Il «foglio di via» che dispone l’allontanamento ma non indica una destinazione basta per la condanna

Con la sentenza numero 46257/12, gli Ermellini superano un datato orientamento giurisprudenziale, ridefinendo i requisiti di legittimità dell’atto amministrativo e offrendo una più agile ermeneutica della norma anche se incompleto, l’atto è legittimo.

Il caso. Il Procuratore Generale impugnava l’assoluzione emessa dalla locale Corte d’Appello, la quale aveva negato la sussistenza del reato di inosservanza del «foglio di via» - ex articolo 2, l. numero 1423/1956 – ritenendo illegittimo l’atto amministrativo presupposto, del quale aveva poi disposto la disapplicazione – ex all. E, l. numero 2248/1865 – nel pendente processo penale. Una previsione composta. La previsione penale ha contenuto composto il questore localmente competente, verificata la pericolosità sociale dell’individuo, dispone l’ inibizione dal luogo di pertinenza e, recita la norma, ne ingiunge il ritorno nei luoghi di residenza. Completa il mosaico l’articolo 163 T.U.L.P.S. – speciale rispetto alla più generale ipotesi di reato prevista dall’articolo 650 c.p. - che sanziona l’inosservanza delle prescrizioni del tragitto nonché delle modalità temporali ed attuative imposte dal provvedimento. L’interpretazione parcellizzata dell’ordine Gli Ermellini fanno prevalere un’ermeneutica parcellizzata dell’ordine amministrativo le due prescrizioni hanno contenuti separati e dissociabili ai fini sanzionatori. Il questore può disporre l’allontanamento senza indicare il luogo di residenza quale sede naturale di destinazione previsto nell’imperativo questoriale, il che potrebbe richiedere l’apertura di una ulteriore, eventualmente ostica, istruttoria anagrafica. Integra il reato ex articolo 2 cit. anche la mera inosservanza dell’obbligo di allontanarsi dal luogo prescritto. supera il più rigido orientamento precedente. L’individuo pericoloso doveva essere allontanato secondo specifiche e definite direttive, dal luogo di provenienza a quello di destinazione. La giurisprudenza offriva una ermeneutica finalistica della norma citata, motivando le rigidità con esigenze di controllo dei movimenti di un individuo giudicato pericoloso per l’ordine e la sanità pubbliche, al quale non potevano essere concessi, ai fini garantisti dei beni tutelati dalla norma penale, spazi di discrezionalità sui modi, sui tempi o sui luoghi di destinazione dell’allontanamento. Prevaleva il nesso di strumentalità o funzionalità degli ordini contenuti nell’atto in assenza, la prescrizione amministrativa doveva essere ritenuta illegittima e la trasgressione penalmente irrilevante. La S.C., ritenendo superato tale orientamento, annulla con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 – 28 novembre 2012, numero 46257 Presidente Chieffi – Relatore Caprioglio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 21.4.2011, il Tribunale di Venezia, in composizione monocratica, assolveva R.F. dal reato di cui all'articolo 2 L. 1423/1956 che gli era stata contestato, in ragione del fatto che era stato rinvenuto sul territorio del comune di xxxxxxx, nonostante che gli fosse stato fatto espresso divieto dal Questore di Venezia, con provvedimento in data 6.8.2009, per la durata di tre anni. Il tribunale riteneva l'illegittimità dell'atto amministrativo e lo disapplicava, in ragione del fatto che all'imputato non venne impartito l'ordine di fare rientro nei luoghi di abituale residenza, ma solo il divieto di tornare a xxxxxxx, con conseguente carenza formale dell'atto che avrebbe dovuto prevedere prima del divieto, l'obbligo di fare rientro nel comune di residenza e cioè in omissis veniva infatti sottolineato che il provvedimento di cui all'articolo 2 l. 1423/1956 presuppone l'ingiunzione rivolta al soggetto pericoloso a fare rientro nel comune di residenza e poi l'inibizione del ritorno nel luogo da cui va allontanato. 2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la corte d'appello di Venezia, per dedurre con unico motivo, manifesta illogicità ed inosservanza dell'articolo 2 l. 1423/1956 secondo il ricorrente, il tribunale di Venezia avrebbe errato nell’interpretazione della norma suindicata, facendo richiamo ad un infelice indirizzo giurisprudenziale, ormai superato, secondo cui il Questore non avrebbe potuto intimare ad un soggetto pericoloso il divieto di rientro in uno specifico comune, se non dopo aver intimato il ritorno nel luogo di residenza. Vien fatto di rilevare che il Questore ben può da un lato prendere atto della pericolosità del soggetto e della sua ingiustificata presenza sul territorio di un certo comune e dall'altro - onde prevenire sue contestazioni sulla legittimità dell'individuazione del luogo di sua effettiva residenza -, astenersi dall'impartire l'ulteriore obbligo di rientro immediato nel luogo di residenza. Tanto è vero che l'intimazione di allontanamento da un comune può essere data anche a soggetto senza fissa dimora. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e merita accoglimento. È infatti principio anche recentemente affermato da questa Corte Sez. I, 7.6.2012, numero 29694 quello secondo cui l'articolo 2 l. 1423/1956 sanziona due distinte condotte antigiuridiche, previste alternativamente dalla norma l'inosservanza dell'obbligo di presentarsi nel comune di rimpatrio entro il termine assegnato dall'autorità amministrativa da un lato ed il mancato rispetto del divieto di fare ritorno senza autorizzazione, prima di un termine predeterminato, anch'esso stabilito dall'autorità amministrativo, nel territorio da cui il soggetto è stato allontanato, in quanto ritenuto motivatamente pericoloso, dall'altro. Nel primo caso si è in presenza di un reato istantaneo, nel secondo di un reato permanente, atteso che la condotta antigiuridica si protrae per tutto il tempo del soggiorno nel luogo vietato Sez. I, 2.10.1997, numero 1366 . Contrariamente a quanto argomentato nella sentenza impugnata - facente riferimento ad un risalente precedente di questa Corte Sez. I, 30.4.1973, numero 1273 - in base alla mera interpretazione letterale della norma è dato cogliere che la previsione normativa attribuisce autonomo rilievo ai due comportamenti antigiuridici, il cui presupposto è costituito dall'adozione del provvedimento amministrativo che trova la sua ragione d'essere nella pericolosità sociale manifestata dal soggetto in un determinato contesto territoriale pericolosità che impone alternativamente, o l'allontanamento c.d. foglio di via da un determinato territorio, ovvero il divieto di farvi ritorno per un prefissato periodo di tempo. Il presupposto del reato non è costituito da un provvedimento amministrativo complesso che, ai fini della sua rituale emissione, presuppone un duplice ordine di prescrizioni, poiché è sufficiente ai fini della sua legittimità che contenga l'imposizione anche solo di uno dei due diversi tipi di ordine, funzionali a garantire l'ordine pubblico. La contestazione formulata dal pubblico ministero nei confronti dell'imputato appare rispettosa dei principi in precedenza enunciati, in quanto la condotta vietata, di cui il ricorrente è stato chiamato a rispondere, è quella di inosservanza dell'ordine impartito dal Questore di Venezia di non fare ritorno, senza preventiva autorizzazione, nel comune di Venezia comprese le relative frazioni per la durata di tre anni a decorrere dalla notifica del provvedimento amministrativo. Al contrario, la sentenza impugnata non ha correttamente interpretato e applicato la L. numero 1423 del 1956, articolo 2, laddove ha ravvisato un inscindibile nesso strumentale e funzionale tra le due prescrizioni amministrative, ciascuna dotata di sua autonomia, il cui mancato rispetto integra il reato contestato. Si impone l'annullamento della sentenza impugnata, con il rinvio per il giudizio di secondo grado alla Corte d'appello di Venezia, avendosi riguardo a ricorso interposto dal PG, omisso medio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Venezia.