Denuncia della moglie per maltrattamenti, richiesta di archiviazione della Procura: addebitata a lui la separazione

Nonostante il fronte relativo alla querela presentata dalla donna, viene considerato acclarato l’atteggiamento aggressivo tenuto dall’uomo tra le mura domestiche. In mancanza di testimoni oculari, è significativo che i parenti siano stati chiamati dalla donna che si lamentava per le violenze subite dal marito. Proprio la condotta del consorte, quindi, ha causato la fuga della moglie dalla casa coniugale.

Nessun testimone oculare sulle presunte violenze compiute ai danni della moglie, e, per giunta, una richiesta di archiviazione, da parte della Procura, per la denuncia presentata dalla donna. Eppure, è fatale l’atteggiamento aggressivo tenuto dall’uomo tra le mura domestiche ciò, difatti, gli costa l’addebito della separazione Corte di Cassazione, ordinanza numero 4633/15, sesta sezione civile, depositata il 6 marzo . Denuncia e archiviazione. Punto di svolta, in negativo per l’uomo, è la decisione della Corte d’Appello, decisione con cui, in controtendenza rispetto a quanto stabilito in Tribunale, viene sancito «l’addebito» al marito per la ‘rottura’ tra i coniugi. E, a corredo, viene anche fissato un «assegno di mantenimento di 400 euro mensili» a favore della moglie. Decisivo, per i giudici di secondo grado, il comportamento violento tenuto dal marito nei confronti della consorte. Pronta la replica dell’uomo, il quale ritiene non accettabile la valutazione compiuta in Appello e culminata nel considerarlo esclusivamente responsabile della «separazione». Nodo gordiano, come detto, la condotta tenuta nei confronti della donna, e proprio su questo punto l’uomo richiama anche la «richiesta di archiviazione della Procura della Repubblica rispetto alla ‘denuncia-querela’» presentata dalla donna per i presunti «maltrattamenti» subiti. Aggressività. Tale obiezione, però, si rivela inutile. Perché i giudici della Cassazione spiegano, innanzitutto, che la scelta della Procura era collegata a «disturbi di personalità» della donna, e ciò «non contraddice le risultanze dell’istruttoria» realizzata sui conflittuali rapporti tra i coniugi. Proprio su questo fronte, difatti, va condivisa la considerazione compiuta in Appello, laddove si è sancito che «fu l’atteggiamento aggressivo del marito a indurre la moglie a lasciare la casa coniugale». Logico, quindi, dedurre «l’addebito» della separazione all’uomo. Anche perché, va aggiunto, pur riconoscendo che «nessun teste ha assistito alle violenze», bisogna tener presente che «i parenti sono stati chiamati dalla moglie, che lamentava violenze da parte del marito» e, in particolare, «almeno in un caso furono riscontrate» sulla donna «lesioni che ella assumeva essere dovute ad una caduta» frutto delle «spinte» subite ad opera del marito. Per quanto concerne, infine, il fronte economico, l’assegno riconosciuto a favore della moglie non è discutibile la donna, difatti, «è disoccupata dal 2005», mentre l’uomo «ha un reddito, svolgendo la professione di architetto ed è intestatario di numerosi immobili».

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 2 dicembre 2014 – 6 marzo 2015, numero 4633 Presidente Di Palma – Relatore Dogliotti Fatto e diritto In un procedimento di separazione personale tra F.P. e M.O., la Corte d'Appello di Brescia con sentenza 20 luglio 2012} riformava la sentenza del Tribunale di Cremona, emessa il 20/09/2011, dichiarando l'addebito al marito e determinando l'assegno di mantenimento per la moglie in euro 400 mensili. Ricorre per cassazione il marito. Resiste con controricorso la moglie. Entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva. Non si ravvisano violazioni di legge. In sostanza il ricorrente propone profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una sentenza caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica. Ritiene il giudice a quo che vi sia piena prova dell'addebito al marito, sulla base dell'istruttoria testimoniale. Anche se nessun teste ha assistito alle violenze, è vero che i parenti sono stati chiamati dalla moglie che lamentava violenze da parte del marito almeno in un caso, le furono riscontrate lesioni che essa assumeva essere dovute ad una caduta a seguito delle spinte del marito. Fu l'atteggiamento aggressivo del marito continua la sentenza impugnata a indurre la moglie a lasciare la casa coniugale . Nulla aggiunge al contenuto del ricorso la memoria del ricorrente, che richiama una richiesta di archiviazione della Procura della Repubblica di Cremona rispetto a denuncia-querela della Migliorati per maltrattamenti, motivando sui disturbi di personalità della stessa, ciò che evidentemente non contraddice le risultanze dell'istruttoria espletata. Quanto all'assegno, risulta che la moglie e disoccupata dal 2005, mentre il marito ha un reddito, svolgendo la professione di architetto ed e intestato di numerosi immobili. Così la sentenza impugnata. Infine, in ordine alle spese, non si ravvisa alcun errore materiale o travisamento. Tenuto conto dell'esito della causa, il Faccini e stato condannato integralmente alle spese giudiziali . Va pertanto rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in €. 2.100,00 comprensive di €. 100,00per esborsi oltre spese forfettarie ed accessori di legge.