Quali sono le condizioni per la condanna per istigazione a delinquere?

La materialità del delitto di istigazione a delinquere di cui all’articolo 414 c.p. è riscontrabile laddove sia pubblicamente posta in essere la propalazione di propositi aventi ad oggetto comportamenti rientranti in specifiche ipotesi delittuose, in maniera tale da indurre altri alla commissione di fatti analoghi.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza numero 7842/15, depositata il 20 febbraio. Il caso. In occasione di una partita di calcio, l’imputato accumulava sulla sede stradale pietre ed altri oggetti idonei al lancio incitando i numerosi giovani presenti a scagliarli contro le forze di polizia presenti in loco, riuscendo nell’intento. Per tali condotte veniva condannato per il delitto di istigazione a delinquere di cui all’articolo 414 c.p., con pronuncia confermata anche in appello. Avverso la sentenza di secondo grado, propone ricorso per cassazione l’imputato sostenendo di non aver realizzato alcuna condotta rientrante nella fattispecie penale richiamata. Elementi materiali del delitto la pubblica istigazione Il ricorso è manifestamente infondato. La Suprema Corte coglie l’occasione per affermare che, ai fini dell’individuazione dell’elemento materiale del delitto di istigazione a delinquere, è necessario che l’agente ponga in essere una pubblica propalazione di propositi aventi ad oggetto comportamenti rientranti in specifiche fattispecie delittuose, con modalità tali da poter indurre altri alla commissione di fatti analoghi. idonea a suscitare comportamenti delittuosi Risulta dunque indefettibile l’accertamento dell’idoneità dell’azione posta in essere dall’agente a suscitare consensi e a provocare, in relazione al contesto spazio – temporale nonché socio – economico attuale e concreto, il pericolo di adesione al programma illecito. commessa con dolo istigatorio. La condotta contestata deve presentare i caratteri del c.d. dolo istigatorio – consistente nella coscienza e volontà di turbare l’ordine pubblico o la personalità dello Stato – , la cui valutazione, in relazione alle modalità concrete della condotta, è rimessa al giudice di merito. Elemento imprescindibile è la forza suggestiva e persuasiva, tale da poter stimolare nell’animo dei destinatari la commissione dei fatti criminosi propalati o esaltati. Infine viene precisato che i reati puniti dall’articolo 414 c.p. hanno natura formale o di mera condotta, con eventi di pericolo presunto, non essendo richiesto il verificarsi del danno temuto, né una concreta situazione di pericolo, non essendo inoltre configurabile l’ipotesi del tentativo. Nel caso di specie, la condotta contestata all’imputato, in base alle risultanze probatorie, è stata correttamente valutata dai giudici di merito, i quali hanno riscontrato tutte le caratteristiche richieste dalla norma penale richiamata, come risultante anche dall’evoluzione giurisprudenziale ripercorsa dalla Corte di Cassazione. Per questi motivi la S. C. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 20 gennaio – 20 febbraio 2015, numero 7842 Presidente Vecchio – Relatore Bonito Ritenuto in fatto e Considerato in diritto 1. Il Tribunale di La Spezia, con sentenza del 31 gennaio 2013, condannava alla pena di anni uno e mesi uno di reclusione, col vincolo della continuazione, C. D., imputato del reato di cui all'articolo 414. c.p., comma primo, numero 1 capo a perchè, dopo aver accumulato sulla sede stradale pietre ed altri oggetti idonei al lancio, incitava numerosi giovani colà presenti a scagliarli contro le forze di polizia presenti in loco in occasione dell'incontro di calcio tra le squadre La Spezia e Genoa, riuscendo nell'intento perché molte persone si travisavano il volto e raccoglievano le pietre al pari dell'imputato, e del reato di cui all'articolo 5 1. 152/1975, per essersi travisato il volto capo b in La Spezia, il 6 aprile 2007. A sostegno della decisione il tribunale richiamava le testimonianze delle volontarie di pubblica sicurezza B. M. e M. R., nonchè quella dell'assistente capo di polizia D.S., i quali tutti hanno riferito di aver direttamente percepito i fatti di causa di cui alla contestazione, individuando l'imputato perché noto alle forze di polizia. 2. Avverso la sentenza di prime cure proponeva appello l'imputato, il quale rilevava che il travisamento non era stato comunque tale da impedire il suo riconoscimento da parte del teste D.S. e che il prevenuto non aveva istigato nessuno a commettere delitti anche perché, nelle sue vicinanze, non c'erano altre persone. La corte distrettuale di Genova, con sentenza del 19 maggio 2014 oggetto dell'attuale scrutinio di legittimità, confermava la colpevolezza del prevenuto in ordine ai reati ascrittigli giacchè coerenti e corrette le argomentazioni del giudice di prima istanza, dichiarava estinta giacchè prescritta la contravvenzione di cui al capo b e riduceva per questo la pena ad anni uno di reclusione. 3. Impugna per cassazione l'imputato la sentenza di secondo grado, assistito dal difensore di fiducia, illustrando un unico motivo di doglianza, con il quale deduce l'imputato non ha realizzato alcuna condotta che possa essere ricompresa nelle ipotesi tipizzate dalla norma incriminatrice non avendo egli incitato nessuno a compiere azioni violente ovvero integranti illeciti penali il prevenuto non si è affatto travisato, come dimostrato dal suo riconoscimento dal parte dell'assistente D.S. non risultano provate condotte istigatrici di altri giovani presenti sul luogo anche perché colà non era presente nessuno il comportamento dell'imputato non è stato idoneo a turbare l'ordine pubblico anche perchè, si ribadisce, sui luoghi non erano presenti né tifosi, né persone comuni nessun incidente è avvenuto quel giorno ed i quei momenti tra le tifoserie la condotta del prevenuto ben poteva essere contestata ai sensi dell'articolo 6 1. 401/1998. 4. Il ricorso è manifestamente infondato. 4.1 Affinchè possa ravvisarsi la materialità del delitto di istigazione a delinquere di cui all'articolo 414 c.p., occorre che sia posta in essere pubblicamente la propalazione di propositi aventi ad oggetto comportamenti rientranti in specifiche previsioni delittuose, propalazione effettuata in maniera tale da poter indurre altri alla commissione di fatti analoghi. Ne consegue che è indefettibile l'accertamento in ordine alla idoneità dell'azione posta in essere dall'imputato a suscitare consensi ed a provocare attualmente e concretamente - in relazione al contesto spazio-temporale ed economico-sociale ed alla qualità dei destinatari del messaggio - il pericolo di adesione al programma illecito. La valutazione circa la sussistenza di quest'ultimo requisito non può prescindere dalle stesse modalità del comportamento tenuto dal soggetto attivo, `sì che il giudice di merito deve individuare il perché la condotta incriminata - assistita dal c.d. dolo istigatorio, consistente nella coscienza e volontà di turbare l'ordine pubblico o la personalità dello Stato - sia da ritenersi dotata di forza suggestiva e persuasiva tale da poter stimolare nell'animo dei destinatari la commissione dei fatti criminosi propalati od esaltati Cass., Sez. I, 03/11/1997, numero 10641, Galeotto, rv. 209166 D'altra parte, entrambi i reati, sanzionati dall'articolo 414 c. p., eppertanto anche la condotta istigatrice, sono reati formali o di mera condotta, con evento di pericolo presunto, in quanto per essi non è richiesto il verificarsi né del danno temuto, né di una concreta situazione di pericolo Cass., Sez. I, 18/03/1983, rv. 160641 Bonanno . 4.2 Orbene, nel caso di specie i giudici di merito hanno richiamato il contesto di tempo e di luogo in cui si realizzarono i fatti di causa, il post partita tra squadre di calcio divise da storica ed acerrima rivalità, la condotta di accumulare pietre ed altri oggetti contundenti palesemente destinati al lancio contro presunti avversari, il coinvolgimento in tale condotta di altri giovani presenti sul luogo immediatamente preparatisi ad azioni violente mercè il travisamento dei volti. Non può pertanto dubitarsi che la condotta del prevenuto abbia assunto le connotazioni della pubblica esternazione di intenti delittuosi dati dallo scontro violento con la tifoseria avversaria ovvero contro le forze di polizia presenti in loco proprio perché prevista la situazione di pericolo detta e che tale condotta si sia dimostrata, in concreto, idonea a suscitare consensi in altri giovani presenti e con essi, per il contesto spazio-temporale e sociale e per la qualità dei destinatari del messaggio, il pericolo di adesione al programma illecito. A ciò oppone la difesa ricorrente rilievi di merito ed in diritto. Quanto ai primi appare agevole osservare che la tesi difensiva si incentra sulla assenza di giovani che abbiano raccolto il messaggio istigatorio del prevenuto espressosi con la raccolta di pietre ed oggetti contundenti, circostanza in fatto negata dai testi, pubblici ufficiali, le cui testimonianze rendono la censura di legittimità null'altro che tesi alternativa alla ricostruzione dei fatti logicamente e coerentemente operata dai giudicanti. Quanto invece al profilo più strettamente giuridico, si richiamano le considerazioni innanzi esposte sulla natura del reato contestato e sui profili oggettivi quelli soggettivi sono strettamente collegati per la concretizzazione del reato contestato, considerazioni che rendono del tutto irrilevanti le considerazioni difensive sulla mancata registrazione quel giorno di scontri tra le tifoserie e sul mancato utilizzo delle pietre raccolte. Il reato de quo, giova ribadirlo, si è consumato quando l'imputato ha raccolto il materiale da utilizzare per un futuro scontro, con tale condotta istigando altri giovani che hanno immediatamente seguito l'esempio per fare altrettanto. Appare opportuno al riguardo aggiungere che il reato di istigazione a delinquere non è configurabile nella forma del tentativo Cass., Sez. I, 29/05/2012, numero 24050 . Nulla sulla richiesta riqualificazione della condotta di cui al capo a in quella tipizzata all'articolo 6 1. 401/1998, giacchè argomento proposto per la prima volta nel presente giudizio di legittimità. 5. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende equitativamente fissata in euro 1000,00. P.Q.M. La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende.