Valida la domanda di condono con riserva di ripetizione

Le clausole di riserva di ripetizione, subordinate agli esiti del contenzioso per il disconoscimento del proprio debito, apposte alle domande di condono previdenziale - presentate ai sensi dell’articolo 4 d.l. 79/1997, convertito con modificazioni con la l. numero 140/1997 - sono valide e non precludono la possibilità di accertamento negativo in fase contenziosa del relativo debito.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza numero 21579, depositata il 13 ottobre 2014, avvalorando appieno il dato letterale dell’articolo 81, comma 9, l. numero 448/1998. Una lunghissima lite sui contributi INPS Nel 1996, alcuni lavoratori ottenevano decreto ingiuntivo di pagamento nei confronti del proprio datore di lavoro per differenze contributive da lavoro subordinato, dovute ma non versate all’INPS. Solo nel 2006 il datore di lavoro otteneva la revoca del decreto ingiuntivo, sulla base dell’inadeguatezza della prova del credito. Tuttavia, la controversia proseguiva avanti la Corte d’appello, la quale dichiarava estinto il procedimento per cessata materia del contendere, avendo gli eredi del datore di lavoro chiesto il condono del proprio debito con l’Istituto. Il condono con riserva di ripetizione si può fare? In realtà, gli eredi del datore di lavoro avevano, sì, avanzato un’istanza di regolarizzazione contributiva, c.d. condono, ma avevano aggiunto ad essa una riserva di ripetizione di quanto versato a titolo di condono, qualora l’esito del giudizio fosse stato loro favorevole, vale a dire, qualora i giudici di secondo grado avessero accertato l’insussistenza del debito nei confronti dell’INPS. E’ proprio la possibilità di riservare la domanda di condono a costituire il punto più controverso della lite portata all’attenzione della Suprema Corte. Legislatore e Corte di Cassazione guardano, finalmente, dalla stessa parte. Sino alla fine degli anni Novanta si veda Cass., SS.UU., numero 4918/1998 , la Corte di Cassazione aveva ritenuto che non avesse alcun senso apporre una riserva di ripetizione alle domande di condono. Infatti, la normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi è volta a consentire l’immediata percezione di entrate che, altrimenti, sarebbero sospese nonché ad eliminare il possibile contenzioso. In altri termini, la domanda di condono avrebbe dovuto chiudere le strade per un accertamento circa la sussistenza del debito, evitando alle parti di sostenere ulteriori costi in termini di tempo e di denaro. Pagato il condono, la questione era chiusa. Il panorama cambia radicalmente con l’articolo 81, comma 9, l. numero 448/1998 misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo , secondo cui sono valide le clausole di riserva di ripetizione, subordinate all’esito del giudizio per il disconoscimento del proprio debito nei confronti dell’INPS, ed apposte alle domande di condono previdenziale. Esse, quindi, non precludono la possibilità di ottenere un accertamento negativo in fase contenziosa, anzi, consentono l’eventuale ripetizione di quanto versato. Una chance in più per il contribuente! La controversia giunta sino in Cassazione viene risolta applicando la norma articolo 81, comma 9, l. 448/1998 alla lettera. Prima di tutto, l’articolo 81, comma 9, ha efficacia retroattiva ed è applicabile a tutte le domande di condono previdenziale. Tale norma consente al contribuente di proporre la riserva di ripetizione di quanto versato a titolo di condono, contestualmente alla domanda di condono medesima. Lascia, quindi, libera la strada per ottenere lo sperato accertamento negativo circa la sussistenza del debito condonato. Inoltre, la l. numero 448/1998 precisa che le eventuali somme che l’ente impositore deve rimborsare a seguito del contezioso sono comunque prive di interessi. Secondo la Suprema Corte, quindi, la Corte territoriale ha errato ad estinguere il procedimento per cessata materia del contendere, poiché la domanda di condono con riserva di ripetizione non preclude l’accertamento negativo. La Cassazione, quindi, cassa con rinvio la sentenza impugnata, affinché la Corte d’Appello proceda con sentenza dichiarativa, all’esito della quale si vedrà se le somme pagate a titolo di condono dovranno tornare nelle tasche del datore di lavoro o meno. La materia del contendere non è ancora cessata

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 giugno – 13 ottobre 2014, numero 21579 Presidente Stile – Relatore Amendola Svolgimento del processo 1.- Con decreto del 2 ottobre 1992 il Pretore del lavoro di Oristano ingiunse a S.S. , P.A. e D.P. , quali soci di una società di fatto ed anche in proprio, di pagare in favore dell’INPS la somma di L. 621.320.206 per omesso pagamento di contributi per i dipendenti P.V. e S.M.F. nel periodo gennaio 1979 - luglio 1990. Gli ingiunti, tra cui S.G. nella qualità di erede di S. , proposero opposizione al cui esito il giudice di primo grado, con sentenza del 15 marzo 2006, revocò il decreto ingiuntivo. Il Tribunale affermò l'inesistenza della società di fatto e la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra uno dei tre ingiunti - il defunto S.S. - e S.M.F. ritenne tuttavia che l’inps non aveva fornito alcuna prova sulle somme retributive percepite dalla lavoratrice e sulla determinazione dei calcoli relativi ai contributi. L’Istituto soccombente impugnava la revoca del decreto ingiuntivo, sostenendo che aveva documentato in causa la retribuzione percepita dalla lavoratrice, per cui i relativi contributi erano determinabili con un semplice calcolo aritmetico, e che nessuna rilevanza assumeva l'illegittimità della società di fatto per l'individuazione del datore di lavoro tenuto al versamento dei contributi. Resistevano gli appellati, tra i quali B.A. e L. , nella qualità di eredi di S.G. costoro documentavano che la dante causa, quale erede di S.S. , aveva presentato domanda di regolarizzazione contributiva provvedendo al pagamento di 61 rate da L. 5.513.000 ciascuna. Con sentenza del 20 marzo 2012, la Corte di Appello di Cagliari osservava che il debito contributivo dell’inps è stato estinto con il perfezionamento del condono per cui è cessata la materia del contendere , provvedendo in conseguenza sulle spese secondo il principio della c.d. soccombenza virtuale. 2.- Con sei motivi ricorrono per cassazione gli eredi di S.G. indicati in epigrafe. Resistono D.P. e l'Inps con controricorso. L’Istituto a sua volta propone ricorso incidentale affidato a due motivi. Resta intimata M.M. , quale curatrice dell'eredità relitta di P.A. . Motivi della decisione 1.- Pregiudizialmente le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite ai sensi dell'articolo 335 c.p.c 2.- Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione dell'articolo 81, co. 9, della l. numero 448 del 1998, in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 3, c.p.c., per avere la Corte territoriale dichiarato la cessazione della materia del contendere, nonostante la domanda di condono fosse stata presentata in corso di causa con clausola di riserva di ripetizione in relazione all'esito della controversia con l’Istituto previdenziale. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione dell'articolo 112 c.p.c., ai sensi dell'articolo 360, co. 1, numero 4, per non essersi la Corte del merito pronunciata sulla conclusione, formulata dalla difesa dei B. in via subordinata, che chiedeva, nel caso di accoglimento totale o parziale dell'appello, di dichiarare P.A. e D.P. tenuti al rimborso delle somme dovute all’inps ciascuno per una quota pari al 33,33%. Con il terzo mezzo di impugnazione si invoca la violazione dell'articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c., per avere la sentenza impugnata omesso la motivazione in ordine alla sussistenza del debito contributivo del dante causa S.S. . Analogo vizio di omessa ed insufficiente motivazione viene prospettato con il quarto motivo con cui ci si duole che i giudici di appello non abbiano replicato alle censure mosse alla sentenza di primo grado sulla dichiarazione di invalidità e inesistenza della società di fatto tra S.S. , P.A. e D.P. . Con il quinto mezzo del ricorso principale si eccepisce la violazione dell'articolo 1421 c.c. e degli articolo 416 e 418 c.p.c., in relazione agli articolo 99 e 112 c.p.c., ai sensi dell'articolo 360, co. 1, numero 3, per non essersi la Corte di Appello pronunciata sulla eccezione di inammissibilità della eccezione di nullità della società di fatto. Con l'ultima censura i ricorrenti lamentano omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per non aver pronunciato sulla eccezione di prescrizione del preteso debito contributivo formulata sia in primo che in secondo grado. 3.- Con il primo motivo di ricorso incidentale l’inps deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'art 360, co. 1, numero 4, c.p.c., per avere la Corte distrettuale statuito che l'importo richiesto dall’inps a titolo di contributi fosse pari ad Euro 94.206,00 anziché a L. 621.320.206 , così illegittimamente riducendo l'ampiezza della domanda dell’inps che, invece, non aveva mai inteso ridurre l'originaria pretesa contributiva. Con il secondo mezzo di gravame l'Istituto si duole della medesima statuizione della Corte di Appello, sotto forma di vizio rilevante ai sensi dell'articolo 360, co. 1, numero 5, c.p.c. per omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo. 4.- Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione dell'articolo 81, co. 9, della l. numero 448 del 1998, in relazione all'articolo 360, co. 1, numero 3, c.p.c. B.A. e L. , quali eredi di S.G. , a sua volta erede di S. , argomentano che effettivamente con la costituzione in appello avevano documentato che la dante causa aveva presentato domanda di condono utilizzando i benefici disposti dall'articolo 4 del d.l. numero 79 del 1997, cui aveva fatto seguito l'integrale pagamento delle rate. Tuttavia l'istanza di regolarizzazione contributiva presentava la seguente formula essendo in corso controversia per l'accertamento del debito contributivo la domanda di condono viene presentata con riserva di ripetizione in relazione all'esito della suddetta controversia . Poiché l'articolo 81, co. 9, della l. numero 448 del 1998, espressamente prevede che le clausole di riserva di ripetizione apposte alle domande di condono previdenziale sono valide e non precludono la possibilità di accertamento negativo in fase contenziosa della sussistenza del relativo debito, secondo i ricorrenti la Corte distrettuale avrebbe violato detta disposizione dichiarando la cessazione della materia del contendere, così non delibando la domanda di accertamento negativo della pretesa dell’inps. La Corte giudica tale pregiudiziale censura fondata. Secondo una pronuncia resa a Sezioni Unite da questa Corte sent. numero 4918 del 1998 la normativa sulla regolarizzazione degli inadempimenti contributivi cosiddetto condono è intesa, non diversamente dall'analoga normativa in materia tributaria, a consentire l'immediata percezione di entrate altrimenti sospese e ad eliminare il contenzioso, con gli aggravi economici ed organizzativi ad esso collegati, cosicché doveva ritenersi, pur in difetto di espressa previsione di legge al riguardo, che l'accoglimento della domanda di condono comportasse il venire meno di ogni contestazione sull'esistenza del debito contributivo e che fosse priva di ogni effetto la riserva di accertamento negativo del debito eventualmente apposta dall'interessato alla domanda di condono. Successivamente alla suddetta pronuncia, il legislatore è intervenuto con il nono comma dell'articolo 81 della legge 23 dicembre 1998 numero 448 Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo che, nell'introdurre modifiche all'articolo 1 septies del decreto legge 8 aprile 1998 numero 78 ed altri interventi in materia occupazionale e previdenziale, ha stabilito in modo specifico che Le clausole di riserva di ripetizione, subordinate agli esiti del contenzioso per il disconoscimento del proprio debito, apposte alle domande di condono previdenziale, presentate ai sensi dell'articolo 4 del decreto legge 28 marzo 1997 numero 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997 numero 140, e precedenti provvedimenti di legge sempre in materia di condono previdenziale, sono valide e non precludono la possibilità di accertamento negativo in fase contenziosa del relativo debito. Per tali fattispecie sulle eventuali somme da rimborsare da parte degli enti impositori, a seguito del contenzioso, non sono comunque dovuti interessi . Con tale norma avente efficacia retroattiva, applicabile a tutte le domande di condono previdenziale, risulta attribuita al contribuente, che abbia proposto riserva di ripetizione contestualmente a detta domanda, la possibilità di ottenere - secondo la giurisprudenza di questa Corte tra le altre v. Cass. numero 5418 del 2006 Cass. nnumero 14845, 13942 e 5139 del 2004 Cass. numero 16120 del 2003 Cass. numero 9751 del 2002 - l'accertamento negativo in sede contenziosa circa la sussistenza del debito contributivo condonato. Pertanto ha violato la citata disposizione legislativa la Corte territoriale nel momento in cui ha dichiarato la cessazione della materia del contendere per l'avvenuto perfezionamento del condono previdenziale, pur in presenza di una clausola di riserva di ripetizione, subordinata agli esiti del contenzioso, apposta all'istanza di regolarizzazione contributiva v. Cass. numero 5311 del 2000 . Preclusa la cessazione della materia del contendere, che costituisce una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale e contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilità di procedere alla definizione del giudizio per il venir meno dell'interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio stesso, la Corte di Appello avrebbe dovuto decidere nel merito della sussistenza dell'obbligazione contributiva dedotta in giudizio, con un accertamento che dovrà essere compiuto dal giudice di rinvio cfr. Cass. numero 7734 del 2004 . 5._ Dunque, in relazione al motivo esaminato, la sentenza deve essere cassata, con conseguente assorbimento degli altri mezzi di gravame proposti in via principale ed incidentale, con rinvio alla medesima Corte territoriale, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi accoglie il primo motivo del ricorso principale e, in relazione ad esso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, anche per le spese dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso principale nonché i motivi del ricorso incidentale.