Riconosciuta la perdita, per la donna, del compossesso dell’immobile, e il relativo conteggio dei danni. A risponderne solo il marito, salva, invece, la buonafede della coppia che aveva sottoscritto il contratto di locazione.
Separazione in corso, con casa coniugale ancora da assegnare. Situazione precaria, anche per i rapporti tra i coniugi. Anche per questo, l’azione dell’uomo – che affitta l’appartamento a una coppia – è assolutamente illegittima. Ciò che non è logica conseguenza – come da Cassazione, sentenza numero 3130/2012, Seconda sezione Civile, depositata oggi – è addebitare agli affittuari la complicità nello spoglio. Casa, amara casa. Ultimi, rilevanti strascichi nei rapporti ormai bruciati tra moglie e marito, tra questi anche la casa coniugale, su cui la donna rivendica il proprio diritto di possesso, leso, a suo avviso, dalla decisione del suo oramai ex compagno di affittare l’immobile. Di fronte ai ‘nuovi ingressi’, la donna sceglie di adire le vie legali, chiedendo il reintegro «nel possesso della casa coniugale», accusando il marito e il fratello di quest’ultimo per lo spoglio e addebitando anche alla coppia di inquilini una sorta di ‘complicità’. Vittoria parziale. Per i giudici, però, le richieste della donna non possono essere accolte completamente. Così, in primo grado, viene respinta l’ipotesi della «reintegra del possesso della casa coniugale», da un lato, ma, dall’altro, viene stabilito che dovrà essere ristabilito, a favore della donna, «il possesso dei beni mobili di sua esclusiva proprietà o di proprietà comune». A corredo, poi, anche «il risarcimento dei danni», sempre a favore della donna, per «la perdita del compossesso dell’immobile». Gli addebiti, però, sono riconosciuti soltanto a carico del marito e del cognato. E questa visione viene confermata anche in Appello, perché è considerata acclarata la buonafede della coppia che aveva affittato la casa contestata. In malafede? Eppure, la donna prosegue nella sua battaglia, proponendo ricorso in Cassazione obiettivo è vedere riconosciute le proprie ragioni anche rispetto ai due nuovi inquilini della casa coniugale. A questo proposito, la donna, tramite il proprio difensore, afferma di avere fornito «la prova della malafede» della coppia, divenuta affittuaria della casa coniugale «in epoca immediatamente prossima alla separazione» questo dato cronologico doveva, ad avviso della donna, far ritenere la coppia «consapevole dello spoglio». Dichiarazione salvifica. Per i giudici di Cassazione, però, la ricostruzione dei fatti, così come acclarata sia in primo che in secondo grado, è chiarissima sufficienti le dichiarazioni dei due inquilini, i quali hanno affermato che «era stato loro riferito dell’avvenuta separazione» dall’uomo. Salva, quindi, la posizione della coppia, mentre l’uomo e il fratello vedono completamente confermate le loro responsabilità. Per il marito, difatti, resta accertata l’azione incriminata, ossia l’aver nascosto alla moglie «la locazione, avvenuta soltanto poco tempo dopo l’allontanamento dall’appartamento», mentre per il cognato della donna non è sufficiente a salvarsi l’affermare di aver partecipato «solo alla stipula del contratto di locazione, in quanto comproprietario dell’immobile» e non alla «vicenda» in toto.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 gennaio – 29 febbraio 2012, numero 3130 Presidente Schettino – Relatore Bursese Svolgimento del processo La sig.ra A.D.G. con atto notif. il 22.5.98 chiedeva al Pretore di Adrano di essere reintegrata nel possesso della casa coniugale, sita in Adrano alla via Calcagno 38, di cui era stata spogliata ad opera del marito A.P. e del fratello di questi, A.P., comproprietario pro indiviso dell'immobile stesso. Precisava che coautori del lamentato spoglio dovevano ritenersi anche i coniugi A.C. e D.F., che avevano preso in locazione l'immobile stesso nella consapevolezza di ledere il suo possesso. II giudice adito divenuto poi tribunale di Catania sez. distaccata di Adrano rigettava il richiesto provvedimento di reintegra del possesso della casa coniugale, ma accoglieva in parte le ulteriori domande attrici, condannando il coniuge A.P. a reintegrare l'istante nel possesso dei beni mobili di sua esclusiva proprietà o di proprietà comune, nonché, unitamente al fratello A., al risarcimento dei danni per la perdita dei compossesso dell’immobile, compensando interamente tra le parti le spese del processo. Avverso la predetta sentenza proponeva appello in via principale la D.G., contestando in modo particolare l'affermazione del tribunale che aveva considerato in buona fede i coniugi C.-F., conduttori dell'unità immobiliare, erroneamente ritenuti inconsapevoli dello spoglio subito dall'attrice i fratelli P. formulavano ciascuno appello incidentale con riferimento alla loro asserita responsabilità per lo spoglio in parola. L'adita Corte d'Appello di Catania con sentenza numero 314/05 depos. in data 22.3.2005 rigettava sia l’appello principale che quelli incidentali, compensando le spese del grado. La Corte siciliana ribadiva l'esistenza dei lamentato spoglio ad opera dei P., ma sosteneva, in modo particolare, che sulla base delle emergenze istruttorie, mancava la prova della consapevolezza dei coniugi C.-F. in ordine allo spoglio patito dalla D.G Per la cassazione della suddetta decisione ricorre A.D.G. sulla base di una sola censura. Resistono gli intimati A. ed A.P. con controricorso, proponendo autonomo ricorso incidentale. Gli altri intimati non hanno svolto difese. Motivi della decisione Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi. Con l'unico motivo del ricorso principale la D.G. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1168, 1169, 2697 c.c. e articolo 111 c.p.c. in relazione all'articolo 360, II co. numero 3 e 5 c.p.c., nonché l'insufficiente o contraddittoria motivazione. La censura che ripropone il motivo d'appello a suo tempo da lei formulato è volta a dimostrare, attraverso l'esame delle risultanze istruttorie dichiarazione testimoniali e delle parti in sede d'interrogatorio formale di avere fornito, con riferimento ai disposto di cui all'articolo 1169 c.c., la prova della malafede dei convenuti C. -F. che erano divenuti affittuari della casa coniugale in epoca immediatamente prossima alla separazione della D.G. con il P., ciò che induceva a ritenerli consapevoli dello spoglio sofferto da essa esponente. Osserva il Collegio, invero, che le denunciate violazioni di legge come il vizio motivazionale si risolvono in definitiva in questioni di merito, in mere valutazioni delle emergenze istruttorie, come tali incensurabili in sede di legittimità, attesa la corretta, congrua e logica motivazione della sentenza impugnata. Nella fattispecie in esame la corte siciliana ha invero convenientemente apprezzato le dichiarazioni rese dai coniugi C.-F. secondo cui era stato loro riferito dell'avvenuta separazione della D.G. dal proprio marito e del teste R., ispettore di polizia, traendone valutazioni dei tutto logiche e consequenziali che ben possono essere condivise. Secondo il costante insegnamento di questa S.C. “ .il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex articolo 360 numero 5 c.p.c., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte perché la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico - formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all'uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” Cass. Sez. U, numero 5802 del 11/06/1998 Cass. numero 1892 del 11.2.2002 Cass. numero 15604 del 12.07.2007 . Passando all’esame del ricorso incidentale di A.P., questi, con l'unico motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell' articolo 112, 132 numero 4, 342 c.p.c., nonché degli articolo 1362 e 2697 c.c. in relazione all'articolo 360, II co. numero 3, 4 e 5 c.p.c., nonché il vizio di motivazione. L'esponente sostiene che mancherebbe del tutto la motivazione che ha cariato la Corte d' Appello a ritenere inammissibile l'appello incidentale da lui proposto circa l'insussistenza dello spoglio. Sostiene che il tribunale aveva accolto la domanda di spoglio “perché il resistente avrebbe nascosto alla ricorrente la locazione e perché questa .sarebbe avvenuta “soltanto poco tempo dopo l'allontanamento dell’appartamento meno di un mese .” A sua volta la Corte d'Appello, “ .chiamata a decidere sull'appello incidentale dell'odierno ricorrente. che lamentava il deserto motivazionale della sentenza impugnata in conseguenza della totale omissione di valutazione delle risultanze probatorie, dichiarava il motivo inammissibile difettandone il requisito della specificità in violazione dell'articolo 342 c.p.c. In realtà ai fini di stabilire la specificità dei motivi d'appello, occorrerebbe avere riguardo alla maggiore o minore articolazione della motivazione della sentenza impugnata, che nenia fattispecie era alquanto succinta. La doglianza è infondata, sembrando corretta la tesi della Corte d'Appello circa l'evidente genericità dei motivi d'appello e quindi dell'inammissibilità della relativa censura. Il giudice a quo ha infatti osservato che il P., con la sua doglianza, si era solo limitato ad osservare che il giudice d primo grado aveva ritenuto la sussistenza dei lamentato spoglio. senza tuttavia spiegarne le ragioni e totalmente omettendo di valutare le risultanze probatorie acquisite . A suo dire, dalle testimonianze assunte risulterebbe insussistenza degli elementi costitutivi dello spoglio . Ai riguardo si sottolinea che secondo questa S.C., nell'atto d'appello alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi la parte argomentativa, che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, onde non è sufficiente che l'appello individui le statuizioni concretamente impugnate, ma è necessario pur quando la sentenza impugnata sia stata censurata nella sua interezza, che le ragioni sulle quali si fonda il gravarne siano esposte con sufficiente grado di specificità, da correlare pertanto con la motivazione della sentenza impugnata . Cass. numero 3805 del 15/04/1998 Cass. Sez. 2, numero 10680 del 22/07/2002 . Alla luce di queste osservazioni, deve escludersi che i motivi d'appello che l'esponente avrebbe dovuto trascrivere in omaggio del principio dell'autosufficienza del ricorso Cass. numero 15808 del 12.6.2008 avessero i requisiti minimi della specificità richiesti dalla norma citata articolo 342 c.p.c. , per cui deve ritenersi corretta e condivisibile la decisione impugnata. Passando all'esame dei ricorso incidentale di A.P., questi, con l'unico motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112, 132 numero 4, 342 c.p.c., nonché degli articolo 1362 e 2697 c.c. in relazione all'articolo 360, II co. numero 3, 4 e 5 c.p.c., nonché il vizio di motivazione. Lamenta che la Corte siciliana ha rigettato l'appello da lui proposto circa la propria estraneità ai fatti dei presunto spoglio dei possesso lamentato dalla cognata. In realtà egli non aveva partecipato ai fatti in esame, ma solo alla stipula dei contratto di locazione in quanto comproprietario dell'immobile insieme al proprio fratello A. egli però non era mai stato presente e partecipe nella vicenda, ma si era limitato a riferire in assoluta buonafede ai nuovi inquilini le cose che aveva appreso dai fratello , cioè la circostanza che i coniugi si erario separati, lasciando libera pertanto la loro casa coniugale. La doglianza è infondata, risolvendosi anch'essa in una postulazione di diversa e più appagante interpretazione dell'e emergenze istruttorie, su cui' il giudice a quo si è correttamente espresso con motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici. Si rinvia a tal fine alle considerazioni sopra svolte circa la configurabilità del vizio motivazionale. In conclusione devono essere rigettati tanto il riscorso principale che quelli incidentali. Stante la soccombenza di tutte le parti, si ritiene di compensare le spese. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. compensando le spese processuali tra tutte le parti.