Preclusione probatoria: occorre equiparare la “riserva” di produrre i documenti al rifiuto di esibizione

La preclusione probatoria relativa al rifiuto di esibizione di documenti richiesti dai verificatori nelle more del controllo è rinvenibile negli articolo 32 del DPR 600/73 e 52 del DPR 633/72.

L’espressa riserva del contribuente di fornire i documenti in un momento successivo nella specie, nella fase contenziosa è circostanza idonea ad integrare il rifiuto di esibizione, con la conseguenza che i documenti prodotti nel processo sono inutilizzabili. La norma citata «non attribuisce al contribuente nessuna facoltà di scelta tra esibizione immediata agli inquirenti o differita in giudizio la riserva espressa dalla contribuente, quindi, si rivela evidentemente illegittima perché, nella sostanza, suppone una interpretazione della norma che ne rimette l’effettiva osservanza al mero arbitrio del contribuente». Tale principio è stato precisato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza numero 8109 dello scorso 23 maggio. La vicenda. Nel caso di specie, il contribuente non si era affatto rifiutato di esibire documenti in sede di verifica fiscale ma, al contrario, si era espressamente riservato, di produrli in giudizio. La CTR, ai fini della. preclusione probatoria, ha accolto l'appello dell'Ufficio osservando che la censura dell'Ufficio sulla non utilizzabilità dei documenti prodotti in giudizio concernenti i recuperi pari a L. 110.340.092 è fondata «a norma dell’articolo 33, comma 1, D.P.R. numero 600/1973, e dell’articolo 52, D.P.R. numero 633/1972» una diversa conclusione comporta che il campo d'indagine tornerebbe ad espandersi in sede contenziosa per iniziativa del contribuente, depotenziando cosi l'azione dell'amministrazione finanziaria. Corretta la negazione della non utilizzabilità della produzione documentale in corso di giudizio. Infatti, precisa la Suprema Corte - i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l'esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa e per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione, applicabile anche per la esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche ai fini dell'accertamento delle imposte sui redditi deve ritenersi operante non solo nell'ipotesi di rifiuto per definizione doloso dell'esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all'ispezione i documenti in suo possesso, ancorchè non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore non sanabile, di diritto o di fatto dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative, ecc. e, quindi, per colpa , - per superare la preclusione probatoria, il contribuente può anche addurre la non volontarietà della sottrazione originaria della documentazione poi tardivamente prodotta, ma deve provare il proprio assunto - la norma, finalizzata a contemperare il diritto di difesa del cittadino col principio di buona amministrazione, parimenti costituzionalizzato articolo 97 Cost. , non attribuisce al contribuente nessuna facoltà di scelta tra esibizione immediata agli inquirenti o differita in giudizio la riserva espressa dalla contribuente, quindi, si rivela evidentemente illegittima perchè, nella sostanza, suppone una interpretazione della norma che ne rimette l'effettiva osservanza al mero arbitrio del contribuente. Sul rifiuto di esibizione. E’ recessivo l’orientamento giurisprudenziale, che riteneva necessario, per integrare il rifiuto di esibizione, l’elemento intenzionale SS.UU., sent. numero 45/2000 . Secondo l’attuale e consolidato orientamento giurisprudenziale non è necessario che il contribuente abbia dolosamente opposto il rifiuto, poiché è sufficiente che egli dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all’ispezione i documenti in suo possesso, ancorché non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative . Riguardo l'indagine sull'elemento psicologico, in generale, la giurisprudenza di legittimità ammette che il divieto di utilizzare documenti scatti 'non solo nell'ipotesi di rifiuto per definizione doloso dell'esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all'ispezione i documenti in suo possesso ancorché non al deliberato scopo di impedirne la verifica ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative ecc. e, quindi, per colpa. La giurisprudenza è consolidata quindi nell’affermare la sufficienza della semplice colpa. Limiti alla preclusione. A non essere utilizzabili sono i dati e documenti espressamente e analiticamente richiesti dall’Amministrazione Finanziaria questo perché altrimenti, con una richiesta generica l’Agenzia potrebbe evidentemente o costringere il contribuente ad un adempimento piuttosto vessatorio, o rendere inutilizzabile ogni documento e dato non prodotto. Va adottata quindi una soluzione bilanciata in quanto sussiste sia la possibilità per il contribuente di vedersi riconosciuto appieno il diritto di difesa in giudizio solo se nell’ambito del procedimento tributario abbia tenuto un atteggiamento leale nei confronti dell’Agenzia, sia l ‘applicazione della preclusione se al contrario il contribuente abbia avuto, colpevolmente, un comportamento affatto collaborativo. La chiave di lettura del divieto oggetto di esame si risolve nel principio di buona fede, che secondo un orientamento oramai consolidato, rappresenta uno dei cardini del diritto tributario. Formulazione in modo chiaro ed esplicito nel ricorso introduttivo. La dichiarazione del contribuente di non aver potuto rispondere al questionario su invito dell'Ufficio per causa a lui non imputabile - che egli, ai sensi dell'articolo 32, comma 5, d.P.R. numero 600/1973, può formulare al fine di impedire la produzione degli effetti previsti dal comma quarto impossibilità che le notizie non fornite siano prese in considerazione a suo favore - deve essere fatta in modo chiaro ed esplicito nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, non richiedendosi la prova contestuale della non imputabilità della causa dell'inadempimento. Quando un contribuente ha dichiarato, all'atto di produrre la documentazione giustificativa, di aver ricevuto la notifica del questionario nei giorni immediatamente precedenti il periodo feriale, ritenendo che tale circostanza potesse automaticamente essere considerata una causa giustificativa dell'omissione a lui non imputabile la dichiarazione che, in uno con l'allegazione dei documenti non esibiti, da diritto all'esimente deve essere fatta in modo chiaro ed esplicito nel ricorso introduttivo, come pretende la norma ora in esame – articolo 32 - proprio perché essa non richiede la prova contestuale di non imputabilità della causa d'inadempimento.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, sentenza 15 - 23 maggio 2012, numero 8109 Presidente Pivetti – Relatore D’Alonzo Svolgimento del processo Con ricorso notificato al MINISTERO dell'ECONOMIA e delle FINANZE ed all'AGENZIA delle ENTRATE, la ADIGE CARNI s.c.r.l. - premesso che l'Ufficio, in base a due atti di verifica fiscale della Guardia di Finanza l'uno a suo carico , l'altro a carico della Ital-carni srl già Calabria Carni srl , aveva disconosciuto le agevolazioni sulla cooperazione previste dal D.P.R. numero 601 del 1973, articolo 10 e segg. accertando un reddito netto imponibile sia ai fini dell'IRPEG che ILOR per la presunta illecita contabilizzazione di acquisti di merce relativi ad operazioni inesistenti, nonchè di costi e spese generali non contabilizzati -, in forza di quattro di cui il primo complesso motivi, chiedeva di cassare la sentenza numero 82/08/02 della Commissione Tributaria Regionale del Veneto depositata il 27 febbraio 2003 che aveva accolto l'appello dell'Ufficio avverso la decisione 364/01/99 della Commissione Tributaria Provinciale di Rovigo la quale aveva recepito il suo ricorso. Con ordinanza numero 3031/08 depositata il giorno 8 febbraio 2008 questa Corte sospendeva il giudizio e, ai sensi dell'articolo 234 del Trattato CEE, sottoponeva alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee le seguenti questioni pregiudiziali - se le misure fiscali agevolative alle società cooperative, nella vigenza del D.P.R. numero 601 del 1973, articolo 10, 11, 12, 13 e 14, siano compatibili con la disciplina della concorrenza e, in specie, siano qualificabili come aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 87 del Trattato CE, soprattutto in presenza di un non adeguato sistema di vigilanza e correzione degli abusi previsto dal D.Lgs.C.P.S. numero 1577 del 1947 in particolare, ai fini del problema della qualificazione delle misure fiscali agevolative in contestazione come aiuti di Stato, se tali misure possano ritenersi proporzionate rispetto ai fini assegnati all'impresa cooperativa se il giudizio di proporzionalità possa riguardare, oltre che la singola misura, il vantaggio attribuito, con conseguente alterazione della concorrenza, dalle misure nel loro complesso ai fini della risposta ai precedenti quesiti, tenendo conto del fatto che il sistema di vigilanza risulta gravemente ed ulteriormente indebolito dalla riforma societaria, soprattutto in relazione alle cooperative a mutualità prevalente, e non totalitaria, secondo la L. numero 311 del 2004 - a prescindere dalla qualificabilità delle misure agevolative in questione come aiuto di Stato, se l'utilizzazione della forma societaria cooperativa, anche all'infuori dei casi di frode o di simulazione, possa essere qualificata come abuso del diritto, ove il ricorso a tale forma avvenga all'esclusivo o principale scopo di realizzare un risparmio fiscale . Il giudice comunitario pronunciava la sentenza 8 settembre 2011 nei procedimenti riuniti da C-78/08 a C-80/08 . Il Ministero e l'Agenzia non svolgevano attività difensiva. Motivi della decisione p.1. Inammissibilità del ricorso contro il Ministero. In via preliminare va, ex officio, rilevata e dichiarata l'inammissibilità del ricorso proposto contro il Ministero perchè la ricorrente non ha nemmeno dedotto che tale ente abbia preso parte al giudizio di appello nè allegato e provato che lo stesso sia titolare di un qualche rapporto giuridico che - come costantemente richiesto da questa Corte Cass. 2^, 23 agosto 2007 numero 17922 trib., 7 maggio 2007 numero 10341 3^, 26 gennaio 2006 numero 1692 2^, 26 gennaio 2006 numero 1507 2005 numero 965 2^, 13 settembre 2004 numero 18346 2^, 29 aprile 2003 numero 6649 2^, 4 febbraio 2002 numero 1468 2^, 23 novembre 2001 numero 14910 - lo legittimi, anche al fine di dimostrare la sussistenza del necessario ed imprescindibile interesse articolo 100 c.p.c. , a resistere all'impugnazione. In proposito, va ricordato che per effetto ed in conseguenza del trasferimento di funzioni e di rapporti inerenti le entrate tributarie dal Ministero dell'Economia e delle Finanze alle Agenzie Fiscali tra cui, l'Agenzia delle Entrate - le quali ultime sono divenute operative a partire dal primo gennaio 2001 in base al D.M. 28 dicembre 2000, articolo 1, - disposto dal titolo quinto, capo secondo, del D.Lgs. 30 luglio 1999, numero 300, ciascuna Agenzia 1 è succeduta al Ministero nei rapporti, sostanziali e processuali, in corso a quel momento e 2 è divenuta titolare esclusiva dei rapporti tributari e, pertanto, unica legittimata processualmente sorti successivamente alla data detta di sua operatività nel caso, l'appello dell'Ufficio è stato depositato il 19 marzo 2001 , quindi dopo il primo gennaio 2001 detto, per cui il processo di appello si è svolto solo tra l' Ufficio locale dell' Agenzia e la contribuente. p.2. La sentenza impugnata. La Commissione Tributaria Regionale ha accolto l'appello dell'Ufficio osservando - nel corso di una verifica fiscale nei confronti della Italcarni srl la Guardia di Finanza rilevava che la stessa aveva emesso fatture soggettivamente inesistenti nei confronti di vaie ditte tra cui la Adige Carni scarl la contribuente aveva ricevuto fatture per forniture dalla Italcarni che risultava priva di organizzazione che le consentisse di svolgere alcuna attività tale affermazione, nella sua oggettività, non appare contestabile a fronte della situazione rilevata, ben avrebbe potuto l'Adige Carni dimostrare, con un supporto probatorio adeguato, l'infondatezza delle presunzioni, a nulla rilevando la presenza di documenti, per giunta lacunosi, che altro non sono che il mezzo attraverso il quale è stato posto in essere l'illecito fiscale - la censura dell'Ufficio sulla non utilizzabilità dei documenti prodotti in giudizio concernenti i recuperi pari a L. 110.340.092 è fondata a norma del D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 33, comma 1, e del D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 52 una diversa conclusione comporta che il campo d'indagine tornerebbe ad espandersi in sede contenziosa per iniziativa del contribuente, depotenziando cosi l'azione dell'amministrazione finanziaria - va anche e comunque affermata in particolare l'indeducibilità dei costi non di competenza dell'esercizio 16.134.390 ed ancor più di quelli non documentati fin dall'origine 1.380. 000 - il reddito accertato non può ritenersi coperto dalle agevolazioni previste dal D.P.R. numero 601 del 1973, articolo 11, poichè le società cooperative non possono distribuire utili in eccedenza rispetto a quelli spettanti in base al tasso vigente per le prestazioni sociali, applicato alla quota di capitale sottoscritto da ciascun socio nel caso di specie, come sostenuto dall'Ufficio, è più che logico affermare che l'utile esposto nell'accertamento sia stato percepito dai singoli soci, contravvenendosi in tal modo ad una condizione indispensabile per godere delle agevolazioni di cui all'articolo 11 del D.P.R. citato . p.3. Il ricorso della contribuente. Questa censura la decisione con quattro motivi. A. Con il primo la ricorrente denunzia omessa e insufficiente motivazione in merito al punto della revoca delle agevolazioni fiscali godute ai sensi del D.P.R. numero 601 del 1973, articolo 10 e ss. , così articolate a insufficiente motivazione in ordine all'asserita inesistenza dell'organizzazione idonea a consentire alla Italcarni srl qualsiasi attività perciò alla sua inesistenza soggettiva a1 le affermazioni della Guardia di Finanza unico fondamento della decisione del giudice di appello sul punto non hanno per oggetto fatti ma si sostanziano in giudizi , oltretutto apodittici in quanto non riportano nemmeno i fatti su cui dovrebbero fondarsi a2 soltanto l'affermazione della Guardia di Finanza relativa all'occultamento o distruzione della documentazione fiscale e sanitaria ha per oggetto fatti I quali, tuttavia, potranno integrare illeciti fiscali o amministrativi, ma non attengono alla inesistenza soggettiva della Italcarni srl a3 la natura di giudizio è manifestamente evidente con riguardo all'affermazione in cui la Guardia di Finanza ha dichiarato che la srl Italcarni non aveva idonea organizzazione di uomini e mezzi atti a poter esercitare le attività imprenditoriali accertate che sembra il fondamento del giudizio espresso nella sentenza impugnata, secondo cui è oggettivamente incontestabile che la Italcarni srl fosse una ditta priva di una organizzazione che le consentisse di svolgere alcuna attività a4 l'avviso di accertamento e la sentenza impugnata si fondano unicamente sui rilievi della Guardia di Finanza effettuati in sede di verifica fiscale eseguita nei confronti di un soggetto terzo e con riguardo a tale ipotesi in giurisprudenza si è affermato che in assenza di ulteriori prove addotte dall'amministrazione finanziaria, l'accertamento basato esclusivamente su di un processo verbale redatto a carico di soggetti terzi non costituisce presunzione in grado di legittimare l'accertamento b omessa motivazione in ordine all'accordo fraudolento tra essa e i pretesi reali gestori della Italcarni srl e, perciò, in ordine alla sua inesistenza soggettiva b1 la sentenza omette del tutto di motivare in ordine all' elemento essenziale dato dall' accordo detto e trascura completamente che nel mese di aprile 1995 essa ricorrente aveva subito un'ispezione ordinaria del Ministero del Lavoro, all'esito della quale non era stata riscontrata alcuna irregolarità che impedisse di godere delle agevolazioni fiscali previste dalla legge b2 sia l'Ufficio sia il giudice di appello hanno omesso di considerare che essa ricorrente aveva emesso 15 fatture per prestazioni di servizi di macellazione nei confronti della Italcarni srl tale emissione non reca alcun vantaggio economico, per cui e del tutto incompatibile con la volontà di frodare il fisco c insufficiente motivazione sui punti c1 dell'esistenza di reddito non dichiarato , c2 del mancato suo accantonamento e, perciò , c3 della sua distribuzione ai soci con conseguente superamento dei limiti di percezione degli utili di cui al D.P.R. numero 601 del 1973, articolo 11 tutte le decisioni sulle predette questioni di fatto sono tratte esclusivamente in via logico deduttiva da un unico presupposto l'effettivo compimento delle operazioni soggettivamente inesistenti nessuno specifico elemento probatorio viene indicato nella sentenza impugnata a sostegno delle decisioni medesime . B. Nella seconda doglianza la contribuente denunzia insufficiente motivazione per mancata illustrazione delle ragioni del dissenso dal convincimento espresso dal primo giudice il quale ha a negato la decadenza dalle agevolazioni previste dal D.P.R. numero 601 del 1973, articolo 11 in quanto ha ritenuto la documentazione prodotta probatoria dei requisiti di mutualità richiesti per godere delle agevolazioni , b ritenuto che il verbale della Guardia di Finanza non può sopperire da solo all'onere probatorio dell'Ufficio , c ammesso la produzione documentale in corso di giudizio, in quanto a legittimamente eseguita nell'esercizio del diritto di difesa e d ritenuto la mancata documentazione dei costi di carburante dovuta ad errore formale a causa della esiguità dell'importo . C. In terzo luogo la cooperativa, richiamato l'insegnamento di questa Corte 22 gennaio 2002 numero 1030 che , a suo dire, mai ha applicato la preclusione de qua in caso di espressa riserva di successiva produzione di documenti , denunzia - con riferimento ai recuperi per costi non deducibili costi per acquisto di carburanti e lubrificanti non documentati costi per servizi non documentati , tra cui diritti sanitari assicurazioni e bolli auto costi da condono previdenziale non deducibili perchè non inerenti e comunque non di competenza del 1993 documenti prodotti mastrino dei diritti sanitari con le relative quietanze L. 89.181.000 ricevute di pagamento delle spese di assicurazione e bolli auto L. 3. 644.642 - violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 33, comma 1, con il D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 52, comma 5 affermando che essa non si era affatto rifiutata di esibire documenti in sede di verifica fiscale ma si era espressamente riservata di produrli in giudizio . D. Nella quarta ultima doglianza la ricorrente censura l'affermazione del giudice di appello secondo cui va comunque affermata l'indeducibilità dei costi non di competenza dell'esercizio 16.134.390 e di quelli non documentati fin dall'origine L. 380.000 e denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. numero 917 del 1986, articolo 52, e articolo 15, comma 1, e del canone di ragionevolezza 1 la mancata documentazione di un importo oggettivamente assai esiguo L. 1.380.000 spese sostenute per acquisto di carburanti e lubrificanti deve essere interpretata alla luce del canone detto Cass. 17 giugno 2002 numero 8715 e 27 febbraio 1998 numero 2198 ed integra, quindi, errore meramente formale commesso nella redazione della contabilità 2 i costi derivanti dal pagamento del condono previdenziale , essendo stati pagati nel 1993, non possono che essere dedotti in tale esercizio, per lo meno quanto al capitale e agli interessi, conformemente a quanto deve dedursi dal combinato disposto delle norme indicate, interpretato alla luce del predetto canone . p.4. Le ragioni della decisione. Il ricorso deve essere respinto perchè infondato. A. Il corretto scrutinio della prima doglianza omessa e insufficiente motivazione in merito alla revoca delle agevolazioni fiscali godute ai sensi del D.P.R. numero 601 del 1973, articolo 10 e ss. impone di ribadire, in via preliminare, fa costante giurisprudenza di questa Corte tale definita da Cass., trib., 17 giugno 2011 numero 13327, la quale richiama ex plurimis, da ult. Cass. nnumero 27162 del 2009, 6288 del 2011 secondo cui 7 vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducìbile in sede di legittimità ex articolo 360 c.p.c., numero 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione . Al medesimo fine si deve, poi, ricordare Cass., lav., 12 agosto 2004 numero 15693 id., lav., 9 agosto 2004 numero 15355 che a il vizio di omessa od insufficiente motivazione articolo 360 c.p.c., numero 5 sussiste soltanto quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento b il ricorrente che deduca l'omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per mancata o erronea valutazione di alcune risultanze probatorie, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione articolo 366 c.p.c. , ha l'onere di specificare trascrivendole integralmente le prove non valutate o mal valutate, nonchè di indicare le ragioni del carattere decisivo delle stesse atteso che il mancato esame di una o più risultanze processuali può dar luogo al vizio di omessa o insufficiente motivazione unicamente se quelle risultanze processuali non valutate o mal valutate siano tali da invalidare l'efficacia probatoria delle altre sulle quali il convincimento si è formato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base Cass., 2^, 17 febbraio 2004 numero 3004 . L'applicazione al caso dei richiamati principi mostra l'evidente insussistenza di entrambi i profili di censura omessa e insufficiente motivazione contenuti nella doglianza atteso che - l' occultamento o distruzione della documentazione fiscale e sanitaria - riscontrati dalla Guardia di Finanza e richiamati dalla stessa contribuente - non integrano solo o tanto illeciti fiscali o amministrativi ma costituiscono accertamento obiettivo, logicamente significativo anche di una inesistenza soggettiva , per mancanza di idonea organizzazione di uomini e mezzi atti a poter esercitare le attività imprenditoriali , della Italcarni srl - l' affermazione della Guardia di Finanza secondo cui la srl Italcarni non aveva idonea organizzazione di uomini e mezzi atti a poter esercitare le attività imprenditoriali accertate non è necessariamente frutto di un giudizio, potendo anche essere, in via logica, il mero risultato di una obiettiva constatazione della corrispondente realtà fattuale sulla inesistenza dell' organizzazione di uomini e mezzi a consentire l'esercizio delle attività imprenditoriali desumibili dalle fatture emesse il conseguente giudizio della Commissione Tributaria Regionale per il quale la Italcarni srl era una ditta priva di una organizzazione che le consentisse di svolgere alcuna attività risulta, pertanto, privo di qualsivoglia vizio logico - l'osservazione fondata sul richiamo ad una decisione di merito, quindi, priva di qualsiasi valore nomofilattico per la quale l'assenza di ulteriori prove addotte dall'amministrazione finanziaria, l'accertamento basato esclusivamente su di un processo verbale redatto a carico di soggetti terzi non costituisce presunzione in grado di legittimare l'accertamento non può essere assunta come principio giuridico perchè erronea il D.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, articolo 37, comma 1, infatti, consente agli Uffici di procedere al controllo delle dichiarazioni e alla individuazione dei soggetti che ne hanno omesso la presentazione sulla scorta anche delle informazioni di cui siano comunque in possesso , fra le quali informazioni rientrano certamente anche i rilievi della Guardia di Finanza effettuati in sede di verifica fiscale eseguita nei confronti di un soggetto terzo . Ai fini fiscali , poi, il disconoscimento di un costo di cui si sia comunque accertata l'inesistenza anche solo soggettiva , non richiede la ricorrenza e, quindi, la prova anche di un accordo fraudolento con chicchessia in quanto il reddito è costituito unicamente dai dati oggettivi attivi e passivi della complessiva attività economica svolta nel periodo, senza nessuna considerazione delle ragioni extraeconomiche che eventualmente hanno sorretto o determinato ogni singolo dato. Ai medesimi fini, ancora, 1 l' esito dell' ispezione ordinaria del Ministero del Lavoro subita nel mese di aprile 1995 , all'esito della quale , si assume, non era stata riscontrata alcuna irregolarità che impedisse di godere delle agevolazioni fiscali previste dalla legge è irrilevante per cui non inficia in alcun modo la motivazione della sentenza impugnata , non rientrando nei compiti e nelle funzioni degli ispettori del lavoro procedere ad accertamenti e/o a rilevamenti propriamente nonchè direttamente fiscali , e 2 si palesa priva di incidenza sulla conclusione adottata dal giudice del merito l'assunta emissione di 15 fatture per prestazioni di servizi di macellazione nei confronti della Italcarni srl , non avendo la ricorrente esposto nè rilevandosi, comunque, altrimenti - come impone l'articolo 366 c.p.c. - i necessari concreti elementi economici di raffronto tra le fatturazioni attive e passive per formulare un qualche giudizio circa la asserita inesistenza non reca di alcun vantaggio economico , quindi la pretesa incompatibilità è del tutto incompatibile di tale emissione con la volontà di frodare il fisco . L' esistenza di reddito non dichiarato , infine, costituisce ovvia conseguenza algebrica dell'accertata inesistenza dell'elemento negativo dato dai costi indicati nelle fatture contestate e rimasti, quindi, privi dell'afferente supporto probatorio documentale detta esistenza , pertanto, non era bisognevole di alcuna motivazione propria nè, soprattutto, del conforto di un qualche ulteriore specifico elemento probatorio . Del pari e correlativamente, il giudice del merito non doveva motivare il ritenuto mancato accantonamento del predetto reddito non dichiarato e la sua distribuzione ai soci - cui, come riconosce la stessa ricorrente, consegue il superamento dei limiti di percezione degli utili di cui al D.P.R. numero 601 del 1973, articolo 11 , e, quindi, la non spettanza dei relativi benefici fiscali - nè, comunque, ricercare ulteriori prove al riguardo, perchè di quel reddito, proprio perchè non dichiarato , non vi è traccia nè si allega che ve ne sia nei documenti contabili della contribuente si che la conseguenza accolta dal giudice del merito diventa l'unica logicamente traditale dalla accertata omessa dichiarazione di quel reddito. B. La sentenza impugnata, di poi, non risulta in alcun modo affetta dal vizio insufficiente motivazione per mancata illustrazione delle ragioni del dissenso dal convincimento espresso dal primo giudice denunziato con il secondo motivo di ricorso in quanto, come si evince dalle considerazioni testuali riportate al precedente 2, ha espressamente esposto le ragioni del proprio dissenso su singoli punti requisiti di mutualità richiesti per godere delle agevolazioni il verbale della Guardia di Finanza non può sopperire da solo all'onere probatorio dell'Ufficio produzione documentale in corso di giudizio e mancata documentazione dei costi di carburante indicati dalla ricorrente. Questa, peraltro, in violazione dei principi richiamati al punto A di questo p., si è limitata a dedurre il vizio insufficiente motivazione ma non ha indicato nemmeno una ragione logica o giuridica per la quale quella della sentenza impugnata sarebbe insufficiente a giustificare l'opposto convincimento raggiunto dalla Commissione Tributaria Regionale su tutti detti punti la doglianza, quindi, si risolve unicamente nell'esposizione della opinione interessata perchè ad essa favorevole della contribuente. Nel caso, l'indicazione detta si rileva indispensabile perchè il giudice di appello, diversamente da quanto ritenuto da quello di primo grado, ha a affermato la decadenza dalle agevolazioni previste dal D.P.R. numero 601 del 1973, articolo 11 , in base a ragioni che non investono la documentazione prodotta , come esposto al punto A 1 di questo p. b negato l'utilizzabilità della produzione documentale in corso di giudizio in conseguenza dell'interpretazione del D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 33, comma 1, e del D.P.R. numero 633 del 1973, articolo 52 e non per effetto di una valutazione di concreti elementi fattuali solo in ordine alla quale è invocabile il principio, posto dalla ricorrente a fondamento della complessiva doglianza in esame, dell'obbligo del giudice di secondo grado di esporre le ragioni del dissenso dal convincimento espresso dal primo giudice cfr. Cass., 2^, 14 dicembre 1999 numero 14038, invocata dalla società, la quale ha ritenuto in sufficiente , per mancata esposizione delle ragioni del dissenso dal convincimento espresso dal primo giudice , la pronunzia del giudice di appello sull'accertamento della proprietà di un bene ivi in contestazione diversa da quella adottata dalla Commissione Tributaria Provinciale. C. La non utilizzabilità a norma del D.P.R. numero 600 del 1973, articolo 33, comma 1, e del D.P.R. numero 633 del 1972, articolo 52 dei documenti prodotti in giudizio dalla contribuente - affermata dalla Commissione Tributaria Regionale, oggetto della terza doglianza -, ancora, non si rivela validamente ed efficacemente contrastata dal mero richiamo all' insegnamento che si assume tradibile dalle decisioni di questa Corte invocate dalla ricorrente atteso che a nella sentenza 24 giugno 1995 numero 7161 si è espressamente statuito che il il divieto contenuto nel D.P.R. 26 ottobre 1972, numero 633, articolo 52, comma 5, per il quale 1 i libri, registri, scritture e documenti di cui è rifiutata l'esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento in sede amministrativa o contenziosa e 2 per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri, registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione , applicabile anche per la esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche ai fini dell' accertamento delle imposte sui redditi ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, articolo 33, comma 1 deve ritenersi operante non solo nell'ipotesi di rifiuto per definizione doloso dell'esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all'ispezione i documenti in suo possesso, ancorchè non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore non sanabile, di diritto cfr. D.P.R. numero 636 del 1972, articolo 39 bis o di fatto dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative, ecc. e, quindi, per colpa , e b nella decisione 28 gennaio 2002 numero 1030 si è specificato che per superare la preclusione probatoria, il contribuente può anche addurre la non volontarietà della sottrazione originaria della documentazione poi tardivamente prodotta v. Cass. SS. UU. 45-2000 , ma deve provare il proprio assunto . Siffatti principi, però, nel caso, risultano del tutto irrilevanti avendo la stessa contribuente precisato che essa non si era affatto rifiutata di esibire documenti in sede di verifica fiscale ma, al contrario, si era espressamente riservata, di produrli in giudizio la confessata volontaria mancata esibizione peraltro, non altrimenti giustificata alla Guardia di Finanza, in sede di verifica , dei documenti - a spiegazione della quale non si è nemmeno adombrato un qualsivoglia errore , quand'anche non sanabile -, infatti, giuridicamente integra il rifiuto di esibizione sanzionato dalla norma in quanto questa attesa la finalità perseguita di contemperare il diritto di difesa del cittadino col principio di buona amministrazione, parimenti costituzionalizzato articolo 97 Cost. e, quindi, non disinvoltamente sacrificabili in presenza di comportamenti che ne ostacolino ingiustificatamente la realizzazione , come precisato nella richiamata decisione del 1995 di questa Corte non attribuisce al contribuente nessuna facoltà di scelta tra esibizione immediata agli inquirenti o differita in giudizio la riserva espressa dalla contribuente, quindi, si rivela evidentemente illegittima perchè, nella sostanza, suppone una interpretazione della norma che ne rimette l'effettiva osservanza al mero arbitrio del contribuente. D. Il canone di ragionevolezza invocato dalla ricorrente, infine, non è giuridicamente idoneo per affermare la deducibilità di costi che come riconosciuto dalla stessa contribuente 1 non sono di competenza di un determinato esercizio e 2 non risultano documentati perchè tale canone insieme con quello di non discriminazione è stato enunciato ed applicato nelle pronunce Cass. 17 giugno 2002 numero 8715 e 27 febbraio 1998 numero 2192 della sezione lavoro di questa Corte invocate dalla società, unicamente ai fini del controllo del rispetto, nell'interpretazione di un accordo privato da parte del giudice del merito, del canone ermeneutico previsto dall' articolo 1362 c.c. e non, come vorrebbe la contribuente, 1 per definire un concetto di competenza fiscale diverso da quello imperativamente rinvenibile nel testo vecchia numerazione, applicabile al caso ratione temporis del D.P.R. 22 dicembre 1986, numero 917, articolo 75, del quale la ricorrente enuncia ma non spiega la pretesa violazione e falsa applicazione e 2 per affermare il principio giuridico della non necessità della prova facente carico alla contribuente in base ai criteri di riparto fissati dall'articolo 2697 c.c. di un costo esposto in detrazione solo in ragione della assunta sua esiguità. La censura concernente il costo per condono previdenziale , peraltro e comunque, è anche inammissibile perchè investe solo la competenza e non anche la sua inerenza , la cui mancanza pure contestata dall'Ufficio, secondo deduce la stessa società è, di per se sola, idonea a supportare il suo disconoscimento fiscale. 5. Delle spese processuali. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, non avendo i due enti intimati svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso contro il Ministero e rigetta, quello contro l'Agenzia.