Gli scarichi del depuratore hanno la stessa natura dei reflui convogliati in esso, se questi sono qualificati come reflui misti, prevalentemente urbani e solo in parte industriali, non si applicano le disposizioni penali valevoli per gli scarichi industriali.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 1870/16, depositata il 19 gennaio. Il caso. Gli imputati ricorrono per cassazione, lamentando vizi nella motivazione, avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza, confermativa della sentenza di condanna del Tribunale di primo grado di Lagonegro, che aveva comminato la pena dell’arresto di 10 giorni e 2000 euro di multa per lo scarico di acque reflue. Sostanze inquinanti. A parere della Corte di Cassazione è configurabile il reato ipotizzato dalla Corte d’appello solo se lo scarico di acque reflue industriali riguarda una o più sostanze indicate in apposite tabelle e superi determinati livelli. Logica conseguenza è stato affermare che la medesima condotta, ma perpetrata con delle sostanze diverse, non costituisce reato o comunque se lo costituisce – nel caso in cui lo scarico supera i limiti indicati dalle tabelle sopra richiamate - deve essere punita con sanzione amministrativa. Natura penale dello scarico. Il presupposto della natura penale della fattispecie è basata sulla natura dello scarico stesso, cioè che sia di tipo industriale. Lo scarico in esame, come evidenzia il Giudice di legittimità, non può considerarsi tale, poiché i reflui provenivano dal depuratore di acque reflue urbane. Si ricorda che, in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, lo scarico proveniente da un depuratore non differisce dalla natura dei reflui presenti in esso, di conseguenza gli impianti che depurano scarichi dalla fognatura pubblica, sempre che non siano formati prevalentemente da scarichi di acque reflue industriali, devono essere ritenuti a natura mista e le relative acque vanno qualificate come scarichi di acque urbane e non si possono applicare le disposizioni penali previste per lo scarico di tipo industriale. Per la Corte, nel caso di specie, non sussistono prove sulla prevalenza dei reflui di natura industriale, ma al contrario emerge che si è trattato di singoli episodi di scarichi abusivi di un’azienda casearia della zona, tutti segnalati dai ricorrenti negli atti dei gradi di giudizio. La Cassazione annulla senza rinvio, poiché il fatto non sussiste.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 novembre 2015 – 19 gennaio 2015, numero 1870 Presidente Mannino – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte d'Appello di Potenza, con sentenza del 6 febbraio 2015, confermava, la sentenza dei tribunale di Lagonegro 3 febbraio 2014 , che aveva condannato gli imputati C.F. e S.R. alla pena di giorni 10 di arresto ed € 2.000,00 di ammenda ciascuno, per il reato loro contestato di cui all'art 137, commi 5 e 6 del d. legs. 152 del 2006 e dell'art 110 dei cod. penumero 2. Gli imputati propongono ricorso per cassazione a mezzo dei propri difensori deducendo i motivi comuni di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173, commal, disp. att., c.p.p. 2. 1. Inosservanza o erronea applicazione della legge penale, art 137 d. legs. 152 del 2006, in relazione all'art 606, lett. B, del cod. proc. penumero Ai fatti doveva applicarsi la legge nr. 36 del 2010, non trattandosi nel caso di scarichi di acque reflue industriali come afferma la stessa sentenza di primo grado e teste V.R. . 2. 2. Mancata assunzione di una prova decisiva quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell'istruzione dibattimentale limitatamente nei casi previsti dall'articolo 495, comma 2, cod. proc. penumero - Rigetto di perizia. Dalle analisi compiute in sede di indagine non emerge alcuna indicazione analitica ed in maniera dettagliata dei valori eventualmente superati ex lege, e senza considerare le modifiche normative della legge 36 del 2010 vedi cassazione sez. 2, numero 19753 del 2011 nessuna responsabilità, anche a titolo di colpa, può addebitarsi agli imputati, per la Sinisgallo la stessa quale amministratore ha fatto ciò che doveva farsi, e per C., lo stesso ha comunicato ai soggetti preposti, proprietario dell'impianto Comune di Misanello e gestore dello stesso, Acquedotto Lucano s.p.a., l'arrivo presso il detto impianto di liquami, e ciò in più occasioni. 2. 3. Contraddittorietà della motivazione quanto al nesso di causalità. Ci si limita nella sentenza impugnata ad una visura camerale per attribuire la responsabilità, senza considerare le singole posizioni e l'apporto causale alla fattispecie, con la rinnovazione parziale del dibattimento, richiesta, si poteva fare chiarezza. 2. 4. Contraddittorietà della motivazione quanto al trattamento sanzionatorío. , art 606, lettera E, cod. proc. penumero Considerato che non vi è stato sversamento, e comunque lo stesso dovrebbe essere considerato solo in sede amministrativa, come prevede la legge numero 36 del 2010, immotivata è la conferma del trattamento sanzionatorio. Hanno quindi chiesto l'annullamento senza rinvio con l'assoluzione, in subordine l'annullamento con rinvio per lo svolgimento dell'istruttoria richiesta, e in ulteriore subordine l'applicazione dell'art 131 bis dei cod. penumero 3. In data 9 novembre 2015 la difesa ha depositato motivi aggiunti. 3. 1. articolo 606, lettera B, cod. proc. penumero , in relazione all'art 137, commi 5 e 6, legge 152 del 2006 e legge 36 del 2010. II fatto è del 21 luglio 2010, e il 27 marzo 2010 entrava in vigore la legge numero 36 del 2010, che modificava il comma 5 dell'art 137 citato, e la sanzione penale si prevedeva solo per lo sforamento delle sostanze di cui alla tabella 5, allegato 5 della parte terza nella tabella sono indicate 18 sostanze, e non vi è presenza nei fatti del fascicolo processuale del superamento dei limiti di queste sostanze. 3. 2. Mancata assunzione di una prova decisiva, rigetto della richiesta di periza dibattimentale. Per i BOD - azoto ammoniacale-, COD e Fenoli la perizia avrebbe potuto chiarire quanto ritenuto solo sulla base dell'accertamento Arpab. 3. 3. articolo 606 lettera B, del cod. proc. penumero In applicazione delle nozioni di scarico - acque reflue urbane -conduttore e gestore di impianti Nel caso di specie non può parlarsi di scarico vedi cassazione sez. 3, numero 49454 del 2012. Gestore di impianti è l'acquedotto Lucano non esiste nella previsione normativa, piuttosto risulta di creazione giurisprudenziale quella di conduttore. Gli imputati erano in buona fede, per la comunicazione dell'arrivo di liquami. 3. 4. articolo 606, lettera B, cod. proc. penumero Inesistenza dell'elemento psicologico del reato, art 43 cod. penumero Uniformità del capo d'imputazione e del trattamento sanzionatorio in capo ai due imputati. Errato calcolo dei periodo di sospensione dal 22 aprile 2013, al 1 ottobre 2013. Ribadiva le conclusioni del ricorso e aggiungeva la questione di costituzionalità per violazione degli art 3 e 24 della costituzione in relazione all'art 137, commi 5 e 6, d. Igs. 152 del 2006 e legge 36 del 2010. Considerato in diritto 4. II ricorso è fondato e la sentenza deve annullarsi senza rinvio perché il fatto non sussiste. La Corte di cassazione ha ritenuto che si configura il reato di cui all'art 137 dei d. Igs 152 del 2006, come modificato dalla legge numero 36 del 2010 esclusivamente nel caso in cui lo scarico avente ad oggetto acque reflue industriali riguarda una o più sostanze indicate nella tabella 5 dell'allegato 5 alla parte terza, con superamento dei valori limite indicati nella tabella 3, per cui medesime condotte relative ad altre sostanze non costituiscono più reato e rientrano nelle ipotesi di cui all'articolo 133, comma primo, del d. lgs. 152 dei 2006, il quale, salvo che il fatto costituisca reato, punisce con la sanzione amministrativa lo scarico di materie estranee alla tabella 5 con superamento dei limiti indicati nelle tabelle dell'allegato 5 Sez. 3, numero 11884 del 21/02/2014 - dep. 12/03/2014, Palaia, Rv. 258704 Sez. 3, numero 19753 del 19/04/2011 - dep. 19/05/2011, Bergamini, Rv. 250338 . AI massimo, quindi, la condotta rilevante penalmente sarebbe solo quella relativa ai fenoli, come richiesto dalla procura generale il superamento del limite per i fenoli non è poi neanche specificato, nella sua entità, nell'imputazione. Il presupposto della natura penale della fattispecie, anche per i soli fenoli, è comunque la natura dello scarico industriale. Lo scarico in oggetto non può considerarsi industriale. Si discute dell'impianto di depurazione di M., e C. F. viene imputato nella qualità di amministratore e direttore tecnico della Eco Impianti S.r.l. che conduce l'impianto, mentre la Sinisgallo Rosaria nella qualità di amministratore della Eco Impianti S.r.l. I reflui provenivano dal depuratore di acque reflue urbane vedi imputazione e sentenza impugnata . In materia di tutela delle acque dall'inquinamento lo scarico da depuratore non ha propria differente caratteristica rispetto a quella dei reflui convogliati ne deriva che gli impianti che depurano scarichi da pubblica fognatura, ove non siano prevalentemente formati da scarichi di acque reflue industriali, devono essere ritenuti a natura mista, ed i relativi reflui vanno qualificati come scarichi di acque urbane vedi Cassazione Sez. 3, numero 2884 del 21/09/2000 - dep. 12/10/2000, Dallo G, Rv. 217776 Cassazione Sez. 3, numero 1547 del 07/11/2002 - dep. 15/01/2003, Moretti, Rv. 223268 Cassazione Sez. 3, numero 42545 del 06/11/2001 - dep. 28/11/2001, Padovan A, Rv. 220366 . Non sussistono prove sulla prevalenza dei reflui di natura industriale, ma al contrario emerge che si è trattato di singoli episodi, per altro segnalati dagli odierni imputati, di scarichi abusivi di un'azienda casearia sul punto vedi Cassazione Sez. 3, numero 23217 del 06/04/2004 - dep. 18/05/2004, P.M. in proc. Lacqua, Rv. 229416 In materia di tutela delle acque dall'inquinamento, lo scarico da depuratore che convoglia le acque reflue urbane deve essere ritenuto a natura mista, a meno che il pubblico ministero fornisca elementi di prova circa la prevalenza dei reflui di natura industriale di conseguenza, chi effettua tale tipo di scarico senza autorizzazione non risponde del reato di cui all'articolo 59, comma primo della legge numero 152 del 1999, ma di un mero illecito amministrativo . 5. La sentenza deve quindi annullarsi senza rinvio perché il fatto non sussiste, e si può affermare il seguente principio di diritto In materia di tutela delle acque dall'inquinamento lo scarico da depuratore non ha una propria differente caratteristica rispetto a quella dei reflui convogliati ne deriva che gli impianti che depurano scarichi da pubblica fognatura, ove non siano prevalentemente formati da scarichi di acque reflue industriali con prova a carico dell'accusa devono ritenersi a natura mista e i relativi reflui vanno qualificati come scarichi di acque urbane e non si applicano le disposizioni penali dell'art 137, comma 5, del d. lgs 152 del 2006 . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.