La norma contenuta nell'articolo 6, comma 6, legge numero 431/1998, che ha introdotto una determinazione predeterminata e forfettaria del risarcimento del danno da occupazione illegittima degli immobili nella misura massima del 20% del canone di locazione, con esclusione di ogni altro risarcimento previsto dall'articolo 1591 c.c., quale norma transitoria finalizzata ad agevolare la transazione verso il regime pattizio delle locazioni, trova applicazione anche ai giudizi in corso al momento della sua entrata in vigore.
Con la sentenza numero 4357, depositata il 21 febbraio 2013 la Corte di Cassazione si occupa di un caso di risarcimento danni da tardivo rilascio dell’immobile concesso in locazione, verificatosi prima della l. numero 431/1998. Come noto, il legislatore, intervenuto sulla disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo attraverso la l. numero 431/1998, ha stabilito all’articolo 6, rubricato «rilascio degli immobili», VI comma, una misura forfettaria del risarcimento del danno per occupazione illegittima degli immobili, determinandola nella misura massima del 20% del canone di locazione, con esclusione di ogni altro risarcimento previsto dall’articolo 1591 c.c Ai nostri fini è utile rammentare come tale norma faccia comunque salvo l’obbligo per il conduttore di corrispondere il canone di locazione dovuto alla cessazione del contratto inoltre, occorre pure distinguere l’ipotesi in cui l’occupazione si sia verificata nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione della esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio dell'immobile, nel qual caso sarà possibile per il locatore aumentare la misura del risarcimento, oltre la soglia forfettaria del 20%, previa dimostrazione del danno subito. Il caso. Il proprietario di un immobile locato ad uso abitativo citava in giudizio il conduttore al fine di richiedere il risarcimento del danno patito per la restituzione tardiva del proprio appartamento. Riferiva il proprietario di aver ottenuto nell’anno 1990 una sentenza di cessazione del rapporto di locazione con contestuale fissazione del giorno per l’esecuzione, segnalando tuttavia che il rilascio dell’immobile era avvenuto nel 1994, motivo per cui avanzava richiesta risarcitoria. Il Tribunale accoglieva la domanda rivedendo tuttavia la misura del risarcimento. Il Giudice di secondo grado, su appello promosso dal conduttore ed appello incidentale del proprietario, negava che a quest’ultimo fosse dovuto alcun risarcimento per il ritardo nel rilascio. Il proprietario proponeva ricorso per Cassazione affidato a tre motivi. La prova del maggior danno mediante presunzioni deve essere concreta. Con la prima doglianza, dichiarata infondata, il ricorrente lamentava che la Corte di Appello avesse negato rilevanza ai fini dell’accertamento del maggior danno agli elementi presuntivi. A tal proposito la Cassazione puntualizzava che, in materia di responsabilità del conduttore per il ritardato rilascio dell’immobile condotto in locazione, l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità Cass. civ. numero 1224/2006 prevedesse che il maggior danno di cui all’articolo 1591 c.c. andasse provato secondo le regole ordinarie, tra cui rientravano anche le presunzioni. Orbene, nel caso in esame gli Ermellini puntualizzavano che tale danno non emergesse dal raffronto tra il potenziale canone ricavabile e quello realmente corrisposto dall’inquilino, richiedendosi la dimostrazione della lesione del patrimonio del locatore. In tale contesto veniva evidenziato come il proprietario non avesse neppure dato prova di una seria proposta di nuova locazione, che avrebbe potuto essere concretamente valutata dal Giudice. L’applicazione dell’articolo 6, l. numero 431/1998. Il secondo motivo di ricorso, denunciante violazione e falsa applicazione di norme di diritto articolo 6, l. numero 431/1998 in relazione all’articolo 1 bis, l. numero 61/1989 , trovava invece accoglimento. A tal proposito i giudici di nomofilachia chiarivano la natura eccezionale, di efficacia temporanea, della norma di cui all’articolo 6, l. numero 431/98, destinata a favorire la transizione verso il nuovo regime pattizio delle locazioni da ciò la sua efficacia retroattiva ed immediata applicabilità ai giudizi in corso, ivi compreso quindi quello posto al vaglio della Cassazione, iniziato nel 1994. Per questi motivi la Cassazione, ritenendo infondata la negazione da parte della Corte di Appello del risarcimento del danno da occupazione illegittima dell’immobile nella misura massima del 20% del canone di locazione con esclusione di ogni altro risarcimento previsto dall’articolo 1591 c.c., cassava la pronuncia con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello che avrebbe dovuto determinare la misura del credito spettante alla locatrice. Concludendo. In estrema sintesi, il locatore non era riuscito a provare, neppure attraverso lo strumento delle presunzioni, la misura della lesione patrimoniale subita a causa del ritardo nel rilascio dell’immobile conferito in locazione per questi motivi i giudici di legittimità ritenevano di limitare il risarcimento alla previsione di cui all’articolo 6, l. numero 431/98, ancorché il rilascio dell’immobile fosse avvenuto ben oltre il termine fissato dal Giudice per l’esecuzione.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 dicembre 2012 – 21 febbraio 2013, numero 4357 Presidente Finocchiaro – Relatore D’Amico Svolgimento del processo Con ricorso del 31 gennaio 1994 C.T.E. convenne in giudizio M G. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguenti al tardivo rilascio di un immobile. A sostegno della sua domanda adduceva di aver ottenuto dal Tribunale di Venezia, con sentenza numero 1280/1989, la cessazione del rapporto di locazione alla data del 31 maggio 1990 e la fissazione dell'esecuzione per il giorno 10 giugno 1990, relativamente al proprio appartamento sito in via OMISSIS . Segnalava che detto appartamento era stato rilasciato nel novembre 1994 e avanzava pertanto richiesta risarcitoria di L. 98.000.000. Si costituiva M G. contestando il fondamento della domanda e chiedendone il rigetto. Il Tribunale di Venezia accoglieva la domanda risarcitoria nella misura di L. 33.000.000, oltre accessori. Avverso tale pronuncia ha proposto appello G.M. . E C.T. ha resistito al gravame e spiegato a sua volta appello incidentale. La Corte distrettuale ha respinto l'appello incidentale con il quale veniva chiesta la condanna del C. a seguito dell'inadempimento degli obblighi previsti dagli articolo 1575 e 1576 c.c. ha accolto l'appello principale negando che alla proprietaria dell'immobile locato fosse dovuto alcun risarcimento per il ritardo nel rilascio del medesimo immobile in parziale riforma dell'impugnata sentenza, che ha confermato nel resto, ha rigettato la domanda proposta da C.T. . Quest'ultima propone ricorso per cassazione con tre motivi. Parte intimata non svolge attività difensiva. Motivi della decisione Il primo motivo si articola in due censure a con la prima si denuncia ex articolo 360, comma 1, numero 3 “violazione, falsa applicazione di norme di diritto articolo 1591 cod. civ., in relazione, quantomeno, all'articolo [2]697 del medesimo codice e all'articolo 115 cod. proc. civ. ” b con la seconda “omessa o contraddittoria motivazione in merito a un punto decisivo della controversia, ossia la dimostrazione del maggior danno da ritardata restituzione del bene locato”. Il motivo non può trovare accoglimento sotto nessuno dei due descritti profili, alla luce delle considerazioni che seguono. Con il profilo sub a il ricorrente, in sintesi, si duole che il giudice d'appello abbia negato rilevanza, ai fini dell'accertamento del maggior danno, agli elementi presuntivi. L'assunto è totalmente infondato, perché prescinde dalla motivazione della sentenza la quale, puntualmente, afferma un principio opposto a quello invocato nel ricorso e nel quesito . Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, in tema di responsabilità del conduttore per il ritardato rilascio di immobile locato, il maggior danno di cui all'articolo 1591 cod. civ. va provato in concreto dal locatore secondo le regole ordinarie, rientrando, quindi, tra i mezzi di prova consentiti anche quelli per presunzioni, sempre che queste ultime presentino i requisiti previsti dall'articolo 2729, primo comma, cod. civ., e permettano di ritenere dimostrato il fatto ignoto, con l'ulteriore specificazione che le presunzioni sono da considerare gravi, precise e concordanti, sia quando il fatto da provare segue a quelli noti in modo necessario secondo logica, sia quando ne derivi nella normalità dei casi, cioè secondo quanto in genere suole accadere Cass., 23 gennaio 2006, numero 1224 . In applicazione di detto principio la prova del suddetto maggior danno non emerge quindi automaticamente dal raffronto fra il potenziale canone ricavabile e quello corrisposto dall'inquilino, ma richiede la specifica dimostrazione di un'effettiva lesione del patrimonio del locatore, non desumibile neppure dalla comunicazione di tre contratti di locazione relativi ad appartamenti dalle caratteristiche compatibili con quelle che presentava l'immobile locato al G. . Né il ricorrente ha dato prova di una specifica e seria proposta di nuova locazione valutabile dal giudice come prova idonea dell'effettiva lesione del patrimonio del locatore. La Corte d'Appello nell'impugnata sentenza ha quindi correttamente ritenuto che mancavano gli elementi presuntivi per il risarcimento del maggior danno. Il profilo sub B , prospettato ex articolo 360 numero 5 cpc, è inammissibile in quanto privo della chiara indicazione del fatto controverso. Infatti, in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l'entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, numero 40 ed entro il 4 luglio 2009 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiché secondo l'articolo 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ., l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero l'indicazione delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi omologo del quesito di diritto che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità Cass., Sez. Unumero , 1 ottobre 2007, numero 20603 . Il motivo è comunque infondato in quanto la sentenza è correttamente motivata ed immune da vizi logici o giuridici. Con il secondo motivo si denuncia “Violazione, falsa applicazione di norme di diritto articolo 6, l. 431/1998, in relazione all'articolo 1 bis, l. 61/1989 ”. Il motivo deve essere accolto. In tema di locazione di immobili urbani la norma contenuta nell'articolo 6, comma 6, della l. 9 dicembre 1998, numero 431, che ha introdotto una determinazione prestabilita e forfettaria del risarcimento del danno da occupazione illegittima degli immobili nella misura massima del 20% del canone di locazione, con esclusione di ogni altro risarcimento previsto dall'articolo 1591, cod. civ. salvo che nel periodo successivo alla scadenza del termine di sospensione dell'esecuzione stabilito ope legis o di quello giudizialmente fissato per il rilascio dell'immobile, in base alla sentenza numero 482 del 2000 della Corte costituzionale è una norma eccezionale, di efficacia temporanea e destinata ad agevolare la transazione verso il nuovo regime pattizio delle locazioni e, come tale, avente efficacia retroattiva ed immediatamente applicabile ai giudizi in corso Cass., 28 maggio 2003, numero 8502 . La presente causa è iniziata il 31 gennaio 1994 e quindi la legge numero 431 del 1998, intervenuta nel corso di essa, è alla stessa applicabile. Per tali ragioni la Corte d'Appello non poteva negare il risarcimento del danno da occupazione illegittima dell'immobile, nella misura massima del 20% del canone di locazione, con esclusione di ogni altro risarcimento previsto dall'articolo 1591 c.c Con il terzo motivo il ricorrente denuncia “Omessa o contraddittoria motivazione in merito a un punto decisivo della controversia, ossia il diritto, da parte del proprietario di un immobile locato in regime di c.d. equo canone, a vedersi riconosciuta la maggiorazione del 20% sul canone corrisposto”. L'accoglimento del secondo motivo comporta l'assorbimento del terzo. In conclusione, deve essere rigettato il primo motivo, accolto il secondo con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rimessione della causa per nuovo esame alla Corte d'Appello di Venezia in diversa composizione perché quantifichi - facendo applicazione del precetto di cui all'articolo 6, comma 6, della l. 9 dicembre 1998, numero 431 - il credito della C.T. . Si dichiara assorbito il terzo motivo. La Corte d'appello di Venezia provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo, dichiara assorbito il terzo. Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d'Appello di Venezia in diversa composizione.