Il trasporto di rifiuti senza formulario o con formulario recante dati incompleti o inesatti, effettuato sino alla data del 16 agosto 2011 non è sanzionabile penalmente.
Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Feriale Penale, con la sentenza numero 36275 depositata il 1° settembre 2016. Il primo giorno di lavoro. Le ferie giudiziarie, se così possiamo chiamarle, sono terminate ieri. Oggi è suonata per tutti la campanella, e si è tornati diligentemente tra i banchi, o dietro le scrivanie. Non che ce ne si sia allontanati molto, per essere sinceri. Del resto c'è qualcuno che durante le ferie ha continuato a sgobbare, e la sentenza che oggi commentiamo ne è la prova tangibile. Gli Ermellini della Sezione Feriale, il 25 di agosto – e, pensando alle temperature delle nostre latitudini, c'è poco da invidiarli – si sono confrontati con un tema per nulla estivo. Trasporto di rifiuti con formulario “infedele”. Il valzer delle “novelle” genera i vuoti normativi. Non è un argomento affascinante, dobbiamo riconoscerlo. Si tratta di un settore normativo – siamo nel diritto penale extracodicistico per antonomasia – dominato da una giungla di norme, richiami, rinvii, fonti secondarie e continui aggiornamenti delle stesse che sembra fatto apposta per generare confusione. Applicativa e, qualche volta, anche interpretativa. Impossibile tentarne una sintesi. Non ci sono riusciti nemmeno i Supremi Giudici che annunciano una “breve disamina” lunga in realtà tre pagine fitte. Proviamo ad individuare il nocciolo del problema protagonista della querelle è il reato di trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario o con formulario incompleto ovvero recante dati inesatti. Sin dal 1997 si prevedeva, per chiunque avesse realizzato un fatto del genere, l'applicazione della stessa pena prevista per la falsità ideologica commessa dal privato in atti pubblici. Da quel momento in poi è successo ciò che in Italia accade assai spesso un florilegio di continue modificazioni che, in fin dei conti, hanno generato un arco temporale in cui la fattispecie sopra descritta è rimasta al di fuori della tutela penale. 2010 il reato da comune diventa proprio. Il giorno di Natale del 2010 assieme, o poco dopo la nascita del Bambinello è entrata in vigore la disciplina recata da un decreto legislativo, che ha fortemente inciso sul cuore della condotta incriminata. La fattispecie di trasporto senza formulario o con formulario infedele di rifiuti non pericolosi avrebbe riguardato soltanto “le imprese” che li raccolgono e trasportano. Spariva, invece, il richiamo al trattamento penale per il trasporto dei rifiuti pericolosi. Una svista? E' possibile come si fa del resto a non perdersi in mezzo a commi, capoversi e decreti? Della voragine apertasi nella rete di tutela penale dell'ambiente per assurdo la sanzione penale era venuta meno per l'ipotesi maggiormente offensiva! il legislatore si sarebbe accorto soltanto qualche mese dopo. Grazie ad un miracoloso decreto legislativo del luglio 2011, la vecchia disciplina sanzionatoria risuscitava. La rivivescenza delle vecchie norme, però, ha aperto un problema di non secondaria importanza si tratta di una operazione condotta mediante una disciplina interpretativa o innovativa? La Cassazione, che ci piace pensare si sarà anche spazientita a ritessere la trama di un così intricato viluppo normativo, non ha dubbi si tratta di norme innovative e non meramente funzionali all'interpretazione del sistema. Un caso emblematico di successione di leggi penali nel tempo. Prima del 16 agosto del 2011, data di entrata in vigore della disciplina che ha tappato il buco apertosi con l'intervento del Natale 2010, la condotta di trasporto senza formulario o con formulario incompleto o contenente informazioni inesatte non è reato. E' il principio di legalità e di irretroattività delle norme incriminatrici a giustificare questa conclusione. Le norme, a differenza degli uomini, possono risuscitare. Possono vivere una nuova giovinezza qui gli uomini non sono troppo dissimili, ma le norme fanno a meno del chirurgo estetico però, se sono norme incriminatrici, non possono spiegare effetti su fatti che si sono verificati nel periodo in cui erano “defunte”.
Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 25 agosto – 1 settembre 2016, numero 36275 Presidente Fumo – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12/2/2016, la Corte di appello di Bologna confermava la pronuncia emessa il 18/1/2011 dal locale Tribunale, con la quale G.S. e C.L. erano stati dichiarati colpevoli del delitto di cui agli articolo 81 cpv., 110 cod. penumero , 258, comma 4, d.lgs. 3 aprile 2006, numero 152, e condannati ciascuno alla pena di cinque mesi di reclusione agli stessi era contestato di aver effettuato il trasporto di rifiuti speciali pericolosi con formulario identificativo F.I.R. recante una falsa attestazione circa provenienza e destinazione. 2. Propongono ricorso per cassazione i due imputati, a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi - inosservanza ed erronea applicazione di legge penale con riguardo all’articolo 258, comma 4, contestato. La Corte di appello - confermando l’errore del primo Giudice - avrebbe ritenuto che la condotta ascritta ai ricorrenti, costituisse reato, con riferimento al tempus commissi delicti OMISSIS , mentre la stessa, all’epoca, non aveva rilevanza penale, attesa la depenalizzazione operata con il d.lgs. 3 ottobre 2010, numero 205. E senza che, al riguardo, possa rilevare il d.lgs. 7 luglio 2011, numero 121, peraltro successivo anche alla sentenza di primo grado, la cui portata sul punto avrebbe efficacia innovativa e non meramente interpretativa sì da poter trovare applicazione soltanto per le condotte realizzate successivamente al 16/8/2011, data di entrata in vigore dello stesso decreto. Quel che, peraltro, sarebbe stato di recente affermato anche da questa Corte, con orientamento volto a superare i precedenti arresti sulla materia - inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riguardo agli articolo 485 cod. penumero , 125 cod. proc. penumero vizio motivazionale. La sentenza non avrebbe valutato che la contestazione ha ad oggetto la falsificazione ideologica di formulari di identificazione rifiuti orbene, trattandosi di scritture private, la stessa non avrebbe alcun rilievo penale, attesa la lettera dell’articolo 485 cod. penumero , peraltro oggi abrogato. La Corte di appello, inoltre, avrebbe compiuto un’inammissibile interpretazione analogica in malam partem , riportando una condotta di falsità ideologica nell’alveo della diversa ipotesi di inesattezza e/o incompletezza dell’inserimento dati nel F.I.R., di cui all’articolo 258, comma 4, d.lgs. numero 152 del 2006 ante novella del 2010 - inosservanza di norme processuali e mancanza di motivazione. La sentenza risulterebbe carente anche con riguardo alla dosimetria della pena, oggetto di domanda ben più ampia di quella richiamata nel provvedimento medesimo. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato con riguardo al primo motivo, assorbente rispetto agli altri sul punto, peraltro, appare necessaria una breve disamina della disciplina normativa di riferimento e delle novelle che l’hanno recentemente interessata. Osserva innanzitutto la Corte che il reato di illecito trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario, ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti, era originariamente previsto dal d.lgs. 5 febbraio 1997, numero 22, articolo 52, comma 3, il quale prevedeva l’applicabilità della pena di cui all’articolo 483 cod. penumero . L’abrogazione del d.lgs. numero 22 del 1997, ad opera del d.lgs. 3 aprile 2006, numero 152, non ha prodotto, inizialmente, alcun effetto rilevante, in quanto l’articolo 258, comma 4, aveva contenuto pressoché identico a quello della disposizione previgente. Ed invero, l’articolo 258, comma 4, nella formulazione originaria, stabiliva chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193, ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento Euro a novemilatrecento Euro. Si applica la pena di cui all’articolo 483 cod. penumero , nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto . La disposizione così formulata prevedeva, dunque, l’applicazione della sanzione amministrativa al trasporto di rifiuti non pericolosi senza formulario ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti, mentre per il trasporto nelle medesime condizioni di rifiuti pericolosi, la sanzione applicabile era quella stabilita dall’articolo 483 cod. penumero . Il quadro normativo è rimasto immutato fino al 25/12/2010, data di entrata in vigore del d.lgs. 3 dicembre 2010, numero 205, il quale, con l’articolo 35, comma 1, lett. c , ha disposto la sostituzione dell’articolo 258, comma 4. Per effetto di tale intervento correttivo, l’articolo 258, comma 4, nella sua attuale formulazione così recita Le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti SISTRI di cui all’articolo 188 bis, comma 2, lett. a , ed effettuano il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all’articolo 193 ovvero indicano nel formulario stesso dati incompleti o inesatti sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento Euro a novemilatrecento Euro. Si applica la pena di cui all’articolo 483 cod. penumero , a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto . L’intervento modificativo è stato effettuato in previsione della pressoché concomitante piena operatività del SISTRI , il sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti la cui introduzione era prevista dal d.lgs. numero 152 del 2006, articolo 189, comma 3 bis, introdotto con il D.lgs. numero 4 del 2008 e che era finalizzato alla trasmissione e raccolta di informazioni su produzione, detenzione, trasporto e smaltimento di rifiuti ed alla realizzazione, in formato elettronico, del formulario di identificazione dei rifiuti, dei registri di carico e scarico e del M.U.D., da stabilirsi con apposito decreto ministeriale, che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emanato il 17 dicembre 2009, dando dunque attuazione alla disposizione richiamata ed al di. numero 78 del 2009, articolo 14 bis, convertito, con modificazioni, dalla I. numero 102 del 2009 . Il contenuto del decreto ministeriale è stato successivamente modificato ed integrato prorogando, però, anche i termini originariamente fissati per la piena operatività del sistema. Il d.lgs. numero 205 del 2010, sempre considerando l’imminente entrata in funzione del SISTRI, che sostanzialmente comporterebbe la sostituzione della documentazione cartacea precedentemente utilizzata MUD, Registri di carico e scarico e FIR , ha provveduto, con l’articolo 16, alla sostituzione degli articolo 188, 189, 190 e 193, all’introduzione degli articolo 188 bis e 188 ter, nonché, con l’articolo 36, alla previsioni di specifiche sanzioni, contemplate dagli articolo 260 bis e 260 ter. Il d.lgs. numero 205 del 2010, articolo 16, comma 2, prevedeva, tuttavia, che le disposizioni in esso contenute entrassero in vigore a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui al D.M. 17 dicembre 2009, articolo 12, comma 2, quindi all’effettivo avvio del SISTRI , termine che però, come già evidenziato, è stato più volte prorogato. Al medesimo termine faceva riferimento anche il d.lgs. numero 205 del 2010, articolo 39, recante disposizioni transitorie e finali, per ciò che concerneva le sanzioni relative SISTRI, prevedendone peraltro la graduazione nel primo periodo di attività del nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti. Nessun termine, invece, era previsto per l’entrata in vigore del d.lgs. numero 205 del 2010, articolo 35, con la conseguenza di una immediata efficacia delle modifiche apportate al d.lgs. numero 152 del 2006, articolo 258 contestato nel caso di specie , comportanti, come si è visto, un restringimento dell’ambito soggettivo di applicabilità della disposizione non riferita più a chiunque effettui il trasporto , bensì alle sole imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 212, comma 8, che non aderiscono, su base volontaria, al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti SISTRI e l’assenza dello specifico richiamo all’articolo 483 cod. penumero , per il trasporto di rifiuti pericolosi senza formulario ovvero con indicazione nel formulario stesso di dati incompleti o inesatti. A fronte di quello che è stato da più parti compresi i ricorrenti qualificato come vuoto normativo, è dunque intervenuto nuovamente il legislatore, con il d.lgs. 7 luglio 2011, numero 121, il quale, con l’articolo 4, comma 2, ha apportato modificazioni al d.lgs. numero 205 del 2010, articolo 39, disponendo, tra l’altro, l’inserimento dei commi 2 bis e 2 ter, che si riferiscono all’ambito di efficacia temporale del d.lgs. numero 152 del 2006, articolo 258. Stabilisce, in particolare, il comma 2 bis, che anche in attuazione di quanto disposto al comma 1, i soggetti di cui al d.lgs. 3 aprile 2006, numero 152, articolo 188 ter, commi 1, 2, 4 e 5, e successive modificazioni, che fino alla decorrenza degli obblighi di operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti SISTRI di cui al d.lgs. 3 aprile 2006, numero 152, articolo 188 bis, comma 2, lett. a , e successive modificazioni, non adempiono alle prescrizioni di cui all’articolo 28, comma 2, del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 18 febbraio 2011, numero 52, sono soggetti alle relative sanzioni previste dal d.lgs. 3 aprile 2006, numero 152, articolo 258, nella formulazione precedente all’entrata in vigore del presente decreto . Il D.M. numero 52 del 2011, articolo 28, comma 2, come modificato dal successivo D.M. 10 novembre 2011, numero 219, stabilisce che al fine di garantire l’adempimento degli obblighi di legge e la verifica della piena funzionalità del SISTRI, fino al termine di cui all’articolo 12, comma 2, del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare del 17 dicembre 2009 e successive modifiche e integrazioni, i soggetti di cui agli articolo 3, 4 e 5 del presente regolamento rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui al d.lgs. 3 aprile 2006, numero 152, articolo 190 e 193, e successive modificazioni e sono soggetti alle relative sanzioni previste dal medesimo decreto legislativo precedentemente all’entrata in vigore del d.lgs. 3 dicembre 2010, numero 205 . Il richiamo all’applicabilità delle previgenti sanzioni risulta contenuto anche nel di. 22 giugno 2012, numero 83, articolo 52, comma 1, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012, numero 134, ove, nel sospendere il termine di entrata in operatività del SISTRI, si precisa che i soggetti di cui al d.lgs. numero 152 del 2006, articolo 188 ter, rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui al d.lgs. 3 aprile 2006, numero 152, articolo 190 e 193, ed all’osservanza della relativa disciplina, anche sanzionatoria, vigente antecedentemente all’entrata in vigore del d.lgs. del 3 dicembre 2010, numero 205 . In esito all’emanazione del d.lgs. numero 121 del 2011, si è posto quindi il tema della natura - interpretativa od innovativa - della medesima disciplina orbene, ritiene questa Corte che debba essere confermato l’indirizzo secondo cui il trasporto di rifiuti pericolosi senza il prescritto formulario, o con un formulario con dati incompleti o inesatti, non è più sanzionato penalmente né dal nuovo testo del d.lgs. 3 aprile 2006, numero 152, articolo 258, comma 4, come modificato nei termini suddetti - che si riferisce alle imprese che trasportano i propri rifiuti e che prevede la sanzione penale per altre condotte in particolare, per chi, nella predisposizione di certificati di analisi di rifiuti, fornisca false indicazioni sulla tipologia del rifiuto o fa uso del certificato falso - né dal d.lgs., articolo 260 bis come introdotto dal d.lgs. 205 del 2010, articolo 36 , che punisce il trasporto di rifiuti pericolosi non accompagnato dalla scheda Sistri tra le altre, Sez. 3, numero 51417 del 17/6/2014, Zampoli, non massimata Sez. 3, numero 19682 del 2/4/2013, Gifuni, Rv. 255901 Sez. 3, numero 32942 del 21/2/2013, Gennarini, non massimata Sez. 3, numero 29973 del 21/6/2011, Rigotti, Rv. 251019 . Deve ritenersi, pertanto, che le modifiche introdotte dal d.lgs. numero 205 del 2010, eliminando con evidente effetto immediato dall’articolo 258, comma 4, il riferimento al trasporto di rifiuti senza formulario o con formulario contenente dati incompleti o inesatti, abbia sottratto tali condotte alla sanzione penale. Vi sarebbe stato quindi un vuoto normativo nel periodo intercorrente tra il 25 dicembre 2010, data di entrata in vigore del d.lgs. numero 205 del 2010, ed il 16 agosto 2011, data che segna l’inizio della vigenza dell’intervento c.d. riparatore effettuato con il d.lgs. numero 121 del 2011, articolo 4, comma 2, con conseguente applicabilità dell’articolo 2 cod. penumero Sez. 3, Zampoli, cit. al citato decreto numero 121, pertanto, non può attribuirsi se non una natura di norma penale innovativa, con la conseguenza della applicabilità della norma penale più favorevole per i fatti commessi in epoca antecedente al 16 agosto 2011. Non pare condivisibile, per contro, la tesi che attribuisce alla disposizione in esame natura di norma interpretativa, con conseguente effetto retroattivo e reviviscenza anche per il passato di una norma sanzionatrice penale già espressamente abrogata dal legislatore con cessazione della sua efficacia in tal senso, Sez. 3, numero 3692 del 17/12/2013, La Valle, Rv. 258567 in senso contrario, infatti, depone la mancanza di qualsivoglia, esplicita manifestazione di volontà del legislatore al riguardo, di talché non pare consentito pervenire al medesimo risultato attraverso un intervento dell’interprete, per di più in malam partem . In senso contrario, ancora, depone la circostanza - pacifica - per cui l’effetto abrogativo opera di norma automaticamente, al momento dell’entrata in vigore della norma abrogatrice quel che l’articolo 35, d.lgs. numero 205 del 2010 ha espressamente costituito nei confronti dell’articolo 258, comma 4, contestato. E con la precisazione ulteriore, peraltro già indicata da questa Corte Suprema Sez. 3, Zampoli, cit. , secondo la quale il futuro legislatore può certamente abrogare una norma a sua volta abrogatrice e disporre la reviviscenza della disposizione precedentemente abrogata, ma - qualora si tratti di norma penale - la stessa potrà tornare in vigore solo dalla vigenza di quella disposizione che, per cosi dire, l’ha richiamata in vita attraverso l’eliminazione dal sistema della norma che l’aveva abrogata. Alla luce di quanto precede, occorre quindi concludere che, con il d.lgs. numero 121 del 2011, articolo 4, comma 2, il legislatore ha appunto inteso porre rimedio alla situazione normativa scaturente dal d.lgs. numero 205, introducendo nuovamente norme penali per sanzionare quelle stesse violazioni o, meglio, disponendo che riprendessero vigore quella disposizioni penali precedentemente abrogate. Ma, in forza del principio costituzionale di legalità e di irretroattività delle norme penali, tale nuova efficacia non può che decorrere ex nunc e non ex tunc . Né questa efficacia retroattiva può essere conferita mediante l’attribuzione alla disposizione di una natura di norma meramente interpretativa, anche per la necessità di seguire un’interpretazione adeguatrice che non ponga il risultato dell’esegesi in possibile contrasto con l’articolo 25 Cost. e con il principio di irretroattività della norma penale sanzionatoria . La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio, perché il fatto contestato non è previsto dalla legge come reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.