che il proprietario dell’immobile fosse anche il titolare del permesso di costruire nonché il committente. Infatti, nell’intero corpo motivazionale della statuizione di merito, non sussiste nessun riferimento né in ordine al permesso di costruire, né relativamente ad un contratto di appalto, né a qualunque altro documento da cui si possa legittimamente e riscontrabilmente ritenere l’imputata titolare della veste che, sic et simpliciter, le si attribuisce. Donde, la sentenza di condanna va annullata e, conseguentemente, il Giudice del rinvio dovrà verificare se, effettivamente, l’imputata possa o meno rientrare tra i destinatari dell’obbligo giuridico de quo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 dicembre 2014 – 9 gennaio 2015, numero 537 Presidente Squassoni – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. II Tribunale di Lucca, con sentenza 25.3.2014 ha affermato la responsabilità penale di T.A. per il reato di cui al D.P.R. numero 380 del 2001, articolo 44, lett. a , perché, quale amministratore della ditta Tosca srl, nell'eseguire opere edili, omesso di esporre il prescritto cartello all'esterno del cantiere in Lucca San Marco. Per giungere a tale conclusione il Tribunale ha richiamato le risultanze del sopralluogo confermate in dibattimento dal teste di polizia municipale , osservando che il cartello prescritto dal regolamento edilizio risultava bianco, completamente illeggibile e che le conseguenze non mutavano anche in caso di eventuale deterioramento della scritta originaria per effetto di agenti atmosferici. Ha richiamato la giurisprudenza che individua i destinatari della norma violata titolare del permesso di costruire, committente, costruttore o direttore dei lavori ed ha ritenuto che l'imputata, quale amministratore della società proprietaria dell'immobile è dunque titolare del permesso di costruire e committente. 2. Avverso tale pronuncia il difensore ricorre per cassazione denunziando tre motivi. 2.2 Coi secondo motivo deduce la violazione degli articolo 29 e 44 del DPR numero 380/2001 con riferimento alla ascrivibilità della condotta all'imputata nonché il vizio di motivazione. Premesso che destinatari della norma sono il titolare del permesso di costruire, committente, costruttore o direttore dei lavori, osserva la ricorrente che nessuna di dette qualifiche è ad essa riconducibile, essendo essa solo amministratore della società proprietaria come emerso peraltro da una dichiarazione neppure utilizzabile perché resa dal direttore dei lavori, cioè da un soggetto che, essendo tenuto a risponderne della contravvenzione, doveva essere sentito con le garanzie dell'articolo 62 comma 2 cpp . Denunzia l'illogicità della motivazione laddove si afferma che il mero proprietario è, in quanto tale, titolare del permesso di costruire e committente, in assenza di qualsiasi documentazione o accertamento al riguardo. Osserva che il permesso di costruire può essere rilasciato anche a soggetto diverso dal proprietario, come si evince dall'articolo 11 DPR numero 380/2001. Denunzia l'errore interpretativo della norma violata e di quella d cui all'articolo 29 DPR numero 380/2001 che non prevede la figura del proprietario tra i destinatari del precetto sanzionato. 2.3 Con il terzo ed ultimo motivo di ricorso si denunzia il vizio di motivazione in relazione alla ascrivibilità alla ricorrente della condotta sanzionata perché dalla deposizione dei testi non poteva escludersi la sostituzione dell'originario cartello munito di tutte le indicazioni da parte di una delle ditte che si sono succedute nel cantiere. Considerato in diritto 1. II secondo motivo di ricorso è fondato ed assorbe ogni altra censura. Occorre premettere che, come già rilevato in giurisprudenza Sez. 3, Sentenza numero 29730 del 04/06/2013 Ud. dep. 11/07/2013 Rv. 255836 , il reato previsto dal D.P.R. numero 380 del 2001, articolo 44, lett. a , ha natura residuale rispetto alle altre violazioni menzionate dal medesimo articolo e sanziona, con la sola pena dell'ammenda, l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal titolo IV del menzionato D.P.R. numero 380 dei 2001, in quanto applicabili, l'inosservanza delle disposizioni dei regolamenti edilizi, l'inosservanza di prescrizioni contemplate dagli strumenti urbanistici e l'inosservanza delle prescrizioni fissate dal permesso di costruire. Questa Corte, vigente la L. numero 47 del 1985, ha avuto modo di rilevare l'estrema genericità della disposizione allora contenuta nell'articolo 20, lett. a e la possibilità di una pluralità indiscriminata di utilizzazioni, con conseguente insufficienza della interpretazione letterale, se non altro perché in contrasto con il principio della tassatività delle fattispecie legali penali ed ha posto in evidenza la necessità di delimitarne l'ambito applicativo tenendo conto della sua collocazione in un contesto normativo volto a disciplinare l'attività edilizia, affermando, conseguentemente, che le norme, prescrizioni e modalità esecutive di cui all'articolo 20, lett, a , dovevano intendersi riferite soltanto a quelle regole di condotta che sono direttamente afferenti all'attività edilizia Sez. 3^ numero 8965, 21 giugno 1990 . Parimenti è stata rilevata la sua natura di norma penale in bianco poiché, mentre la sanzione è determinata, il precetto di carattere generico rinvia ad un dato esterno quale il titolo abilitativo, il regolamento edilizio, ecc. SS.UU. numero 7978, 14 luglio 1992 v. anche SS.UU. numero 11635, 21 dicembre 1993 . Si è altresì evidenziato Sez. III numero 21780, 31 maggio 2011 , come il riferimento contenuto nella disposizione attualmente vigente alle disposizioni di legge previste nel presente titolo titolo IV, Parte prima dei D.P.R. numero 380 del 2001, comprendente gli articolo da 27 a 51 sia certamente riduttivo rispetto alla previgente fattispecie di cui alla L. numero 47 del 1985, articolo 20, lett. a , la quale, punendo l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dalle presente legge, dalla L. 17 agosto 1942, numero 1150, e successive modificazioni e integrazioni , si riteneva effettuasse un rinvio aperto a tutta la legislazione urbanistico-edilizia, addirittura comprensiva, secondo parte della giurisprudenza, anche delle leggi regionali integrative. Ciò non di meno, pur in presenza di un ambito di operatività più contenuto, si è comunque ritenuto che la mancata apposizione del cartello di cantiere continui ad essere assoggettata alla sanzione penale prevista dalla richiamata disposizione. Deve a tale proposito ricordarsi quanto già rilevato in giurisprudenza sull'argomento Sez. 3^ numero 16037, 11 maggio 2006 ricordando come il contenuto della L. numero 47 del 1985, articolo 4, comma 4, prevedesse, per coloro che eseguivano interventi edilizi, il duplice obbligo di esibizione della concessione edilizia e dell'esposizione del cartello di cantiere - a condizione che lo stesso fosse espressamente previsto dai regolamenti edilizi o dalla concessione - la cui violazione era penalmente sanzionata datil articolo 20, lett. a più volte menzionato a tale proposito si richiamava quanto stabilito dalle precedenti decisioni SS.UU. 7978/92, cit. Sez. 3^ numero 10435, 5 ottobre 1994 . Veniva altresì dato atto dell'intervenuta abrogazione della L. numero 47 del 1985, articolo 4, rilevando, tuttavia, la riproduzione del suo contenuto nel D.P.R. numero 380 del 2001, articolo 27, comma 4, laddove si impone agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria l'obbligo di comunicazione immediata all'autorità giudiziaria nel caso in cui accertino che nei luoghi in cui vengono realizzate opere edilizie non sia esibito il permesso di costruire ovvero non sia apposto il prescritto cartello. Contestualmente si individuavano i destinatari dell'obbligo in quelli già indicati dalla L. numero 47 del 1985, articolo 6, comma 1, e, segnatamente, nel titolare della concessione, nel committente, nel costruttore e nel direttore dei lavori. Anche tale ultima affermazione è pienamente condivisibile infatti ìl D.P.R. numero 380 dei 2001, articolo 29, comma 1, riproduce attualmente il medesimo contenuto della disposizione previgente, con l'unica differenza dei riferimento al titolo abilitativo, che non è più la concessione ma il permesso di costruire. Pertanto, la violazione dell'obbligo di esporre il cartello indicante gli estremi del titolo abilitativo, qualora prescritto dal regolamento edilizio o dal titolo medesimo, già sanzionata sotto la vigenza dell'ormai abrogata L. numero 47 del 1985, è tuttora punita dal D.P.R. numero 380 del 2001, articolo 44, lett. a , in ragione del rapporto di continuità normativa intercorrente tra le diverse disposizioni. I destinatari dell'obbligo vanno individuati nel titolare del permesso di costruire, nel committente, nel costruttore e nel direttore dei lavori. 2. Venendo al caso di specie, osserva il Collegio che il giudice del merito ha fondato la penale responsabilità dell'imputata per la mancata esposizione dei cartello di cantiere partendo dal rilievo che, essendo amministratore società proprietaria dell'immobile, è dunque titolare del permesso di costruire e committente dei lavori . Un tale percorso argomentativo è errato in diritto perché dà per scontato che il proprietario debba essere necessariamente anche il titolare del permesso di costruire mentre invece tali figure, se normalmente sono coincidenti, non lo sono necessariamente. Il DPR numero 380/2001 articolo 11 primo comma stabilisce che il premesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo la norma, come si vede, è chiarissima nel prevedere il rilascio anche in favore di soggetto diverso dal proprietario dell'immobile, purché abbia titolo per richiederlo cfr. Consiglio di Stato sez. 5 numero 2882/2001 . E non a caso il legislatore usa la congiunzione con valore disgiuntivo o precisando poi, al comma 2 dell'articolo 11, che il permesso non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio . Altro errore di diritto sta nel ritenere che anche il committente debba necessariamente identificarsi col proprietario dell'immobile, mentre invece ciò non sempre accade il committente, infatti, è solo la parte che concede in appalto i lavori e può anche essere diverso dal proprietario. II decreto legislativo 9.4.2008 numero 81 Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, numero 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro che all'articolo 89 comma 1 lett. b definisce committente come il soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione. Nel caso di appalto di opera pubblica, il committente e' il soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dell'appalto . Nessuna norma prevede che il committente debba essere necessariamente il proprietario dell'immobile, ben potendo assumere la suddetta veste anche essere il titolare di un altro diritto reale, come ad esempio l'usufruttuario o il titolare del diritto di abitazione. Il percorso argomentativo si rivela infine carente sotto il profilo motivazionale perché il Tribunale avrebbe dovuto quanto meno indicare gli elementi da cui ha tratto il convincimento che il proprietario dell'immobile fosse anche il titolare dei permesso di costruire nonché il committente ed invece nessun riferimento si rinviene né in ordine al permesso di costruire né ad un contratto di appalto né a qualunque altro documento che possa portare a ritenere l'imputata titolare della veste che invece, sic et simpliciter, le si attribuisce. La sentenza va pertanto annullata per nuovo esame da parte del giudice di rinvio che, sulla scorta degli esposti principi, verificherà, dando congrua motivazione, se l'imputata possa rientrare tra i destinatari dell'obbligo di cui oggi si discute. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Lucca.