In tema di cessione di sostanze stupefacenti, laddove il denaro costituisca prodotto o profitto o provento del reato, la confisca è consentita solo se ricorrono le condizioni previste dalle disposizioni generali del codice penale, ossia quando sussista il vincolo di pertinenzialità tra somma e reato di cui all’articolo 240, comma 1, c.p
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con sentenza numero 45535/19 depositata l’8 novembre. Il caso. Il Tribunale condannava l’imputato alla pena della reclusione e alla multa per il reato di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990, nonché disponeva la confisca della somma di denaro e dello stupefacente sequestrato, con distruzione di quest’ultimo. L’imputato ricorre per cassazione denunciando la violazione dell’articolo 240, comma 1, c.p. in relazione alla confisca della di denaro. Confisca somma di denaro. La Corte di Cassazione, ritenendo il ricorso meritevole di accoglimento, afferma che nei casi di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990 non è consentita la confisca obbligatoria del denaro, inteso come prodotto o profitto del reato ex articolo 12-sexies l. numero 356/1992. Infatti, prosegue il Collegio, «ove il denaro costituisca prodotto o profitto o provento del reato di cessione di sostanze stupefacenti, la confisca è comunque consentita solo se ricorrano le condizioni per farsi luogo ad essa ai sensi della disposizione generale del codice penale, ossia la sussistenza del vincolo di pertinenzialità tra somma e reato ex articolo 240, comma 1, c.p.». Nel caso di specie, non essendo stato rinvenuto alcun vincolo, la Cassazione annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, limitatamente alla confisca del denaro.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 ottobre – 8 novembre 2019, numero 45535 Presidente Mogini – Relatore Giorgi Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Genova, con sentenza del 25/09/2018 applicava ex articolo 444 c.p.p. e ss., a A.G. , in relazione al reato di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, la pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 6.000 di multa, nonché la confisca dei 170 Euro e dello stupefacente in sequestro con distruzione di quest’ultimo. 2. Il difensore di fiducia di A. ha presentato ricorso per cassazione avverso detta sentenza e ne ha chiesto l’annullamento, censurando 2.1. la violazione dell’articolo 240 comma 1 cod. pen in relazione alla disposta confisca della somma di denaro 2.2. il vizio di motivazione con riguardo alla congruità della pena. Considerato in diritto 1. Il motivo col quale il ricorrente si duole della mancanza di motivazione circa la congruità della pena-base applicata è manifestamente infondato. La formulazione dell’articolo 448 c.p.p., comma 2 bis a seguito della modifica introdotta con la L. numero 103 del 2017 consente il ricorso per cassazione contro la sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza . Ne deriva che il difetto di motivazione circa la congruità della pena è escluso dal novero dei casi di ricorso, donde l’inammissibilità del motivo. 2. È invece fondato il secondo motivo di ricorso, attinente alla violazione dell’articolo 240 c.p., comma 1. Nei casi di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 5, non è consentita la confisca obbligatoria del denaro inteso quale prodotto o profitto del reato ai sensi della L. numero 356 del 1992, articolo 12 sexies. Ove il denaro costituisca prodotto o profitto o provento del reato di cessione di sostanze stupefacenti, la confisca è comunque consentita solo se ricorrano le condizioni per farsi luogo ad essa ai sensi della disposizione generale del codice penale, ossia la sussistenza del vincolo di pertinenzialità tra somma e reato ex articolo 240 c.p., comma 1. Il provvedimento impugnato non individua detto vincolo, non potendosi ritenere esaustiva la generica affermazione circa il quantitativo di dosi rinvenuto e l’assenza di mezzi leciti di sostentamento in capo all’imputato, nè essendo oggetto di contestazione specifici episodi di cessione che avrebbero consentito di configurare in modo tranquillante il nesso di pertinenzialità. 3. La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio con riguardo alla confisca della somma di denaro. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca del denaro, di cui dispone la restituzione al ricorrente. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 626 c.p.p