Lo squilibro iniziale delle prestazioni non basta a determinare la nullità

Lo squilibrio economico iniziale tra le prestazioni può rilevare ai fini della rescissione del contratto a norma dell’articolo 1447 c.c. o dell’articolo 1448, in considerazione dello stato di bisogno o di pericolo di alcuno dei contraenti ancora, può rilevare ai fini dell’annullabilità a norma dell’articolo 1428 c.c. del contratto stipulato da persone incapaci ma, di regola, lo squilibrio iniziale delle prestazioni non determina di per sé la nullità del contratto.

Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza numero 22567/15, depositata il 4 novembre. Il caso. La pronuncia in commento trae origine dall’azione proposta dagli attori per l’esecuzione specifica dell’obbligo assunto dai convenuti di acquistare il 45% delle quote di una s.r.l., di cui questi ultimi detenevano già il 55%. Sia il Tribunale che la Corte d’appello ritennero di dover dichiarare la nullità del contratto per difetto di causa, vista la rilevante sproporzione tra il valore effettivo delle quote cedute e il prezzo convenuto per la cessione, anche a fronte della circostanza che il controllo della società era già nella disponibilità degli acquirenti. Per la cassazione della decisione di merito ricorrono i venditori, lamentando che i giudici avevano considerato privo di causa il contratto in ragione del solo squilibrio delle prestazioni. Lo squilibrio inziale delle prestazioni non determina di per sé la nullità del contratto. Gli Ermellini hanno precisato che, secondo quanto prevede l’articolo 1418, comma 2, c.c., il contratto è nullo quando manchi di alcuno dei requisiti prescritti dall’articolo 1325 c.c., inclusa la causa. La più recente giurisprudenza del Supremo Collegio, proseguono da Piazza Cavour, ha chiarito che lo squilibrio economico originario non priva di causa il contratto, dal momento che nel nostro ordinamento prevale il principio dell’autonomia negoziale, che vige anche con riferimento alla determinazione delle prestazioni corrispettive. Si ritiene dunque che, salvo particolari esigenze di tutela, le parti sono i migliori giudici del loro interessi. Lo squilibrio economico iniziale tra le prestazioni, dunque, secondo i Giudici del Palazzaccio può rilevare ai fini della rescissione del contratto a norma dell’articolo 1447 c.c. o dell’articolo 1448, in considerazione dello stato di bisogno o di pericolo di alcuno dei contraenti ancora, può rilevare ai fini dell’annullabilità a norma dell’articolo 1428 c.c. del contratto stipulato da persone incapaci ma, di regola, lo squilibrio iniziale delle prestazioni non determina di per sé la nullità del contratto. L’assenza di corrispettivo non comporta la nullità del negozio. La giurisprudenza di legittimità, chiariscono ancora dal Supremo Collegio, ha inoltre chiarito che bisogna distinguere non solo tra negozio a titolo gratutito e negozio a titolo oneroso, ma anche tra gratuità e liberalità. In particolare, l’assenza di corrispettivo, «se è sufficiente a caratterizzare i negozi a titolo gratuito – così distinguendoli da quelli a titolo oneroso -, non basta invece ad individuare i caratteri della donazione, per la cui sussistenza sono necessari, oltre all’incremento del patrimonio altrui, la concorrenza di un elemento soggettivo lo spirito di liberalità consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, e di un elemento di carattere obiettivo, dato dal depauperamento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l’obbligazione». Si può pertanto avere un negozio che, pur gratuito, non è manifestazione di liberalità, ma l’assenza del corrispettivo, «che connota di gratuità il negozio», non ne comporta per ciò solo la nullità. Nel caso in esame pertanto l’accertamento del notevole squilibrio tra le prestazioni delle parti non può giustificare la nullità del contratto, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 ottobre – 4 novembre 2015, numero 22567 Presidente Forte – Relatore Nappi Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Trieste ribadì il rigetto della domanda proposta da S.M. e S.M. per l'esecuzione specifica dell'obbligo assunto il 26 febbraio 2003 da parte di S.D. , S.P. , Z.F. e G.P. di acquistare per il prezzo di Euro 990.000,00 il 45% delle quote della Mobilificio Spagnol s.r.l., di cui i convenuti detenevano già il 55%. Ritennero i giudici del merito che il contratto era da dichiarare nullo per difetto di causa, attesa l'abnorme sproporzione tra il valore effettivo delle quote cedute, determinato da C.T.U. in Euro 168.452,00 alla data del 31 dicembre 2002, e il prezzo convenuto per la cessione, anche in considerazione del fatto che il controllo della società era già nella disponibilità degli acquirenti. Sicché, essendo tutti i contraenti evidentemente consapevoli della precaria situazione patrimoniale della società, avviata a una procedura concorsuale, doveva escludersi che i venditori fossero in buona fede, con la conseguenza che, in parziale riforma della decisione di primo grado, la condanna alla restituzione della somma di Euro 100.000 incassata a titolo di caparra da S.M. e Sp.Ma. dovesse essere estesa anche all'obbligazione accessoria degli interessi in misura legale. Compensarono peraltro i giudici del merito le spese di entrambi i gradi del giudizio. Contro la sentenza d'appello hanno proposto ricorso per cassazione S.M. e Sp.Ma. , deducendo otto motivi d'impugnazione, cui resistono con controricorso S.D. , S.P. , Z.F. e G.P. , che hanno altresì proposto ricorso incidentale affidato a due motivi, contestati con controricorso dai ricorrenti principali. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti principali deducono violazione e falsa applicazione degli articolo 1418, 1325, 1174 c.c., lamentando che i giudici del merito abbiano considerato privo di causa il contratto in ragione del solo squilibrio delle prestazioni. Sostengono che la nullità del contratto per carenza di causa si può ipotizzare solo nel caso di inesistenza in concreto di una delle prestazioni oggetto di scambio. Non è compatibile con l'ordinamento vigente il principio enunciato dalla sentenza impugnata per cui è nullo per difetto di causa un contratto nel quale vi sia sproporzione tra le prestazioni, posto che la rescissione del contratto per una sproporzione considerevole tra le prestazioni presuppone, quale condizione ulteriore dell'azione, anche l'approfittamento della stato di pericolo articolo 1447 c.c. o di bisogno articolo 1448 di uno dei contraenti. Infatti la giurisprudenza ha escluso la rilevanza anche ai fini dell'annullamento di una compravendita di quote societarie finanche dell'errore sull'effettivo loro valore. E lo squilibrio tra le prestazioni rileva solo quando sia imprevedibilmente sopravvenuto alla stipulazione articolo 1467 c.c. . Neppur può considerarsi rilevante il fatto, valutato dai giudici del merito, che le quote cedute non erano necessarie a ottenere il controllo della società da parte degli acquirenti, posto che una minore utilità del contratto non può tradursi in inesistenza della prestazione. Se si assegnasse rilevanza a utilità ulteriori rispetto a quelle derivanti direttamente dalla prestazione, l'articolo 1418 c.c. risulterebbe incompatibile con l'articolo 41 Cost Con il secondo motivo i ricorrenti principali deducono ancora violazione degli articolo 1418 e 1325 c.c., lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente incluso nell'oggetto di un contratto di cessione di quote sociali il valore economico della partecipazione sociale, anziché i diritti e gli obblighi che ne derivano. Come ha chiarito la giurisprudenza di legittimità, sostengono i ricorrenti, il valore delle quote può infatti rilevare solo come motivo del contratto. Con il terzo motivo i ricorrenti principali deducono ancora violazione e falsa applicazione degli articolo 1418, 1325, 1174 c.c., lamentando che erroneamente i giudici del merito abbiano escluso la rilevanza di utilità diverse da quelle patrimoniali, mentre la prestazione contrattuale può corrispondere a un interesse anche non patrimoniale del creditore. Con il quarto e il quinto motivo i ricorrenti principali deducono vizi di motivazione della decisione impugnata e violazione e falsa applicazione degli articolo 1174, 2392, 2393, 2395 e, nei testi all'epoca vigenti, anche degli articolo 2486 e 2409 c.c., lamentando che i giudici del merito abbiano omesso di considerare l'utilità connessa quantomeno alla disponibilità della maggioranza richiesta anche per le assemblee straordinarie, oltre che alla rimozione dei diritti di controllo dei soci di minoranza. Con il sesto motivo i ricorrenti principali deducono violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente considerato nuove le domande subordinate da essi proposte con la memoria ex articolo 183 c.p.c., benché fossero del tutto corrispondenti alle domande proposte con l'originario atto di citazione e nell'udienza ex articolo 183 c.p.c. previgente. Con il settimo motivo i ricorrenti principali deducono violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1175 c.c., lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente interpretato e perciò rigettato la domanda subordinata di risarcimento dei danni per la dedotta mancanza di buona fede dei convenuti nell'esecuzione del contratto preliminare stipulato. Con l'ottavo motivo i ricorrenti principali deducono vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito li abbiano erroneamente condannati alla restituzione della caparra con gli interessi dal giorno in cui l'avevano incassata, anziché dal giorno della domanda. 2. Il primo motivo del ricorso principale è fondato e assorbente rispetto a tutti gli altri motivi del ricorso principale come a entrambi i motivi del ricorso incidentale, con i quali viene censurata la decisione di compensazione delle spese del giudizio. Secondo quanto prevede l'articolo 1418 comma 2 c.c., il contratto è nullo quando manchi di alcuno dei requisiti prescritti dall'articolo 1325 c.c., inclusa la causa. Ammesso che possa ipotizzarsi un contratto privo di causa, piuttosto che avente una causa diversa da quella apparente Cass., sez. III, 7 luglio 2003, numero 10684, m. 564869, Cass., sez. III, 4 novembre 2005, numero 21389, m. 585356, Cass., sez. III, 7 giugno 2006, numero 13349, m. 590714, citate nella sentenza impugnata , come ad esempio nel negotium mixtum cum donatione Cass., sez. II, 3 novembre 2009, numero 23297, m. 610125, Cass., sez. II, 17 novembre 2010, numero 23215, m. 615548 , la giurisprudenza e la dottrina prevalenti escludono che lo squilibrio originario delle prestazioni possa invalidare per carenza della causa i contratti di scambio. Nei rari precedenti nei quali si è attribuito rilevanza allo squilibrio originario delle prestazioni, si trattava piuttosto di impossibilità giuridica di una delle prestazioni oggetto del preteso scambio “come quando una delle parti si obblighi ad una prestazione senza che, in cambio, le venga attribuito nulla di più di quanto già le spetti per legge” Cass., sez. II, 27 luglio 1987, numero 6492, m. 454764 o in ragione di altro vincolo contrattuale Cass., sez. III, 8 maggio 2006, numero 10490, m. 592154 . Secondo la giurisprudenza più recente, in realtà, lo squilibrio economico originario non priva di causa il contratto, perché nel nostro ordinamento prevale il principio dell'autonomia negoziale, che opera anche con riferimento alla determinazione delle prestazioni corrispettive. Si ritiene dunque che, salvo particolari esigenze di tutela, “le parti sono i migliori giudici dei loro interessi”. Sicché, ad esempio, “solo l'indicazione di un prezzo assolutamente privo di valore, meramente apparente e simbolico, può determinare la nullità della vendita per difetto di uno dei suoi requisiti essenziali, mentre la pattuizione di un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato della cosa venduta, ma non del tutto privo di valore, pone solo un problema concernente l'adeguatezza e la corrispettività delle prestazioni ed afferisce, quindi, all'interpretazione della volontà dei contraenti ed all'eventuale configurabilità di una causa diversa del contratto” Cass., sez. II, 19 aprile 2013, numero 9640, m. 626041 . Lo squilibrio economico iniziale tra le prestazioni può rilevare così ai fini della rescissione del contratto a norma dell'articolo 1447 c.c. o dell'articolo 1448, in considerazione dello stato di bisogno o di pericolo di alcuno dei contraenti come può rilevare ai fini dell'annullabilità a norma dell'articolo 428 c.c. del contratto stipulato da persone incapaci. Ma in linea di principio lo squilibrio iniziale delle prestazioni non determina di per sé la nullità del contratto. D'altro canto, contrariamente a quanto pure si è ipotizzato in passato Cass., sez. I, 20 novembre 1992, numero 12401, m. 479641 , la giurisprudenza più recente ha ben chiarito che occorre distinguere non solo tra negozio a titolo gratuito e negozio a titolo oneroso, ma anche tra gratuità e liberalità Cass., sez. I, 5 dicembre 1998, numero 12325, m. 521419 . In particolare l'assenza di corrispettivo, se è sufficiente a caratterizzare i negozi a titolo gratuito così distinguendoli da quelli a titolo oneroso , non basta invece a individuare i caratteri della donazione, per la cui sussistenza sono necessari, oltre all'incremento del patrimonio altrui, la concorrenza di un elemento soggettivo lo spirito di liberalità consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, e di un elemento di carattere obbiettivo, dato dal depauperamento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l'obbligazione Cass., sez. I, 12 marzo 2008, numero 6739, m. 602560, Cass., sez. I, 24 giugno 2015, numero 13087, m. 635732 . Si può dunque avere un negozio che, benché gratuito, non è manifestazione di liberalità. Ma l'assenza del corrispettivo, che connota di gratuità il negozio, non ne comporta per ciò solo la nullità, come dimostra ad esempio l'esperienza dei rapporti negoziali tra società collegate Cass., sez. I, 11 marzo 1996, numero 2001, m. 496284, Cass., sez. I, 24 febbraio 2004, numero 3615, m. 570426, Cass., sez. I, 14 ottobre 2010, numero 21250, m. 614301 . Nel caso in esame pertanto l'accertamento del notevole squilibrio tra le prestazioni delle parti non può giustificare di per sé la nullità del contratto. Sicché la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d'appello di Trieste in diversa composizione, perché, adeguandosi agli enunciati principi di diritto, si pronunci sugli ulteriori profili della controversia. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale ed entrambi i motivi del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione.