Niente agevolazione prima casa per chi dona la quota di un immobile alla moglie con contestuale acquisto di altro immobile

di Antonio Terlizzi

di Antonio Terlizzi *Quando va esclusa l'agevolazione prima casa? In tema di agevolazioni prima casa, di cui all'articolo 1 del dpr numero 131/1986, la donazione della quota di un immobile 50% alla moglie in regime di comunione legale e il contestuale nello stesso giorno acquisto di un altro immobile ha la finalità di apparire al momento del nuovo acquisto non titolare con il coniuge di diritti reali su altro immobile. Ciò costituisce abuso del diritto, poiché la donazione della quota non ha altra giustificazione se non quella di eludere la normativa fiscale. La conseguenza fiscale è l'impossibilità di beneficiare della riduzione prevista nella tariffa dall'articolo 1 dpr numero 131/1986 per la cd. prima casa. Tale assunto è stato statuito dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma sez. 29 con sentenza numero 46 dell'1 febbraio 2011. L'iter logico giuridico del citato giudice di merito tributario adottato si è così sviluppato 1 la donazione della quota alla moglie in regime di comunione legale non è idonea 1 ad escludere quel bene dal regime di comunione 2 non è prevista la possibilità per un coniuge di rinunciare efficacemente alla con titolarità di un singolo bene 3 le eventuali modifiche del regime di comunione devono riguardare il regime patrimoniale complessivo. L'articolo 210, comma 3, c.c. dispone che l'eguaglianza delle quote della comunione legale non è derogabile trattandosi di obblighi di natura pubblicistica 4 i coniugi in comunione sono solidalmente titolari del patrimonio ed un coniuge non può validamente rinunciare alla comproprietà di singoli beni, non appartenenti alle categorie elencate dall'articolo 179 c.c., salvo modificare nel suo complesso il regime 2 patrimoniale 5 occorre considerare che , nel caso di specie, la donazione della quota non aveva altra giustificazione se non quella di eludere la normativa fiscale. Pagare meno tasse possibili è lecito solo quando ci siano valide ragioni economiche. Nell'ordinamento tributario italiano, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustificano l'operazione.Ad escludere l'abuso non bastano ragioni economiche meramente marginali e teoriche, inidonee a fornire una spiegazione alternativa dell'operazione rispetto al mero risparmio fiscale. Incombe sul contribuente fornire la prova dell'esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti di carattere non meramente marginale o teorico .Questa tipologia costituisce un terzo genere, accanto agli atti fisiologici tutti i leciti , ed agli atti patologici i simulati o fraudolenti . Cercare un modo per pagare il minimo possibile d'imposta è sì lecito, ma soltanto quando l'operazione posta in essere sia dettata da valide ragioni economiche, suscettibile cioè di apportare al contribuente un valore economico diverso e autonomo rispetto al mero risparmio fiscale. La nozione di abuso del diritto prescinde,da qualsiasi riferimento alla natura fittizia o fraudolenta di un'operazione, nel senso di una prefigurazione di comportamenti diretti a trarre in errore o a rendere difficile all'ufficio di cogliere la vera natura dell'operazione né comporta l'accertamento della simulazione degli atti posti in essere in violazione del divieto di abuso. L'accertamento del meccanismo dell'abuso prescinde, quindi, dall'accertamento della simulazione o del carattere fraudolento dell'operazione. Perché possa parlarsi di comportamento abusivo le operazioni controverse devono procurare un vantaggio fiscale. Il divieto di comportamenti abusivi non vale ove le operazioni di cui trattasi possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di vantaggi fiscali ove si constati un comportamento abusivo, le operazioni implicate devono essere ridefinite in maniera da ristabilire la situazione quale sarebbe esistita senza le operazioni che quel comportamento hanno fondato .Inopponibile il negozio concluso in violazione del divieto di abuso del diritto. Il divieto dell'abuso comporta l'inopponibilità del negozio all'Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall'operazione abusiva Cassazione sent. numero 4737 del26 febbraio 2010 Cassazione, SS.UU. civ., sent. numero 15029 del 26 giugno 2009 . Tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati es. imposte dirette , nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione esso non contrasta con il principio della riserva di legge, non traducendosi nell'imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l'applicazione di norme fiscali. I principi di capacità contributiva e di progressività dell'imposizione costituiscono infatti il fondamento sia delle norme impositive, in senso stretto, sia di quelle che attribuiscono vantaggi o benefici di qualsiasi genere, essendo anche tali ultime norme finalizzate alla piena attuazione di quei principi. Deve quindi ritenersi insito nell'ordinamento, come diretta derivazione delle norme costituzionali, il principio secondo cui il contribuente, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili diverse dalla mera aspettativa del risparmio fiscale , non può ottenere indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici. La prova sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale, incombe sull'Amministrazione finanziaria, mentre grava sul contribuente l'onere di allegare la esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti di reale spessore apprezzabili che giustifichino operazioni in quel modo strutturate Cassazione, sez. trib., sent. numero 20030 del 22 settembre 2010 .L'amministrazione finanziaria non può contestare alle aziende un abuso di diritto se, pur avendo provato la deviazione dagli schemi contrattuali tradizionali , non abbia però documentato il vantaggio fiscale Cassazione sentenza numero 20030 del 22 settembre 2010 .Su chi grava l'onere della prova? L'onere della prova della pratica abusiva grava sull'Amministrazione finanziaria la quale, nell'assolvere all'obbligo di motivazione degli atti di rettifica e accertamento, non può limitarsi alla formulazione di generici rilievi, dovendo bensì indicare gli elementi specifici a sostegno dell'assunto circa lo scopo elusivo e la carenza di effettività economica dell'operazione contestata sentenza 25374/2008 . L'inopponibilità al Fisco delle operazioni abusive in materia di Iva e di tributi cosiddetti armonizzati è una clausola generale antielusiva di matrice comunitaria, avente rango di diritto comunitario primario, operante anche in difetto di una specifica disciplina nazionale. Da tale natura deriva l'obbligo di applicazione d'ufficio e la disapplicazione di norme nazionali, ivi comprese quelle di natura procedimentale o processuale anche in processi chiusi come quello di cassazione, a prescindere da specifiche deduzioni di parte Cassazione sentenza numero 12249 del 19 maggio 2010 .In tema processuale, nessun dubbio può sussistere riguardo alla concreta rilevabilità d'ufficio, anche per la prima volta in Cassazione, della inopponibilità del negozio abusivo all'erario, con effetti retroattivi. E' utile rammentare alcune fattispecie concrete di abuso del diritto esaminate dal giudice di legittimità. Simulazione di un vincolo di pertinenza ai fini ICI, ex articolo 817 c.c va inquadrata nella più ampia categoria dell'abuso di diritto Cassazione sentenza numero 25127 del 30 novembre 2009 se la scelta pertinenziale non è giustificata da reali esigenze economiche, estetiche, o di altro tipo , ma ha l'unica funzione di attenuare il prelievo fiscale, eludendo il precetto che impone la tassazione in ragione della reale natura del cespite.Iscrizione in contabilità delle passività trasferite in occasione della cessione d'azienda, ai fini dell'imposta di registro, ha lo scopo di abbassare finanziariamente il valore dell'imponibile Cassazione Sent. numero 12042 dep. il 25 maggio 2009 .Acquisizione a valore di mercato di titoli azionari di una società controllata e la cessione, dopo breve periodo, degli stessi titoli a valore nominale alla società controllante Cassazione Ord. numero 11659 del 20 maggio 2009 .Contratto di leasing di beni ammortizzabili stipulati tra due società del medesimo gruppo Cassazione sent. numero 8481 dell'8 aprile 2009 .Scambio di fatture tra società appartenenti alla stessa famiglia le operazioni di acquisto e cessione di merce tra società del gruppo possono configurare un'ipotesi di abuso del diritto. Infatti, lo scambio di fatture tra società appartenenti alla stessa famiglia, a fronte della ripetuta vendita di beni a prezzi fuori dal mercato, può apparire ingiustificato, salvo prova contraria, e può nascondere un disegno elusivo volto ad ottenere un indebito risparmio d'IVA, nonostante siano utilizzati strumenti giuridici non vietati dalla legge cassazione sentenza numero 9476 del 21 aprile 2010 .Usufrutto su azioni o quote di società italiana, possedute da soggetto non residente il negozio con il quale viene costituito, in favore di una società residente nel territorio dello Stato, un diritto di usufrutto sulle azioni o sulle quote di una società italiana, possedute da un soggetto non residente Cassazione, SS.UU., sent. numero 30057 del 23 dicembre 2008 contra Cassazione Ord. numero 10239 del 28 aprile 2010 .Cessione dei diritti all'immagini dello sportivo la cessione da una società sportiva italiana ad una società estera dei diritti di sfruttamento dell'immagine di un atleta, quando manca una valida ragione economica Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 26 febbraio 2010, numero 4737 . Fatture per beni deperibili in caso di più fatture relative a beni deperibili, emesse, nell'arco di un breve tempo e a prezzi notevolmente diversi, tra società facenti capo alla medesima famiglia, Cass. civ. Sez. V, 21-04-2010, numero 9476 .Compravendite di titoli azionari fatte con la sola finalità di risparmio di imposta compie un abuso di diritto la società che svende le azioni all'interno del gruppo societario, pagate al valore di mercato e rivendute a quello nominale Corte di cassazione sentenza numero 11659 del 20 maggio 2009 Corresponsione di rilevanti somme in favore dell'amministratore di una società, per fini pubblicitari e promozionali in mancanza di alcuna prova documentale circa la loro spendita , deve ritenersi posta in essere al solo fine di fare ottenere un risparmio d'imposta. In tal caso l'importo percepito dal ricorrente è compenso aggiuntivo a titolo di fringe benefit. Corte di cassazione sentenza numero 27646 del 21 novembre 2008 .Operazione di locazione finanziaria se coniugata con operazioni di finanziamento, posta in essere fra soggetti appartenenti a un medesimo gruppo societario laddove sia rilevata un manifesta carenza di redditività della stessa e un valore aggiunto ai fini dell'Iva irrisorio, alla luce della complessiva unitarietà dei negozi giuridici considerati Cassazione sentenza numero 25374 del 21 maggio 2008 depositata il 17 ottobre 2008 .* esperto tributarioNote 1 In regime di comunione legale, la partecipazione alla stipula, del coniuge formalmente non acquirente e l'eventuale dichiarazione di assenso, da parte sua, all'intestazione personale del bene, immobile o mobile registrato, all'altro coniuge, non hanno efficacia negoziale o dispositiva, sotto forma di rinuncia, del diritto alla comunione incidentale sul bene acquisendo, né sono elementi di per sé sufficienti ad escludere l'acquisto dalla comunione, ma hanno carattere ricognitivo degli effetti della dichiarazione, resa dall'altro coniuge, circa la natura personale del bene, se ed in quanto questa oggettivamente sussista, atteso che il secondo comma dell'articolo 179 Codice civile è norma limitativa dei casi di esclusione della comunione risultanti dalle lett. c , d ed f del primo comma dello stesso articolo, nel senso che essa, al fine di escludere la comunione legale, richiede, in caso di acquisto di un bene immobile o di un bene mobile registrato, oltre ai requisiti oggettivi previsti dalle citate lett. c , d ed f , che detta esclusione risulti espressamente dall'atto di acquisto, allorché l'altro coniuge partecipi al contratto. Da ciò consegue che di tal che, ove tale natura personale del bene manchi e tale mancanza si ha allorché il bene, senza essere di uso strettamente personale o destinato all'esercizio della professione del coniuge, venga acquistato con danaro del coniuge stesso, ma non proveniente dalla vendita di beni personali , la caduta in comunione legale non è preclusa dalle dette partecipazione e dichiarazione, tanto più che, nella pendenza di tale regime, il coniuge non può rinunciare alla comproprietà di singoli beni acquistati durante il matrimonio e non appartenenti alle categorie elencate nel primo comma dell'articolo 179 Codice civile , salvo che sia previamente o contestualmente mutato, nelle debite forme di legge e nel suo complesso, il regime patrimoniale della famiglia Cass. civ. Sez. I, 27-02-2003, numero 2954 . 2 In regime di comunione legale dei beni, il coniuge non può validamente rinunciare alla comproprietà di singoli beni non appartenenti alle categorie elencate dall'articolo 179 del c.c. acquistati durante il matrimonio, salvo che venga previamente o contestualmente mutato, nelle debite forme di legge e nel suo complesso, il regime patrimoniale della famiglia. In diversa ipotesi, il regime di comunione legale, assunto come normale dalla legge, sarebbe modificabile ad nutum, secondo l'opzione estemporanea di ciascuno dei coniugi in relazione all'acquisto di singoli beni e ciò contrasterebbe con la funzione pubblicistica dell'istituto Cass. civ. Sez. I, 27-02-2003, numero 2954 . I coniugi possono bensì convenire che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio articolo 215 c.c., separazione dei beni od anche instaurare tra loro un regime di comunione convenzionale, modificando quello tipico articolo 210 c.c. ma tali convenzioni, oltre a soggiacere a determinate forme articolo 162 c.c. riguardano sempre il regime patrimoniale complessivo della famiglia e non possono essere limitate a beni specifici, compresi nella comunione legale Cass. civ. Sez. I, 27-02-2003, numero 2954 .Il bene non qualificabile come personale cade in comunione anche se il coniuge non acquirente abbia prestato il suo consenso all'intestazione esclusiva in favore dell'altro coniuge Cass. civ. Sez. I, 27-02-2003, numero 2954 .

Commissione Tributaria Regionale di Roma, sez. IXXX, sentenza 14 ottobre 2010 - 1° febbraio 2011, numero 46Presidente Picozza - Relatore ZemaSvolgimento del processoG. S. con ricorso dell'11/07/'07 impugnava, l'avviso di liquidazione ed irrogazione sanzioni notificato il 16/04/'07 con il quale l'Agenzia delle Entrate di Roma 4, in relazione al contratto di compravendita stipulato 11/05/'04, elevava l'aliquota IVA al 10% invece del 4% applicato, poiché l'acquirente risultava proprietario di altro immobile nel Comune di Roma e quindi non poteva beneficiare della riduzione prevista nella tariffa dall'articolo 1 DPR 131/'86 per la c.d. prima casa.Eccepiva il ricorrente la indicazione, nell'avviso, dell'unità di Reggio Calabria per informazioni e riesame del provvedimento l'omesso invio dell'invito a comparire il difetto di motivazione e I'infondatezza della rettifica poiché egli aveva ceduto il 50% di proprietà del precedente immobile alla stessa moglie in comunione di beni.Resisteva l'Ufficio e la Commissione tributaria provinciale diRoma, con sentenza numero 318/08/2009, rigettava il ricorso ritenendo corretto l'operato dell'ufficio e che la donazione effettuata alla moglie non liberava il donante essendo i coniugi, in comunione di beni, solidalmente titolari dei beni stessi.Appella il contribuente lamentando l'omesso esame delle questioni preliminari per violazione degli articolo 5, 4 e 6 del D. lgs. numero 218/'97 e cioè il mancato invito a comparire, l'indicazione di un Ufficio a Reggio Calabria per il riesame dell'atto, la mancata convocazione entro 15 giorni a seguito della istanza di accertamento con adesione, nonché il difetto di motivazione dell'avviso per non aver chiarito quali fossero i due requisiti mancanti per usufruire delle agevolazioni. Nel merito occorreva considerare che i coniugi avevano acquistato nel 1997 pro quota del 50% un immobile a Roma in via il contribuente donava il proprio 50% alla moglie e lo stesso giorno acquistava, con l'atto de11/05/'04 in questione, l'immobile di via dichiarando che l'acquisto avveniva con denaro derivante dalla vendita di beni personali e pertanto gli immobili acquistati erano esclusi dalla comunione legale.Al momento del nuovo acquisto, perciò, egli non era titolare neppure in comunione con il coniuge di diritti reali su altra casa. Chiede in riforma della sentenza dichiararsi la illegittimità dell'avviso e nel merito annullarlo, vinte le spese.Contro deduce l'Agenzia che nell'ipotesi di accertamento l'invito a comparire o alla definizione con adesione non è obbligatorio e l'impugnazione comporta rinuncia alla istanza di definizione.L'Ufficio competente, indicato per ricevere l'impugnazione, è quello di Roma e non di Reggio Calabria infatti il contribuente ha presentato a Roma sia l'istanza di adesione, sia il ricorso.Nel merito la donazione della quota alla moglie in regime di comunione legale non è idoneo ad escludere quel bene dal regime di comunione. E non è prevista la possibilità per un coniuge di rinunziare efficacemente alla contitolarità di un singolo bene. Le eventuali modifiche del regime di comunione devono riguardare il regime patrimoniale complessivo. L'articolo 210 comma 3 c.c. dispone che l'eguaglianza delle quote della comunione legale non è derogabile trattandosi di obblighi di natura pubblicistica Cass. numero 2954/03 .I coniugi in comunione sono solidalmente titolari del patrimonio ed un coniuge non può validamente rinunziare alla comproprietà di singoli beni, non appartenenti alle categorie elencate dall'articolo 179 c.c., salvo modificare nel suo complesso il regime patrimoniale Corte Cost. sent. 311/'88 . Occorrerebbe inoltre considerare che la donazione della quota non aveva altra giustificazione se non quella di eludere la normativa fiscale Cass. 30055/'08 .La motivazione dell'avviso era sufficientemente chiara con riferimento alla proprietà di un immobile in Roma ed all'acquisto di altro immobile con le agevolazioni di prima casa.Chiede la conferma della sentenza impugnata con vittoria di spese.Alla pubblica udienza vengono ascoltati il difensore del contribuente ed il rappresentante dell'ufficio.Motivi della decisioneL'appello del contribuente è infondato.Le eccezioni preliminari appaiono pretestuose e defatigatorie.Come correttamente ricorda l'ufficio, nel caso in esame di rettifica e di accertamento per violazione del DPR numero 131/'86 non è previsto alcun invito preventivo, né è previsto a pena di nullità neppure la convocazione a seguito della istanza di accertamento con adesione, tanto più che l'impugnazione comporta rinuncia alla istanza ai sensi dell'articolo 6 comma 3 del D. lgs. 218/'97.L'avviso di liquidazione riportava esattamente le indicazioni richieste dall'articolo 7 dello Statuto del contribuente e cioè la Commissione tributaria provinciale e l'Ufficio di Roma 4 competenti, nonché l'indicazione dell'Ufficio ove ottenere informazioni sia pure telefoniche presso l'unità delocalizzata di Reggio Calabria.L'avviso era comunque sufficientemente motivato indicando le ragioni dell'accertamento e le norme violate, tanto che il contribuente aveva potuto difendersi indicando specificamente nel ricorso tutte le questioni relative.L'appello non può essere accolto neppure nel merito. Come deciso dai primi Giudici, in regime di comunione legale tra coniugi, la donazione della quota di un singolo bene alla propria moglie non è idoneo ad escludere quel bene dalla comunione, poiché le eventuali modifiche devono riguardare, nelle debite forme di legge, il regime patrimoniale complessivo e non possono efficacemente limitarsi ad un singolo bene. Altrimenti la comunione legale sarebbe modificabile secondo l'opzione estemporanea di ciascuno dei coniugi in relazione all'acquisto di singoli beni e ciò contrasterebbe con la funzione pubblicistica dell'istituto Cass. 27/2/2003 numero 2954 . Inoltre l'articolo 210 comma 3 c.c., stabilisce che non sono derogabili le normedella comunione legale relative alla amministrazione ed all'uguaglianza delle quote.Per quanto esposto l'appello va rigettato si ritiene, per altro, di compensare le spese giudiziali.P Q MLa Commissione tributaria regionale del Lazio Sez. 29 rigetta l'appello del contribuente. Spese compensate.