Telefonate senza limiti? Il cellulare è della PA, quindi è reato … ma quale?

Saranno le Sezioni Unite della Corte di Cassazione a cui è stata rimessa la questione a decidere quale reato si configura in caso di uso illecito di telefoni cellulari della pubblica amministrazione.

E’ la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione che, con l’ordinanza numero 36760/2012 depositata il 24 settembre, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite. Il caso. Un ambasciatore italiano effettuava telefonate di carattere privato e comunque estranee all’attività d’ufficio per migliaia di euro. Scattava così la dichiarazione di colpevolezza per il reato di peculato, sia in primo che in secondo grado. L’imputato ripropone, nel ricorso per cassazione, la questione della qualificazione giuridica dell’uso per fini personali di utenza di telefono cellulare assegnata per ragioni di ufficio. La giurisprudenza di legittimità evidenzia la necessità di accertare le ragioni, la quantità e la frequenza di tali utilizzazioni nel periodo di contestazione, dando rilievo anche al costo impropriamente rimasto a carico della PA. Rilevanza penale solo se l’uso non è occasionale. In sostanza, precisa la S.C., «l’uso “saltuario, occasionale e modestissimo” o “per casi eccezionali” o “non abituale e ragionevole uso per scopi personali” è inidoneo ad assumere rilevanza penale» Cass., sent. numero 5010/2012 . I giudici di merito, in questo senso, «hanno giudicato la frequenza, il numero, la durata e gli importi complessivi delle conversazioni non correlate a ragioni d’ufficio idonei ad integrare l’uso privato penalmente rilevante». Detto questo, però, gli Ermellini affermano che, adesso, si tratta di verificare «se tale uso infedele o improprio, non debba essere ricondotto in fatto all’utilizzazione irregolare, illegittima, di un servizio messo a disposizione dell’Amministrazione per finalità di ufficio, piuttosto che all’appropriazione materiale di un bene/energia». Le Sezioni Unite dovranno qualificare la fattispecie penale. Le Sezioni Unite dovranno decidere «se l’uso per fini personali di utenza di telefono cellulare assegnata per ragioni di ufficio configuri il delitto di peculato di cui all’articolo 314, co. 1, c.p. o non piuttosto il delitto di cui all’articolo 323 c.p. abuso d’ufficio o quello di cui all’articolo 640, co. 2 numero 1, c.p. truffa ».

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, ordinanza 18 luglio – 24 settembre 2012, numero 36760 Presidente Agrò – Relatore Citterio Considerato in fatto 1. U.A V. è imputato, da solo, di peculato continuato capo A per avere utilizzato più utenze cellulari belghe, di cui aveva il possesso per ragioni di ufficio, nella qualità di ambasciatore e Capo della Rappresentanza permanente d'Italia presso l'Unione Europea, effettuare telefonate di carattere privato e comunque estranee all'attività d'ufficio per importi corrispondenti a 12.409 Euro circa nel periodo settembre 2001/dicembre 2002 e 11.650 circa nel periodo 2003 sulla prima, a 7.467 circa nell'anno 2002 sulla terza, a complessivi Euro 7.919 circa sul terzo gruppo sei utenze relative a periodi diversi del 2003 a tali importi dovevano aggiungersi le telefonate private ricevute sugli stessi, con addebito all'Amministrazione per il costo del relativo roaming internazionale. Insieme con B.G S. , cancelliere contabile presso la medesima Rappresentanza, era altresì imputato di concorso in falso ideologico capo C, contestato al V. in dibattimento , per il contenuto dell'attestazione redatta in data 22.1.2004 dal secondo su istigazione e nell'interesse del V. , secondo cui S. avrebbe ricevuto dal V. stesso la somma di Euro 11.650,67 quale conguaglio per le spese non di servizio relative al 2003 e per una delle utenze, quando invece all'epoca il rimborso non era ancora avvenuto. SALAPARUTA era poi imputato originariamente anche di favoreggiamento personale capo D . 1.1 Il 16.4.2009 il Tribunale di Roma affermava la colpevolezza dei due imputati per tutti i delitti come loro ascritti per V. ritenendo più grave il delitto di falso e su di esso quantificando la pena base . Con sentenza dell'8.6.2011 la Corte d'appello di Roma assolveva il S. dal reato di cui al capo D perché il fatto non costituisce reato perché mancava la prova che S. avesse voluto altro che il solo salvaguardare le aspettative di carriera del V. , evitandogli problemi disciplinari confermava nel resto, previo argomentato confronto con tutte le deduzioni difensive degli imputati, salva l'applicazione a V. dell'attenuante di cui all'articolo 62 numero 4 c.p. relativamente al reato satellite di peculato, diminuendo conseguentemente la pena quantificata come aumento per la continuazione. 2. Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso a mezzo dei difensori il V. solo per il delitto di peculato di cui al capo A . 2.1 V. enuncia questi tre motivi 1 - Erronea applicazione dell'articolo 314 c.p. e motivazione apparente, illogica e contraddittoria. Secondo il ricorrente il delitto di peculato non sarebbe configurabile nel caso di uso indebito dell'apparecchio cellulare da parte del pubblico ufficiale, non potendo i cosiddetti impulsi elettronici essere sussunti nella nozione di cosa mobile suscettibile di appropriazione, perché non costituirebbero entità materiale preesistente alla condotta tipizzata e già nel possesso o almeno nella disponibilità del soggetto agente al momento della condotta attiva, in quanto essi verrebbero ad esistenza solo a seguito, e quindi dopo, la condotta contestata. Il motivo ricorda la giurisprudenza di legittimità che ha individuato l'oggetto materiale della condotta appropriativa nell'apparecchio telefonico sent 3009/1996, 6364/1997 ed anche addirittura escluso la sussistenza del peculato viene indicata la sent. 16245/2001, ma il richiamo pare a testo diverso da quello effettivo di quella decisione , da atto del diverso successivo orientamento, proprio con riferimento agli impulsi elettronici, e appunto lo contrasta richiamando l'insegnamento che qualifica il peculato d'uso nell'appropriazione temporanea di un veicolo pur in presenza del consumo irreversibile dell'energia cinetica pertinente, configurando invece l'abuso d'ufficio nel caso della condotta di mera distrazione, e comunque affermando che l'appropriazione presuppone l'estromissione totale del bene dal patrimonio dell'avente diritto Sez. 2, sent 18160/2010 . In definitiva, l'allontanamento dal concetto di entità materiale, che si verificherebbe considerando gli impulsi elettronici quali possibile oggetto di condotta appropriativa rilevante ai fini del peculato, contrasterebbe con il principio di tassatività della fattispecie penale e con il divieto di interpretazione analogica, senza che possa rilevare in proposito la disposizione del capoverso dell'articolo 624 c.p., perché l'energia suscettibile di appropriazione, considerata da tale norma, sarebbe preesistente alla condotta di sottrazione in quanto già stoccata nei centri di produzione energetica, mentre l'energia generata dall'apparecchio di telefonia mobile necessaria per la conversazione telefonica sarebbe generata simultaneamente alla condotta, in realtà allora solo distrattiva. In altri e conclusivi termini la condotta di “generazione di impulsi elettronici per fini estranei a quelli dell'ufficio” con correlativo danno della Pubblica amministrazione configurerebbe al più un abuso d'ufficio il ritorno al rilievo dato all'apparecchio telefonico configurerebbe il peculato d'uso essendo l'apparato sempre tornato nella disponibilità dell'Amministrazione dopo l'uso entrambe tali fattispecie sarebbero prescritte. Il contrasto giurisprudenziale imporrebbe comunque rassegnazione del ricorso alle Sezioni unite. 2- Inosservanza degli articolo 59.4 e 47 c.p., nonché vizi della motivazione sul mancato riconoscimento dell'esimente putativa del consenso dell'avente diritto. La Corte distrettuale avrebbe riconosciuto l'esistenza di un'apparente situazione di tolleranza, da parte dell'Amministrazione di appartenenza, sulla base della documentazione prodotta da ultimo una nota dello stesso ministro F. , sulla possibilità di un rimborso successivo all'Erario consentito senza limitazione di tempi e costi , ma erroneamente avrebbe ritenuto irrilevante l'esistenza di prassi contra legem, in realtà nel caso di specie trattandosi di errore non sulla legge penale bensì su atti amministrativi e comportamenti concludenti della Pubblica amministrazione nella specie disposizioni di carattere amministrativo che disciplinavano l'utilizzazione dell'apparecchio cellulare fornito in dotazione al personale delle ambasciate . L'accettazione da parte dell'Amministrazione, secondo il ricorrente ammessa anche dal Giudice d'appello, avrebbe costituito manifestazione almeno tacita o apparente di consenso, trovando riscontro in circolari e direttive, anche del ministro, emanate in tempi successivi, e sarebbe stata comunque ribadita nella missiva inviata all'imputato dal medesimo ministro. 3- Vizi della motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza della fattispecie di peculato d'uso, perché la Corte distrettuale avrebbe solo richiamato precedenti giurisprudenziali senza rispondere specificamente ai rilievi d'appello relativi al fatto concreto, nel quale l'appropriazione dell'apparecchio sarebbe stata comunque temporanea e con successivo integrale rimborso. 2.1.1 I difensori hanno poi enunciato motivi nuovi, con atto depositato il 18 maggio che anche allega il testo di una circolare del 10.2.2005 sull'uso della telefonia fissa e mobile degli uffici all'estero per il vero prevedendo il pagamento delle conversazioni private prima dell'emissione della fattura e di una nota 13.6.2005 del Dipartimento della funzione pubblica sulla sua conformità a precedente direttiva di quel Ministro in data 30.10.2001. Il 6 luglio è stata presentata ulteriore memoria difensiva, che ripropone il punto della non configurabilità della condotta di peculato per l'uso personale di telefono mobile del quale si abbia il possesso per ragioni d'ufficio, in ragione delle modalità tecniche di funzionamento dello strumento. 2.2 S. enuncia invece tre motivi relativi al capo C 1 - violazione di legge e “carenza” di motivazione sulla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato ex articolo 43 e 479 c.p 2 - Medesimi vizi in ordine all'elemento oggettivo. A fronte dell'ambiguità del termine il termine “provveduto” dovendo essere collegato al resoconto fornito dal V. e non all'avvenuto rimborso che avrebbe assunto rilievo accusatorio solo con la successiva produzione giudiziale da parte del coimputato , doveva escludersi la prova certa del dolo di falso, affermata dalla Corte d'appello senza tener conto “delle emergenze processuali” e dell'interpretazione riproposta nel motivo di ricorso. 3 - Motivazione contraddittoria e “illogica” in relazione alla sorte dell'elemento psicologico per il delitto di favoreggiamento e per quello di falso in relazione alta medesima scrittura del 22.1.2004, posto che nella concreta contestazione dell'imputazione i due aspetti sarebbero risultati inscindibili, il dolo di falso non potendo sussistere autonomamente se non per il contestuale intento di favorire il V. , la cui pendenza giudiziaria all'epoca era ignota a S. . 2.2.1 Il 2 luglio sono stati depositati motivi aggiunti, con deduzioni a sostegno della soluzione giurisprudenziale minoritaria in tema di elemento soggettivo nel reato ex art, 479 c.p. e, comunque, dell'assenza in concreto di alcun dolo di falso. Considerato in diritto 3. Il primo motivo del ricorso di V. ripropone la questione della qualificazione giuridica dell'uso per fini personali di utenza di telefono cellulare assegnata per ragioni di ufficio. Il ricorrente in particolare prospetta la questione sotto il profilo delle attuali modalità tecniche di funzionamento dell'apparato cellulare e del sistema di comunicazioni del quale questo partecipa, che impedirebbero di ricondurre, oggi, il fenomeno alla condotta, tassativamente definita, di appropriazione di cosa mobile o energia economicamente valutabile già appartenente a diverso soggetto. 3.1 L'insegnamento consolidato di questa Corte è che il delitto di peculato si configura quando l'appropriazione abusiva ha leso la funzionalità della pubblica amministrazione e ha causato un danno patrimoniale apprezzabile, trattandosi di reato plurioffensivo per tutte, Sez.6, sent. 5010/2012 Sez.6, sent. 26476/2010 SU, sent 38691/2009 , realizzandosi con una condotta del tutto incompatibile con il titolo per cui si possiede e da cui deriva un'estromissione totale del bene dal patrimonio dell'avente diritto Sez.2, sent 18160/2010 . In ordine all'utilizzo del telefono assegnato per esigenze d'ufficio ed utilizzato anche a fini privati, va innanzitutto osservato che la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato la necessità di accertare le ragioni, la quantità e la frequenza di tali utilizzazioni nel periodo di contestazione, dando rilievo anche al costo impropriamente rimasto a carico della Pubblica amministrazione quindi tenendo presenti pure le caratteristiche contrattuali specifiche del singolo apparato . È stato così insegnato che l'uso saltuario, occasionale e modestissimo o per casi eccezionali o non abituale e ragionevole uso per scopi personali è inidoneo ad assumere rilevanza penale sent 5010/2012, cit. Sez. 6, sent. 25273/2006, con espresso richiamo all'articolo 10.5 decreto 31.3.1994 del ministro della Funzione pubblica ed all'esigenza di non arrecare maggiori pregiudizi alla continuità del servizio Sez.6, sent 16245/2001 , così come quello che abbia riguardo a beni di tale modesto valore da non arrecare alcuna lesione patrimoniale alla pubblica amministrazione sent 25273/2006 cit. . Si è anche affermato che il valore economico va individuato verificando tempi e modalità della pluralità delle condotte, sì da pervenire ad un apprezzamento complessivo quando esse realizzino un'unitaria e pressoché contestuale condotta di sottrazione , ovvero ad un apprezzamento del singolo costo quando le condotte debbano essere apprezzate nella loro autonoma reiterazione sent 25273/2006 cit. evidenti sono le implicazioni di una tale impostazione in ordine alla configurabilità o meno della continuazione e della stessa circostanza attenuante di cui all'articolo 62 numero 4 c.p. attenuante nel nostro caso riconosciuta dalla Corte d'appello pur a fronte di importi complessivi certamente tutt'altro che modesti . 3.1.1 Nel caso di specie, Tribunale e Corte d'appello hanno giudicato frequenza, numero, durata ed importi complessivi delle conversazioni non correlate a ragioni d'ufficio idonei ad integrare l'uso “privato” penalmente rilevante, con apprezzamento di merito congruo ai dati probatori richiamati confermanti i termini anticipati nella stessa imputazione e in definitiva neppure discussi dall'imputato ed immune dalle censure di logicità che sole rilevano ai sensi dell'articolo 606.1 lett. E c.p.p Né, nel nostro caso, assume rilievo il tema della tipologia di contratto stipulato con il soggetto che in concreto eroga il servizio di telefonia, proprio perché è qui certa l'individuazione di somme anche rilevanti che l'Amministrazione ha dovuto corrispondere solo e proprio per le specifiche telefonate private fatte, sulle varie utenze, dall'imputato. 3.2 Il presupposto necessario costituito dal fatto di appropriazione è stato, nel tempo, indicato nell'uso del telefono quale apparato fisico con la - allora coerente - configurabilità della fattispecie del peculato d'uso, in relazione al carattere momentaneo di detto uso e all'immediata “restituzione” dell'apparato Sez.6, sent. 3009/1996 e 7364/1997 e, poi, nel consumo delle energie costituite dagli impulsi elettronici, o elettrici Sez. 6, sent 12645/2001 , attraverso i quali si trasmette la voce impulsi la cui appropriazione non può che essere definitiva, con la conseguente configurabilità del peculato ordinario disciplinato dal primo comma dell'articolo 314 c.p. e l'irrilevanza dell'eventuale successivo rimborso risarcitorio Sez.6, sent. 3883/2002 . Si è argomentato anche di utilizzazione e fruizione della linea o utenza telefonica , appunto individuando in concreto il bene negli impulsi elettrici che consentono la trasmissione della voce Sent. 12645/2001 cit. . In definitiva, secondo l'orientamento attualmente consolidato, il fatto lesivo si sostanzia nell' appropriazione, che attraverso tale uso si consegue, delle energie formate dagli impulsi elettronici, entrate a far parte della sfera di disponibilità della pubblica amministrazione, occorrenti per le conversazioni telefoniche Sez.6, sent 25273/2006 . 3.2.1 A giudizio di questo Collegio la specifica doglianza del ricorrente, secondo il quale la lettura che individua l'oggetto dell'appropriazione negli impulsi elettronici che consentono la trasmissione della voce si allontana in modo intollerabile dai concetto di entità materiale suscettibile di appropriazione, per accogliere un'interpretazione dell'articolo 314 c.p. che, ben oltre il dato letterale, appare in netto contrasto con il principio di tassatività della fattispecie penale e con il divieto di interpretazione analogica , merita un'attenta riflessione, il cui esito può condurre ad un ripensamento delle conclusioni cui questa Corte suprema è giunta da tempo. A ben vedere, l'interpretazione finora accolta si caratterizza per tre passaggi “faticosi”. Il primo è quello che sussume nel concetto normativo di “energia che abbia un valore economico”, suscettibile di sottrazione e quindi di appropriazione , gli “impulsi elettronici”, le “onde elettromagnetiche” attraverso cui la voce si trasferisce, nel contesto di un sistema radio con stazioni trasmittenti e riceventi i relativi segnali. Il secondo è quello di attribuire a patrimonio altrui, da cui vengono poi sottratti, quegli “impulsi”/”onde che sono attivati dall'uso a fini privati come osservato dal ricorrente, in definitiva la ricostruzione appare nel senso di far transitare da patrimonio di altri un “impulso” che non preesiste all'uso illecito ma sorge con esso ed a sua causa. Il terzo è quello di associare il costo del “servizio” - oggetto del contratto - alla sola “energia”, quando in realtà i parametri che conducono alla quantificazione del corrispettivo per il servizio riguardano tutt'altri aspetti infrastrutture, risorse umane e tecniche, ecc. . È senz'altro vero che l'uso improprio di un apparato telefonico può determinare un danno patrimoniale dell'Amministrazione pubblica ed un correlativo vantaggio patrimoniale del singolo utilizzatore “infedele” dell'apparato. Ma si tratta di verificare se tale uso “infedele” o improprio, quando illegittimo per la ricorrenza delle condizioni indicate dalla giurisprudenza richiamata al paragrafo 3.1, non debba essere ricondotto in fatto all'utilizzazione irregolare, illegittima, di un servizio messo a disposizione dall'Amministrazione per finalità di ufficio, piuttosto che all'appropriazione materiale di un bene/energia. Da qui la necessità di verificare se qualificazione giuridica più adeguata, e meglio rispondente vuoi agli aspetti oggettivi dell'evoluzione tecnica vuoi at principio di tassatività delle fattispecie incriminatrici, non sia invece quella dell'abuso d'ufficio [sussistendo la violazione della disciplina sull'uso del servizio telefonico cellulare e comunque dei principi generali, anche di rilievo costituzionale, di contabilità dello Stato - Sez.6, sent. 32384/2010, in motivazione -, l'ingiusto vantaggio patrimoniale dell'utilizzatele “infedele”, il danno ingiusto dell'Amministrazione ovvero della truffa aggravata ai sensi del numero 1 del primo comma dell'articolo 640 c.p. quando la mancata segnalazione delle telefonate personali, ricorrendo i parametri prima ricordati, sia riconducibile ad una inveritiera dichiarazione . Si noti che con entrambe tali soluzioni sarebbero più agevolmente superate le palesi incertezze di ricostruzione sistematica la rilevanza della singola conversazione piuttosto che del loro insieme, la configurabilità della continuazione piuttosto che di un unico complessivo comportamento illecito nel caso di più telefonate, l'applicabilità di circostanze afferenti il rilievo economico della singola utilizzazione/conversazione anche a fronte di importi complessivi rilevanti . 3.3 La delicatezza della questione, in ragione da un lato della presenza di un orientamento consolidato e dall'altro del trattarsi di casistica frequente, induce il Collegio a giudicare del tutto inopportuna una pronuncia in qualche modo “esplorativa” in direzione contraria, che non potrebbe che contribuire ad una oggettiva incertezza della giurisdizione di merito nell'individuazione della norma da applicare alla fattispecie. Per questo appare doverosa la rimessione del processo alle Sezioni unite di questa Corte, ai sensi dell'articolo 618 c.p.p. potendo dar luogo a un contrasto giurisprudenziale la questione di diritto se l'uso per fini personali di utenza di telefono cellulare assegnata per ragioni di ufficio configuri il delitto di peculato di cui all'articolo 314.1 c.p. o non piuttosto il delitto di cui all'articolo 323 c.p. o quello di cui all'articolo 640.2 numero 1 c.p. . 4. Sentite le parti, il Collegio ha ritenuto opportuno non procedere alla separazione delle posizioni processuali relative al capo C, perché lo stesso è ad oggi già prescritto, sicché i possibili esiti del ricorso di S. anche, in astratta ipotesi, in ordine ad eventuali effetti estensivi nei confronti di V. che, come detto, non ha autonomamente impugnato il capo, nei suoi confronti quindi esecutivo non subiscono conseguenze dal limitato decorso del tempo necessario per l'ulteriore trattazione del processo in questa sede di legittimità. P.Q.M. Dispone rimettersi gli atti alle Sezioni Unite.