Confermato l’azzeramento di ogni accusa nei confronti di un giovane, beccato a coltivare cannabis a casa. In linea di principio, tale condotta è reato, anche se finalizzata all’uso personale, ma sembrano possibili distinguo caso per caso
Todo depende, recita una canzone e questa filosofia si attaglia benissimo alla valutazione, in ambito giudiziario, della «coltivazione di stupefacenti». Perché, se da un lato tale attività «costituisce reato», pur praticata «a livello domestico» e per «uso personale», dall’altro, però, l’analisi, caso per caso, delle ‘capacità’ del ‘pollice verde’ può rimettere in discussione la contestazione penale. Ad esempio, tre piantine possono anche passare in cavalleria Cassazione, sentenza numero 22110, Sesta sezione Penale, depositata oggi . Inoffensivo. A portare la questione dinanzi ai giudici della Cassazione è il Procuratore della Repubblica, che contesta l’azzeramento, da parte del Giudice per le indagini preliminari, di ogni accusa mossa nei confronti di un giovane, beccato ad «aver illegalmente coltivato tre piante di cannabis indica in tre vasi detenuti in casa». Secondo il Procuratore, in particolare, la «coltivazione» scoperta «risultava essere concretamente offensiva» le tre «piantine», difatti, sono risultate «tutte dotate del potere drogante, con principio attivo superiore alla dose soglia». Eppoi, viene aggiunto dal Procuratore, vi era la concreta possibilità di «riprodurre ulteriormente altra sostanza stupefacente nel protrarsi dell’attività di coltvazione». Questa valutazione, però, viene ritenuta non fondata dai giudici della Cassazione, i quali, alla luce delle «oggettive circostanze del fatto», evidenziano la «modestia dell’attività posta in essere nella coltivazione domestica di tre piantine di marijuana». Di conseguenza, si può, senza dubbio, per i giudici, considerare tale condotta priva «di una apprezzabile potenzialità offensiva» sul fronte della «capacità drogante» della «coltivazione domestica». Per questo, è da ritenere logica, e quindi confermata, la decisione assunta dal Giudice per le indagini preliminari.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 2 - 23 maggio 2013, numero 22110 Presidente Agrò – Relatore Serpico Ritenuto in fatto e Considerato in diritto Avverso la sentenza in data 5-10-2011 con la quale il GIP presso il Tribu nale di Vicenza aveva assolto C.S. dal reato di cui all’articolo 73 co. 1° e 5° DPR 309/90 per aver illegalmente coltivato tre piante di canna bis indica in tre vasi detenuti in casa perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, a motivi del grava me la violazione dell’articolo 606 co. 1° lett. b ed e cpp. per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Al riguardo si è richiamato il principio ribadito da questa Corte di legit timità a S.U. secondo cui, in corretta applicazione della ratio legis dello articolo 73 co. 1° DPR cit. costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali siano estraibili sostanze stupefacenti anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale, trattandosi, in ogni caso, di reato di pericolo. Solo l’accertata e comprovata inoffensività concreta del fatto può correttamente superare tale principio di diritto, ma nel caso di specie, sottolinea il PM ricorrente, l’attività di coltivazione risultava essere concretamente offensiva del bene giuridico tutelato, atteso che concerneva tre piantine, tutte dotate dì fatto del potere drogrante atteso l’esito della consulenza tossicologica , con presenza di principio attivo superiore alla dose soglia ed idonea ad ulteriormente riprodurre altra sostanza stupefacente nel protrarsi dell’attività di coltivazione delle medesime. Di qui l’offensività della condotta contestata in concreto ed il relativo rilievo penale della stessa. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Va premesso che questa Corte di legittimità ha ritenuto che la coltivazione di stupefacenti, sia essa svolta a livello industriale che domestico, costituisce reato anche quando sia realizzata per la destinazione del prodot to ad uso personale cfr. Cass. penumero S.U. 24-4-08 numero 28605, Di Salvia . Va, tuttavia, precisato che la stessa giurisprudenza di legittimità, ha più volte sottolineato che “ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto 1’offensività della condotta ov vero l’idoneità della sostanza ricavata a produrre effetto drogante rile vabile in punto di offensività comprovata, così integrandosi la stessa ratto legis della norma a tutela dei fini dalla stessa perseguiti cfr. oltre alla cennata decisione della S.U. come sopra indicata anche Cass. penumero Sez. IV, 28-10-2008 numero 1222, Nicoletti . Tale potere di verifica è discrezionale e, come tale, insindacabile, con l’unico limite d’assoluto difetto di motivazione e/o di manifesta irra gionevolezza della stessa cfr. in termini Cass. penumero sez. IV, 17-02-011 numero 2567 PG c/o Marino Rv. 250721 . Ciò posto e venendo al caso di specie, è da ritenere ragionevolmente che il giudice di merito con l’impugnata sentenza abbia fatto buon governo dei principi innanzi illustrati, laddove ha riconosciuto, a fronte delle oggettive circostanze del fatto e della stessa modestia dell’attività posta in essere nella coltivazione domestica di tre piantine di marijuana poste in altrettanti vasetti in casa dell’imputato, una condotta che, a pre scindere dalla destinazione del ricavando prodotto a meri fini personali, difettava di una apprezzabile potenzialità offensiva in punto di capacità drogante della cennata coltivazione domestica contestata al C. La conseguente infondatezza del ricorso ne impone, quindi, il rigetto. P.Q.M. Rigetta il ricorso.