Pensione d’inabilità: il giudice deve accertare anche i requisiti per l’assegno d’invalidità

In caso di domanda di pensione d’inabilità civile, il giudice può riconoscere al ricorrente anche l’assegno mensile d’invalidità, per l’implicita inclusione di quest’ultimo, in quanto beneficio minore rispetto a quello maggiore espressamente domandato.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 11961, depositata il 9 giugno 2015. Il caso. La Corte d’appello di Roma rigettava il gravame proposto da un lavoratore avverso la sentenza di primo grado che respingeva la domanda per l’attribuzione della pensione d’inabilità, non sussistendo il requisito sanitario. Contro tale provvedimento il lavoratore ricorre in Cassazione adducendo che la Corte Territoriale non si era pronunciata sulla domanda subordinata alla principale, ossia quella inerente ad ottenere l’assegno d’invalidità civile, mentre invece la Corte d’appello sosteneva che la domanda dell’assegno mensile d’invalidità non era stato oggetto di gravame da parte del ricorrente. L’assegno mensile d’invalidità come minus della pensione d’inabilità civile. Premettendo che il giudice investito della domanda per ottenere la pensione d’inabilità civile, anche in mancanza di espressa richiesta dell’interessato, possa riconoscere al richiedendo l’assegno d’invalidità, occorre verificare la sussistenza nel caso concreto dei requisiti socioeconomici, al pari dei requisiti sanitari, per l’insorgenza di tale diritto, ed in particolare il requisito dell’incollocazione al lavoro, espressamente previsto solo per l’assegno d’invalidità e non per la pensione d’inabilità. Una volta riconosciuti la sussistenza di tali requisiti, i Giudici di legittimità, nel dare una soluzione al caso concreto, affermano come la domanda di pensione d’inabilità civile contiene, implicitamente, anche quella di attribuzione dell’assegno mensile d’invalidità, a patto che tra i due benefici assistenziali intercorra un necessario rapporto di continenza, configurandosi l’assegno come un minus rispetto alla pensione. Pertanto, dal momento in cui il ricorrente aveva in primo grado criticato l’elaborato peritale deducendo una percentuale invalidante diversa da quella accertata e devolvendo alla Corte del gravame l’impugnativa della ritenuta insussistenza del requisito sanitario, si deduce che anche questa domanda era stata esplicitata senza nessuna pronuncia in merito della Corte d’appello. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, ordinanza 4 aprile – 9 giugno 2015, numero 11961 Presidente Curzio – Relatore Mancino Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex articolo 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell'articolo 380-bis c.p.c., letta la memoria della parte ricorrente. 2. La Corte d'appello di Roma rigettava il gravame svolto da S.E. avverso la sentenza di primo grado che, in contraddittorio con l'INPS, aveva respinto la domanda per l'attribuzione della pensione di inabilità, non sussistendo il requisito sanitario, escluso dall'ausiliare officiato in giudizio. 3. Avverso tale sentenza ricorre l'assistito, denunciando violazione degli articolo 112 e 342 c.p.c., per non avere la Corte territoriale pronunciato sulla domanda subordinata diretta ad ottenere l'assegno di invalidità civile ai sensi dell'articolo 13 L.118/71, o meglio per non avere ritenuto compresa la domanda di assegno, non riproposta in sede di gravame, nell'altra di pensione. 4. L'INPS ha resistito con controricorso. 5. Come recentemente affermato da Cass. numero 17452 del 2014, per stabilire se il giudice investito della domanda di pensione, anche in mancanza di espressa richiesta dell'interessato, possa riconoscere al richiedente l'assegno di invalidità in quanto implicitamente compreso nella più ampia domanda di pensione , occorre verificare se nella fattispecie concreta ricorrano i peculiari requisiti socioeconomici richiesti dalla legge per l'assegno, necessari, al pari dei requisiti sanitari, per l'insorgenza del diritto, ed in particolare nel caso attinente a vicenda anteriore alle modifiche apportate all'articolo 13 1. 118/1971 dalla L. numero 247 del 2007, articolo 1, comma 35 , il requisito dell'incollocazione al lavoro, espressamente previsto solo per l'assegno di invalidità e non richiesto, invece, per la pensione di inabilità, in ragione della totale inabilità al lavoro che ne costituisce il presupposto Cass. 6 settembre 2006, numero 19164 Cass. 1 luglio 1999, numero 6744 . 6. Secondo Cass. numero 19164/2006 e numero 6744/1999, la domanda della pensione d'inabilità civile contiene, implicitamente, anche quella di attribuzione dell'assegno mensile d'invalidità, atteso che tra i due benefici assistenziali, relativi a un diverso grado di compromissione della capacità lavorativa, intercorre un necessario rapporto di continenza, configurandosi l'assegno come un minus rispetto alla pensione. 7. Ne consegue che nel giudizio diretto al riconoscimento della pensione di inabilità, prevista dalla L. numero 118 del 1971, articolo 12, non viola il suddetto principio il giudice che, accertata l'insussistenza della totale invalidità al lavoro e tuttavia l'esistenza della riduzione della capacità lavorativa richiesta per l'assegno previsto dall'articolo 13 della stessa leggen oltre che degli altri requisiti reddituale e di incollocazione al lavoro specificamente richiesti per questo tipo di beneficio, ne affermi il diritto con ciò non si attribuisce un bene della vita sostanzialmente diverso da quello richiesto, ne' si pongono a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo causa petendi nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda. 8. Così il principio di diritto enunciato, a norma dell'articolo 384, primo comma, c.p.c., da Cass. numero 17452 del 2014 nel giudizio in cui il ricorrente abbia richiesto l'accertamento del diritto alla pensione di inabilità civile, il giudice può riconoscergli l'assegno mensile di invalidità, per l'implicita inclusione di questo, in quanto beneficio minore, in quello maggiore espressamente domandato. Senza che ciò comporti violazione del principio di corrispondenza del chiesto al pronunciato, a norma dell'articolo 112 c.p.c., intercorrendo tra i due benefici assistenziali, relativi a un diverso grado di compromissione della capacità lavorativa, un necessario rapporto di continenza, per la detta configurazione dell'assegno come un minus rispetto alla pensione. Ed essendo ammissibile, a norma dell'articolo 437 c.p.c., comma 2, la produzione in grado di appello di un documento certificato di iscrizione alle liste speciali attestante il requisito della incollocazione al lavoro in quanto assorbito, per la pensione di inabilità, da quello della totale inabilità al lavoro ed espressamente richiesto invece anteriormente alla modifica della L. numero 118 del 1971, articolo 13, operata dalla L. numero 247 del 2007, articolo 1, comma 35 per l'assegno di invalidità . 9. Tanto premesso, nella vicenda all'esame la parte soccombente in primo grado ha, con il gravame, criticato motivatamente l'elaborato peritale e, in tale contesto, dedotto un gradiente invalidante nella misura quantomeno del 74% diverso da quello accertato, così devolvendo alla Corte del gravame l'impugnativa della ritenuta insussistenza del requisito sanitario anche in ordine al grado di compromissione della capacità lavorativa sotteso al minore beneficio assistenziale dell'assegno di invalidità, sul quale la Corte romana, pretermettendo il rapporto di continenza di cui si è detto, ha omesso di pronunciare, pur all'esito delle conclusioni rassegnate dall'ausiliare officiato in sede di gravame nel senso di un'invalidità pari all'80% . 10. In conclusione il ricorso va accolto, la sentenza cassata e, per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla stessa Corte territoriale, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla stessa Corte d'appello, in diversa composizione. Così deciso in Roma, il 9 aprile 2015.