L’INPS non può contestare il credito da TFR una volta ammesso al passivo fallimentare

L’esecutività dello stato passivo che abbia accertato in sede fallimentare l’esistenza e l’ammontare di un credito per TFR in favore del dipendente dell’imprenditore dichiarato fallito importa, ai sensi dell’articolo 2 l. numero 297/1982, il subentro dell’INPS nel debito del datore di lavoro insolvente, senza che l’istituto previdenziale possa in alcun modo contestarne l’assoggettabilità alla procedura concorsuale e l’accertamento ivi operato, al quale resta vincolato sotto il profilo dell’an e del quantum debeatur.

Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza numero 24231, depositata il 13 novembre 2014. Il caso deciso domanda del lavoratore volta ad ottenere la condanna dell’INPS, gestore del Fondo di Garanzia di cui all’articolo 2 l. numero 297/1982, al pagamento del TFR spettante, ammesso al passivo del fallimento del datore di lavoro. Un lavoratore adiva il giudice del lavoro al fine di ottenere la condanna dell’INPS al pagamento del TFR spettante e ammesso al passivo fallimentare dichiarato esecutivo, del fallimento del proprio datore di lavoro. Il Tribunale respingeva la domanda. Proponeva appello il lavoratore e la Corte d’appello lo rigettava, rilevando che doveva escludersi nel caso in esame l’intervento del Fondo di garanzia, per essere il ricorrente lavoratore agricolo e il datore di lavoro impresa agricola. Proponeva ricorso in Cassazione il lavoratore. La qualificazione di imprenditore commerciale Il lavoratore ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia escluso l’applicabilità del Fondo di garanzia per TFR, in quanto il rapporto di lavoro sarebbe intercorso con un soggetto considerato “impresa agricola” anziché “commerciale” e dunque privo dei requisiti richiesti dall’articolo 2 l. numero 297/1982. La Corte di Cassazione, ritenendo la fondatezza del motivo proposto, afferma che una volta dichiarato il fallimento di un imprenditore, non è più consentito all’ente previdenziale rimettere in discussione la qualifica di impresa commerciale del soggetto stesso, la cui natura “commerciale” è attestata dalla stessa assoggettabilità alla procedura concorsuale. irrilevante la qualificazione negli archivi INPS. Pertanto, prosegue la Suprema Corte, la posizione dell’imprenditore negli archivi INPS, quale impresa agricola, appare del tutto irrilevante ai fini della qualificazione della natura dell’impresa, una volta che questa è stata ritenuta soggetta alle procedure concorsuali previste dal r.d. numero 267/1942. La stessa dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, seguita dalla ammissione del credito per TFR del lavoratore allo stato passivo fallimentare reso esecutivo, attestano e certificano il diritto del lavoratore a vedersi riconosciuto il pagamento da parte del Fondo di garanzia. Incontestabile il diritto del lavoratore al proprio credito. Dalle predette considerazioni, consegue che una volta accertato in sede fallimentare l’esistenza e l’ammontare del credito per TFR di un lavoratore già alle dipendenze di un imprenditore dichiarato fallito, non potranno più essere messe in discussione né la qualifica di imprenditore commerciale del datore di lavoro, né l’ammontare del credito ammesso al passivo fallimentare, prescindendo anche da ogni valutazione circa la misura del credito e i suoi presupposti. L’esecutività dello stato passivo fallimentare è presupposto sufficiente a sorreggere la pretesa del lavoratore verso il Fondo di garanzia. Subentrando l’INPS nell’identica posizione creditoria vantata dal lavoratore in sede fallimentare. Il ricorso proposto dal lavoratore è stato così accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra Corte d’appello per la decisione, conformemente al principio di diritto elaborato dalla Suprema Corte.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 ottobre – 13 novembre 2014, numero 24231 Presidente Macioce – Relatore Manna Motivi della decisione 1- Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 2 legge numero 297/82, nonché vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale escluso l'intervento del Fondo di garanzia nel caso di un lavoratore agricolo a tempo determinato come il L. , non essendo in tale ipotesi previsto alcun obbligo contributivo a carico del datore di lavoro obietta, invece, il ricorso che l'INPS non ha alcun potere di contestare un credito già definitivamente ammesso al passivo in sede fallimentare sicché il riferimento alla voce terzo elemento come quota di TFR pagata mensilmente è smentito da tale ammissione al passivo a titolo, appunto, di trattamento di fine rapporto e che l'articolo 2 cit. non distingue fra datori di lavoro agricoli e non, così come non distingue fra rapporti a tempo determinato od indeterminato, stabilendo - anzi - che il Fondo è alimentato da contributi a carico, indistintamente, di tutti i datori di lavoro sotto altro profilo, in via gradata, nega che la Fiorefrutta S.r.l. possa essere qualificata come impresa agricola, avendo - invece - esercitato attività di natura commerciale, tanto da essere stata dichiarata fallita. Quest'ultimo rilievo viene ripreso e sviluppato nel secondo motivo, con cui si deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 2697 e 2909 c.c. e dell'articolo 2 legge numero 297/82, nonché vizio di motivazione, per avere l'impugnata sentenza apoditticamente qualificato il rapporto di lavoro del ricorrente come agricolo e a termine sulla base della mera posizione in archivio presso l'INPS, non avente all'esterno alcuna efficacia probatoria né la circostanza può dirsi non contestata sol perché nella domanda amministrativa il L. si è definito come bracciante agricolo o perché la natura agricola del suo rapporto di lavoro non sia stata oggetto di contestazione nel corso del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo da ultimo, l'affermazione della Corte territoriale è smentita dall'essere stata la Fiorefrutta S.r.l. assoggettata a procedura concorsuale, il cui accertamento giurisdizionale, avente natura di giudicato, non può essere rimesso in discussione. 2- Il secondo motivo di censura - da esaminarsi dapprima perché logicamente pregiudiziale - è fondato nei sensi qui di seguito chiariti. La mera posizione in archivio presso l’INPS, non avendo all'esterno alcuna efficacia probatoria, non può smentire la natura di impresa commerciale e non agricola della Fiorefrutta S.r.l., attestata dal suo stesso fallimento. D'altronde, il dipendente di un'impresa commerciale, anche se adibito ad un'attività avente di per sé natura non commerciale, è soggetto, ai fini previdenziali, al medesimo inquadramento del proprio datore di lavoro cfr. Cass. numero 8292/97 . Ciò vuoi dire che il rapporto di lavoro dell'odierno ricorrente non può definirsi di natura agricola e, in quanto tale, privo di copertura assicurativa presso l’INPS. Né a differente conclusione può giungersi in forza di un'inesatta applicazione del principio di non contestazione come sembra evincersi dalla motivazione della sentenza impugnata , perché la contestazione da parte del convenuto dei fatti affermati o negati da chi agisca in via monitoria non ribalta su costui l'onere di contestare l'altrui contestazione, dal momento che con l'atto introduttivo di lite vale a dire con il ricorso ex articolo 633 c.p.c. egli ha già esposto la propria posizione a riguardo. Nel controricorso l'INPS nega l'esistenza del diritto al TFR in capo all'odierno ricorrente, ma si tratta di credito per il quale L.V. è stato ammesso al passivo in sede fallimentare e tale ammissione l'istituto non può mettere in discussione, proprio perché subentra ex lege nel debito del datore di lavoro insolvente, previo accertamento del credito del lavoratore e dei relativi accessori mediante insinuazione nello stato passivo del fallimento divenuto definitivo e nella misura in cui esso risulta in quella sede accertato cfr. Cass. numero 7604/03 . Ciò è confermato dallo stesso tenore letterale dell'articolo 2 co. 2 legge numero 297/82, là dove si prevede che, trascorsi quindici giorni dal deposito dello stato passivo, reso esecutivo ai sensi dell'articolo 97 L.F., il lavoratore o i suoi aventi diritto possono ottenere a domanda il pagamento, a carico del Fondo di garanzia all'uopo istituto presso l'INPS, del trattamento di fine rapporto e dei relativi crediti accessori. In breve, l'esecutività dello stato passivo basta a sorreggere la pretesa del lavoratore nei confronti del Fondo, senza neppure la necessità di una preventiva informazione all'istituto previdenziale riguardo alla misura del credito e ai suoi presupposti cfr. Cass. numero 9231/10 . 2- L'accoglimento del secondo motivo assorbe la questione - oggetto del primo motivo di ricorso - relativa alla riconoscibilità del diritto di cui all'articolo 2 legge numero 297/82 solo in presenza d'un corrispondente obbligo contributivo. 3- In conclusione, va accolto il secondo motivo e dichiarato assorbito il primo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Bari in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto “L'esecutività dello stato passivo che abbia accertato in sede fallimentare l'esistenza e l'ammontare d'un credito per TFR in favore del dipendente dell'imprenditore dichiarato fallito importa, ai sensi dell'articolo 2 legge numero 297/82, il subentro dell'INPS nel debito del datore di lavoro insolvente, senza che l'istituto previdenziale possa in alcun modo contestarne l'assoggettabilità alla procedura concorsuale e l'accertamento ivi operato, al quale resta vincolato sotto il profilo dell'an e del quantum debeatur”. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo, dichiara assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Bari in diversa composizione.