Condannato e reato estinto dopo 2 anni: vince l’intervenuta abolitio criminis

Reato depenalizzato dopo l’estinzione? Vige, comunque, il principio del favor rei. La sentenza di condanna deve essere revocata per abolizione del reato.

La fattispecie. Un sessant’enne, anni fa, veniva condannato dal pretore di Lanciano per il reato di guida senza patente pena condizionalmente sospesa e reato estinto per il decorso del termine di 2 anni dalla condanna. Poi, la successiva depenalizzazione del reato con la l. numero 160/2007, convince l’imputato ad adire il Tribunale di Lanciano per dichiarare l’abolitio criminis del reato contestato. Tribunale che, però, rigetta l’istanza, così, la questione arriva avanti ai giudici della Cassazione. Causa estintiva o abrogatio legis? I motivi del ricorso svolgono un ragionamento che fa perno «sugli effetti sostanziali diversi conseguenti all’applicazione della causa estintiva o dell’abrogatio legis». Infatti, nel primo caso, l’estinzione del reato non eliminerebbe l’effetto penale costituito dall’iscrizione nel casellario giudiziale, mentre, nel secondo, si giungerebbe ad una situazione più favorevole per il condannato. Favor rei anche in caso di depenalizzazione? Alcuni precedenti della Corte di Cassazione, richiamati dal Procuratore Generale, affermano che «il giudice è tenuto a dichiarare che il fatto non è previsto dalla legge come reato in caso di abolitio criminis anche quando sussista una causa estintiva del reato» il discorso è differente – sempre secondo tale orientamento – «qualora la legge abolitrice trasformi il reato in illecito amministrativo». A quel punto, infatti, il giudice dovrebbe dichiarare l’estinzione del reato, se la causa è precedente all’entrata in vigore della legge di depenalizzazione. L’abolizione del reato è più favorevole al reo. Tuttavia, la Corte di Cassazione con la sentenza numero 4334/2012 depositata il 1° febbraio , sottolinea che è «la regola del favor rei che segnala quale debba essere il timone della decisione». Gli Ermellini precisano che optare per l’estinzione del reato articolo 167 c.p. , come conseguenza della sospensione condizionale della pena, non comporterebbe l'estinzione dagli effetti penali della condanna anche ai fini della recidiva . Mentre, la revoca della sentenza per abolizione del reato articolo 673 c.p.p. farebbe cessare tutti gli effetti penali della condanna, con la conseguente cancellazione della relativa iscrizione nel casellario giudiziale. In conclusione, la S.C. avalla quest’ultima ipotesi e, con l’annullamento dell’ordinanza impugnata, revoca la sentenza emessa dal pretore di Lanciano.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 10 gennaio – 1° febbraio 2012, numero 4334 Presidente Chieffi – Relatore Iannelli Osserva -1- M.F. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza 6/8.4.2011 del tribunale di Lanciano in composizione monocratica, di rigetto, in sede di opposizione avverso pregresso provvedimento in fase esecutiva dello stesso giudice, dell’istanza volta a dichiarare l'abolitio criminis del reato di guida senza patente, per il quale era stato condannato con sentenza, datata 15.10.1976, del pretore di Lanciano, reato peraltro estinto per il decorso del termine di due anni dalla predetta condanna con la quale era stata concessa, per l'appunto, la sospensione condizionale della pena. - 2 - Il giudice della esecuzione riteneva che, una volta estinto il reato per il decorso del tempo alle condizioni previste dagli articolo 163 e 167 c.p., la successiva depenalizzazione del reato ad opera del D.L. numero 507/99 - depenalizzazione poi rientrata in seguito al D.L. 3.8.2007 numero 119, conv. con modificazioni nella 1.2.10.2007, numero 160 - non avrebbe potuto più incidere su una realtà giuridica ormai estinta, a pena di contrastare lo spirito e la lettera dell'articolo 2 c.p Di rimando i motivi di ricorso, ben cinque che richiamano sotto più profili l’immanenza del principio del favor rei, tratto dalle applicazioni giurisprudenziali dell’articolo 2, comma 2 c.p., svolgono un ragionamento che fa perno, in conclusione, sugli effetti sostanziali diversi conseguenti all'applicazione della causa estintiva o dell’abrogatio legis nel primo caso permanendo l’effetto penale costituito dalla iscrizione del reato in tal modo estinto nel casellario giudiziale, effetto che nel secondo caso non conseguirebbe, dando luogo così ad una situazione giuridica più favorevole per il già condannato. - 3 - Il ricorso è fondato e, pertanto va accolto. Non ignora la Corte i precedenti giurisprudenziali menzionati nella richiesta del Procuratore generale, che cioè il giudice è tenuto a dichiarare che il fatto non è previsto dalla legge come reato in caso di abolitio criminis anche quando sussista una causa estintiva del reato stesso ma qualora come nel caso di specie - la legge abolitrice trasformi il reato in illecito amministrativo, deve dichiarare l'estinzione del reato se la relativa causa sia precedente all'entrata in vigore della legge di depenalizzazione cfr. Sez. unumero , 22 ottobre 1977, Ferruzzi Sez. unumero , 30 giugno 1984, Savanelli Sez. 6, 28.9/7.11.2000, P.G. in proc. Mirto, Rv 217367 . Ma il principio, cosi affermato in assoluto, deve pur fare i conti con le situazioni concrete, diverse l'una dall'altra e che meritano specifiche considerazioni in relazione ai residui di carattere penale e/o amministrativo derivanti dall'applicazione dell’una o dell'altra formula di definizione del procedimento penale, anche in fase esecutiva. In tutti i casi è la regola del favor rei che segnala quale debba essere il timone della decisione verso gli approdi più consoni alla soluzione del caso rispettosa dei valori sottesi al principio generale per l'appunto, del favor rei in presenza di possibili soluzioni alternative, salvo eccezioni ubbidienti comunque al principio di ragionevolezza. Così nell’ottica di una tale ratio si pone quella giurisprudenza secondo la quale il principio del favor rei stabilito dall'articolo 2 cod. proc. penumero non comporta che, in caso di depenalizzazione con trasformazione del reato in illecito amministrativo e conseguente previsione di trasmissione degli atti all'autorità amministrativa, allorché la causa estintiva della prescrizione sia maturata dopo la depenalizzazione del fatto, debba procedersi alla dichiarazione di estinzione del reato per decorso del tempo Sez. 3, 26.10.2000/1.2.2001, Reggiani, Rv 218532 . Ne consegue che in tale ottica è fuorviante una regola che ai fini della decisione prescelga la declaratoria di una causa estintiva invece che di un'altra ovvero una causa estintiva invece che di una abrogatio legis in base alla dimensione cronologica che li caratterizza, privilegiando così l'anteriorità nel tempo dell’una rispetto all’altra. La regola, intanto, è sconfessata dal principio sotteso alla disciplina normativa che regola - articolo 183 c.p. - il concorso di cause estintive del reato o della pena che ha riguardo, e solo, alla maggiore, come criterio di scelta, efficacia della causa e che tende alla applicazione di tutte quelle concorrenti al fine di eliminare ogni residuo effetto penale del reato. Ora è indubbio che in sede esecutiva la pronuncia che, revocando la sentenza di condanna, dichiari l’abrogazione della norma incriminatrice ex articolo 673 c.p.p., al contrario della pronuncia di estinzione del reato ex articolo 167 c.p. fa cessare tutti gli effetti penali della condanna, con la conseguente cancellazione della relativa iscrizione nel casellario ex articolo 5 comma 2 lett. a D.P.R. 313/2002. Opinare diversamente avrebbe il significato di aderire alla giurisprudenza dei concetti vuoti a scapito di quella attenta agli interessi profondi dell’ordinamento. E di quest’ultima fa buona applicazione quella giurisprudenza secondo cui la sentenza che abbia applicato una pena su richiesta, ex articolo 444 cod. proc. penumero , con riguardo ad un reato successivamente depenalizzato, deve essere revocata in applicazione dell'articolo 673 del codice di rito anche quando sia precedentemente maturata la fattispecie estintiva di cui al secondo comma dell'articolo 445 dello stesso codice dopo tale estinzione infatti residua la iscrizione della sentenza di patteggiamento nel certificato del casellario giudiziale non rilasciato a richiesta di privati, e tale iscrizione costituisce effetto penale della condanna, l'interesse alla cui rimozione legittima dunque la revoca della sentenza Sez. 3, 15.1/22.2.2002, Candido G., Rv 221692 . Il residuo effetto penale, invero, una traccia cioè pesante nella vita del condannato, visibile nel caso di ulteriori procedimenti penali, è ben più sfavorevole, proprio perché penale, ad una possibile sanzione amministrativa. Peraltro non sembra azzardato sostenere che, nel caso di specie, sia possibile l'applicazione analogica della disciplina propria, in tema di concorso di cause estintive, dell'articolo 183 comma 3 c.p. invero se è possibile l'applicazione cumulativa di più cause estintive che valgano a far cessare qualsiasi effetto penale, dopo l’estinzione del reato o della pena, a fortiori sarà possibile estendere la possibilità di una contestuale applicazione tra due cause, una semplicemente estintiva, come nella specie, del reato, l'altra, più radicale, abrogatrice addirittura della norma incriminatrice del fatto di reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e, per l’effetto, revoca la sentenza emessa dal pretore di Lanciano il 5.10.1976 nei confronti di M.F. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Si comunichi per gli adempimenti ai sensi dell'articolo 193 disp. Att. c.p.p