Imbrattato il muro dell’edificio. Nonostante l’episodio isolato, viene accertata la responsabilità del proprietario dell’attività, regolarmente autorizzata avrebbe dovuto prevenire il problema, evitando fuoriuscite fastidiose.
Fumi e odori poco apprezzati dai condomini. A finire sotto accusa è il panificio sotto casa, la cui colonna di ‘scarico’ – dal forno verso il cielo – provoca non pochi fastidi e imbratta l’edificio condominiale. Per attestare la molestia, però, chiariscono i giudici – Cassazione, sentenza numero 7605, Terza sezione Penale, depositata oggi – non è necessaria l’«emissione di sostanze inquinanti» ma è sufficiente, invece, «il superamento del limite della normale tollerabilità». Dal forno al muro. La quotidiana attività di un panificio è motivo di scontro con il vicino condominio. Casus belli vapori e fumi che fuoriescono dall’impianto di smaltimento che parte dal forno e si innalza verso il cielo, vapori e fumi che, secondo i condomini, imbrattano l’edificio. La querelle approda in Tribunale e lì il proprietario del panificio viene condannato per aver violato la norma in materia di emissioni pericolose, con ammenda di 200 euro. Impianto in regola. Per tutelare la propria attività commerciale, il proprietario del panificio decide di presentare ricorso per cassazione, puntando, da un lato, sulla «efficienza dell’impianto» e, dall’altro, sulla poca attendibilità di un singolo «isolato indizio». A questo quadro difensivo, poi, viene aggiunto un ulteriore elemento l’attività produttiva è regolarmente autorizzata, alla luce delle normative in materia di inquinamento prodotto dagli impianti industriali. Come si fa, allora, ad attestare la violazione della norma concernente le emissioni pericolose? Prevenire è meglio Per i giudici della Cassazione, però, la ricostruzione della vicenda compiuta in Tribunale è assolutamente chiara. Ciò che conta, però, sopra tutto, è la responsabilità del proprietario dell’edificio, a prescindere dal superamento dei limiti consentiti delle emissioni in assoluto, sarebbe stato necessario «adottare tutte le cautele necessarie per evitare fuoriuscite di gas, di vapori o di fumo atti a imbrattare o molestare le persone». Questa azione è mancata, evidentemente, perché il proprietario del panificio non ha fatto nulla «per reprimere o limitare le emissioni di fuliggine oleosa prodotta quotidianamente», emissioni che «per durata, intensità e diffusione» violano la norma, e, di conseguenza, è legittima, e da confermare, la condanna stabilita in primo grado.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 gennaio – 27 febbraio 2012, numero 7605 Presidente Petti– Relatore Gazzara Ritenuto in fatto Il Tribunale di Sassari, con sentenza del 24/3/2010, ha dichiarato M. G. F. colpevole del reato di cui all'articolo 674 c.p., per avere provocato emissioni di vapori e fumo atti ad imbrattare il condominio sito in via xxxx numero xx, e lo ha condannato alla pena di euro 200,00 di ammenda. Propone ricorso per cassazione la difesa del prevenuto, con i seguenti motivi -ha errato il Tribunale nel dichiarare la responsabilità dell'imputato in ordine al reato ad esso ascritto sulla base di un isolato indizio, di certo non sufficiente a potere fare ritenere concretizzata la violazione in contestazione peraltro, il diniego di assunzione della prova a discarico, consistente nell'esame del tecnico addetto alla manutenzione del forno e di un altro condomino dello stabile, non ha permesso di dimostrare la efficienza dell'impianto predetto -palese contraddittorietà della sentenza laddove assolve il prevenuto dalla violazione di cui all'articolo 24, d.P.R. 203/88, con ciò ritenendo implicitamente autorizzata la attività produttiva svolta dal M., per poi pervenire comunque ad un giudizio di condanna in relazione all'articolo 674 c.p Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. La argomentazione motivazionale, adottata dal giudice di merito, si rivela del tutto logica e corretta. Col primo motivo di impugnazione la difesa del M. censura la sentenza in punto di mancanza di prova certa sulla responsabilità del prevenuto in ordine al reato ad esso ascritto e si duole della mancata ammissione di prove a discarico che avrebbero permesso di acclarare la efficienza della canna fumaria e dell'impianto, posta a servizio del forno per lo smaltimento in atmosfera del fumo. Rilevasi che il decidente è pervenuto a ritenere sussistente il reato di cui all'articolo 674 c.p. e ad affermarne la ascrivibilità in capo al M. a seguito di compiuta valutazione delle emergenze istruttorie deposizione testi C. e l. , fornendo puntuale ed esaustivo riscontro a tutti i motivi posti a discolpa del prevenuto. In particolare, il Tribunale, a giusta ragione rileva che la responsabilità dell'imputato per il reato ex articolo 674 c.p. si palesa evidente, in quanto l'agente, a prescindere dal superamento o non dei limiti di emissione, è, comunque, tenuto ad adottare tutte le cautele necessarie per evitare fuoriuscite di gas, di vapori o di fumo atti a imbrattare o molestare le persone. Il prevenuto, quale titolare dell'esercizio in questione assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti che gli sono addebitabili, non risultando che abbia fatto nulla per reprimere o limitare le emissioni di fuliggine oleosa prodotta quotidianamente dal suo panificio e le prove acquisite hanno dato agio di accertare che dette emissioni, per durata intensità e diffusione, violano la disposizione normativa contestata. Quanto alla eccepita contraddittorietà della sentenza laddove assolve l’'imputato dalla violazione di cui all'articolo 24, d.P.R. 203/88, con ciò ritenendo implicitamente autorizzata la attività produttiva svolta dal M., per poi pervenire comunque ad un giudizio di condanna in relazione all'articolo 674 c.p., si osserva che l'evento di molestia non si ha solo nei cas1 di em1ssion1 inquinanti in violazione dei limiti. Di legge, in quanto non è necessario che le stesse siano vietate da speciali norme giuridiche, ma è sufficiente il superamento del limite della normale tollerabilità ex articolo 844 c.c., la cui tutela costituisce la ratio della norma incriminatrice Cass. 21/6/07, riv. numero 237382 . In ordine al contestato diniego di assumere testi a discarico, nelle persone del tecnico addetto alla manutenzione del forno e di un condomino dello stabile, è evidente che il giudice di merito ha ritenuto che le prove acquisite fossero del tutto esaustive ai fini del decidere, cosi da rigettare implicitamente l'istanza istruttoria avanzata dalla parte. Va osservato che il reato risulta prescritto alla data del 31/3/2011, ma la inammissibilità del ricorso dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il compiuto formarsi del rapporto di impugnazione e preclude a questa Corte di rilevare e dichiarare la sussistenza di cause di non punibilità, a norma dell'articolo 129 c.p.p. Cass. S.U. 22/11/2000. DE Luca . Tenuto conto, poi, della sentenza dei13/6/2000, numero 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il M. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell'articolo 616 c.p.p., deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro 1.000,00.