L’amministratore del condominio non può chiedere la riconsegna dei beni concessi in comodato senza la specifica delibera assembleare

In materia di azioni processuali il potere decisionale spetta solo ed esclusivamente all’assemblea che dovrà deliberare se agire in giudizio, se resistere e se impugnare i provvedimenti in cui il condominio risulta soccombente.

Il caso. Un condominio agisce in giudizio contro la persona alla quale erano stati concessi in comodato alcuni beni condominiali e che si era rifiutata di restituirli nonostante la disdetta dei relativi contratti. Viene richiesta la riconsegna dei beni oltre al risarcimento del danno subito per il ritardo. Sussiste un difetto di rappresentanza. Il comodatario resiste sostenendo l’illegittimità dell’azione dell’amministratore. Il Tribunale accoglie l’eccezione rilevando il difetto di rappresentanza processuale dell’amministratore che ha agito senza potere, in assenza di una specifica delibera assembleare per la proposizione della causa, non essendo il caso una ipotesi di attività conservativa. La Corte d’appello, successivamente, ribalta il verdetto e condanna il comodatario al risarcimento del danno. Quest’ultimo ricorre allora in Cassazione. L’amministratore non ha poteri autonomi. La Suprema Corte, con la sentenza numero 4988/12 depositata il 28 marzo scorso, riconosce la fondatezza della doglianza del comodatario. Nel cassare la sentenza impugnata con rinvio, i giudici ribadiscono che «l’amministratore non ha autonomi poteri, ma si limita ad eseguire le deliberazioni dell’assemblea ovvero a compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio. Ne consegue che, anche in materia di azioni processuali il potere decisionale spetta solo ed esclusivamente all’assemblea che dovrà deliberare se agire in giudizio, se resistere e se impugnare i provvedimenti in cui il condominio risulta soccombente. Un tale potere decisionale può competere all’amministratore che, per sua natura, non è organo decisionale ma meramente esecutivo del condominio».

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 29 febbraio – 28 marzo 2012, numero 4988 Presidente Schettino – Relatore Bursese Svolgimento del processo Con citazione in data 4.7.1997 il Condomino omissis conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Sassari, M.G. , deducendo che, con distinti contratti stipulati il 12.12.1990aveva concesso in comodato a quest'ultimo diversi beni condominiali, che egli non aveva più restituito, nonostante la regolare disdetta di ciascuno di tali contratti chiedeva pertanto la risoluzione degli stessi contratti, con conseguente condanna del convenuto alla riconsegna dei menzionati beni, oltre al risarcimento del danno subito per il ritardo, pari al valore locativo degli immobili in questione. Si costituiva in giudizio, G M. , il quale eccepiva la nullità della citazione per difetto di valida procura il difetto di legittimazione attiva del condominio in quanto non proprietario dei beni concessi in comodato e richiesti in restituzione, non trattandosi d'immobili d'uso comune, ricompresi nella presunzione di cui all'articolo 1117 c.c. nel merito eccepiva l'infondatezza della proposta domanda attorea. Previa istruzione della causa, il tribunale adito, con sentenza 22.4.2001, rigettava l'eccezione di nullità della citazione per difetto di valida procura accoglieva l'ulteriore eccezione di difetto di rappresentanza processuale avendo l'amministratore agito senza potere, stante la mancanza di una specifica delibera assemblare per la proposizione della causa ed al di fuori dei casi tassativamente previsti dagli articolo 1130 e 1131 c.c., non versandosi in ipotesi di attività conservativa. Avverso la sentenza proponeva appello il condominio nonché il condomino F B. , che in tale sua qualità aveva spiegato intervento volontario. L'adita Corte d'Appello di Cagliari, sez. distaccata di Sassari, disponeva CTU e, con sentenza numero 586/09, depos. in data 6.1.2009, accoglieva l'appello e,per l'effetto, dichiarava la legittimazione attiva del condominio relativamente ai contratti di comodato nnumero omissis dichiarando cessati i medesimi oltre al contratto numero xxxx condannava il M. al rilascio ed alla restituzione al Condominio dei beni ivi indicati, nonché al risarcimento del danno nella misura di Euro 155.008,50, oltre rivalutazione, interessi ed accessori. Avverso la predetta pronuncia il M. ricorreva per cassazione sulla base di 3 mezzi resistono con controricorso il Condominio xxxxxxx e F B. . Motivi della decisione Appare opportuno in premessa procedere preliminarmente all'esame del secondo motivo del ricorso, con cui l'esponente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 1130, 1131, 2697, 2729 c.comma 75, 1 co. c.p.comma in relazione alla dedotta carenza di legittimazione attiva degli appellanti a proporre l'azione di restituzione dei beni di cui trattasi. Sostiene l'esponente di avere sempre eccepito nei gradi di merito, che l'amministratore del condominio OMISSIS aveva agito in giudizio senza potere alcuno, ovverosia in difetto di autorizzazione ad hoc da parte dell'assemblea condominiale ed al di fuori dei casi tassativamente previsti dagli articolo 1130 e 1131 c.c Fa osservare a tal fine che nel caso in esame l'azione promossa dal Condominio non appariva volta al compimento di atti conservativi inerenti alle parti comuni, atteso che essa aveva ad oggetto la restituzione di beni alcuni dei quali non di proprietà comune, né vi ritenevano sulla base della presunzione di cui all'articolo 1117 c.c Invero - sempre secondo l'esponente - buona parte dei beni richiesti in restituzione, non erano neppure di proprietà del condominio, ma di proprietà esclusiva di terzi d'altra parte, anche se fossero stati condominiali, le domande proposte dal condominio non erano certo volte alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, avendo invero contenuto equivalente all'azione di rivendica e come tali rientranti esclusivamente nell'ambito dei poteri deliberativi dell'assemblea condominiale, a nulla rilevando, peraltro verbale di assemblea straordinaria del 18.10.93 mai rinvenuto in atti che assegnava all'amministratore un termine di sei mesi per la definizione dei problemi insoluti. La doglianza è fondata. Non v'è dubbio che in relazione all'oggetto della domanda proposta dal condominio, l'amministratore poteva agire in giudizio solo dopo la preventiva autorizzazione dell'assemblea condominiale e ciò anche alla luce della recente giurisprudenza di questa S.C. Cass. S.U. numero 18331 del 6.8.2010 Cass. sez. 2 numero 2179 del 31.1.2011 . Nessun rilievo potrebbe assumere il ricordato verbale di assemblea straordinaria del 18.10.93 dal cui tenore estremamente generico non può desumersi alcuna specifica autorizzazione dell'amministratore ad agire in giudizio per la risoluzione dei contratti di comodato e il recupero dei beni condominiali oggetto di tali contratti. Da notare peraltro che relativamente al contratto numero xxxx il Condominio era comodatario del bene che era di proprietà esclusiva del comodante M. , mentre, come si è visto, era contestata la natura comune di altri cespiti oggetto dei menzionati contratti di comodato. Hanno in proposito precisato le S.U. . L'amministratore, . non ha autonomi poteri, ma si limita ad eseguire le deliberazioni dell'assemblea ovvero a compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio articolo 1130 c.c. . Ne consegue che, anche in materia di azioni processuali il potere decisionale spetta solo ed esclusivamente all'assemblea che dovrà deliberare se agire in giudizio, se resistere e se impugnare i provvedimenti in cui il condominio risulta soccombente. Un tale potere decisionale non può competere all'amministratore che, per sua natura, non è un organo decisionale ma meramente esecutivo del condominio . Cass. Sez. U. Sentenza numero 18331 del 2010 . Quanto detto a proposito della carenza di legittimazione attiva dell'amministratore vale ancor di più nei riguardi del condomino B. intervenuto volontariamente nel giudizio d'appello, soltanto per coadiuvare l'azione da lui proposta. L'accoglimento della predetta censura comporta l'assorbimento degli altri motivi 1 motivo violazione e falsa applicazione degli articolo 75, 1 co. c.p.c. 116 c.p.c. 3 motivo la violazione e falsa applicazione degli articolo 75, 1 co. c.p.c. . Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa, anche per le spese del giudizio, ad altra sezione della Corte d'Appello di Cagliari. P.Q.M. la Corte accoglie il 2 motivo del ricorso assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in ragione del motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d'Appello di Cagliari.