Niente pensione privilegiata di reversibilità se successive perizie revocano la causa di servizio. Via libera all’indennizzo per le malattie non qualificate

Due interessanti sentenze sull’argomento nella prima è negata la pensione di reversibilità alla vedova del poliziotto cui è stata riconosciuta la causa di servizio, revocata poi da successive perizie. Nell’altra è stato attribuito l’indennizzo al vigile del fuoco che aveva subito una frattura vertebrale la patologia non è inserita nella relativa tabella, ma lo sono alcuni postumi.

I casi . La vedova di un poliziotto, affetto da cirrosi epatica post epatitica, al quale era stata riconosciuta l’indennità speciale una tantum, chiedeva il riconoscimento della pensione privilegiata di reversibilità. Tutte le richieste sono state respinte perchè successive perizie delle competenti commissioni mediche e del Comitato di verifica, in sede di revisione per l’aggravamento, avevano escluso il nesso causale tra questa malattia, i suoi successivi postumi e le attività svolte dal marito, annullando così anche l’indennizzo riconosciuto nel 1997. Il G.A. ha anche ribadito il carattere di non definitività della precedente attribuzione. Un vigile del fuoco si procurava una grave frattura vertebrale scivolando da una scala nello svolgimento delle sue mansioni, ma la commissione medica di secondo grado, in contrasto col Comitato, non riconosceva il diritto all ’una tantum perché tale patologia non risultava tra quelle tabellate. Ricorreva contro questa esclusione e veniva sottoposto ad una nuova valutazione. Il G.A. ha risolto detti contrasti evidenziando che dall’ultimo accertamento medico erano risultati postumi catalogabili tra quelli riconosciuti dalla legge per l’attribuzione della causa di servizio, accogliendo così la sua istanza. Riconoscimento della causa di servizio. L’intera materia è regolata dai DD.PP.RR nnumero 686/57, 1092/73, 121 e 834/81, 146/90 461/01, 164/02 e loro successive modifiche Grattieri-Farrace, Il riconoscimento della “causa di servizio”, raccolta normativa e modulistica , ed. Università La Sapienza, uff. ispettorato pensioni , cui si rinvia in toto. Individuano le varie fasi dell’ iter per il riconoscimento, le prescrizioni ed i rigidi tempi dell’istruttoria, gli organi competenti, anche territorialmente l’ufficio in cui presta servizio od ove risiede se pensionato o deceduto , a vagliare la documentazione medica e non Ufficio periferico, commissione medica di primo e secondo grado, servizio di pensione e previdenza ed il Comitato di verifica per le cause di servizio, già Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie , le tabelle relative al grado di infermità ed alle patologie che ne danno diritto ed i conseguenti benefici legali una tantum , equo indennizzo, pensione privilegiata e di reversibilità . La richiesta deve essere avanzata entro sei mesi dall’insorgere della malattia od entro il termine di cinque anni dalla cessazione del rapporto di impiego, elevato a dieci se derivante da una causa non definita o comunque non dipendente da altri processi morbosi. Lo stesso iter vale anche per le richieste di integrazioni dovute all’aggravamento della patologia od al verificarsi di nuove. Può essere inoltrata dal lavoratore, in servizio od in congedo o dagli eredi ed aventi causa moglie, figli minori o sino a 26 anni se studenti universitari, genitori over 65 etc. se deceduto prima di presentarla. Gli stessi hanno diritto alla reversibilità dell’indennizzo, come nel primo caso analizzato. È previsto anche un gravame intermedio può essere impugnato l’atto con cui la commissione medica ha notificato l’esito negativo dell’accertamento con ricorso alla commissione di secondo grado, come nella sentenza numero 1546. Il provvedimento che definisce questa fase e quello che conclude l’intera procedura sono appellabili con gli ordinari mezzi riconosciuti dalla giustizia amministrativa. Comitato di verifica e suoi poteri. È un organo ministeriale cui l’articolo 11 del DPR numero 461/01 riconosce ampi poteri discrezionali e di controllo nell’attribuire i suddetti privilegi, ben potendo disattendere le osservazioni esposte dalle commissioni mediche. L’intangibilità del «parere del Comitato di verifica si giustifica non soltanto sul piano normativo, ma anche su quello della coerenza intrinseca e della estrinseca attendibilità, apparendo del tutto ragionevole – e insindacabile, in mancanza di allegazioni integranti perlomeno un principio di prova di segno contrario». Ciò comporta che prevalga la sua opinione in caso di contrasto tra le varie perizie anche se nulla vieta che sia disattesa come nell’altra. Il G.A., invero, ha accolto la richiesta del vigile, solo perché un’ulteriore perizia più attuale ed affidabile ha confermato l’esito positivo già affermato dal Comitato e disatteso quello della vedova, anche se, prima, erano stati riconosciuti i citati privilegi. L’accertamento non ha carattere definitivo. Dalle decisioni annotate si evince che il provvedimento con cui è accordata o meno la causa di servizio non ha valenza definitiva, poiché può essere messo in discussione e revocato in qualsiasi momento a seguito di un’istanza di revisione e/o di perizie che ne confutino il precedente esito. Le malattie tabellate sono sempre indennizzabili? La legge prevede che siano indennizzabili solo le patologie inserite nelle citate tabelle purchè venga rigorosamente provato il menzionato nesso etiologico C.Conti, Sez. IV Pens. Mil. nnumero 75351 e 75896/91 e 73721/89 . Non può quindi ritenersi valido l’accertamento fondato su termini probabilistici, tanto più che il Comitato ha evidenziato che il poliziotto non era stato esposto ad agenti patogeni ed epatotossici, perchè non previsti dalla sua professione. Le cause della cirrosi, quindi, dovevano ricercarsi in fattori estranei ed indipendenti dalle mansioni svolte. Le malattie non qualificate precludono la causa di servizio? Nel secondo caso il G.A. ha sancito la risarcibilità delle malattie non qualificate, in netto contrasto con la precedente giurisprudenza C.Conti Sez. IV Pens. Mil.,nnumero 70608/87 e 67162/85, relative ad infortuni occorsi sul luogo di lavoro durante la libera uscita . Questo lemma indica una «infermità dalla quale residuano postumi invalidanti in misura inferiore al 10% della capacità psicofisica complessiva, e come tale non rientranti nelle iscrizioni tabellari previste dal D.P.R. numero 834/1981» e, perciò non è indennizzabile. L’analisi medica effettuata, in sede di revisione del provvedimento negativo, a due anni di distanza dalla precedente perizia, considerata inattendibile, perché datata, ha evidenziato, però, la possibilità d’insorgenza di postumi invalidanti tali da ledere la salute, la capacità lavorativa e la vita di relazione del ricorrente, rientranti in dette tabelle e, perciò, indennizzabili. Interesse ad agire . Infine non si può affermare una carenza di legittimazione del vigile, poiché è «titolare di un interesse legittimo pretensivo a fronte dei poteri autoritativi e discrezionali di cui l’amministrazione dispone in materia, in ragione della particolare natura indennitaria dell'emolumento richiesto, mentre una posizione di diritto può essere riconosciuta solo allorché il relativo procedimento si sia positivamente concluso giurisprudenza costante per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2012, numero 1296 ».

TAR Toscana, sez. I, sentenza 11 luglio – 6 settembre 2012, numero 1544 Presidente Buonvino – Estensore Grauso Fatto Con ricorso notificato il 9 e depositato il 21 luglio 2008, la sig.ra Giuseppa D’Arrigo, vedova del sovrintendente della Polizia di Stato Giovanni Bellomo, deceduto il 20 aprile 2004, proponeva impugnazione avverso il decreto del 29 gennaio 2008, in epigrafe, mediante il quale il Ministero dell’Interno aveva negato il riconoscimento dell’equo indennizzo in relazione alla patologia “cirrosi epatica post epatitica” sofferta in vita dal coniuge e già oggetto di indennità speciale una tantum di quinta categoria. La ricorrente affidava le proprie doglianze a due motivi in diritto ed, intimata dinanzi a questo tribunale l’amministrazione procedente, concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato e, in ipotesi, per la riforma o sostituzione dello stesso ad opera del giudice. Costituitosi in giudizio il Ministero dell’Interno, con atto di motivi aggiunti notificato il 31 ottobre 2008 il gravame veniva esteso alla nota del 12 agosto 2008, indirizzata dal Presidente del Comitato di verifica per le cause di servizio al legale dell’odierna ricorrente. La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza dell’11 luglio 2012. Diritto La ricorrente, sig.ra Giuseppa D’Arrigo, impugna in via principale il decreto del 29 gennaio 2008, con cui il Ministero dell’Interno ha escluso la dipendenza da causa di servizio della patologia “cirrosi epatica post epatitica” sofferta in vita dal defunto coniuge, il sovrintendente della Polizia di Stato Giovanni Bellomo, e per l’effetto ha respinto l’istanza di concessione dell’equo indennizzo a suo tempo presentata dal Bellomo stesso e conseguentemente negato all’odierna ricorrente il riconoscimento della pensione privilegiata di reversibilità. Il provvedimento è motivato mediante rinvio per relationem all’allegato parere del Comitato di verifica per le cause di servizio nell’adunanza del 30 gennaio 2007, secondo il quale il dipendente non risulterebbe aver contratto l’epatite virale, né essere stato sottoposto all’azione di nociva di agenti epatotossici, in occasione del servizio prestato alle dipendenze dell’amministrazione. Con motivi aggiunti, è altresì impugnata la nota del 12 agosto 2008, contenente la confutazione del Presidente del Comitato di verifica per le cause di servizio alla lettera raccomandata indirizzatagli il 28 luglio precedente dal legale della D’Arrigo. Con il primo motivo di cui all’atto introduttivo del giudizio, la ricorrente sostiene che la dipendenza da causa di servizio della patologia che affliggeva il coniuge dovrebbe considerarsi definitivamente accertata in virtù del giudizio espresso dalla Commissione medica ospedaliera di Firenze il 22 aprile 1997, di talché illegittima sarebbe la determinazione ministeriale di uniformarsi al successivo parere del Comitato di verifica, incompetente a pronunciarsi su questione già definita. Con il secondo motivo, è dedotta la mancata corrispondenza fra il contenuto del parere reso dal Comitato di verifica e l’oggetto dell’istanza a suo tempo presentata dal dipendente, volta ad ottenere il riconoscimento da causa di servizio da altra patologia frattura amielica L1-L2 , il che dimostrerebbe l’inadeguato esame, da parte del Comitato, della documentazione relativa al caso da trattare. Le censure sono infondate. Come risulta dalla documentazione in atti, con decreto del 30 marzo 1998 il coniuge dell’odierna ricorrente si era visto riconoscere e liquidare l’indennità speciale una tantum disciplinata dall’articolo 7 del D.P.R. numero 738/1981, e questo a seguito del riconoscimento, ad opera della I Commissione medica ospedaliera di Firenze in data 22 aprile 1997, della dipendenza da causa di servizio della patologia epatica da lui sofferta. La tesi della ricorrente, secondo cui tale accertamento avrebbe carattere di definitività e, come tale, avrebbe dovuto essere necessariamente utilizzato dall’amministrazione anche in sede di trattazione dell’istanza per la concessione dell’equo indennizzo, presentata dal coniuge il 20 aprile 2002 in una con la domanda di riconoscimento dell’aggravamento dell’infermità, si scontra, tuttavia, con il pacifico indirizzo interpretativo che, in materia di concessione dell’equo indennizzo, assegna al parere del Comitato di verifica per le cause di servizio – purché adeguatamente motivato – valore preminente rispetto ai pareri difformi eventualmente espressi da altri organi tecnici in questo senso depone non soltanto il chiaro disposto dell’articolo 11 D.P.R. numero 461/2001, già entrato in vigore all’epoca di presentazione dell’istanza di liquidazione dell’indennizzo da parte del sovrintendente Bellomo, ma anche la normativa antevigente e, segnatamente, l'articolo 5-bis del D.L. numero 387/1987, che – nel fare salvo il parere dell’allora Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie in sede di liquidazione della pensione privilegiata e dell'equo indennizzo – implicava, appunto, la non definitività delle valutazioni contrastanti pronunciate da altri organi, consentendo all’amministrazione procedente di disattenderle in quelle specifiche sedi per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2010, numero 1293 . Da un lato, deve pertanto ritenersi che il Comitato fosse pienamente legittimato a pronunciarsi, ai fini dell’equo indennizzo, sulla dipendenza da causa di servizio della patologia epatica cui l’istanza del 20 aprile 2002 faceva riferimento, mentre sono irrilevanti le vicende che attengono all’altra patologia esaminata dalla Commissione medica nella seduta del 10 ottobre 2003, ma insorta successivamente alla presentazione dell’istanza predetta e relativamente alla quale, comunque, non è noto se siano state formulate istanze autonome al di fuori di quella avente ad oggetto il generico riconoscimento della dipendenza da causa di servizio. Quanto alla congruità del parere espresso dal Comitato, esso individua le cause scatenanti la malattia in fattori estranei al servizio “trattandosi di forma morbosa dovuta a proliferazione disordinata dello stroma connettivale epatico” e, comunque, esclude che in occasione del servizio il sovrintendente Bellomo avesse potuto patire l’azione di agenti epatotossici è palese il contrasto con le conclusioni raggiunte nel 1997 dalla Commissione medica ospedaliera, la quale, per affermare la dipendenza della patologia da causa di servizio, aveva fatto peraltro ricorso a un ragionamento meramente probabilistico “il richiedente può essere stato posto al contatto con soggetti, in specie detenuti, tossicodipendenti, prostitute, eccetera” fondato, nella sostanza, su di una sorta di presunzione generalizzata di esposizione a rischio di tutti gli agenti di Polizia, a prescindere dalle mansioni concretamente espletate “l’operatore della Polizia di Stato è notoriamente un operatore a rischio” . Se, a questo, si aggiunge che la ricorrente non svolge alcuna critica di merito al giudizio tecnico espresso dal Comitato, limitandosi a rivendicare infondatamente la pretesa intangibilità del parere della Commissione, ne discende che la prevalenza assegnata dal Ministero al parere del Comitato di verifica si giustifica non soltanto sul piano normativo, ma anche su quello della coerenza intrinseca e della estrinseca attendibilità, apparendo del tutto ragionevole – e insindacabile, in mancanza di allegazioni integranti perlomeno un principio di prova di segno contrario – il non presumere l’esposizione a specifici fattori di rischio sulla scorta della sola qualifica rivestita dal dipendente. Le considerazioni esposte danno altresì conto dell’infondatezza del terzo e quarto motivo aggiunti che, sia pure formalmente diretti nei confronti della nota 12 agosto 2008 a firma del Presidente del Comitato di verifica, nella sostanza costituiscono una migliore esplicitazione delle censure già dedotte con il ricorso introduttivo avverso il provvedimento di diniego lo stesso vale per il sesto motivo aggiunto , volto a evidenziare il rapporto di derivazione fra illegittimità del parere del Comitato e illegittimità del diniego. Il quinto motivo aggiunto è inammissibile per difetto di interesse se riferito alla nota 12 agosto 2008, di per sé sprovvista di forza lesiva, e tardivo se riferito al decreto già impugnato in via principale, trattandosi di censura violazione dell’articolo 10-bis della legge numero 241/1990 da farsi valere nel consueto termine decadenziale di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione del provvedimento, eseguita il 15 maggio 2008. In forza di tutto quanto precede, il ricorso e i motivi aggiunti non possono trovare accoglimento. La natura della controversia giustifica, tuttavia, la compensazione delle spese processuali. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Prima , definitivamente pronunciando, respinge il ricorso e i motivi aggiunti nei sensi di cui in motivazione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

TAR Toscana, sez. I, sentenza 27 giugno – 6 settembre 2012, numero 1546 Presidente Buonvino – Estensore Grauso Fatto Con ricorso notificato il 17 e depositato il 25 novembre 2009, il Vigile del Fuoco Luca Barcacci, in servizio presso il Comando Provinciale di Pisa, esponeva di essere incorso, il 14 settembre 2006, in un infortunio sul lavoro durante un intervento di soccorso caduta da una scala , riportando la frattura vertebrale del corpo D12-L1-L2. Egli aveva pertanto presentato domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia conseguita all’infortunio, che era stata vagliata favorevolmente dal competente Comitato di verifica, mentre la 2^ Commissione medica ospedaliera del Dipartimento militare di medicina legale di La Spezia l’aveva considerata “non classificabile” ai fini tabellari, di modo che, con il decreto del 14 settembre 2009 in epigrafe, l’amministrazione di appartenenza gli aveva negato il riconoscimento dell’equo indennizzo. Per l’annullamento del provvedimento appena menzionato, e per l’accertamento del suo diritto a vedersi riconosciuta l’ascrivibilità a categoria della malattia cagionatagli dall’infortunio del 2006, il Barcacci agiva pertanto in giudizio dinanzi a questo tribunale, intimando il Ministero procedente unitamente all’organo tecnico e affidando le proprie doglianze a tre motivi in diritto. Costituitisi in giudizio il Ministero dell’Interno, anche con il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, e la 2^ Commissione medica ospedaliera di La Spezia, che resistevano al gravame, con ordinanza del 16 febbraio 2012 il collegio disponeva procedersi a verificazione medico-legale sulla persona del ricorrente. Depositata la relazione del verificatore, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 27 giugno 2012, preceduta dal deposito di memoria difensiva ad opera del solo Barcacci. Diritto Il ricorrente Luca Barcacci, Vigile del Fuoco, impugna il decreto ministeriale del 14 settembre 2009, mediante il quale gli è stato negato il riconoscimento dell’equo indennizzo in relazione alla patologia “esiti di frattura somatica del corpo D12-L1-L2”, riportata in seguito ad infortunio sul lavoro e riconosciuta dipendente da causa di servizio, ma ritenuta dalla competente Commissione media ospedaliera “non classificabile” a fini tabellari. Il senso dell’espressione è chiarito nella nota del 9 dicembre 2009 a firma del Presidente della Commissione, in atti, ove si precisa come “non classificabile” equivalga ad infermità dalla quale residuano postumi invalidanti in misura inferiore al 10% della capacità psicofisica complessiva, e come tale non rientranti nelle iscrizioni tabellari previste dal D.P.R. numero 834/1981 la precisazione è tesa a confutare l’assunto del ricorrente, secondo cui la Commissione avrebbe inteso non ascrivere la patologia ad alcuna categoria, ciò che implicherebbe un giudizio di guarigione senza postumi che la stessa amministrazione resistente esclude, quindi, possa essere formulato. Con il primo motivo di ricorso, il Barcacci deduce che la Commissione si sarebbe espressa senza preventivamente acquisire la valutazione del medico specialista in ortopedia e traumatologia e senza esperire accertamenti clinici nonché omettendo di indicare le specifiche ragioni della diagnosi, a fronte di circostanze di fatto ad essa ben note, con particolare riferimento al periodico riacutizzarsi delle conseguenze dell’infortunio, da cui la necessità per il dipendente di sottoporsi a cicli di terapia e, verosimilmente, ad intervento chirurgico per il ripristino della corretta funzionalità del rachide lombo-sacrale, nonché alle difficoltà relazionali cagionate al dipendente medesimo dalla patologia in questione. Con il secondo motivo, il ricorrente ribadisce le censure già svolte in ordine al difetto di istruttoria e motivazione nei quali l’amministrazione procedente sarebbe incorsa, avvalorandole con l’apporto di una relazione medico-legale di parte dalla quale risulta l’ascrivibilità della patologia alla quarta categoria della tabella A del D.P.R. numero 834/1981 cit Con il terzo motivo, infine, è ulteriormente dedotta l’inadeguatezza della motivazione posta a supporto del diniego di riconoscimento dell’indennizzo. I motivi, che saranno esaminati congiuntamente, sono fondati per quanto di ragione. Dal verbale della Commissione medica ospedaliera del 21 giugno 2007, la cui diagnosi è stata recepita dall’amministrazione procedente ai fini del diniego della provvidenza richiesta dall’interessato, risulta che la visita ortopedica eseguita in pari data sul Barcacci aveva riscontrato “rachide in asse buon tono-trofismo muscolare non limitazioni funzionali non deficit periferici”, con sostanziale conferma dei risultati della precedente visita in data 16 aprile 2007 “ discreta motilità del rachide con buon tono-trofismo muscolare” . Di contro, la relazione medico-legale di parte ricorrente del 28 gennaio 2009, a firma dott. Giovanni Cannavò, nel compendiare la cospicua documentazione sanitaria raccolta dal Barcacci nell’arco di tempo che va dal sinistro 14 settembre 2006 al 22 ottobre 2008, conclude per l’esistenza di “una grave limitazione funzionale del rachide dorso-lombare in plurimi 3 esiti fratturativi vertebrali in soggetto affetto da discopatie dorso-lombari plurime e lombodiscoartrosi, oltre a un disturbo post-traumatico da stress certificato in sede specialistica”, con conseguente ascrivibilità della patologia alla quarta categoria della tabella A allegata al D.P.R. numero 834/1981. Alla luce dei contrastanti giudizi medico-legali offerti dalle parti e risalenti, nell’uno e nell’altro caso, ad epoca anteriore all’adozione del provvedimento impugnato, il collegio, anche in accoglimento della specifica istanza istruttoria del ricorrente, ha disposto procedersi a verificazione, la quale ha confermato all’attualità come il Barcacci, stante il permanente “cedimento strutturale di D12 e L2 e pseudo-artrosi di L1 con instabilità”, soffra di postumi invalidanti consistenti in “limitazione funzionale del rachide dorso-lombare di discreta entità” e coesistente “deficit sensitivo a carico del territorio di pertinenza S2/S4 con ipoparestesia a sella”, postumi ascrivibili alla categoria sesta della tabella A più volte citata. Le conclusioni del verificatore, che tengono altresì conto delle risultanze delle visite e degli esami specialistici sostenuti dal ricorrente nel corso degli anni 2010 e 2011, non soltanto appaiono coerenti con le premesse e adeguatamente argomentate, ma neppure sono state fatte oggetto di confutazione ad opera delle amministrazioni resistenti esse possono pertanto venire poste a fondamento della presente decisione, nella misura in cui consentono di ritenere se non ab origine inattendibile, quantomeno superata la diagnosi formulata dalla Commissione medica ospedaliera nel 2007, la quale evidentemente non poteva più considerarsi attuale oltre due anni dopo, al momento della pronuncia del provvedimento impugnato. Lungi dal comportare una sostituzione dell’apprezzamento del giudice alle valutazioni tecnico-discrezionali riservate all’amministrazione, l’acclarata inattualità del giudizio medico-legale addotto a sostegno del diniego di concessione dell’equo indennizzo nei confronti del ricorrente legittima, in nome del principio di effettività della tutela giurisdizionale, l’annullamento del diniego medesimo. Va, invece, dichiarata inammissibile la domanda di accertamento della spettanza dell’equo indennizzo contestualmente proposta dal Barcacci, atteso che tale domanda presuppone la titolarità di una posizione di diritto soggettivo non ravvisabile in capo al ricorrente. Questi è titolare, piuttosto, di un interesse legittimo pretensivo a fronte dei poteri autoritativi e discrezionali di cui l’amministrazione dispone in materia, in ragione della particolare natura indennitaria dell'emolumento richiesto, mentre una posizione di diritto può essere riconosciuta solo allorché il relativo procedimento si sia positivamente concluso giurisprudenza costante per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2012, numero 1296 . In forza delle considerazioni che precedono, l’impugnato decreto ministeriale del 14 settembre 2009 deve essere annullato. L’amministrazione procedente si determinerà nuovamente sull’istanza del ricorrente tenendo conto anche delle conclusioni rassegnate nel presente giudizio dal verificatore nominato dal collegio. Le spese di lite seguono la soccombenza delle amministrazioni resistenti, e sono liquidate come in dispositivo. Le spese di verificazione, anch’esse da porsi a carico delle amministrazioni resistenti, saranno liquidate in esito alla presentazione della relativa notula. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Prima , definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, salvi restando gli ulteriori provvedimenti. Condanna le amministrazioni resistenti alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 3.000,00, oltre agli accessori di legge. Pone a definitivo carico delle amministrazioni resistenti le spese di verificazione, con riserva di separata e successiva liquidazione. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.