Il manufatto costruito dalla vicina non viola le regole sulle distanze, ma, essendo appena più alto del muro di confine, comporta una diminuzione di amenità, comodità e tranquillità del fondo della parte attrice per questo è corretta la corresponsione di un – seppur modesto – risarcimento.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 2480/13, depositata il 1° febbraio. Il caso. La proprietaria di un fondo viene condannata a rifinire il muro di confine con la proprietà della parte attrice, mentre viene rigettata la domanda di quest’ultima volta ad ottenere la demolizione di una tettoia e la connessa domanda risarcitoria. In parziale riforma della pronuncia di primo grado, i giudici di Appello, ribadendo la necessità di intonacare il muro, condannano però la convenuta a pagare una somma equitativamente determinata a favore degli attori, che avevano subito una diminuzione di amenità, comodità e tranquillità nonostante la tettoia fosse appena più alta del muro di confine. Deve invece escludersi la lamentata violazione delle distanze. La questione è allora posta al vaglio della S.C Distanze e destinazione d’uso violate le regole? Con un primo motivo di ricorso, gli originari attori lamentano che la tettoia in questione non sarebbe in contatto con il muro di confine e ribadiscono che il manufatto non rispetterebbe le prescrizioni del piano regolatore in ordine alla distanza tra costruzioni inoltre la sua destinazione d’uso sarebbe stata modificata da serra a parcheggio . Gli Ermellini rilevano tuttavia che il CTU ha correttamente spiegato che il mancato appoggio della tettoia sul muro non dimostra la presenza di una significativa distanza dal confine stesso. Quanto alla destinazione d’uso, da un lato la doglianza costituisce questione nuova, dall’altro non si comprende la sua rilevanza ai fini della decisione. La parete non è finestrata. E’ parimenti nuovo il rilievo che la costruzione non avrebbe potuto essere realizzata per la parte superiore al muro la seconda censura, poi, non coglie la ratio decidendi della pronuncia laddove contesta la mancata applicazione della distanza tra pareti finestrate, in quanto i giudici di appello hanno ben motivato il difetto di prova sulla natura di parete finestrata della veranda appartenente agli attori. Non censurabile l’importo del risarcimento. La terza doglianza ha per oggetto la determinazione della somma dovuta a titolo di risarcimento, pari a 500 euro, importo che sarebbe troppo esiguo a fronte del nocumento causato dalla tettoia e riconosciuto dalla stessa Corte territoriale la Cassazione ricorda però che la quantificazione del danno in via equitativa ha inevitabilmente un certo grado di approssimazione ed è censurabile in sede di legittimità solo qualora la giustificazione atta a sorreggere la statuizione in merito manchi totalmente, si discosti dalla comune esperienza o sia radicalmente contraddittoria. La causa ha valore determinabile. Neppure l’ultimo motivo di ricorso, riguardante la liquidazione degli onorari, può trovare accoglimento la controversia, infatti, non ha valore indeterminabile, come sostenuto dai ricorrenti, bensì determinabile ex articolo 15 c.p.c. in base alle rendite catastali. Per questi motivi la S.C. rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 dicembre 2012 – 1 febbraio 2013, numero 2480 Presidente Oddo – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con sentenza del 20.9.2001 il GOA del Tribunale di Catania, in parziale accoglimento della domanda svolta con citazione de 6.4.94 da I.V. , A. , M. , W. e D. , condannava B.M.L. a rifinire il muro di confine con la proprietà di parte attrice, rigettando,invece, sia la domanda di demolizione di una tettoia realizzata dalla convenuta sul proprio fondo e di cui gli attori avevano lamentato l'inosservanza delle distanze legali e sia la connessa domanda risarcitoria compensava le spese giudiziali tranne quelle di C.T.U. poste a carico degli attori. Avverso tale sentenza proponevano appello I.M. e P.S. , quali aventi causa dagli altri attori in primo grado, in forza di contratto di compravendita del 14.1.98, chiedendo, in riforma della sentenza di primo grado, la condanna della B. alla demolizione della tettoia,al risarcimento dei danni ed al rimborso delle spese processuali. Si costituiva la B. ed, in via incidentale, chiedeva la riforma della sentenza nella parte in cui era stata condannata all'intonacatura del muro di confine da lei realizzato. Con sentenza depositata il 9.11.2005 la Corte d'Appello di Catania, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava la B. al pagamento, in favore degli appellanti, della somma, equitativamente determinata, di Euro 500,00 oltre interessi, a titolo di risarcimento del pregiudizio subito, per nove anni, dagli appellanti incidentali per la diminuzione di amenità, comodità e tranquillità, considerata la modestia del danno stesso grattandosi di tettoia poco più alta del muro si confine cui era addossata compensava per metà le spese di entrambi i gradi e condannava la B. a rifondere agli appellanti la restante parte delle spese, ponendo quelle della C.T.U. espletata in primo grado a carico delle parti in eguale misura. Osservava la Corte territoriale che la tettoia era da considerarsi del tutto legittima, posto che il sopravvenuto strumento urbanistico, in vigore dal 1999, consentiva di costruire in aderenza al confine e che il C.T.U. aveva accertato che la tettoia “è posta sul confine doveva escludersi, peraltro, la lamentata violazione delle distanze tra pareti finestrate per difetto di prova, da parte degli appellanti, sulle modalità costruttive della loro veranda ed avendo la B. , nella sua comparsa di risposta, evidenziato che tale veranda era aperta e che la propria tettoia era sorretta da pilastri in legno e non aveva, quindi, alcuna parete ribadiva l'obbligo della B. di provvedere alla intonacatura del muro di confine, trattandosi di opera a completamento del manufatto stesso. Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso i coniugi P.S. ed I.M.A. formulando quattro motivi. Resiste con controricorso e memoria la B. proponendo, altresì, ricorso incidentale limitatamente alla propria condanna al risarcimento del danno. Motivi della decisione I ricorrenti deducono 1 violazione e/o falsa applicazione degli articolo 873 c.p.c. e 878 c.p.c. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione essendo incontestato che la tettoia della B. non fosse in alcun modo in contatto con il muro di confine, doveva ordinarsi la demolizione ovvero l'arretramento della tettoia stessa,ai sensi degli articolo 873 c.c. e dell'articolo 20 del P.R.G. del Comune di Viagrande che consentiva di costruire ad una distanza di mt. 5 dal confine o in aderenza allo stesso peraltro detto manufatto aveva un'altezza superiore al muro di cinta posto sul confine e, pertanto, anche sotto tale profilo, non costituiva una costruzione in aderenza ed avrebbe dovuto rispettare le distanze legali tra costruzioni, essendone stata, fra l'altro,modificata la destinazione d'uso a parcheggio anziché a serra , come previsto nella relativa autorizzazione 2 violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 9 del D.M. numero 1444/68 omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione,laddove il Giudice di appello aveva ritenuto i-napplicabile detta norma benché i fondi di proprietà delle parti fossero divisi da un muro di cinta con altezza inferiore a tre metri che non poteva, perciò, essere considerato costruzione ai fini del computo della distanza legale ex articolo 878c.c. in ogni caso, la tettoia, quand'anche ritenuta edificata in aderenza al confine,era illegittima nella parte frontistante la parete finestrata degli attori, stante l'inosservanza della distanza di dieci metri 3 omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione quanto alla determinazione della somma Euro 500,00 dovuta dalla B. a titolo di risarcimento del danno la Corte territoriale aveva liquidato una somma palesemente esigua con motivazione contraddittoria in quanto, da un lato, aveva riconosciuto il grave nocumento derivante dalla tettoia a causa della diminuzione dell'amenità, comodità e tranquillità e, dall'altro, aveva affermato che il pregiudizio degli appellanti era modesto, trattandosi di una semplice tettoia poco più alta del muro di confine 4 violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 92 c.p.c. e del D.M. 585/94, per avere il giudice di appello liquidato gli onorari, per il primo ed il secondo grado di giudizio, in violazione della tariffa professionale vigente al momento in cui la prestazione professionale era stata portata a termine, senza tener conto, inoltre,che si trattava di controversia di valore indeterminabile. Deve,preliminarmente, disporsi, ex articolo 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso la medesima sentenza. Sull'appello incidentale, avendovi la resistente rinunciato con memoria depositata il 24.10.2012, va dichiarata la cessazione della materia del contendere. Il ricorso principale è infondato. Quanto al primo motivo si osserva che la sentenza ha affermato,sulla base di quanto accertato mediante C.T.U., che la tettoia era posta sul confine con valutazione sorretta da logica motivazione ha, inoltre, evidenziato che il mancato appoggio della tettoia sul muro ed il fatto che la stessa non fosse sorretta da autonomi pilastri non costituiva circostanza dimostrativa di alcuna significativa distanza dal confine stesso. La questione sulla destinazione della tettoia ad uso diverso da quello per cui era stata autorizzata è nuova e, come tale,inammissibile e non è dato comunque, ravvisarne la rilevanza ai fini della decisione. Del pari nuovo oltreché inficiato da astrattezza, è il generico rilievo che per la parte superiore al muro la costruzione non avrebbe potuto essere realizzata sul confine sicché di tale questione è precluso l'esame. Il secondo motivo, nella parte in cui fa riferimento alla distanza tra gli edifici prevista dallo strumento urbanistico, distanza che potrebbe essere stata violata dalla costruzione sul confine della tettoia in quanto distante due metri dal fabbricato degli attori, costituisce questione nuova non coglie, invece, la ratio decidendi, il profilo della censura relativo alla mancata applicazione della distanza fra pareti finestrate, avendo la sentenza impugnata dato conto, con adeguata motivazione, del difetto di prova sulla natura di parete finestrata della veranda appartenente degli attori e sul fatto che la tettoia integrasse una parete. La terza doglianza è infondata in quanto attiene alla quantificazione del danno in via equitativa. Sul punto va rammentato che la valutazione equitativa del danno contiene inevitabilmente, per sua natura, un certo grado di approssimazione della relativa statuizione ed è suscettibile di rilievi in sede di legittimità solo se difetti totalmente la giustificazione che sorregge la statuizione medesima, o macroscopicamente si discosti dai dati di comune esperienza, o sia radicalmente contraddittoria v. Cass. numero 1529/2010 numero 12318/2010 . Nella specie detto apprezzamento risulta sufficientemente motivato, quanto alla determinazione dell'importo monetario del danno, con riferimento al fatto che la tettoia era poco più alta dello stesso muro di confine al quale é addossata , senza che possa individuarsi alcuna contraddizione e in relazione alla natura del danno in concreto configu-rato diminuzione di amenità, comodità e tranquillità del fondo . Privo di fondamento è, infine, il quarto motivo, posto che trattasi di controversia, relativa a bene immobile, il cui valore va determinato, ai sensi dell'articolo 15 c.p.c., in base alle rendite catastali nel controricorso, peraltro, è stato indicato un valore della controversia compreso tra Euro 1.100,00 ed Euro 5.200,00 ed, in ogni caso, secondo il disposto di detta norma, gli onorari non potevano essere commisurati a quelli previsti dalle tariffe per controversie di valore indeterminato. In conclusione il ricorso principale va rigettato. Ricorrono giusti motivi,avuto riguardo all'esito della lite ed alla diversità delle decisioni nei diversi gradi di giudizio, per compensare integralmente fra le parti le spese processuali del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso incidentale rigetta il ricorso principale e compensa fra le parti le spese del giudizio di legittimità.