Nessun reato, e nessuna espulsione, per l’immigrato clandestino che sta per sposarsi con un’italiana. Il matrimonio, poi, è provato dalle pubblicazioni di rito.
Per questo la Corte di Cassazione – con la sentenza numero 32859 depositata il 29 luglio 2013 - ha annullato la condanna inflitta al giovane promesso sposo. Il caso. 5mila euro di ammenda, questa la pena a cui viene condannato un ragazzo straniero, imputato del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato italiano articolo 10 bis d.lgs. numero 286/1998 . A ribaltare il verdetto, e quindi ad annullare la condanna perché il fatto non costituisce reato, però, è la Suprema Corte di Cassazione a cui l’imputato si è rivolto. Fermato senza documenti validi La S.C. ha ritenuto fondato il ricorso basato sull’applicazione dell’esimente dell’esercizio di un diritto articolo 51 c.p. . Al momento del controllo effettuato dalla polizia, il 26 agosto 2011, il ricorrente, infatti, era in procinto di sposare una cittadina italiana, come provato dalle anteriori pubblicazioni di rito matrimonio poi contratto il 19 novembre dello stesso anno. ma era in procinto di sposarsi, come provato dalle pubblicazioni di rito. Gli Ermellini, a tal proposito, hanno sottolineato che «il cittadino extracomunitario che ha fatto ingresso e si trattiene nel territorio italiano al fine di esercitare un diritto riconosciuto dall’ordinamento, non viola l’articolo 10 bis d.lgs. numero 286/1998 anche se non in possesso dei documenti validi per tale ingresso e successivo trattenimento».
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 24 giugno – 29 luglio 2013, numero 32859 Presidente Siotto – Relatore Bonito Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con sentenza pronunciata il 20 dicembre 2011 il Giudice di pace di Rapallo condannava A.L. , imputato del reato di cui all'articolo 10-bis d.lgs. 286/1998, alla pena di Euro 5000,00 di ammenda. Motivava il giudice territoriale che l'imputato era stato controllato dagli organi di polizia sul territorio dello Stato, il omissis , senza essere in possesso di documenti validi per il soggiorno in Italia e che tanto integrava il reato contestato. 2. Avverso la sentenza detta ricorre per cassazione l'imputato, assistito dal difensore di fiducia, denunciandone l'illegittimità per violazione di legge e difetto di motivazione, in particolare deducendo che, al momento del controllo di polizia, grazie all'intervento recentissimo del giudice delle leggi che ha rimosso i relativi ostacoli normativi, l'imputato si accingeva a contrarre matrimonio con la cittadina italiana L P. , matrimonio in effetti contratto il omissis , come da estratto dell'atto di matrimonio allegato al ricorso. Di qui la ricorrenza nella fattispecie della causa di giustificazione di cui all'articolo 51 c.p., e cioè l'esercizio del diritto a contrarre matrimonio. Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente la incompatibilità della norma incriminatrice con la direttiva Europea 2008/115/CE. 3. Il ricorso è fondato nel suo primo motivo di impugnazione, assorbente di ogni altra censura. Ed invero le circostanze richiamate dalla difesa a sostegno delle conclusioni assolutorie risultano documentalmente provate e tali erano anche nel processo di prime cure. Al momento del controllo di Polizia, il 26 agosto 2011, l'imputato era infatti in procinto di sposare una cittadina italiana, come provato dalle anteriori pubblicazioni di rito, matrimonio in effetti poi contratto il omissis successivo. Posto che il matrimonio con una cittadina italiana avrebbe consentito all'imputato la legittima permanenza nel nostro Paese, come dimostrato dal permesso di soggiorno per questo rilasciato in suo favore dal Ministero degli interni l'8 gennaio 2012, in ragione proprio dell'intervenuto vincolo matrimoniale con la cittadina italiana P.L. , il riconoscimento di tale circostanza appare decisivo ai fini di causa. Ciò premesso legittimo e fondato appare pertanto il richiamo difensivo alla norma di cui all'articolo 51 c.p. e cioè all'esimente dell'esercizio di un diritto, quale deve ritenersi, senza tentennamenti interpretativi, quello di contrarre matrimonio, nella fattispecie idoneo a scriminare la punibilità della condotta contestata, giacche l'imputato si trovava nel nostro Paese al fine di esercitare il diritto a contrarre matrimonio con una cittadina italiana, con serietà di intenti dimostrata dal successivo comportamento. In altri termini, il cittadino extracomunitario che ha fatto ingresso e si trattiene nel territorio italiano al fine di esercitare un diritto riconosciuto dall'ordinamento, non viola l'articolo 10-bis d.lgs. 286/1998 anche se non in possesso dei documenti validi per tale ingresso e successivo trattenimento. 4. La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato. P.T.M. la Corte, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.