La polizza assicurativa stipulata dal datore di lavoro non va a beneficio dei lavoratori dipendenti

In materia di indennità di fine rapporto, la normativa di cui alla l. numero 297 del 1982 non preclude che, in generale, possano essere corrisposte, alla cessazione del rapporto, erogazioni integrative aventi natura e funzioni diverse dal trattamento di fine rapporto, purchè esse siano ricollegate al contratto di lavoro, nel quale devono trovare una giustificazione causale idonea ad escludere una disposizione derogatoria alla disciplina legale.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n.10117/15 depositata il 18 maggio. Il fatto. La Corte d’appello di Roma ha rigettato la domanda di M., dipendente dell’Enea, volta alla corresponsione delle prestazioni dovute dall’assicurazione per una polizza stipulata dal datore di lavoro per il tfr dei dipendenti. La Corte territoriale, ha ritenuto che la polizza facesse riferimento solo al tfr e non a prestazioni diverse, essendo l’onere della polizza solo a carico del datore di lavoro e non essendovi rapporto diretto tra i lavoratori e l’assicuratore e non potendo pertanto questi considerarsi beneficiari della polizza. La Corte ha conseguentemente escluso che le prestazioni dovute dall’assicurazione per la polizza in oggetto, ed in particolare i rendimenti del relativo capitale versato, competano ai lavoratori, spettando essi al solo datore stipulante. Il lavoratore avverso tale sentenza ricorre in Cassazione per aver ritenuto l’assicurazione un contratto di rischio e non di capitalizzazione, i cui beneficiari dovevano considerarsi invece i lavoratori, a favore dei quali la polizza era stata stipulata, con conseguente maturazione dei relativi diritti quesiti, a prescindere dal tfr. Beneficiari della polizza assicurativa. In base a tale regolamentazione la Corte ha escluso che siano da corrispondere ai lavoratori le maggiori somme maturate per l’effetto di una polizza assicurativa stipulata dal datore di lavoro, allorchè in ragione della struttura della provvista e della modalità di erogazione degli importi, risulti che essa sia stata costituita a beneficio della gestione e delle finalità proprie del datore di lavoro, al fine di assicurare la corresponsione dell’indennità di fine rapporto ai dipendenti, e non prevedeva in favore di questi ultimi utilità economiche ulteriori rispetto alle somme a garanzia del trattamento di fine rapporto. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 marzo - 18 maggio 2015, numero 10117 Presidente Macioce – Relatore Buffa Svolgimento del processo Con sentenza 4/8/10, la corte d'appello di Roma, confermando la sentenza del 6/2/07 del tribunale di Velletri, ha rigettato la domanda del M. , dipendente dell'ENEA, volta alla corresponsione delle prestazioni e dei rendimenti del relativo capitale versato dovute dall'assicurazione per una polizza INA stipulata dal datore per il tfr dei dipendenti. La corte territoriale, in particolare, ha ritenuto che la polizza facesse riferimento solo al TFR e non a prestazioni diverse, essendo l'onere della polizza solo a carico del datore e non essendovi rapporto diretto tra i lavoratori e l'INA e non potendo pertanto questi considerarsi beneficiari della polizza. La Corte ha conseguentemente escluso che le prestazioni dovute dall'assicurazione per la polizza in oggetto, ed in particolare i rendimenti del relativo capitale versato, competano ai lavoratori quali terzi beneficiari della stipulazione , spettando essi al solo datore stipulante. Ricorre avverso tale sentenza il lavoratore per tre motivi resiste l'ENEA con controricorso. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., violazione degli articolo 1362 c.p., 1325, 1411, 1882 c.c. e 4 r.d.l. 5/42, per aver ritenuto l'assicurazione un contratto di rischio e non di capitalizzazione, i cui beneficiari secondo l'interpretazione letterale univoca della polizza assicurativa che li qualificava espressamente tali dovevano considerarsi invece sia per il capitale assicurato che per il rendimento finanziario i lavoratori, a favore dei quali la polizza era stata stipulata, con conseguente maturazione dei relativi diritti quesiti, a prescindere dal tfr. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell'articolo 360 numero 3 c.p.c., violazione degli articolo 421 co. 2 e 437 c.p.c., per aver omesso di esercitare i poteri istruttori officiosi necessari per accertare che effettivi beneficiari della polizza erano i lavoratori, acquisendo i certificati di polizza individuale. Con il terzo motivo si deduce vizi di motivazione in ragione di quanto dedotto al primo motivo. Motivi della decisione Il ricorso è infondato. La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto in generale che in materia di indennità di fine rapporto, la normativa di cui alla L. numero 297 del 1982 non preclude che, in generale, possano essere corrisposte, alla cessazione del rapporto, erogazioni integrative aventi natura e funzioni diverse dal trattamento di fine rapporto, purché esse siano ricollegate al contratto di lavoro, nel quale devono trovare una giustificazione causale idonea ad escludere una disposizione derogatoria alla disciplina legale sulla possibilità astratta di accendere polizze come beneficio accessorio del rapporto di lavoro, Cass. 10960/13, 3188/12, 7035/10 . Peraltro, in controversie analoghe a quella ora in esame, questa Corte ha escluso, anche a sezioni unite, che siano da corrispondere ai lavoratori le maggiori somme maturate per l'effetto di una polizza assicurativa stipulata dal datore di lavoro, allorché, in ragione della struttura della provvista e della modalità di erogazione degli importi, risulti che essa sia stata costituita a beneficio della gestione e delle finalità proprie del datore di lavoro, al fine di assicurare la corresponsione dell'indennità di fine rapporto ai dipendenti, e non preveda in favore di questi ultimi utilità economiche ulteriori rispetto alle somme a garanzia del trattamento di fine rapporto Sezioni Unite, 21553/09 SU 6599/11 Sez. 6L, 1833/2014 sez. 6L 2039/12 sez. L, 4969/12 x Sez. L. 21652 e 20647 del 2014 sulla necessità di specifica pattuizione volta ad assicurare maggior favore al lavoratore ovvero rinuncia datoriale espressa al rendimento dei premi in favore dei dipendenti, Cass. 3088/02 e 11718/91 per il primo profilo, 8175/04 per il secondo profilo . Né, infine, può configurarsi una violazione dell'articolo 1411 c.c. così come ipotizza parte ricorrente, atteso che, una volta escluso che i benefici ulteriori siano effettivamente previsti nella convenzione assicurativa, non si verifica alcuna alterazione causale del contratto a favore di terzi, che mantiene la sua funzione di arrecare ai terzi tutti i vantaggi previsti dalle parti, consistenti in via esclusiva nella garanzia del trattamento di fine rapporto. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in Euro duemilacinquecento per compensi, oltre spese prenotate a debito.