Manca il certificato di abitabilità? Sì alla riduzione del prezzo pattuito

I vizi relativi all’abitabilità parziale di un immobile giustificano la riduzione, ai sensi dell’articolo 1492 c.c., del prezzo originariamente pattuito, qualora gli stessi siano riferibili a norme urbanistiche ed impiantistiche e vengano prontamente rilevati e segnalati al promittente alienante dal promissario acquirente.

Questo è il principio espresso dalla Cassazione, con la sentenza numero 6521, depositata il 26 aprile. I fatti di causa. All’origine dei fatti per cui è causa si rinviene un preliminare relativo all’acquisto di un appartamento, al quale non ha fatto seguito la stipula del contratto definitivo, in ragione di una serie di vizi denunciati dal promissario acquirente e che avrebbero giustificato, a suo dire, la riduzione del prezzo pattuito. Tale domanda, accolta nei giudizi di merito, viene peraltro osteggiata innanzi alla Corte di Cassazione, sul presupposto – poi rivelatosi infondato – che i locali privi del certificato di abitabilità non potevano essere ricompresi nell’ambito dell’abitazione, trattandosi di locali “accessori”. La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, nel rigettare l’impostazione del ricorrente, conferma la pronuncia della Corte territoriale, individuando proprio nei vizi relativi all’abitabilità di alcuni locali il fondamento, ex articolo 1490 – 1492 c.c., per ottenere una riduzione del prezzo pattuito prima della scoperta dei vizi in questione. La garanzia per i vizi occulti nella vendita cosa prevede il c.c.? Ai sensi dell’articolo 1492 c.c., nel contratto di compravendita, qualora il bene oggetto del contratto presenti dei vizi che ne determinano la diminuzione del valore in relazione alla minore utilità che dal medesimo si può trarre, il compratore, esercitando l’actio quanti minoris, ha diritto di chiedere una diminuzione del prezzo pattuito in una percentuale pari a quella rappresentante la menomazione che il valore effettivo della cosa consegnata subisce a causa dei vizi, in modo tale da essere posto nella situazione economica equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se la cosa fosse stata immune da vizi. In alternativa, lo stesso compratore può richiedere la risoluzione del contratto azione redibitoria . La scelta tra le due opzioni diviene irrevocabile se attuata in via giudiziale. Secondo la giurisprudenza, per l’esercizio dell’azione di risoluzione del contratto di compravendita per i vizi delle cose che di esso formano oggetto non è richiesta dall’articolo 1492 c.c. la colpa dell’alienante, la cui sussistenza è, invece, necessaria sia per promuovere l’azione risolutoria per difetto delle qualità promesse, in quanto l’articolo 1497 c.c., che disciplina quest’ultima, richiama, a differenza dell’altra norma, le disposizioni generali dell’istituto della risoluzione per inadempimento, il quale è fondato sulla colpa, sia per promuovere l’azione risarcitoria, nella quale l’articolo 1494 c.c. presuppone la colpa del venditore, ponendo a suo carico una presunzione di conoscenza dei vizi. Trasformazione dell’immobile in presenza di vizi no alla risoluzione, sì alla riduzione del prezzo. Un’ipotesi particolare è quella prevista dal terzo comma dell’articolo 1492 c.c. per il quale, in caso di alienazione o trasformazione del bene oggetto di compravendita, non è invocabile la risoluzione ma solo la riduzione del prezzo peraltro, si ritiene che la trasformazione, da parte del compratore, della cosa acquistata, con conseguente obiettiva impossibilità di restituirla, non è di per sé sufficiente a precludergli l’azione di risoluzione contrattuale per vizi ai sensi dell’articolo 1492, terzo comma, c.c., occorrendo, a tal fine, che quel comportamento evidenzi univocamente che l’acquirente, cosciente dei vizi, abbia inteso accettare la cosa, così rinunciando alla maggiore tutela dell’azione risolutoria rispetto a quella di riduzione del prezzo. Garanzia per vizi e garanzia di buon funzionamento le differenze. La garanzia per i vizi della cosa venduta disciplinata dagli articolo 1490 e seguenti c.c. differisce da quella di buon funzionamento prevista dall’articolo 1512 c.c. per il fatto che, mentre la seconda impone all’acquirente solo l’onere di dimostrare il cattivo funzionamento della cosa venduta, la prima - cui il venditore è tenuto anche se incolpevole, essendo la colpa di questi, come visto sopra, richiesta solo ai fini dell’obbligo del risarcimento del danno - impone all’acquirente anche l’onere di dimostrare la sussistenza dello specifico vizio che rende la cosa venduta inidonea all’uso cui essa è destinata inoltre, la garanzia di cui all’articolo 1512 c.c., che attua, con l’assicurazione di un determinato risultato - il buon funzionamento della cosa per il tempo convenuto - una più forte garanzia del compratore, in via autonoma ed indipendente rispetto alla garanzia per vizi ed alla responsabilità per mancanza di qualità, trova fondamento in un patto contrattuale e, pertanto, può essere invocata solo previa deduzione e dimostrazione dell’esistenza di un tale patto nel contratto di compravendita.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 marzo – 26 aprile 2012, numero 6521 Presidente Schettino – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con citazione notificata il 4,7.2003 B.E. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Genova, C.M.G. e B.A. esponendo di aver stipulato, in data 15.4.1993, un contratto preliminare con cui si era obbligato ad acquistare un immobile con annesso terreno, sito in Comune di Lerma, di proprietà dei convenuti. Lamentava che, al momento della stipulazione del contratto definitivo, erano emerse varie difformità riguardanti, fra l'altro, il difetto di abitabilità di alcune parti dell'immobile. Chiedeva, pertanto, sentenza costitutiva di trasferimento dei beni, ex articolo 2932 c.c., ad un prezzo ridotto rispetto a quello pattuito nonché il risarcimento dei danni subiti per il ritardo nell'esecuzione del preliminare. Con sentenza 20.9.2006 il Tribunale, in composizione monocratica, espletata C.T.U., disponeva il trasferimento in favore dell'attore, della proprietà dell'immobile oggetto del contratto preliminare, per il prezzo di Euro 281.500,00 così ridotto rispetto quello pattuito, pari ad Euro 294.000,00 , detratta la caparra di Euro 90.000,00 respingeva le altre domande di accertamento dei vizi e risarcimento dei danni e condannava i convenuti al pagamento delle spese di lite. Avverso tale sentenza il B. proponeva appello cui resistevano i coniugi C. - B. che, in via incidentale, chiedevano dichiararsi il loro diritto di recedere dal preliminare, trattenendo la caparra versata dal Be. , avendo questi, senza giustificato motivo, rifiutato di stipulare il contratto definitivo. Con sentenza depositata il 30.9.2009, la Corte di Appello di Genova, in parziale riforma della sentenza di primo grado,riduceva il prezzo di vendita ad Euro 257.980,00, condannando i C. -B. al rilascio dell'immobile in favore del B. , subordinatamente al pagamento del prezzo, nonché alla rifusione delle spese di C.T.P. respingeva l'appello incidentale dei C. B. e compensava fra le parti, nella misura di un terzo, le spese del grado con condanna degli appellati al pagamento dei restanti due terzi. Tale decisione è impugnata dai C. - B. con ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrati da successiva memoria. Resiste con controricorso il Be. , avanzando, altresì, ricorso incidentale sulla base di cinque motivi. Motivi della decisione I ricorrenti principali deducono 1 omessa pronuncia sull'eccezione di tardività della denuncia di vizi e difetti dell'immobile non menzionati nell'atto di citazione, con violazione dell'articolo 112 c.p.c. 2 omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio i giudici di appello non avevano indicato il criterio posto a fondamento del rigetto della eccezione di tardività delle domande di cui al primo motivo e, contraddittoriamente, aveva dichiarato inammissibile una delle domande di controparte, relativa al cosiddetto danno fiscale,perché non compiutamente formulata nel primo grado del giudizio, accogliendo, invece, la domanda di riduzione del prezzo per vizi e difformità mai dedotti 3 vizio di ultrapetizione, ex articolo 112 c.p.c., laddove la Corte d'appello aveva deciso su una voce di danno, quale il risarcimento dei danni per mancato utilizzo dell'immobile promesso in vendita,senza che sul punto controparte avesse formulatole in primo grado né in appello, alcuna richiesta 4 violazione e falsa applicazione dell'articolo 1, co. 2, L. R. Piemonte 6.8.1998 numero 21, anche in relazione agli articolo 1370, 1365, 1440 e 1538 c.c. la Corte di Appello aveva erroneamente condiviso le conclusioni del C.T.U., in ordine al difetto del certificato di abitabilità della taverna e del cucinotto , siti nel piano seminterrato e non destinati alla permanenza continuativa delle persone, non tenendo conto che si trattava di locali accessori o a servizio dell'abitazione , per i quali la legge cit. non richiedeva alcun ulteriore certificato di abitabilità rispetto a quello originario riguardante l'intero edifico, comprensivo di detti locali sia pure indicati come cantina e ripostiglio tanto valeva anche per la veranda , trattandosi di locale accessorio, esulante dalla disciplina relativa ai locali sottotetto di cui a detta legge regionale 5 violazione e falsa applicazione dell'articolo 1489 c.c., anche in relazione all'articolo 2058 c.comma ed all'articolo 1385 c.c. l'integrale corresponsione, da parte dei ricorrenti, della somme dovute per oblazione ed oneri di concessione per la definizione del condono edilizio, precludeva la contestazione relativa alla abitabilità del piano seminterrato e, conseguentemente,la possibilità di riduzione del prezzo di compravendita dell'immobile in questione, giustificabile solo in caso di persistenza del potere repressivo della P.A. adozione di sanzione pecuniaria o di ordine di demolizione . Con ricorso incidentale i controricorrenti lamentano a violazione degli articolo 1218, 1223, 1362, 1372, 1490 c.comma e 112 c.p.c., nonché insufficiente motivazione laddove la Corte d'Appello a pag. 9 della sentenza impugnata aveva escluso che la veranda costituisse un volume coperto e che dovesse essere munita dell'abitabilità, recependo il giudizio del C.T.U. secondo cui tale locale è passibile di chiusura mediante infissi scorrevoli,non di completa sigillatura b violazione degli articolo 1218 – 1223 – 1362 – 1372 - 1490 c.comma - 112 c.p.comma nonché insufficiente motivazione la Corte territoriale aveva aderito all'illogica motivazione del C.T.U. che aveva ritenuto non necessario riempire la piscina tutti gli anni, essendo la stessa munita di impianto autodepurante con possibilità, quindi, del solo abbocco , non tenendo conto che il clima rigido nella stagione invernale imponeva lo svuotamento della piscina nella stagione stessa, al fine di evitare la formazione di ghiaccio e danni alla struttura c violazione degli articolo 1218, 1223, 1362, 1372, 1490 c.comma 112 c.p.c. omessa motivazione, per avere i giudici di merito omesso di valutare le infiltrazioni dal terrazzo nella sottostante veranda con danni alle relative murature, come verificati, in corso di causa, dal C.T.P. e descritti nel verbale allegato alla C.T.U. del 20.9.04 d violazione degli articolo 1218, 1223, 1362, 1372, 1490 c.comma e 112 c.p.c. omessa motivazione in ordine al mancato riconoscimento dei costi sostenuti per l'attività professionale espletata dal Notaio Armando Salati esame documenti, corrispondenza ecc. in vista della stipula del contratto definitivo e violazione degli articolo 1218, 1223, 1362, 1372, 1490 c.comma e 112 c.p.comma nonché insufficiente e contraddittoria motivazione con riferimento al mancato riconoscimento degli oneri fiscali di registrazione del contratto preliminare e del danno verificatosi per la liquidazione, da parte dell'Agenzia delle Entrate, della imposta relativa alla sentenza del Tribunale con cui era stato disposto il trasferimento dell'immobile. Il ricorso principale è infondato e, come tale, va rigettato. Le prime tre censure vanno esaminate congiuntamente stante la loro connessione con riferimento al comune presupposto della omessa denuncia in citazione di determinati vizi delle opere, omissione che avrebbe comportato il vizio di ultrapetizione e di omessa, contraddittoria motivazione. Al riguardo è sufficiente osservare che i coniugi C. B. concludevano in primo grado, chiedendo, fra l'altro, una riduzione del prezzo di vendita degli immobili in dipendenza dei vizi e difformità dichiarati e accertati ed il risarcimento per i danni emersi ed emergendi correttamente, quindi, il Giudice di appello ha ridotto detto prezzo, ai sensi dell'articolo 1492 c.c., sulla base di quanto accertato mediante C.T.U. e tenuto conto della garanzia, ex articolo 1490 c.c., prestata dai promittenti venditori, col contratto preliminare di vendita in ordine al rispetto delle norme urbanistiche ed impiantistiche ed alla abitabilità dell'immobile oggetto del contratto, in ogni sua parte . La Corte di merito ha ritenuto, peraltro, le risultanze peritali sorrette da congrua e puntuale motivazione quanto al minor valore dell'immobile per i vizi riscontrati sul punto le doglianze dei ricorrenti vanno disattese essendo del tutto generiche e fondate su una diversa valutazione in fatto,esulante dal sindacato di legittimità. Anche quanto alle censure di cui al motivo sub 4 la Corte territoriale ha fatto riferimento alle conclusioni del C.T.U. ed alla motivazione della sentenza di primo grado non specificatamente contestata, evidenziando che i promettenti venditori avevano garantito la abitabilità dell'immobile in ogni sua parte, compresi, quindi, i locali siti nel piano seminterrato. Del tutto in conferente è poi il richiamo alla legge Piemonte numero 21/1998, riguardante il recupero dei sottotetti , per giustificare il difetto di abitabilità del cucinotto e della taverna siti al piano seminterrato. Il motivo sub 5 si fonda su un apprezzamento di parte, superato dall'accertato minor valore dell'immobile per i vizi ed i difetti riscontrati, al di là della richiesta di condono edilizio. Del pari infondato è il ricorso incidentale in quanto, sotto il profilo apparente del vizio di violazione di legge e di motivazione, le censure sub a b e c implicano, in realtà, un diverso apprezzamento di circostanze di fatto già esaminate con adeguata motivazione nella sentenza impugnata. In relazione poi ai motivi sub d ed e , il giudice di appello ha dato conto della novità della domanda riguardante il riconoscimento del c.d. danno fiscale ed ha escluso, con adeguata motivazione non attinta dalla relativa censura, la sussistenza dell'asserito danno da ritardo nella stipula del contratto definitivo, posto che il promissario acquirente aveva agito in giudizio non per ottenere la risoluzione di preliminare ma per ottenerne l'esecuzione. Alla stregua di quanto osservato vanno respinti entrambi i ricorsi. Ricorrono giusti motivi, considerata la reciproca soccombenza delle parti, per compensare integralmente fra di loro le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta entrambi i ricorsi. Spese compensate.