L’Inpdap, quando offre servizi previdenziali e creditizi, anche se svolge un’attività pubblicistica, è considerato un imprenditore professionista e perciò deve osservare gli oneri imposti dal codice del consumo.
La sentenza numero 8969, emessa dal Tar Lazio Roma lo scorso 2 novembre, risolve l’interrogativo sulla sanzionabilità dell’Inpdap per pratica anticoncorrenziale. Per l’Antitrust aveva impedito «ai consumatori, già titolari di un mutuo ipotecario, che si rivolgono all’operatore per ottenerne la surrogazione, l’effettuazione dell’operazione di c.d. portabilità, prevista dall’articolo 8, D.L. 31 gennaio 2007, numero 7 come modificato dalla legge 2 aprile 2007, numero 40 e dalla legge 24 dicembre 2007, numero 244 costituisse una pratica commerciale scorretta, ai sensi degli articolo 20, 21, 22 e 23, comma 1, lett. t , del Codice del Consumo». Al termine di un excursus , con interessanti riflessioni processuali e sui rapporti tra i due diversi campi pubblico e civilistico , viene ribadito che l’ente è soggetto al codice del consumo, ma è esclusa la sua punibilità poiché, sino al DL 185/08, non era stato «sciolto ogni dubbio interpretativo in ordine alla totale gratuità anche dell’operazione di surroga dal lato attivo nell’ambito della complessiva operazione di portabilità dei mutui ipotecari». Il caso. L’istituto ricorreva contro il provvedimento preso e notificato dal AGCM, su segnalazione di una nota associazione di tutela dei consumatori, nell’agosto del 2008 col quale era condannato per pratica anticoncorrenziale. Si contestava che «nell’offrire mutui di sostituzione , avrebbe realizzato un’attività imprenditoriale in diretta concorrenza con quella svolta dagli istituti di credito», poiché aveva suggerito ai propri iscritti di «cambiare la banca che ha erogato il mutuo, offrendo la soluzione più onerosa della sostituzione del finanziamento piuttosto che la portabilità». Nel 2007 infatti era entrato in vigore il Decreto Bersani sulle liberalizzazioni DB che consentiva la portabilità dei mutui. L’ente tra luglio e dicembre continuava a non applicarla ed imponeva la surroga attiva degli stessi con relativi esborsi, perciò è stato denunciato al garante. Natura dell’ente previdenziale. La L. 662/96 e non 66 come indicato per un refuso nel testo della decisione ed il DM di attuazione numero 463/98 istituiscono presso l’Inpdap «la gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali agli iscritti», elencandone i compiti erogazione prestiti, ammissioni in convitti e case soggiorno, concessione di borse di studio etc. . L’articolo 7 DM elenca le modalità, i parametri e la sua operatività sul «mercato rilevante». Esso non deve essere inteso nella sua accezione semantica ed economica, bensì come una sua delimitazione, riconducendolo all’alveo dei soli iscritti e dei loro familiari. Orbene è sorto il dubbio se, stante la natura pubblicistica dell’attività previdenziale e creditizia dell’ente, lo stesso possa essere qualificato imprenditore e, come tale, essere soggetto ai codici civile e del consumo. Nozione di operatore commerciale. La giurisprudenza comunitaria e quella del CDS stabiliscono che è considerato tale «un qualsivoglia soggetto, pubblico o privato, che offra beni o servizi sul mercato, anche se non ha istituzionalmente fine di lucro» direttiva 2004/18/CE CGCE CC-305/08 e 113/07, sez. V C-218/00 contro l’Inail ed/od «indipendentemente dallo statuto giuridico e dalle modalità di finanziamento» CDS sez. IV numero 3013/11 e sez. VI numero 550/07 TAR Lazio sez. I nnumero 8594/06 e 806/02 . È quindi un imprenditore, pur se atipico, e deve rispettare le norme del suddetto codice. Applicabilità del diritto consumeristico. Ciò appurato non vi è alcun dubbio sulla possibilità di elevare sanzioni per le lamentate pratiche scorrette tra l’altro non erano state fornite agli iscritti le dovute informazioni sulla nuova normativa . Si rinvia in toto ai paragrafi 3 punti 21 e ss e 4 della sentenza per ogni approfondimento sulle tematiche affrontate. Le pratiche anticoncorrenziali sono opponibili anche alla PA, ma Nella fattispecie è stata esclusa ogni condotta scorretta. Infatti è stata rilevata la difficoltà interpretativa nell’applicare queste norme del DB rilevata dalle prime sentenze di questa sezione Tar Roma numero 3684, 3686, da 3690 a 3699 , appellate e decise dal CDS sez. VI numero 9329/10. La Corte rilevava che «il complessivo quadro normativo in tema di c.d. ‘portabilità’ dei mutui come delineato nel gennaio del 2007 non consentisse agli operatori del settore creditizio e nonostante l’elevato grado di professionalità ordinariamente esigibile nei loro confronti di desumere in modo di effettiva certezza il principio dell’integrale assenza di oneri per il debitore in relazione all’operazione di surroga attiva», di cui era ribadita la natura civilistica e volontaria articolo 1202 c.c. . Tale lacuna è stata sanata solo nel novembre 2008 dal DL 185/08, perciò l’ente è stato assolto da ogni colpa, anche se il suo comportamento apparentemente è stato omissivo e contrario alla diligenza professionale che era ed è tenuto ad osservare.
TAR Lazio, sez. I, sentenza 24 ottobre – 2 novembre 2012, 8969 Presidente Piscitello – Estensore Politi Fatto Espone parte ricorrente che AGCM, con l’avversato provvedimento, ha ritenuto che l’attività posta in essere da INPDAP nel periodo luglio – dicembre 2007 e consistente “nell’impedire ai consumatori, già titolari di un mutuo ipotecario, che si rivolgono all’operatore per ottenerne la surrogazione, l’effettuazione dell’operazione di c.d. portabilità, prevista dall’articolo 8 del D.L. 31 gennaio 2007, numero 7, come modificato dalla legge 2 aprile 2007, numero 40 e dalla legge 24 dicembre 2007, numero 244” costituisse una pratica commerciale scorretta, ai sensi degli articolo 20, 21, 22 e 23, comma 1, lett. t , del Codice del Consumo. Nell’evidenziare come le domande di estinzione anticipata di mutuo – a presupposto della segnalazione effettuata nei confronti di AGCM ad opera di ADOC – siano state proposte anteriormente all’entrata in vigore del decreto legge 7/2007 che ha previsto e disciplinato l’istituto della portabilità , parte ricorrente enuncia, a sostegno del proposto mezzo di tutela, i seguenti argomenti 1 Illegittimità del provvedimento impugnato per violazione e falsa applicazione dell’articolo 8 del decreto legge 31 gennaio 2007 numero 7, così come modificato dall’articolo 2, comma 450, della legge 24 dicembre 2007 numero 244 Ad avviso di AGCM, INPDAP, nell’offrire “mutui di sostituzione”, avrebbe realizzato un’attività imprenditoriale in diretta concorrenza con quella svolta dalle aziende di credito. Viene, in proposito, sottolineato che la surrogazione del cliente nel mutuo esistente ha formato oggetto di previsione ad opera del comma 3-bis dell’articolo 8 del decreto 7/2007, aggiunto dal comma 450 dell’articolo 2 della legge 244/2007 ed entrato in vigore a far tempo dal 1° gennaio dell’anno successivo. Conseguentemente, l’imputabilità delle condotte ascritte ad INPDAP – denunciate relativamente al periodo settembre – dicembre 2007 – non verrebbe in considerazione a fronte della non ancora attuale vigenza della normativa di riferimento sulla portabilità dei mutui ipotecari senza oneri a carico del richiedente. Né, diversamente rispetto a quanto sostenuto dall’Autorità, INPDAP avrebbe – per effetto della contestata condotta – acquisito un vantaggio concorrenziale a danno degli altri istituti di credito, atteso che le prestazioni erogate dall’Istituto sono rivolte esclusivamente nei confronti dei propri iscritti. 2 Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 6 settembre 2005 numero 206 Codice del Consumo e, segnatamente, degli articolo 20, 21, 22 e 23. Contesta poi parte ricorrente l’applicabilità delle epigrafate disposizioni del Codice del Consumo, in quanto l’attività creditizia erogata da INPDAP ha natura previdenziale e, quindi, pubblicistica e non imprenditoriale e/o concorrenziale. 3 Motivazione perplessa e contraddittoria, carenza di istruttoria. Né il provvedimento gravato dimostrerebbe l’esistenza di alcuna domanda di surrogazione effettuata – e non accolta – da parte degli iscritti INPDAP nel periodo preso dall’Autorità a riferimento. Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura. Con memoria depositata in giudizio il 15 ottobre 2012 si è costituito in giudizio INPS – Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, nella qualità di successore ex lege di INPDAP, ai sensi dell’articolo 21 del decreto legge 201/2011, convertito con legge 22 dicembre 2011 numero 214. L'Autorità intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa. La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, è stata da questo Tribunale respinta con ordinanza numero 5224, pronunziata nella Camera di Consiglio del 5 novembre 2008. Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 24 ottobre 2012. Diritto 1. Giova procedere, preliminarmente alla disamina delle esposte doglianze, ad una sommaria ricognizione dei contenuti del’avversata determinazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. 1.1 Va innanzi tutto sottolineato come il procedimento avviato nei confronti di INPDAP ha riguardato il comportamento posto in essere da qurest’ultimo, nella qualità di professionista, nel periodo luglio – dicembre 2007, “consistente nell’impedire ai consumatori, già titolari di un mutuo ipotecario, che si rivolgono all’operatore per ottenerne la surrogazione, l’effettuazione dell’operazione di c.d. portabilità, prevista dall’articolo 8 del D.L. 31 gennaio 2007, numero 7, come modificato dalla legge 2 aprile 2007, numero 40 e dalla legge 24 dicembre 2007, numero 244”. Nello specifico, è stata acquisita agli atti la documentazione allegata alla segnalazione dall’ADOC, dalla quale è risultato che la Direzione Provinciale di Ascoli Piceno dell’INPDAP aveva risposto all’esigenza di alcuni consumatori di cambiare la banca che ha erogato il mutuo, offrendo la soluzione più onerosa della sostituzione del finanziamento piuttosto che la portabilità In data 24 aprile 2008, veniva comunicato l’avvio del procedimento istruttorio ad ADOC ed INPDAP, atteso che la condotta descritta avrebbe potuto integrare un’ipotesi di violazione degli articoli 20, 21, 22 e 23 del Codice del Consumo e, in particolare - “essere contraria alla diligenza professionale e tale da falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione ai servizi offerti, del consumatore medio che raggiunge” - “considerarsi scorretta alla luce del fatto che ai consumatori sarebbero state fornite informazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete, consistendo anche nella comunicazione di informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il servizio, allo scopo d’indurre il consumatore a fruirne a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato, ovvero, al contrario, non sarebbero state fornite informazioni rilevanti, in modo da indurli in errore e ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso”. A seguito dell’acquisizione di elementi conoscitivi da parte di INPDAP, AGCM in data 4 luglio 2008 comunicava alle parti la data di conclusione della fase istruttoria, ai sensi dell’articolo 16, comma 1, del Regolamento. 1.2 Quanto all’assoggettabilità del ricorrente Istituto alla disciplina in materia di tutela del consumo, viene nel gravato provvedimento rilevato che, “se è vero che l’erogazione di prestazioni creditizie da parte dell’INPDAP è soggetta ad un regime normativo pubblicistico l’articolo 1, comma 245, della legge 23 dicembre 1996, numero 662, il D.M. 28 luglio 1998, numero 463, nonché il “regolamento mutui” adottato dal Consiglio di amministrazione dell’Ente , è pur vero che l’offerta di mutui di sostituzione si risolve in una attività peraltro pubblicizzata anche attraverso il sito internet www.inpdap.gov.it che l’Ente pone in essere in concorrenza con l’attività creditizia di impresa svolta dalle banche ai sensi dell’articolo 10 del Decreto Legislativo 1 settembre 1993, numero 385”. Conseguentemente, la procedente Autorità ha ritenuto che “la natura pubblica del soggetto che opera con strumenti privatistici nei confronti dei consumatori non osta alla sua qualifica in termini di “professionista” ed alla conseguente applicazione della disciplina di cui al Titolo III del Codice del Consumo”. 1.3 Assume poi AGCM che l’Ente abbia “contravvenuto al principio previsto dal nuovo sistema di tutela del consumatore dettato dal Codice del Consumo, secondo il quale la sostanza del rapporto tra consumatore e professionista e non solo il dato formale del contratto deve essere improntata a buona fede, diligenza, tutela degli interessi del soggetto con minore forza contrattuale e maggiore deficit informativo” conseguentemente inferendo che “l’Ente avrebbe dovuto indirizzare il risparmiatore verso la più conveniente per lui forma contrattuale e, invece, gli ha proposto come unica possibilità un meccanismo complesso e soprattutto oneroso che teneva l’Ente al sicuro nella sua erronea visione dagli effetti voluti dalla legge”. Ciò premesso il primo profilo motivazionale evidenziato nella gravata delibera tiene conto della disciplina introdotta dal decreto legge 31 gennaio 2007 numero 7 con le modifiche allo stesso apportate dalla legge 24 dicembre 2007 numero 244 , che ha “voluto assicurare al risparmiatore, che intendesse cambiare banca per sostenere più agevolmente il pagamento di rate di mutuo che gravavano sul proprio bilancio familiare in modo sempre più rilevante, di poterlo fare senza dover affrontare costi”. Rispetto al dettato normativo delle richiamate disposizioni, “in virtù del quale il legislatore veniva incontro all’indebitamento delle famiglie italiane, assunto per sopperire alle più pressanti esigenze di vita si tratta per lo più di mutui fondiari a tasso variabile contratti per l’acquisto della prima casa , gli istituti bancari, in generale, e l’Ente oggetto della presente procedura, in particolare, hanno assunto un atteggiamento dichiaratamente dilatorio adducendo, tra l’altro, l’inesistenza di procedure idonee all’attuazione della norma imperativa”. L’operatore non avrebbe, nella fattispecie, “inserito la surrogazione attiva tra i servizi offerti ai consumatori, continuando a rispondere all’esigenza della clientela di variare le condizioni del finanziamento proponendo esclusivamente la soluzione più onerosa della sostituzione del mutuo piuttosto che la portabilità”. Né, rispetto alla condotta tenuta da INPDAP, avrebbe rilievo alcuno “la circostanza evidenziata dal professionista che il regolamento in materia di concessione di mutui ipotecari edilizi non prevede l’ipotesi di portabilità degli stessi, stante la possibilità per l’Ente di modificare le previsioni recate dallo stesso regolamento con una delibera del consiglio di amministrazione”. Nell’osservare, ulteriormente, il carattere incontroverso integrato dall’applicabilità, anche da parte di INPDAP, delle disposizioni dettate dal decreto legge 7/2007 come “confermato dal fatto che lo stesso professionista ha ritenuto di diramare alle sedi provinciali specifiche direttive in ordine all’applicazione delle disposizioni sulla portabilità dei mutui, così dimostrando consapevolezza della giuridica necessità di applicare l’articolo 8 dello stesso decreto legge” , AGCM, a fronte dell’offerta della soluzione più onerosa della “sostituzione del mutuo piuttosto che la portabilità” - non ha contestato “la libertà di un professionista di non assumere un mutuo contratto da un risparmiatore con altra banca” - reputando, peraltro, “scorretto per il professionista, e contrario in particolare al canone della diligenza professionale articolo 20, comma 2, Codice del Consumo determinato anche in base al parametro della legalità della condotta imposta al professionista che l’Ente abbia inteso acquisire comunque il vantaggio economico derivante dall’incremento di clientela, perseguendo con un altro strumento giuridico la stessa causa concreta prevista dal legislatore come normotipo di un’operazione senza oneri per il consumatore e utilizzando la combinazione dei diversi negozi giuridici estinzione del mutuo/apertura del mutuo, cancellazione ipoteca/iscrizione nuova ipoteca in collegamento strutturale tra di loro al fine di trasformare in oneroso ciò che la legge prevede come gratuito, così eludendo un ben chiaro disposto normativo, i principi del Codice del Consumo, le regole sulla correttezza sostanziale nell’attività contrattuale ormai ben chiarite dalla nostra dottrina e dalla giurisprudenza”. 1.4 Il provvedimento trova supporto anche in un secondo profilo motivazionale scorrettezza del comportamento dell’Ente sotto il profilo della violazione dei doveri di corretta informazione che gravano sullo stesso ai sensi degli articoli 20, 21, 22 e 23, comma 1, lettera t , del Codice del Consumo , di per sé autonomamente idoneo a giustificarne l’adozione. Nel rammentare le note coordinate interpretative che annettono alla correttezza dell’informazione offerta dal professionista al consumatore fondamentale rilievo nel quadro dell’assolvimento del dovere di diligenza professionale, AGCM ha ricongiunto particolare “sensibilità” all’adempimento dell’onere di che trattasi con riferimento alla materia in esame, contraddistinta dalla innovazione normativa rappresentata dalla cd. “portabilità dei mutui”. In tal senso, è stato ritenuto che “la dimensione e il contenuto dei doveri di diligenza a carico dei professionisti nell’informazione alla clientela debbano ricostruirsi tenendo conto del favor espresso dal legislatore per la portabilità gratuita dei mutui, nel senso di riconoscere uno specifico dovere a carico dell’Ente erogatore di dare al cliente un’informazione corretta circa le condizioni di mercato e la disciplina normativa in materia di portabilità dei mutui”. Con riferimento al caso di specie, è stata ravvisata dalla procedente Autorità nella condotta di INPDAP “la violazione dell’articolo 20, comma 2, del Codice del Consumo e del disposto degli articoli 21, 22 e 23, comma 1, lettera t ”, in ragione della ingannevolezza di una pratica “diretta a scoraggiare le scelte del consumatore in favore della portabilità del mutuo, prospettando ingannevolmente la sostituzione del mutuo quale soluzione unica o preferibile offerta al consumatore dal mercato per far fronte alle sue esigenze”. L’Autorità, nella fattispecie in esame, ha rilevato “la sussistenza di elementi gravi, precisi e concordanti idonei a provare presuntivamente la suddetta pratica commerciale scorretta”, in quanto “nei periodi presi a riferimento, sono riscontrabili evidenti anomalie nei comportamenti dei consumatori che si sono rivolti all’Ente, che possono difficilmente giustificarsi qualora agli stessi fosse stato offerto un quadro informativo completo e corretto” ravvisando la presenza di “elementi indiziari rappresentati dal fatto che l’Ente, fino ad oggi, ha stipulato piuttosto che operazioni di portabilità gratuita nessuna , operazioni di sostituzione del mutuo”. Se “la scelta del cliente in favore della tradizionale sostituzione del mutuo, di regola meno favorevole quanto a costi e normalmente contraria ai suoi interessi, [può] essere stata determinata solo da un’informazione inesatta circa le possibilità offerte dal mercato di realizzare senza costi un’analoga operazione economica avvalendosi della procedura di portabilità del mutuo”, è stato conseguentemente affermato che “l’Ente, non rappresentando o rappresentando falsamente la disciplina della materia e le opportunità offerte al cliente, abbia falsato in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore in relazione al prodotto articolo 20, comma 2, Codice del Consumo - o omettendo informazioni rilevanti di cui il medesimo ha bisogno per prendere una decisione consapevole articolo 22, comma 1, del predetto Codice - oppure fornendo informazioni non rispondenti al vero articolo 21, comma 1, del predetto codice , anche in relazione allo specifico divieto di comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto articolo 23, comma 1, lettera t , del predetto Codice ”. 1.5 Con riferimento alla quantificazione della sanzione con range ricompreso fra € 5.000,00 ed € 500.000,00 , in ragione dei noti parametri di riferimento contenuti nell’articolo 11 della legge 689/1981, operante in virtù del richiamo previsto all’articolo 27, comma 13, del Codice del Consumo gravità della violazione, opera svolta dall’impresa per eliminare o attenuare l’infrazione, personalità dell’agente, condizioni economiche dell’impresa stessa , è stato ritenuto che - la fattispecie in esame “ha avuto un impatto ridotto in quanto l’estinzione di crediti per mutui precedentemente contratti è praticata dall’INPDAP in via subordinata rispetto alla concessione di mutui diretti, e le ristrettezze di bilancio consentono di finanziare quasi esclusivamente le istanze di mutuo “diretto” per acquisto prima casa” conseguentemente osservandosi che “un numero non particolarmente ampio di consumatori raggiunti dalla pratica è stato esposto ad esborsi economici anche consistenti” - la durata della violazione si è protratta per “un periodo di circa 3 mesi che va dal 21 settembre 2007 al mese di dicembre 2007” conseguentemente disponendosi l’irrogazione, nei confronti di INPDAP, di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a € 100.000,00. 2. Come sopra doverosamente esposti i contenuti dell’avversata determinazione, meritano prioritaria considerazione, quanto alla sollecitata disamina dei motivi di doglianza esposti con il presente mezzo di tutela, le ragioni con le quali il ricorrente INPDAP ha contestato l’assoggettabilità a procedura di verifica della correttezza della condotta dal medesimo tenuta alla stregua delle previsioni recate dal Codice del Consumo. Ciò in quanto - l’attività creditizia di INPDAP non avrebbe natura imprenditoriale e/o concorrenziale, ma previdenziale e quindi pubblicistica - la gestione delle operazioni di credito da parte dell’Istituto sarebbe, sulla base delle operante disciplina di legge e regolamentare, informata al carattere mutualistico - lo stesso Ente non sarebbe, conseguentemente, qualificabile come “professionista” con riveniente inassoggettabilità alla indicata disciplina di tutela del consumatore . 2.1 Va al riguardo osservato, quanto al pertinente quadro di riferimento, che l’articolo 1, comma 245, della legge 23 dicembre 1996 numero 66, ha istituto, presso l'INPDAP, “la gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali agli iscritti”, demandando ad un decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, l’emanazione delle necessarie norme regolamentari. Siffatto rinvio ha trovato attuazione con l’adozione del D.M. 28 luglio 1998 numero 463, il cui articolo 1, comma 1, stabilisce che “presso l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica – INPDAP è istituita, ai sensi dell'articolo 1, comma 245, della legge 23 dicembre 1996, numero 662 , la gestione unitaria autonoma delle prestazioni creditizie e sociali, la quale assicura la continuità delle prestazioni in corso e provvede, armonizzando la preesistente normativa ed unificando gli interventi in favore degli iscritti a all'erogazione di prestiti annuali e biennali fino al doppio della retribuzione contributiva mensile, di prestiti quinquennali e decennali verso cessione del quinto della retribuzione nonché di mutui ipotecari a tassi agevolati b alla costituzione di garanzia a favore degli istituti autorizzati ad erogare prestiti agli iscritti c all'ammissione in convitto, nei centri vacanza estivi in Italia e alle vacanze studio all'estero dei figli e degli orfani degli iscritti d al conferimento di borse di studio in favore dei figli e degli orfani degli iscritti e all'ammissione in case di soggiorno degli iscritti cessati dal servizio e dei loro coniugi nonché al ricovero presso idonee strutture esterne di ospiti divenuti non autosufficienti f ad altre prestazioni a carattere creditizio e sociale a favore degli iscritti e dei loro familiari, istituite con delibera del consiglio di amministrazione dell'INPDAP, adottate sulla base delle linee strategiche definite dal consiglio di indirizzo e vigilanza, nel rispetto dell'equilibrio finanziario della gestione. Il successivo articolo 7 Criteri e limiti alla concessione di prestiti ha poi previsto che - per la concessione dei prestiti e la definizione delle relative modalità di erogazione, l'INPDAP adotta, con delibera del consiglio di amministrazione ed in coerenza con le linee strategiche fissate dal consiglio di indirizzo e vigilanza, appositi criteri nei quali potranno anche essere fissati limiti all'ammontare della prestazione, in relazione alle disponibilità di bilancio e/o ai motivi addotti a fondamento della richiesta - tali criteri dovranno tener conto delle effettive situazioni di bisogno documentate dall'iscritto e della loro gravità, dando particolare rilievo alle esigenze derivanti da gravi malattie, da disastri naturali, da eventi familiari, dall'acquisto o ristrutturazione della casa di abitazione, da sfratti esecutivi nonché da altre situazioni che saranno ritenute meritevoli di tutela con delibera del consiglio di amministrazione, adottata ai sensi del comma precedente. Una prima considerazione impone di delimitare, sulla base delle illustrate connotazioni normative che disciplinano l’operatività di INPDAP - sia il relativo “mercato rilevante” espressione, questa, il cui impiego atecnico rispetto al significato proprio della relativa locuzione in ambito concorrenziale accede all’esigenza di perimetrazione del potenziale bacino di utenza, piuttosto che di delimitazione geografica della pratica commerciale - sia la preordinazione funzionale della consentita attività di erogazione del credito, al fine di individuare, con sicurezza, il necessario parametro “commerciale” che ne assoggetterebbe il “farsi” alle regole antitrust e proconsumeristiche. Il primo degli indicati aspetti di interesse incontra agevole riscontro ove si consideri che le prestazioni disciplinate dal regolamento attuativo di cui sopra trovano erogazione esclusivamente nei confronti degli iscritti INPDAP dipendenti pubblici, quindi, in servizio e cessati dal servizio . Il secondo, diversamente, impone una decifrazione ermeneutico-finalistica delle riportate previsioni. Non può omettere di osservarsi, in primo luogo, come l’articolo 1 del decreto ministeriale attuativo unitariamente comprenda l’individuazione di un complesso di prestazioni, promiscuamente annoverate, di carattere propriamente “creditizio” e, diversamente, connotate da eminenti finalità sociali o “solidaristico-assistenziali”. Del resto, la norma in questione ha istituito presso l’Istituto una “gestione unitaria autonoma delle prestazioni creditizie e sociali” con ciò intendendo, unitariamente, ricomprendere – unitamente allo svolgimento di operazioni di erogazione del credito – anche attività diversamente preordinate al conseguimento di finalità solidaristiche. Tale circostanza, peraltro, non consente una assimilazione delle due species di operatività nel novero di un medesimo genus né, men che meno, di predicare l’immanenza di una vis attractiva suscettibile di snaturare l’essenza “commerciale” dell’attività di erogazione del credito. 2.2 Se, sotto il profilo in esame, può dunque convenirsi con le argomentazioni analiticamente esplicitate dall’Avvocatura Generale dello Stato cfr. memoria del 4 novembre 2008 , merita attenzione la decifrazione contenutistica della nozione di operatore commerciale nella sua rilevanza a fini di tutela del consumo al fine di verificare la correttezza dell’assoggettamento di INPDAP alla normativa dettata dalla pertinente fonte codicistica. Con sentenza numero 3013 del 20 maggio 2011, la Sezione VI del Consiglio di Stato ha rammentato che, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, “la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un'attività economica consistente nell'offerta di beni o servizi sul mercato, indipendentemente dallo statuto giuridico e dalle modalità di finanziamento, o dalla sussistenza o meno del fine di lucro”. Né la qualificazione di un soggetto come organismo di diritto pubblico determina, ex se, l’esonero dal rispetto delle regole della concorrenza, laddove, in fatto, tale soggetto abbia agito come operatore economico cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 febbraio 2007 numero 550, secondo cui è immune da censura la valutazione dell’AGCM che, pur ravvisando nella Cassa depositi e prestiti S.p.A. la permanenza di indubbi profili pubblicistici, ha ugualmente riscontrato nella gestione separata, dopo l’ingresso delle fondazioni bancarie, una finalità di profitto che non si conciliava con il perseguimento dei fini generali di cui al regolamento CE 139/04 ciò anche in considerazione del fatto che un soggetto può contemporaneamente svolgere attività economiche rilevanti a fini antitrust accanto ad attività di natura pubblicistica C. Giust. CE 26 marzo 2009 C-113/07, Selex C. Giust. CE, 12 settembre 2000 C-180/98, Pavlov . Del resto, secondo il diritto comunitario costituisce operatore economico un qualsivoglia soggetto, pubblico o privato, che offra beni o servizi sul mercato, anche se non ha istituzionalmente fine di lucro direttiva 2004/18/CE C. giust. CE, 23 dicembre 2009 C-305/08, Conisma . L’escluso carattere dirimente individuabile nella natura privata o pubblica del soggetto che svolge l’attività in questione è stato, del resto, anche confermato dalla Sezione cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, sez. I, 29 settembre 2006 numero 9584 e 1° febbraio 2002 numero 806 . Tale conclusione interpretativa, avvalorata dalla ratio della normativa di tutela dei concorrenti e dei consumatori rispetto a cui è del tutto indifferente la natura giuridica del soggetto dimostra coerenza con il più ampio contesto normativo di tutela della concorrenza in cui si inserisce anche la normativa sulla pubblicità ingannevole considerando 2 e 4 della direttiva 84/450/CEE , che non distingue tra impresa privata e impresa pubblica, assoggettando alla disciplina della concorrenza anche “l’attività economica” svolta da organismi di diritto pubblico Corte Giust., 30 gennaio 1974, Sacchi idem, 23 aprile 1991, Klaus Hoefner nonché T.A.R. Lazio, sez. I, 28 gennaio 2000 numero 466 . Sinteticamente come affermato da Corte Giust., sez. V, 22 gennaio 2002, C-218/00, CISAL c/ INAIL , nel contesto del diritto della concorrenza la nozione di impresa comprende qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico e dalle modalità del finanziamento cfr., in particolare, sentenza 12 settembre 2000, cause riunite da C-180/98 a C-184/98, Pavlov, punto 74 nella nozione di attività economica risultando sussumibile “qualsiasi attività che consista nell'offrire beni o servizi su un determinato mercato” Corte Giust., 16 giugno 1987, causa 118/85, Commissione/Italia 18 giugno 1998, causa C-35/96, Commissione/Italia, punto 36, e Pavlov, citata, punto 75 . 2.3 Le indicazioni precedentemente fornite consentono al Collegio di fissare taluni principi di carattere interpretativo che inducono a dare atto della piena assoggettabilità dell’attività di erogazione del credito esercitata da INPDAP alla disciplina di tutela del consumo. In primo luogo, l’inassoggettabilità alla normativa dettata dal Codice approvato con D.Lgs. 206/2005 non consegue alla natura pubblica dell’Istituto, atteso che dirimente rilevanza viene assunta, ai fini in discorso, dalla sostanza dell’attività esercitata indipendentemente dalla natura giuridica rivestita dal soggetto che la ponga in essere. Secondariamente, la previsione di un complesso di finalità promiscuamente rivolte al soddisfacimento di esigenze socio-assistenziali-previdenziali non snatura la valenza eminentemente commerciale assunta dall’esercizio del credito, disciplinata dal D.M. attuativo della Finanziaria del 2007 ed attribuita alla gestione separata di INPDAP quale autonomo settore di operatività evidentemente governato dalla disciplina che assiste l’esercizio della relativa attività con riveniente assoggettamento alla normativa di settore, non soltanto di carattere proconsumeristico . In terzo luogo, la ridotta platea dei possibili beneficiari dell’attività creditizia svolta da INPDAP i soli iscritti , rispetto alla generalità della potenziale clientela degli operatori creditizi non sottrae ex se parte ricorrente dall’obbligo di rispetto della disciplina in materia di concorrenza. Altrimenti opinandosi – e sia pure con riferimento ai soli beneficiari delle prestazioni creditizie erogabili da parte di INPDAP – verrebbe a consentirsi l’attuazione di pratiche commerciali - non soltanto “sottratte” alle regole concorrenziali rispetto agli altri operatori - ma, vieppiù, insuscettibili di dar luogo alle medesime forme di tutela che il consumatore può sollecitare laddove il medesimo comportamento, in luogo che dall’INPDAP, venga posto in essere da qualsiasi altro soggetto professionalmente operante nel settore, sia pure a fronte della medesima operazione comunque rientrante nel genus dell’erogazione del credito alla clientela. 3. Se, alla stregua di quanto precedentemente osservato, va ribadita la piena assoggettabilità di INPDAP alla disciplina dettata dal Codice del Consumo, nondimeno la fondatezza del gravame accede alla riscontrabile incondivisibilità delle argomentazioni con le quali l’Autorità ha ritenuto che la pratica posta in essere dall’Ente in materia di “portabilità dei mutui” si ponga in contrasto con le sopra rammentate disposizioni del D.Lgs. 206/2005. 3.1 La questione è ben nota alla Sezione. Con le sentenze nnumero 3684, 3686, 3690, 3691, 3692, 3693, 3694, 3695, 3697, 3698, 3699, 3701, 3902 del 2009, infatti, sono state definite talune controversie, proposte da aziende di credito avverso AGCM, con le quali veniva contestato, con riferimento all’entrata in vigore delle disposizioni introdotte dapprima dal cd. “decreto Bersani” articolo 8 del decreto legge 31 gennaio 2007, numero 7, come modificato dalla legge di conversione 2 aprile 2007, numero 40 e, successivamente, specificate dalla legge 24 dicembre 2007, numero 244. Tali decisioni hanno formato oggetto di appello dinanzi al Consiglio di Stato e sono state, integralmente, confermate con sentenza della Sezione VI numero 9329 del 23 dicembre 2010, previa riunione delle impugnative proposte avverso le pronunzie come sopra rese in prime cure. 3.2 È opportuno ripercorrere gli essenziali snodi motivazionali della pronunzia del Giudice d’appello, in quanto suscettibili di perfezionare il convincimento del Collegio peraltro conforme rispetto al contenuto delle decisioni dalla Sezione assunte nel 20099 in ordine alla incondivisibilità della tesi sostenuta dall’Autorità nei confronti di INPDAP, per come esplicitata nella gravata deliberazione. La Sezione VI del Consiglio di Stato ha, in sintesi, affermato che - “non è in alcun modo agevole affermare che l’originaria previsione dell’articolo 8 del d.l. 7 del 2007 affermasse il carattere del tutto gratuito per il cliente dell’operazione di c.d. surrogazione attiva ed anzi, non è neppure agevole affermare che l’originario disposto dell’articolo 8, cit. si interessasse in qualche misura della questione stessa della surrogazione attiva, apparendo – piuttosto – che esso si limitasse a riaffermare alcuni principi di matrice civilistica nella materia della surrogazione per volontà del debitore articolo 1202 cod. civ. , declinandone alcuni aspetti operativi volti a rendere maggiormente agevole l’esercizio della facoltà di legge” - neppure dalla previsione di cui al comma 3 dell’articolo 8, cit. secondo cui “è nullo ogni patto, anche posteriore alla stipulazione del contratto, con il quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l'esercizio della facoltà di surrogazione di cui al comma 1. La nullità del patto non comporta la nullità del contratto” era agevole desumere il principio della totale gratuità dell’operazione di surrogazione attiva, atteso che la struttura della disposizione non sembrava contemplare i rapporti fra debitore originario e terzo mutuante” - [omissis] - “l’unica disposizione dell’originario articolo 8 la quale si faceva carico di individuare gli oneri e le spese dell’operazione di surroga peraltro, passiva – ossia, il comma 4-bis, aggiunto in sede di conversione del decreto – recava un’elencazione apparentemente tassativa di oneri che non potevano gravare sul debitore originario venivano richiamate le imposte di bollo e di registro, nonché le imposte ipotecarie e catastali . Conseguentemente, il solo fatto che il legislatore si fosse fatto carico di fornire un elenco in positivo di oneri e spese che non potevano gravare sul debitore richiedente la surroga peraltro, passiva rendeva arduo affermare che la ratio originaria dell’intervento in questione fosse quella di affermare anche la totale assenza di qualunque altro onere connesso all’operazione di surroga dal lato attivo questione che, come si è detto, appariva esclusa dall’ambito stesso dell’intervento normativo, risultando piuttosto demandata all’ordinario ambito di esplicazione dell’autonomia fra privati - ancora, non è agevole affermare contrariamente a quanto proposto sul punto dalla difesa erariale che la circostanza relativa all’integrale gratuità dell’operazione di surroga attiva nell’ambito della c.d. ‘portabilità’ dei mutui fosse desumibile dalla stessa ratio originaria del decreto-legge, come desumibile dalla sua iniziale formulazione gennaio 2007 . Al riguardo si osserva, in contrario, che – secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale – a norma dell’articolo 12 delle preleggi, nell’interpretazione delle norme giuridiche si può procedere alla ricerca dell’effettiva mens legis – sul presupposto che il legislatore abbia inteso sancire una norma diversa da quella che è resa manifesta dalla sua dizione letterale -, solo nei casi in cui la litera legis non sia chiara ed in equivoca in tal senso –ex plurimis - Cons. Stato, Sez., VI, sent. 7 dicembre 2007, numero 6307 . Sotto tale aspetto, una volta escluso che il dato letterale desumibile dalle richiamate disposizioni in particolare commi 1, 3 e 4-bis dell’articolo 8, d.l. 7 del 2007, cit. consentisse di arguire in qualunque modo il carattere di gratuità dell’operazione di surroga dal lato attivo nel contratto di mutuo, appare difficile desumere il medesimo risultato facendo ricorso al criterio sussidiario della mens o voluntas legis invocata dalla difesa erariale - vi è un ulteriore argomento testuale il quale conferma che l’originaria previsione di cui al comma 3 dell’articolo 8, cit. e il principio di non onerosità ivi stabilito fosse riferibile solo ai rapporti fra le parti del rapporto originario e non si estendesse anche ai rapporti fra debitore e terzo mutuante. Ci si riferisce alla richiamata l. 244 del 2007 la quale, nell’aggiungere un periodo finale al comma in parola, specificò che “resta salva la possibilità del creditore originario e del debitore di pattuire la variazione, senza spese, delle condizioni del contratto di mutuo in essere, mediante scrittura privata anche non autenticata”. Si ritiene al riguardo che la novella normativa in questione, nel riferirsi unicamente ai rapporti fra le parti originarie del contratto di mutuo, confermi in modo persuasivo la conclusione secondo cui l’ambito disciplinare del richiamato comma 3 escludesse sin dall’inizio i rapporti fra il debitore e il mutuante nell’ambito della c.d. ‘surroga attiva’ - sotto il versante normativo, un ragionevole grado di certezza in ordine all’assenza di oneri per il debitore anche in relazione all’operazione di surroga dal lato attivo fu raggiunto solo con la legge numero 244 del 2007 – finanziaria per il 2008 – la quale, nell’introdurre nel corpus del più volte richiamato articolo 8 un nuovo comma 3-bis, stabilì che anche in relazione alla concessione del nuovo mutuo restasse esclusa l’addebitabilità al cliente di ‘spese o commissioni’, nonché di oneri connessi all’istruttoria e agli accertamenti catastali. Si osserva, tuttavia, al riguardo che neppure con l’intervento normativo in questione fu sciolto ogni dubbio interpretativo in ordine alla totale gratuità anche dell’operazione di surroga dal lato attivo nell’ambito della complessiva operazione di portabilità dei mutui ipotecari, atteso che fu necessario attendere ancora fino al novembre del 2008 perché un ulteriore intervento di decretazione d’urgenza d.l. 185 del 2008 sancisse anche la non addebitabilità al cliente degli onorari e delle spese notarili connessi all’operazione di surroga - né l’intervento di cui alla l. 244 del 2007, né il successivo intervento di cui al d.l. 185 del 2008 possono essere intesi nel senso di avere operato una mera ricognizione di princìpi già desumibili dal pregresso intervento normativo e, segnatamente, dalle originarie previsioni di cui al d.l. 7 del 2007 . Ed infatti a quanto alla prima questione, si è già osservato che l’intervento normativo operato dalla legge finanziaria per il 2008 recava disposizioni certamente innovative, in alcun modo desumibili in via interpretativa dalle originarie previsioni del decreto-legge del gennaio 2007 b quanto alla seconda questione, si osserva che l’intervento normativo del 2008, nell’affermare che l’autenticazione notarile degli atti di consenso alla surrogazione fosse esente dall’applicazione degli onorari e potesse dar luogo solo al rimborso delle spese, sortiva un effetto certamente innovativo rispetto al regìme previgente, dal quale non era in alcun modo desumibile una deroga alle pertinenti disposizioni in tema di atti e tariffe notarili l. 16 febbraio 1913, numero 89 R.D. 10 settembre 1914, numero 1326 D.M. 27 novembre 2001 , sì da rendere necessario un nuovo ed espresso intervento sul punto da parte del legislatore”. Prosegue la sentenza 9329 del 2010 rilevando che “il complessivo quadro normativo in tema di c.d. ‘portabilità’ dei mutui come delineato nel gennaio del 2007 non consentisse agli operatori del settore creditizio e nonostante l’elevato grado di professionalità ordinariamente esigibile nei loro confronti di desumere in modo di effettiva certezza il principio dell’integrale assenza di oneri per il debitore in relazione all’operazione di surroga attiva” piuttosto ritenendosi “che all’affermazione del richiamato principio si sia pervenuti in sede normativa attraverso un percorso di avvicinamento progressivo, le cui tappe sono state scandite da successivi interventi dai quali è emersa una progressiva presa di coscienza relativa ai molteplici aspetti problematici connessi alla tematica oggetto di disciplina una tematica che era stata in un primo momento affrontata muovendo dal solo angolo visuale dei rapporti fra le parti originarie del rapporto di mutuo, per poi estendere il campo di attenzione ai non meno problematici rapporti fra debitore e terzo mutuante, inizialmente non tenuti in adeguata considerazione dal legislatore del 2007 ”. Se, conseguentemente, il “quadro disciplinare, nel corso dell’intero periodo preso in considerazione dall’Autorità, presenta[va] effettivi margini di incertezza in ordine al regime del riparto degli oneri relativi alle operazioni di surroga attiva, i richiamati margini di incertezza non [erano] agevolmente risolvibili nel senso dell’integrale gratuità dell’operazione per il cliente neppure da parte di un operatore professionale nei cui confronti fosse esigibile un grado di qualificazione particolarmente elevato”. Fermi i riportati principi affatto omogenei rispetto a quanto da questa Sezione indicato con le pure richiamate sentenze del 2009 , va ulteriormente osservato – con riferimento al periodo dall’Autorità ritenuto rilevante ai fini dell’emersione di una condotta commerciale scorretta nella fattispecie settembre – dicembre 2007 – come la stessa sentenza d’appello in rassegna abbia ritenuto che - “per ciò che attiene al periodo di indagine relativo ai mesi di novembre e dicembre 2007 ossia, il periodo anteriore all’entrata in vigore della novella di cui alla l. 244 del 2007 , il pertinente quadro normativo non consentisse neppure a un operatore professionale di pervenire agevolmente alla conclusione dell’integrale assenza di oneri per il cliente in relazione alle operazioni di surroga attiva, mentre - per ciò che attiene al periodo di indagine relativo ai mesi di febbraio-marzo 2008 ossia, il periodo successivo all’entrata in vigore della richiamata l. 244 del 2007 , pur volendo porre in secondo piano i perduranti aspetti di incertezza applicativa comunque esistenti e pur volendo ritenersi acquisito un accettabile grado di certezza normativa in ordine alla richiamata assenza di oneri , la valutazione operata dall’Autorità avrebbe dovuto tenere in adeguata considerazione il fatto che tutti gli Istituti appellati avessero provveduto ad adeguare la propria offerta di prodotti/servizi, includendo espressamente anche la surroga attiva gratuita come si è esposto in narrativa, gli Istituti in epigrafe hanno provveduto a tanto in periodi compresi fra il febbraio e la metà di maggio del 2008 ”. Se, conseguentemente, “la tempistica con cui gli Istituti in questione avevano provveduto ad adeguare la propria offerta al mutato quadro normativo, risolvendosi ad offrire il prodotto/servizio in parola, appare complessivamente ragionevole e comunque non in contrasto con i generali canoni di diligenza professionale laddove si tengano in adeguata considerazione a i numerosi aspetti organizzativi e gestionali connessi alla predisposizione dei nuovi prodotti/servizi b la necessità di predisporre adeguati modelli econometrici finalizzati alla predisposizione concreta dell’offerta c la necessità di adeguare i propri complessi sistemi informativi al mutato scenario normativo e di mercato”, la decisione all’esame ha ulteriormente precisato che - nel corso del periodo 2007-2008 non sussisteva “in capo agli Istituti di credito alcun obbligo specifico a dotarsi del prodotto/servizio della surroga attiva gratuita” - “parimenti, non sussisteva in capo agli stessi Istituti alcun obbligo puntuale ad assentire in modo indifferenziato alle singole richieste di portabilità rivolte dalla clientela sotto la specie di surroga attiva gratuita , atteso che le determinazioni in tal senso assunte dagli Istituti non potevano che rispondere a libere scelte imprenditoriali in ordine al plafond di impieghi da destinare a questo particolare settore del credito, mentre le scelte relative alle singole richieste dovevano pur sempre conservare un adeguato margine di discrezionalità valutativa anche in relazione ad aspetti rilevanti quali il merito creditizio del singolo cliente e il rischio connesso alla sua acquisizione al portafoglio clienti del singolo Istituto”. Se, “conseguentemente, nessun profilo di scorrettezza né aspetto di illiceità [sono] ricollegabili alla mancata offerta in se del prodotto/servizio in questione e ciò a prescindere da ogni questione relativa al se, nel corso del periodo in considerazione, fosse pacifico o meno il carattere di integrale gratuità dell’operazione per il cliente”, è stato ulteriormente escluso che “un operatore professionale potesse avere certa consapevolezza del carattere integralmente scevro di oneri per il cliente in relazione all’operazione di surroga attiva in relazione all’intero periodo gennaio-dicembre 2007” e, “anche a voler enfatizzare l’obbligo di particolare diligenza professionale ricadente sugli operatori del settore creditizio, non sembra possibile giungere ad affermare una responsabilità degli Istituti sotto i richiamati profili della violazione del generale canone di buona fede e della correttezza nell’informazione , atteso che a l’informazione che sarebbe stata omessa o resa in modo decettivo riguardava prodotti e servizi che gli Istituti potevano legittimamente omettere di fornire alla clientela e di cui secondo quanto risulta per tabulas essi risultavano in concreto sforniti sino ai primi mesi del 2008 circostanza – questa – che non veniva sottaciuta ai potenziali clienti b il punto centrale dell’informazione in questione ossia, il carattere gratuito o meno della surroga attiva gratuita presentava obiettivi margini di incertezza anche per gli stessi operatori del settore, ragione per cui non può essere espresso alcun giudizio di decettività in relazione al comportamento dell’operatore il quale non avesse reso edotti i potenziali clienti circa un dato che, al momento in cui l’informazione veniva resa, non poteva in alcun modo dirsi pacifico e che non rientrava nell’ambito delle conoscenze dallo stesso possedute”. Infatti, “gli obblighi informativi concretamente esigibili in capo all’operatore creditizio e in relazione ai quali può essere reso il giudizio di responsabilità secondo il rigido canone della ‘particolare diligenza professionale’ restano pur sempre limitati all’offerta di prodotti e servizi rientranti nella disponibilità dello stesso operatore. Al contrario, non sembra che il pertinente quadro normativo estenda in tal modo gli obblighi di protezione e di attenuazione dell’asimmetria informativa da parte dell’operatore professionale, sino ad imporre in capo a lui l’obbligo di svolgere un’autonoma indagine anche sulla concomitante offerta di prodotti e servizi sul mercato, al solo fine di orientare per il meglio le scelte del potenziale cliente. Non appare irrilevante osservare al riguardo che una siffatta indagine non risulterebbe limitata ai prodotti e servizi similari ai propri pur se offerti da operatori concorrenti , ma si estenderebbe a prodotti e servizi diversi da quelli stessi rientranti nel proprio portafoglio di offerta, sì da estendere in modo potenzialmente illimitato l’ambito soggettivo ed oggettivo del campo di indagine, e da imporre un onere esorbitante rispetto a quanto concretamente esigibile, pur nell’ottica di un’accezione vasta degli obblighi informativi e di protezione del contraente debole”. Quanto, poi, allo “sfruttamento” del deficit informativo ad asserito pregiudizio del consumatore medio suscettibile di indurre i potenziali clienti a ritenere che lo strumento della sostituzione del mutuo fosse in concreto l’unica percorribile, ovvero quella preferibile in relazione alla situazione di fatto che il cliente di volta involta prospettava loro , il Giudice d’appello ha puntualizzato che “a il dato della totale assenza di oneri per il cliente in relazione alle operazioni di surroga attiva non era affatto pacifico nel periodo durante il quale gli Istituti intrattenevano i rapporti informativi oggetto di contestazione ” b l’affermata possibilità, per l’operatore creditizio, di “orientare la scelta dei potenziali clienti fra due modelli sostanzialmente alternativi la sostituzione e la surroga non tiene adeguatamente conto né dell’assenza di un qualunque obbligo legale a contrarre, né dell’assenza di puntuali obblighi informativi in relazione a prodotti e servizi diversi da quelli offerti e, in particolare, relativi a prodotti e servizi che i singoli Istituti potevano del tutto legittimamente decidere di non offrire ”. Ulteriormente, la sentenza in rassegna si è data cura di precisare che, diversamente rispetto a quanto sostenuto dall’Autorità - “il ‘prodotto sostituzione’ e il ‘prodotto surroga’ presentano caratteristiche oggettive notevolmente diverse fra loro, sì da non consentire di affermare che l’unico tratto distintivo - il quale avrebbe dovuto orientare le scelte di un consumatore medio correttamente informato - sarebbe consistito nella diversa struttura e distribuzione dei costi connessi alla fase genetica dell’operazione. Basti osservare che solo l’operazione di sostituzione e non anche quella di surroga consente al cliente di ottenere a mutuo una somma maggiore rispetto a quella derivante dal debito residuo del mutuo originario, in tal modo consentendo al debitore di procedere ad una forma di rifinanziamento verosimilmente molto appetibile per la tipologia di clientela che si rivolge a tali prodotti. Sotto il profilo fattuale, del resto, gli Istituti appellati hanno dimostrato che nella maggior parte delle operazioni di sostituzione in concreto concluse, i clienti avessero effettivamente richiesto una somma diversa rispetto a quella ancora dovuta al primo Istituto, in tal modo confermando che l’opzione per il meccanismo della sostituzione derivasse in modo consapevole dalla conoscenza e dall’utilizzo di una caratteristica propria ed infungibile dell’opzione tecnica prescelta” - “un qualunque, effettivo confronto comparativo fra i due prodotti in questione , ai fini dell’espressione di un giudizio di complessiva maggiore convenienza, avrebbe dovuto essere svolto in base al complesso delle pertinenti clausole contrattuali e non in base al solo dato – per così dire ‘monadologico’ – relativo ai costi di attivazione. Solo disponendo di queste informazioni e all’esito di una siffatta indagine comparativa l'Autorità avrebbe potuto svolgere un giudizio di maggiore convenienza in astratto per il consumatore del 'prodotto surroga' e, in via mediata, di sostanziale decettività del comportamento degli Istituti, i quali avrebbero orientato la scelta dei consumatori verso un prodotto ritenuto per definizione meno conveniente per i loro interessi”. 4. Le considerazioni come sopra diffusamente riportate inducono il Collegio a ribadire l’anticipato giudizio di fondatezza del gravame. L’erroneità dell’impostazione metodologica a fondamento della tesi dall’Autorità sostenuta nel provvedimento impugnato dimostrata dalle osservazioni analiticamente espresse dal Consiglio di Stato con riferimento alla problematica della cd. “portabilità dei mutui” , induce ad escludere che, sulla base di quanto nella gravata determinazione esplicitato, la condotta del ricorrente Istituto presenti i tratti caratterizzanti della pratica commerciale scorretta, sia con riferimento all’offerta di prodotti creditizi in favore della clientela, che con riguardo al pure eccepito deficit informativo che avrebbe caratterizzato l’entrata in vigore delle disposizioni legislative precedentemente indicate. Alla riscontrata illegittimità della determinazione all’esame inevitabilmente accede, in accoglimento del presente ricorso, l’annullamento dell’atto. Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese del presente giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso indicato in epigrafe e, per l'effetto, annulla l’impugnato provvedimento reso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell’adunanza del 7 agosto 2008. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.