L’acquisto ad uso personale di un prodotto con marchio contraffatto non costituisce ricettazione bensì illecito amministrativo.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 42106/12, depositata il 29 ottobre. Il caso. Un uomo viene accusato di tentata ricettazione per aver ordinato due orologi con marchio contraffatto. Il tribunale di primo grado dichiara il fatto non previsto dalla legge come reato, mentre i Giudici di Appello dichiarano il reato prescritto. L’imputato ricorre allora per cassazione deducendo l’erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancata assoluzione nonché la contraddittorietà della motivazione, stante la confusione effettuata tra consapevolezza della provenienza illecita della merce e consapevolezza della non originalità del marchio. Reato o illecito amministrativo? Il ricorso, secondo gli Ermellini, merita di essere accolto rifacendosi a una recente pronuncia delle Sezioni Unite numero 22225/12 , essi ribadiscono che l’acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto, o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata, non risponde di ricettazione, bensì dell’illecito amministrativo previsto dal D.L. numero 32 del 2005 come modificato dalla legge numero 99 del 2009. I giudici di legittimità ritengono infatti che tale norma abbia carattere di specialità rispetto al reato in esame. Chi è l’acquirente finale. Va precisato, poi, che secondo la giurisprudenza della Corte si deve intendere per acquirente finale «colui che non partecipa in alcun modo alla catena di produzione o di distribuzione e diffusione dei prodotti contraffatti, ma si limita ad acquistarli per uso personale». Normative a confronto. La soluzione interpretativa prospettata, inoltre, è coerente con quanto previsto dalla normativa sull’acquisto di supporti audiovisivi, fonografici, informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali anche in questo caso, infatti, l’acquisto per uso esclusivamente personale costituisce illecito amministrativo. Per questi motivi il Collegio annulla senza rinvio la sentenza impugnata il fatto non è previsto dalla legge come reato, ma si tratta di un mero illecito amministrativo.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 luglio – 29 ottobre 2012, numero 42106 Presidente Cosentino – Relatore Taddei Osserva 1. La Corte d'appello di Brescia, con sentenza in data 17 novembre 2011, in riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo del 29 settembre 2Oio,che aveva dichiarato il fatto non previsto dalla legge come reato, accogliendo l'appello del P.G., dichiarava prescritto il reato di cui agli articolo 56 e 648 cod. penumero ascritto a B.S. . 1.1 Secondo la contestazione, l'imputato,al fine di profitto, facendo un ordinativo tramite corriere espresso, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a ricevere due orologi recanti il marchio contraffatto Rolex e Cartier, cose provenienti dal delitto di cui all'articolo 473 cod. penumero , senza riuscire nel proprio intento per cause indipendenti dalla sua volontà e, segnatamente, a causa del controllo doganale cui veniva sottoposto il collo proveniente dalla Cina, contenente i detti corpi di reato. 1.2 La difesa di B.S. ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento della sentenza e deducendo a motivo la erronea applicazione della legge penale in relazione alla mancata assoluzione dell'imputato perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Secondo il ricorrente, infatti, la Corte d'appello avrebbe dovuto confermare l'assoluzione nel merito perché,dopo la modifica legislativa apportata dalla legge numero 99 del 2009 all'articolo 1 D.L. numero 32 del 2005, non residuano spazi per la sussistenza del reato di cui all'articolo 648 cod.penumero ha dedotto, inoltre, la erronea interpretazione della legge penale e la intrinseca contraddittorietà della motivazione attesa la confusione fatta tra consapevolezza della provenienza illecita della merce e consapevolezza di acquistare mercé con marchi non originali. Visto che l'acquisto era stato fatto in un sito che dichiarava la riproduzione ed il sito aveva caratteristiche di ufficialità. Era da escludere, pertanto, la contraffazione richiesta dalla norma penale. Ha infine dedotto l'erronea applicazione della legge penale con riferimento alla condanna al risarcimento in favore della parte civile, anche per il profilo della condanna al pagamento delle spese legali e di rappresentanza della parte civile. Motivi della decisione 2. È fondato il primo motivo di ricorso. 2.1 Con una recentissima decisione,le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a dirimere un preteso contrasto di interpretazione normativa, afferente un caso del tutto analogo a quello in esame, attesa anche l'identità della parte civile Rolex S.A. e Rolex Italia SpA, hanno ritenuto che l'acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata, risponde dell'illecito amministrativo previsto dal D.L. 14 marzo 2005, numero 35, conv. in L. 14 maggio 2005, numero 80, nella versione modificata dalla L. 23 luglio 2009, numero 99, e non di ricettazione articolo 648 cod. penumero o di acquisto di cose di sospetta provenienza articolo 712 cod. penumero , attesa la prevalenza del primo rispetto ai predetti reati alla luce del rapporto di specialità desumibile, oltre che dall'avvenuta eliminazione della clausola di riserva salvo che il fatto non costituisca reato , dalla precisa individuazione del soggetto agente e dell'oggetto della condotta nonché dalla rinuncia legislativa alla formula senza averne accertata la legittima provenienza , il cui venir meno consente di ammettere indifferentemente dolo o colpa hanno inoltre puntualizzato che per acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata si deve intendere precipuamente colui che non partecipa in alcun modo alla catena di produzione o di distribuzione e diffusione dei prodotti contraffatti, ma si limita ad acquistarli per uso personale. SS.UU. numero 22225 del 2012 Rv. 252455 . 2.2 In particolare le Sezioni Unite hanno osservato che la soluzione interpretativa che attribuisce carattere di specialità all'illecito amministrativo in esame si fonda sulla progressione modificativa del testo originario della norma dell'articolo 1, comma 7, legge numero 35 del 2005, che trova la sua sistemazione finale con la legge numero 99 del 2009, entrata in vigore il 15 agosto 2009, così che si comprende come l'interpretazione offerta dalla citata sentenza delle Sezioni Unite numero 47164 del 20 dicembre 2005 v. retro par. 2 resta superata proprio dalle citate modifiche. Del resto, la previsione di un semplice illecito amministrativo per gli acquirenti finali di prodotti contraffatti rende la normativa in esame congruente con quella relativa all'acquisto di supporti audiovisivi, fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, in relazione ai quali la suddetta sentenza delle Sezioni Unite ha ritenuto che, a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 9 aprile 2003, numero 68, si configuri una fattispecie penalmente rilevante a carico di coloro che effettuino l'acquisto a fine di commercializzazione, configurandosi l'illecito amministrativo previsto dall'articolo 174-ter legge numero 633 del 1941 soltanto quando l'acquisto o la ricezione siano destinati a uso esclusivamente personale ”. 2.3 Il collegio, fatta propria, perché integralmente condivisa, la motivazione della sentenza delle Sezioni Unite, ritiene fondato il primo motivo di ricorso e pertanto annulla senza rinvio l'impugnata sentenza perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, trattandosi di mero illecito amministrativo. La natura della decisione assorbe gli altri motivi. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'impugnata sentenza perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.